In attesa di conoscere le motivazioni che hanno portato alla sentenza in merito al processo sui morti per amianto al petrolchimico di Ravenna, desidero dare la mia massima solidarietà ai lavoratori e ai familiari che hanno visto inappagata la loro richiesta di giustizia per la morte dei loro cari, anche perché non bisogna dimenticare che nel caso specifico su 75 operai presi in esame nel 2009, circa 40 sono morti. Questi sono i dati e per questa ragione dico che manca una cultura di prevenzione ai temi della salute e sicurezza del lavoro di cui le malattie e morti derivate dall’esposizione amianto, non hanno la giusta informazione e attenzione. Nel frattempo l’amianto continua ad essere presente in tantissime realtà del nostro territorio e si sottovaluta la gravità che questo comporta per tutti i cittadini.
In questi anni, nei quali la crisi economica e produttiva ha colpito anche la nostra provincia, un punto sul quale si è cercato di risparmiare, o non lo si è considerato importante dal punto di vista degli investimenti e formazione, è proprio la salute e sicurezza sul lavoro.
Poi, certo, piangiamo e ci indigniamo, quando muore una persona delle nostre realtà, ma si fa poco affinché le ragioni che hanno causato l’infortunio siano evitate con un processo di educazione alla prevenzione degli infortuni. In questo con un atteggiamento ancora più latente rientrano i malati e morti per cause derivate dall’amianto.
A Ravenna la situazione non è migliore, dagli anni 70 ad oggi sono state presentate all’Inps 9.689 domande ai fini pensionistici, mentre i dati dell’Inail ci dicono che solo nel 2010 sono state 2.300 le denunce per il riconoscimento delle malattie professionali correlate all’amianto. Inoltre dal Registro regionale mesoteliomi risultano essere decedute 178 persone in provincia di Ravenna per malattie correlate all’amianto.
Nel nostro territorio come AFeVA abbiamo avuto incontri con i livelli istituzionali di Ravenna, Lugo e Faenza, e altri sono programmati. Consideriamo il confronto avviato, un momento positivo di incontro fra parti diverse, con auspicabili obiettivi comuni, ma poi occorrono azioni concrete. Serve ad esempio un monitoraggio per individuare le superfici di amianto ancora presenti nei comuni, per poi affondare in un secondo momento la questione dello stoccaggio e smaltimento. Per fare questo la procedura sarebbe molto semplice, ci sono esempi virtuosi in regione, cito il caso del comune di Rubiera (RE)che attraverso una spesa minima, coinvolgendo una società che utilizza i droni, in pochi giorni ha monitorato il territorio e rilevato la consistenza del fenomeno, per poi passare alle fasi successive dello smaltimento. Serve assolutamente e con urgenza un’unità di intenti e di azioni immediate da parte di tutti i Comuni del territorio Ravennate. Siamo in una fase in cui i morti di mesotelioma aumentano, per questo come AFeVA auspichiamo che il confronto con le istituzioni locali possa portare ad interventi concreti sulla grave problematica amianto.
Il referente AFeVA Prov Ravenna
(Associazione familiari e vittime amianto)
Idilio Galeotti
Per ulteriori informazioni è possibile contattare Idilio Galeotti al 335 5862158
L'affermazione è di Donald Trump, che recentemente non ha esitato a definire il riscaldamento globale "una bufala inventata dai cinesi per minare la competitività dell'industria americana", aggiungendo che il Pianeta "in realtà si sta congelando".
Foto - Quelli che sabotavano gli studi sui cambiamenti climatici
Ci è tornata alla mente a proposito del Convegno coordinato dal Prof. Franco Prodi sui CAMBIAMENTI CLIMATICI Cause naturali ed antropiche. I protagonisti della ricerca , che si terrà a Faenza sabato 26, promosso dalla Società Torricelliana di Scienze e Lettere.
Abbiamo il dubbio che gran parte di questo convegno sia orientato verso il campo “negazionista”, ossia di coloro che ritengono che i cambiamenti climatici non abbiano cause antropiche.
Naturalmente i ricercatori devono proseguire con la massima libertà nelle loro ricerche secondo tutte le scuole di pensiero, tuttavia, a noi sembra invece che questi aspetti, in sede IPCC, la Commissione Intergovernativa sui cambiamenti climatici, siano stati ampiamente valutati, arrivando a dire che certo si tratta di valutazioni probabilistiche, ossia che la causa dei cambiamenti climatici siano le emissioni di origine antropica è “molto verosimile”: il ché equivale a una probabilità tra il 90 e il 100%.
