«Pausa immediata di 90 giorni» ai super-dazi mondiali: Trump non regge, il rogo dei mercati tocca i buoni del Tesoro, dire «mi baciano tutti il culo» non basta. Sotto tiro resta il vero nemico, la Cina: «Per lei tariffe al 125%». Vola Wall Street, qualcuno ci ha fatto miliardi
Cul de sac Il rogo dei mercati tocca i buoni del tesoro, clamorosa giravolta del presidente. Che attacca solo Pechino: «Per loro tariffe al 125%»
La borsa di New York – Getty Images
I Donald Trump ha annunciato 90 giorni di sospensione sui dazi per circa 75 partner commerciali (fatta eccezione per la Cina che ha «meritato» un trattamento a parte), operando un’inversione di tendenza improvvisa della sua politica commerciale che per una settimana ha scosso il mercato globale. «Bisogna essere flessibili», ha detto durante la conferenza stampa pomeridiana alla Casa bianca per giustificare l’inversione di marcia. Annunciata poche ore prima con un post su Truth Social: sospensione dei dazi del Liberation day, entrati in vigore durante la notte, a eccezione delle «tariffe di base» del 10%.
L’ANNUNCIO ha provocato un altrettanto repentino dietrofront dei mercati che stavano avendo un’ennesima giornata nera. Le azioni stavano crollando, i mercati asiatici erano scesi precipitosamente, quelli europei avevano subito la stessa sorte, l’S&P 500, indice azionario di riferimento degli Stati uniti, era quasi precipitato nel bear market (-20% in meno rispetto al picco precedente), accompagnato da una flessione del dollaro. Per tutta la mattina erano arrivate brutte notizie anche dai rendimenti dei titoli di Stato, tradizionalmente considerati un porto sicuro in periodi di incertezza, che erano notevolmente aumentati.
IN GENERE azioni, obbligazioni e dollaro non attraversano contemporaneamente momenti di crisi, ma questi non sono tempi normali.
Il crollo del mercato rifletteva la preoccupazione che i dazi potessero arrivare ad interrompere le catene di approvvigionamento alimentare globale, alzare fare alzare l’inflazione e innescare una recessione economica disastrosa.
Il tycoon intanto rimaneva pubblicamente imperturbabile: «SIATE COOL! – ha scritto su Truth Social mercoledì mattina -Tutto andrà per il meglio. Gli Stati uniti saranno più grandi e migliori che mai!».
SU DI LUI, però, iniziavano a pesare anche i primi segnali di insofferenza da parte di alcuni fedelissimi trumpiani: «Non sono un sostenitore dei dazi. I dazi sono una tassa sul popolo americano», aveva detto martedì il senatore ultra destrorso Ted Cruz. Il senatore Gop Ron Paul aveva votato simbolicamente per bloccare il potere di Trump di imporre dazi sul Canada, affermando che le turbolenze del mercato gli dimostrano di non essere l’unico a preoccuparsi per le politiche commerciali del presidente, ma «solo uno dei pochi senatori repubblicani ad aver parlato finora».
La sera prima dell’annuncio Trump, durante un discorso di 90 minuti fatto alla cena annuale di raccolta fondi del Comitato repubblicano al Congresso, aveva difeso la sua strategia dei
dazi, poche ore prima che entrassero in vigore in decine di nazioni. Questi Paesi mi stanno chiamando, «mi baciano il culo» per negoziare degli accordi. «Muoiono dalla voglia di raggiungere un accordo». Tutti ad eccezione della Cina, che nella narrazione economica trumpiana rappresenta il cattivo della storia. Alle esportazioni dalla Cina erano state riservate tasse del 104%, a cui Pechino ha risposto con tariffe uguali e contrarie. Ora Trump ha portato i dazi anticinesi al 125%, dovuti – ha detto il tycoon – alla «mancanza di rispetto che la Cina ha mostrato nei confronti dei mercati mondiali».
LA SUA PORTAVOCE Karoline Leavitt ha affermato che la Cina è un esempio di quello che accade a un Paese che ha deciso «imprudentemente» di reagire alle decisioni del leader Usa.
Se la Cina viene colpita da imposte aggiuntive a causa della sua intemperanza, non è chiaro cosa capiterà all’Unione europea, ma il segretario del Tesoro Scott Bessent ha assicurato che questi 90 giorni serviranno negoziare con i circa 75 Paesi coinvolti in questa che, ha aggiunto, non è assolutamente una guerra commerciale, ma una normale politica economica per portare ricchezzza e lavoro negli Usa. Parlando con i giornalisti Bessent ha anche negato che la tragica situazione dei mercati di questi giorni abbia avuto qualcosa e a che vedere con i dazi imposti da Trump.
MENTRE I GIORNALISTI del pool della Casa bianca sono stati colti di sorpresa dall’improvviso dietrofront di Trump, il tono di Bessent e Leavitt è stato trionfante: entrambi i funzionari l’hanno presentato come una tattica vincente che ha portato circa 75 paesi a piegarsi delle trattative.
Lo stesso tono è stato poi replicato dalla maggior parte del Gop nonostante gli esperti di economia non esultino affatto, e anzi parlino di una stabilità ormai compromessa. «Le nubi dei dazi si sono diradate per la prima volta oggi – ha detto al New York Times l’economista Daniel Skelly – ma è troppo presto per sapere quanto sarà soleggiato il cielo domani, o tra 90 giorni».