Nonostante tutto questo e – soprattutto - nonostante che alcune incredibili candidature
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A scuola dai ROM
Maestra una donna, Dijana Pavlovic
Maestro un uomo, Santino Spinelli
Un incontro che ha fatto scuola al pubblico presente. Informazioni e dialogo.
Nella migliore tradizione.
Il 5 giugno scorso, nel contesto del Festival delle Culture di Ravenna che, creando uno spazio di incontro, ha dato continuità ad un progetto avviato nel marzo scorso dalla Rete Civile contro il Razzismo e la Xenofobia di Ravenna, in occasione della settimana nazionale contro il razzismo.
In meno di un’ora abbiamo attraversato questioni e avuto informazioni che dissolvono stereotipi secolari.
I ROM chi sono? Marziani piovuti dal cielo? I dati storici dicono che sono un popolo deportato dall’India e arrivato in Europa nel quindicesimo secolo. Certo, hanno una stranezza rispetto alla storia degli altri popoli del mondo. Mai fatta una guerra. Mai azioni terroristiche, mai guerre di conquista. Nomadi per necessità e non – come dice la vulgata, a volte sostenuta anche dall’Opera Nomadi – per scelta. Che sia in questa mitezza una delle cause della loro debolezza come popolo? E’ probabile, dato il contesto storico umano prevalente, dove l’ultima parola è in genere scritta dal ferro e dal fuoco.
Altra stranezza. Dijana e Santino, due persone giovani, sono laureati. Dijana è attrice e attivista per i diritti umani. Santino è docente universitario, scrittore e musicista noto ed apprezzato.
Cosa ci hanno insegnato?
Dei Rom, soprattutto in questi giorni molto caldi e poco informati, si parla molto. Ma con i Rom non si parla. Esistono o non esistono? Esistono come umani dotati di linguaggio o sono “cose” prive di linguaggio?
Dijana e Santino non solo parlano, ma lo fanno molto bene, con argomenti colti e forti. Ci parlano della loro storia passata e presente. I campi di sterminio sono stati inaugurati in Germania con campi di segregazione dei Rom. Il resto a seguire.
In Italia, oggi? L’Italia è al primo posto in Europa per odio verso gli ebrei, i rom, i musulmani, gli immigrati. Nell’ordine sopra detto. In Italia continua la “non politica” dei campi, che l’Europa disapprova. Dove sta il problema? O, meglio, di chi è il problema? Di chi è odiato o di chi odia? Di chi è costretto nei campi o di chi i campi li impone? Curzio Maltese (il venerdì di Repubblica, 12 giugno 2015) ci offre in sintesi alcuni numeri molto interessanti. In Europa i Rom sono 12 milioni. Di questi, in Francia un milione, in Spagna 800 mila, in Gran Bretagna 400 mila, in Italia 120 mila, l’1% dei 12 milioni. Solo la Germania ha un numero come il nostro, perché negli anni Quaranta Hitler fece “pulizia”. I Rom – dicono le risoluzioni dell’Europarlamento – sono “il popolo più discriminato d’Europa”. L’1% dei Rom europei, quindi, vive in Italia per la semplice ragione che sono quasi tutti italiani. Facciamo qualche simulazione. Vi immaginate la minoranza ladina costretta in campi? O i grecoalbanesi calabri? O i tedeschi dell’Altoadige? Il fatto è che una legge che applica la nostra Costituzione in merito alle minoranze linguistiche fu fatta, tardivamente, nel 1999. Ma di Rom non parla, come se fossero trasparenti, inesistenti. Non a caso Dijana è fra i promotori della proposta di legge di
Dopo una lunga pausa, riprendiamo a ricomporre il quadro cittadino fatto di associazioni che operano per una società inclusiva di quella componente definita da Papa Francesco “lo scarto” secondo il pensiero dominante.
Lo facciamo incontrando Daniele Severi, referente per il territorio dell’Associazione Papa Giovanni XXIII, una comunità sorta nel 1968 per opera di Don Oreste Benzi, prete di strada.
Severi tiene a sottolineare che l’Associazione è un ente ecclesiastico che si pone come mission di vivere il cristianesimo sul sociale per dare risposte agli ultimi. Nell’incontro con la realtà cerca di offrire famiglia a chi non l’ha. Famiglia: è questo il nucleo da cui s’irradia l’azione, perché - continua Severi - “nella famiglia ci si sente scelti e amati per relazione parentale e questo induce a una condivisione diretta”.
Sono sorte così, nel tempo, case famiglia che sono “vere famiglie”, con un papà e una mamma che con i loro figli ne accolgono altri che non hanno famiglia.
L’utenza è ampia, ma lo scopo induce a non realizzare strutture specificatamente per anziani o bambini (0-6 anni): la famiglia si allarga al disabile, al bambino e richiama un po’ la famiglia patriarcale.
A Faenza, la presenza della Papa Giovanni XXIII risale agli anni ’70 - a seguito di un campeggio con disabili promosso da Don Oreste Benzi - ma non si può dire che riproponga realtà già esistenti al suo interno, perché ogni zona è peculiare e l’Associazione imposta l’azione sulle esigenze dei poveri del territorio che incontra: “non preconfeziona progetti”.
Nel faentino sono presenti famiglie aperte - che fanno accoglienza limitata, tipo affido - una comunità terapeutica con una famiglia interna e case-famiglia, dove sono più forti la paternità e la maternità, infine un centro diurno per disabili ad Albereto.