Visti i fenomeni evidenti di aumento delle temperature e di cambio climatico, a cui si sta già assistendo a livello globale, a noi basta per dire che occorre fermare e ridurre subito le emissioni dovute alle diverse attività umane.
Da questo punto di vista ci aspettavamo che, dopo l'accordo di Parigi del 2015, la Conferenza delle Parti di Marrakech, la Cop 22 recentemente conclusa, arrivasse a vincoli più precisi.
Invece è stata una conferenza in gran parte deludente: Certo, si dichiara che da Parigi non si torna indietro, che la sua direzione di marcia è irreversibile, ma nessuna sanzione per gli Stati che non mantengono gli impegni sul calo delle temperature, unica notizia positiva arriva da un gruppo di Paesi che hanno annunciato di voler passare nel più breve tempo possibile alle energie rinnovabili.
(Forse, al di là degli atti ufficiali, l'ombra di Trump si è già sentita).
L'impegno dei movimenti ambientalisti naturalmente continua in tutti gli ambiti, non solo rivendicando azioni concrete da parte dei Governi, a partire da quelli europei e italiano, che hanno dichiarato più volte la loro leadership nell’azione climatica globale, ma non brillano per coerenza.
Per ridurre le emissioni climalteranti, occorre cambiare il modo di produrre (merci, servizi, energia...), di consumare, di produrre rifiuti, di muoversi, di vivere le città, quindi una iniziativa a cui tutti sono chiamati a dare il loro contributo, a partire dal basso e non solo dalle grandi strategie dei decisori politici.
Alleghiamo un po' di documentazione su questi argomenti:
http://www.legambiente.it/contenuti/comunicati/clima-chiusa-la-cop22-di-marrakech
http://www.coalizioneclima.it/marrakech-2016-azioni-concrete-clima-la-giustizia-sociale/
La dichiarazione finale di Marrakech
La petizione di 350 organizzazioni contro i fossili
"Le firme che seguono - sia quelle di chi ha promosso la lettera aperta, che quelle di chi ha aderito - hanno una caratteristica che in tempi prepopulisti avremmo definito, senza l’imbarazzo di oggi, “popolo”. - si legge nella premessa alla lettera - Persone di ogni ceto sociale, di genere, generazione e formazione diversi, ma con caratteristiche comuni per noi importanti: abitiamo nella stessa provincia, Ravenna, respiriamo la stessa aria - in senso stretto e in senso lato - ci sentiamo cittadine e cittadini della Repubblica italiana, della quale conosciamo la storia fatta di ombre e di qualche luce. Siamo il popolo che è il grande protagonista dell’art. 3 della Costituzione, l’articolo della uguaglianza delle differenze. La luce più significativa è la nostra Costituzione e la storia che l’ha resa possibile. Per questa ragione siamo convinti che alla Costituzione ci si debba accostare con il massimo rispetto, senza le forzature che contingenze politiche hanno trasformato in terreno di scontro. Le Costituzioni nascono per dare fondamenta durature alla convivenza di un popolo. Il contesto che ci sta accompagnando al 4 dicembre 2016 non può essere considerato un contesto “costituente”. Per questa ragione - conclude la premessa - ci rivolgiamo alla cittadinanza della nostra provincia, proponendo un NO che vuole farci ritrovare una unità perduta e una unità che sia di lunga durata."
Dai nomi che sottoscrivono questa nota, si vedrà che per generazione e storie personali veniamo da mondi molto diversi, a volte lontani. Ma siamo d’accordo nel pensare che sia necessario motivare il nostro NO al referendum del 4 dicembre. Le ragioni del nostro NO sono di merito e di metodo. Che il sistema politico in Italia - e la società intera - non goda di buona salute, è evidente. Corruzione ed economia sommersa diffusa, scarso senso civico, violenza sulle donne - tragedia che si ripete ogni anno -, evasione fiscale, clientelismo, precariato, tanta gioventù senza lavoro e diffusa perdita di lavoro senza speranza, degrado ambientale, trascuratezza nella cura del nostro straordinario paesaggio e patrimonio storico e artistico. Questi sono i grandi mali della nostra Repubblica, che hanno pervaso la storia del nostro paese. La responsabilità delle varie élites - politiche ed economiche - che si sono succedute nel corso del tempo è del tutto evidente.
