Germania 1 trilione di euro di debiti per il riarmo fa crollare il consenso della Cdu che ora, secondo i sondaggi, è appaiata ai fascio-populisti di Afd
Il cancelliere in pectore Friedrich Merz – Ap
Il ReArm Germany da 1 trilione di euro di debiti fa crollare il consenso del partito del cancelliere in pectore Friedrich Merz che deve ancora costruire il suo primo governo con la Spd eppure in meno di due mesi è già riuscito a smontare la Cdu.
SUL TAVOLO DEI MASSIMI dirigenti dell’Union democristiana piomba il sondaggio da incubo con la nitida fotografia del disastro politico dell’ex primo partito della Germania.
Secondo l’istituto Insa la Cdu ormai in caduta libera ha perso tutto il vantaggio conquistato alle urne del 23 febbraio e ora si ritrova perfettamente appaiata ai fascio-populisti di Afd: entrambi valgono il 24,5%.
Segue la Spd inchiodata al 16% davanti alla Linke cresciuta fino al 10%, un punto solo in meno dei Verdi. Mentre tutti gli altri, a cominciare dalla stella cadente Sahra Wagenknecht, rimangono al di sotto della quota di sbarramento parlamentare del 5%.
«Per noi si tratta di numeri amari» sibila a denti stretti Thorsten Frei, capo della delegazione Cdu del Bundestag. È la dichiarazione meno pesante fra i vertici del partito incapaci di nascondere il mal di pancia interno che comincia a montare anche dentro la base dopo aver covato nell’ala giovanile del partito, dove il negoziato con la Spd viene già bollato come un mezzo fallimento.
«Dove si vede la nostra firma sull’accordo?» è la domanda provocatoria degli iscritti della sezione di Colonia della Junge Union. Nella bozza preliminare del patto tra Cdu e Spd non leggono la linea dura annunciata urbi et orbi da Merz sui respingimenti collettivi alle frontiere né lo stop definitivo ai contributi statali per la svolta ecologica. Si aggiunge alla sintomatica lamentela del governatore del Saarland, Peter Müller, secondo cui «la voce della Cdu al tavolo delle trattative è troppo silenziosa»
COMPROMESSO O FORSE la solita realpolitik più o meno sottobanco. Del resto la ministra uscente dell’interno Nancy Faeser (Spd) lunedì scorso ha restituito la prova che la Germania non è più la principale meta dei richiedenti asilo: «Per la prima volta da anni non siamo il paese in cui vengono presentate più domande, a marzo ne abbiamo registrate meno di 10mila. Queste cifre riflettono in pieno le misure adottate per limitare l’immigrazione regolare verso l’Europa nel suo complesso».
A sentire il Bamf (l’ufficio tedesco per l’immigrazione) nel primo trimestre del 2025 le richieste di protezione umanitaria sono calate del 45%.
Più dei profughi in Germania fa paura il via libera al deficit pubblico praticamente illimitato. A riguardo il 73% dei tedeschi si ritiene «ingannato» dal repentino cambio di rotta a 360 gradi di Merz ora non più antistatalista di ferro.
Oltretutto nei 1.000 miliardi di euro destinati prevalentemente al riarmo della Bundeswehr sono compresi 100 per il Fondo della difesa del clima: la merce di scambio che la Cdu ha dovuto offrire ai Verdi in cambio del loro voto per affossare il tetto al debito, un doppio pugno nell’occhio per la base democristiana.
«Gli elettori Cdu sono profondamente delusi dalla mancanza di rispetto della promessa scandita nella scorsa campagna elettorale. Merz non ha mantenuto la sua parola che non avrebbe contratto nuovi debiti» sottolinea la politologa Andrea Römmele sulla tv pubblica Zdf.
In queste condizioni «Afd semplicemente non deve fare nulla. Non deve presentare alcun programma, iniziativa o nuovo concetto. In altre parole può partire serenamente per le vacanze di Pasqua, perché la Cdu sta facendo esattamente il suo gioco. È addirittura ipotizzabile che Afd a breve possa diventare la più forte forza politica del paese».
L’UNICA INVERSIONE di tendenza, in teoria, sarebbe la nascita veloce del nuovo governo. A Berlino fonti interne di Cdu e Spd fanno sapere che entro questa settimana dovrebbe concludersi il round di negoziato per la formazione della GroKo a guida Merz, anche se restano ancora molti punti da limare.
Quasi certamente nel patto bipartito sarà fissata nero su bianco anche la risposta tedesca ai dazi di Trump. La ritorsione dovrebbe fare perno essenzialmente sulla digital-tax da applicare ai tecno-oligarchi Usa padrone dei social, in primis a Elon Musk supporter diretto di Afd oltre che proprietario della Gigafactory Tesla nel Brandeburgo.