Tutte le strutture sono in rete a livello nazionale: 28 case famiglia in Italia disponibili per minori affidati da servizi sociali o Tribunali.
L’onere finanziario per gli affidamenti e a carico dello Stato, imponendo ai Comuni di inserire nei rispettivi bilanci questo tipo di spese.
Oltre a dare accoglienza, la Papa Giovanni XXIII promuove la giustizia e la rimozione delle cause che producono ingiustizia con proposte di legge e interpellanze. L’Associazione è accreditata anche all’ONU. Al momento accoglie, in Italia, 300 detenuti in detenzione alternativa in due case “Madre del perdono”. Chi è condannato deve, anche secondo i principi della nostra Costituzione, essere recuperato alla società e questo richiede l’apertura di Centri Alternativi al carcere.
Questo fa sì che la Papa Giovanni XIII si offra come una risorsa per il territorio, come una comunità flessibile.
Trattandosi di un ente ecclesiastico, chiediamo quale sia il rapporto con la Chiesa di Roma, in particolare con il Vaticano. Ci viene detto che l’Associazione dà a Roma i propri registri con i bilanci, ma non riceve finanziamenti. A tutt’oggi il 51% degli assistiti non paga la retta. Come i primi cristiani, gli appartenenti alla Papa Giovanni XXIII mettono in comune le loro risorse economiche a livello nazionale, poi ogni casa- famiglia, in base ai bisogni, definisce quello che le serve.
Al momento l’Associazione accoglie in ambito nazionale 1.400 persone.
Rientrando nello specifico faentino cerchiamo di portare il discorso sulla realtà dei Rom.
Severi rileva come il rapporto sia complesso e come sia difficile realizzare
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Documento di convocazione per la due giorni del 6 e 7 giugno 2015.
Per la Coalizione Sociale
Associazioni, movimenti, sindacati, donne e uomini che in questi anni si sono battuti contro le molteplici forme d'ingiustizia, di discriminazione e di progressivo deterioramento dei diritti, decidono oggi di promuovere un cammino comune. In una società fondata sull'individualismo e sulla competizione tra le persone è necessario unirsi, fare rete, coalizzarsi. Dopo anni di crisi economica, sociale e ambientale, di politiche di austerità, sappiamo che nulla può tornare a essere come prima, ma proprio per questo pensiamo sia possibile immaginare un futuro di solidarietà e giustizia. Consapevoli che nessuno di noi può farcela da solo a cambiare il corso degli eventi, che per evitare scelte individualistiche o corporative sia necessario unire le forze e l'impegno.
In questi anni le politiche europee e dei governi nazionali hanno liberalizzato il mercato del
Appello UE - Libia
“DELL’ELMO DI SCIPIO SI E’ CINTA LA TESTA…”
di Alex Zanotelli
L’Alto Rappresentante della politica estera della UE, Federica Mogherini, sostenuta a spada tratta dal governo Renzi, da settimane sta premendo per ottenere dall’ONU il mandato per un’azione militare con lo scopo di distruggere i barconi degli scafisti nelle acque libiche e bloccare così l’esodo dei profughi. L’Italia sta brigando per essere capofila di questa coalizione militare che, con un’operazione navale e anche terrestre (così sostiene il Guardian) andrà a colpire gli scafisti.
Eppure se c’è una nazione che dovrebbe defilarsi è proprio l’Italia, particolarmente odiata dai libici come ex-potenza coloniale. Quando la Libia è stata una nostra colonia, noi italiani abbiamo impiccato e fucilato oltre centomila libici.
Non contenti abbiamo partecipato attivamente a quella assurda guerra, iniziata dalla Francia e dall’Inghilterra nel 2011 per abbattere il regime di Gheddafi, che ha portato all’attuale situazione caotica della Libia. Ed ora l’Italia si prepara a guidare un’altra azione militare che, con il pretesto di salvare i profughi da morte nel Mediterraneo, creerà un altro disastro umano. Infatti anche se riuscissimo a distruggere i barconi degli scafisti(non sarà così facile!), non faremo altro che aggravare la situazione di milioni di profughi sub-sahariani, mediorientali e asiatici intrappolati ora in un paese in piena guerra civile. Amnesty International, in un suo recente rapporto parla di massacri, abusi, violenze sessuali, torture e persecuzioni (49 cristiani provenienti dall’ Egitto e dall’Etiopia sono stati decapitati) , perpetrate contro i profughi.
Non è più possibile chiudere gli occhi- afferma Philip Luther di Amnesty- e limitarsi a distruggere le imbarcazioni dei trafficanti senza predisporre rotte alternative e sicure. Altrimenti condanneremo a morte migliaia e migliaia di rifugiati, ma questo avverrà lontano dai ‘ casti ‘occhi degli europei e dai media.
Il governo di Tobruk del generale Khalifa Haftar (sostenuto dall’Egitto) ha risposto :”Bombarderemo le navi non autorizzate.” E anche l’ambasciatore libico
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Comunicato stampa
Sblocca Italia o Rottama Italia?
“Un paese che cresca, e non un paese che divori se stesso”. Questo è l’auspicio che Tomaso Montanari esprime nell’introduzione al libro Rottama Italia, recentemente edito da Altreconomia, che raccoglie numerosi rilievi critici alla legge n. 164 (Sblocca Italia), recante l’oggetto “Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive”.
Il libro Rottama Italia raccoglie l’indicazione di Calamandrei – la Costituzione è un programma da attuare - e di Dossetti, “La resistenza individuale e collettiva agli atti dei poteri pubblici che violino le libertà fondamentali e i diritti