Ci troviamo quindi in una democrazia ammalata, ma non inceppata per ragioni “organizzative”, come i sostenitori del Sì dicono. Il nostro paese non è una azienda da rimettere in piedi, è una Repubblica dove la Costituzione non è stata attuata come si sarebbe dovuto. I mali sopracitati da questo derivano. Dal non avere onorato la Costituzione. Questa è la causa prima della malattia. Da qualche decennio è in atto un tentativo che ci sembra paradossale. Da più parti politiche - in teoria fra loro distanti - si è pensato che i mali italiani risiedano in una Costituzione troppo democratica, che fa perdere tempo, che non fa decidere in fretta. E che il male conseguente sta in governi che fanno fatica a governare perché il loro potere di decidere è debole. Sentiamo il dovere di smentire questo falso storico. Negli anni Sessanta - con questa Costituzione vigente - furono fatte grandi riforme, e lo stesso vale per gli anni Settanta.
La Costituzione vigente - nei decenni repubblicani - è stata più volte “revisionata”, in modo prevalentemente condiviso, senza la necessità di ricorrere ad alcun referendum. Ci fu un Referendum nel 2001, che revisionò il titolo V, riforma che ora è considerata sbagliata dagli stessi che la promossero e da noi che, disattenti, la votammo. Non fummo disattenti nel 2006, quando respingemmo la “riforma” costituzionale del governo Berlusconi. E da quel momento abbiamo pensato che nessuna disattenzione era più possibile. Vogliamo - a proposito di velocità decidente, che sarebbe il cuore della democrazia nuova - fare qualche esempio che riguarda il presente? Quando c’è la volontà e le condizioni politiche per farlo, si fanno leggi a velocità considerevole.
L’attuale “governo del fare” con orgoglio dice che sono state fatte in due anni – tempi biblici? – leggi che ridisegnano molto cultura e società. Senza entrare nel merito, citiamo Sblocca Italia, La buona scuola, il Jobs Act. È, questa, una democrazia inceppata? Il problema reale allora è che si vuole una “nuova” Costituzione. Una Costituzione che rafforza i poteri decisionali dei governi, che sposta il centro dal Parlamento al Governo. E qui si apre un problema grande. L’articolo 138 parla di “revisioni” possibili, di “perfezionamenti”, come disse Meuccio Ruini il 22 dicembre 1947. Ma mettere al centro il governo è fare una “nuova” Costituzione. Sarebbe molto più coerente con la Costituzione vigente abolire il Senato e non toccare i poteri della Camera, che dare vita a un Senato non elettivo, ma di nominati, che avrebbe comunque poteri rilevanti. È la “filosofia” politica che cambia. Pochi esempi. Il Senato di nominati, 100 senatori, eleggono due giudici costituzionali. La Camera elettiva, 630 deputati, ne elegge tre. È chiaro il tentativo di “politicizzare e controllare” anche la Corte costituzionale, organo che dovrebbe essere rigorosamente super partes. Come, d’altra parte, il Presidente della Repubblica, che, invece, nella “nuova” Costituzione, potrebbe essere eletto, dal settimo scrutinio - in estrema ipotesi - con appena 220 voti (30%) su 730 deputati e senatori.
Quale è la nuova cultura politica che sta prendendo piede, e che si evince da questa “riforma”, dall’Italicum, e da tanto altro? Cosa importa quanti sono i votanti, quello che importa è vincere. La democrazia dei vincenti, dei decidenti, dei potenti. È questo il futuro del “mondo nuovo” che ci attende? Altre considerazioni - fra le tante altre che si potrebbero fare - a proposito di cultura politica in atto. L’attuale Parlamento - anche Napolitano ne ha parlato senza nascondere un suo giudizio negativo sulla qualità di chi abita l’attuale Parlamento - è stato eletto con l’incostituzionale Porcellum. Nonostante questo, ha avuto la presunzione di dare vita a una legislatura costituente, su richiesta di un Presidente della Repubblica “prorogato” nel corso di una crisi mai vista prima, e sicuramente estranea allo spirito della nostra Costituzione. L’attuale “riforma” è stata quindi voluta da un Presidente della Repubblica e da un governo da lui incaricato. È questo lo spirito dei nuovi Costituenti? È questa la “restituzione dello scettro” ai cittadini?
A questo genere di restituzione diciamo di NO. Un’ultima considerazione, a nostro avviso cruciale. Può una “nuova” Costituzione - perché tale è, “nuova” - nascere attraverso divisioni che stanno lacerando le Istituzioni, le forze politiche - anche al loro interno – l’opinione pubblica, l’intera Nazione? Se la Costituzione di ogni paese è, per definizione, la Casa Comune, la Legge delle leggi che contiene le differenze e le fa civilmente convivere, può la nostra democrazia - fragile per ragioni storiche lontane e vicine – permettersi il lusso di una comunità nazionale lacerata? Il nostro è un NO. È l’unica scelta che può riaprire la strada ad un rinnovato percorso comune.
RAVENNA
CERVIA
RUSSI
FAENZA e vallate del Lamone e del Senio Faenza, Brisighella, Solarolo, Castelbolognese, RioloTerme, Casola Valsenio
BASSA ROMAGNA Alfonsine , Bagnacavallo, Bagnara, Conselice, Cotignola, Fusignano, Lugo, Massa Lombarda, S. Agata
Comunicato Stampa
In occasione della Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti, le associazioni e i comitati del Comitato Ambiente organizzano due iniziative, venerdì 25 alle 20,45 e domenica 27 alle 16,30, al Museo Civico di Scienze Naturali di Faenza in via Medaglie d'oro 51.
Venerdì 25 novembre ore 20.45 Proiezione film Racing to Zero
con dibattito finale : Verso i rifiuti zero, a Faenza a che punto siamo
Natale Belosi (Rete Rifiuti Zero Emilia Romagna) e Antonio Bandini (Assessore Ambiente Faenza)
Domenica 27 novembre ore 16.30 presentazione del nuovo romanzo per ragazzi
di Linda Maggiori "Anita e Nico dalle Foreste Casentinesi alla Vena del Gesso"
(Tempo al Libro Editore). Illustrazioni di Raffaella Grillandi.
Un viaggio tra i monti per difendere l’ambiente e smascherare chi lo sfrutta in modo indiscriminato. Un romanzo per ragazzi (ma non solo) che parla di inclusione, rispetto della natura, riduzione dei rifiuti, pacifismo, dialogo tra religioni e generazioni. Un viaggio avventuroso che inizia nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi e prosegue attraversando l’Appennino fino alla Vena del Gesso.
A seguire laboratorio finale sulla riduzione dei rifiuti e merenda bio a cura della Bottega della Loggetta.
Saranno occasioni per promuovere presso l'opinione pubblica una maggiore sensibilità sulla gestione dei rifiuti, a partire dalla necessità di produrne di meno, e poi di differenziare, riciclare, riusare. Principi che stanno anche nella Legge Regionale “sull'economia circolare”, di cui è aperta la fase applicativa.
E' per questa ragione che fin dall'estate scorsa abbiamo chiesto agli Amministratori della nostra provincia di aprire un confronto.
Non abbiamo avuto riscontri, se non dal Comune di Faenza col quale si sta avviando il confronto sul progetto “Disimballiamoci! Verso rifiuti zero” rivolto in particolare, oltre che ai consumatori, a piccole attività commerciali. Naturalmente questo non basta, occorre vengano implementate altre azioni: raccolta porta a porta, tariffazione puntuale, centri di riuso, ecc. in modo generalizzato su tutto il territorio.
Per questo torniamo a sollecitare tutti gli Amministratori, anche in vista della prossima scadenza di indizione delle gare europee per l'affidamento dei servizi di raccolta dei rifiuti.
A nostro avviso sarebbe necessario che i bandi per l'affidamento contenessero alcuni punti fermi:
separazione della fase di raccolta da quella di smaltimento; durata dell'affidamento di 5 anni (e non di 15); bacini di raccolta più piccoli, o comunque suddivisi per lotti funzionali; in modo che non siano i grandi soggetti che gestiscono lo smaltimento (Hera, Iren, o altri soggetti stranieri) ad essere certi di accaparrarsi l'affidamento, ma possono poter concorrere anche piccole e medie imprese locali.
La questione è di particolare attualità oggi, anche alla luce dei rilievi del Presidente dell'Autorità Nazionale Anti Corruzione Raffaele Cantone nei confronti di Hera, che parla di: “Proroghe, poca concorrenza e scarsa trasparenza” su tre anni di appalti e contratti gestiti dalla nostra multiutility.
Vi è ancora una questione relativa ai disservizi nella raccolta dei rifiuti della primavera scorsa, dopo il cambio di operatore scelto da Hera. All’epoca i Sindaci della provincia (a partire da quelli di Ravenna e di Faenza) dichiararono: «Atersir (Agenzia territoriale dell’Emilia Romagna per i servizi idrici e rifiuti, ndr) dovrà stabilire una penalizzazione per Hera da tramutare in un equo sconto nelle bollette della Tari: le
bollette Tari dovranno essere “più leggere” di quelle dell’anno precedente”.
Anche su questo siamo in attesa di una risposta precisa.
Comitato Ambiente: Circolo Legambiente Lamone; Comitato Brisighella Bene Comune; Comitato ambiente e paesaggio di Castel Bolognese; Comitato acqua Bene Comune; Si rinnovabili No nucleare; Comitato Debito pubblico: decido anch'io;
Ass.ne Gruppo Acquisto Solidale di Faenza; Rete rifiuti zero Emilia Romagna ; Gruppo Famiglie rifuti zero; Ecoistituto Ecologia scienza e società Faenza.
Riceviamo e pubblichiamo una riflessione de L'Altra Faenza sul percorso della "Conferenza economica", che fa seguito a precedenti interventi che auspicavano un maggior coinvolgimento pubblico su queste materie.
“Patto per lo sviluppo”: la montagna sta partorendo un topolino?
La vicenda della Conferenza Economica Comprensoriale che prossimamente dovrebbe approdare ad un Patto per lo sviluppo tra l'Unione della Romagna faentina, le associazioni delle imprese e i sindacati, ha preso avvio ormai un anno fa.
Abbiamo già espresso perplessità per le modalità con le quali si è svolto il confronto, ristretto alle sole associazioni economiche, senza un vero coinvolgimento né delle associazioni della società civile e neppure dei Consigli comunali (escluse non solo le forze di opposizione, ma anche quelle di maggioranza). Non si possono spacciare per coinvolgimento e “programmazione partecipata” né la “Conferenza aperta al pubblico” del 22 giugno scorso a Faventia Sales, né la seduta del Consiglio comunale di Faenza del 12 settembre.
In entrambe le occasioni è stato il rappresentante di Confindustria, a nome del tavolo dell'imprenditoria, a presentare il quadro di riferimento e le proposte. Le conclusioni si sono attenute a queste proposte, senza tenere in gran conto i contributi del dibattito che, pur limitato dallo schema dei lavori, ha fornito spunti ed elementi utili di riflessione.
I cinque punti fondamentali, presentati in quelle sedi, non ci sembra possano veramente caratterizzare un nuovo progetto “Per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva del territorio”. Essi consistono in:
un bando per favorire l'insediamento di nuove imprese, o l'ampliamento di quelle esistenti, attraverso sconti fiscali sulla tassazione locale (Imu, Tari, imposta sulla pubblicità);
sviluppo delle connessioni digitali veloci, in particolare nelle aree industriali e adiacenti all'A14;
attivazione dell'antico progetto dello Scalo merci in zona Naviglio, al quale sarebbero interessati investitori privati, con la previsione di una tempistica tra 1 – 5 anni;
semplificazione dei regolamenti e delle normative di pianificazione urbanistica e territoriale (per rendere più permissivo il RUE, approvato non molto tempo fa?);
sburocratizzazione e semplificazione delle procedure amministrative, anche attraverso l'accelerazione dell'unificazione dei servizi e dei Comuni dell'Unione (Confindustria preme esplicitamente perché si giunga ad un Comune unico per tutta la Romagna faentina).
Naturalmente, oltre a questi punti, sono state toccate alcune altre questioni rilevanti per la fisionomia e la caratterizzazione dei nostri territori. Sono stati citati:
- il ruolo e il coordinamento degli Enti di ricerca e di supporto all'innovazione presenti sul territorio;
- la valorizzazione del settore agricolo, al quale curiosamente sono state abbinate le politiche ambientali (le quali hanno evidenti implicazioni in tutti gli altri settori produttivi, dei servizi, dei consumi, ecc.);
- la produzione di energia da fonti rinnovabili, interventi di efficientamento energetico e di riduzione della Co2 in tutti i settori (quindi facendo riferimento all'attuazione del Piano di Azione per l'Energia Sostenibile, da tempo approvato e mai avviato), con una sottolineatura sulla promozione delle energie rinnovabili in agricoltura (che sarebbe problematico, se significasse l’ulteriore proliferazione di piccole centraline a biomasse in un territorio già saturo);
- il welfare locale, a proposito del quale si è particolarmente insistito sul ruolo del terzo settore, del volontariato, del privato sociale, dell'associazionismo, ecc., determinando quindi un assetto che riduce il perso del servizio pubblico in favore di quello che viene chiamato il “welfare mix”;
- il ruolo della cultura, del turismo, la valorizzazione del territorio.
Al di là dalle specifiche valutazioni di merito, sulle quali naturalmente ci possono essere opinioni diverse, è evidente che si tratta di questioni rilevanti, tali da meritare un approfondimento e un confronto che non si limiti alle realtà economiche e sindacali, ma coinvolga tutte le espressioni organizzate attive nel territorio. Quindi le forze politiche, ma le associazioni, il volontariato, i movimenti sociali, ambientali, dei consumatori, ecc.
Non ci è dato conoscere attraverso quali altri sviluppi si intenda pervenire alla sottoscrizione del “Patto” vero e proprio. Probabilmente qualcosa deve aver rallentato l’iter: alla fretta di Confindustria e del sindaco di Faenza di chiudere la partita, deve aver messo un freno la posizione espressa dalle organizzazioni sindacali e anche da altre associazioni imprenditoriali. Auspichiamo dunque che ci sia ancora il tempo e il modo per discutere.
E’ assolutamente legittimo che le Amministrazioni pubbliche e le organizzazioni sindacali e imprenditoriali sottoscrivano protocolli di impegni reciproci (purché non siano solo principi e immagine). Di esempi, anche positivi, ce ne sono: oltre al “Patto per il lavoro” in Emilia Romagna, del 2015, c'è stato quello provinciale “Contributo delle Istituzioni e delle forze economiche e sociali della provincia di Ravenna per un Patto per lo sviluppo intelligente inclusivo e sostenibile” del 2012, un testo con spunti importanti. Sarebbe interessante sapere, visto che siamo ormai alla sua scadenza (2012-2016), che risultati ha prodotto, in provincia e nel territorio faentino.
Per quanto ci riguarda, avanziamo alcune annotazioni sulle quali saremmo lieti di confrontarci con chiunque ne abbia interesse.
Riteniamo utile l'attivazione di un Osservatorio, coordinato dai Comuni, che raccolga tutti i dati a disposizione degli Enti pubblici e delle realtà associative. Una struttura leggera, che possa monitorare l'andamento concreto del complesso delle attività economiche, produttive e del mercato del lavoro del territorio. Evidenziare quali risultano i settori e le realtà più segnate dalla crisi e per quali motivi (aziende chiuse e in difficoltà, posti di lavoro persi, lavoratrici e lavoratori disoccupati e in Cassa integrazione, nuove aree di povertà, ecc.); quali aziende riescono a mantenere le posizioni o a migliorarle, e perché; quali sono le tipologie delle nuove assunzioni, quante di queste hanno utilizzato la decontribuzione prevista dal Jobs Act, qual è l’entità di utilizzo dei voucher (tenendo presente che nella nostra regione siamo i secondi in Italia per la loro diffusione); così come sull'andamento e il controllo sugli appalti e la legalità.
Se le Amministrazioni pubbliche, e quindi tutta la comunità, non conoscono con dati probanti la realtà nelle sue diverse espressioni (avvalendosi, ad esempio, delle conoscenze della Caritas sulle nuove povertà, dei sindacati sulla cassa integrazione e la precarietà, delle associazioni di impresa sulle tendenze dei mercati), è difficile costruire un quadro unitario per destinare le poche risorse disponibili a favore dei settori e delle persone che più hanno bisogno.
Questi dati sarebbero utili anche per valutare l'opportunità e l'efficacia di sconti fiscali sulla tassazione locale per nuove assunzioni. Tenendo presente che, com’è ovvio, le aziende assumono quando c’è lavoro e non semplicemente per accedere a (piccoli) risparmi sui tributi, potrebbe configurarsi il rischio che vengano incentivate aziende che già hanno deciso di assumere perché si trovano nella necessità di farlo, aziende che già hanno usufruito e stanno usufruendo di incentivi analoghi, che hanno utilizzato o continuano a utilizzare forme di occupazione precaria come i voucher, ecc. In ogni caso, lo strumento degli sconti fiscali (non si conosce su quante risorse potrebbe contare) non può certo servire a orientare “una politica industriale locale”, ma incentiverebbe quello che spontaneamente c'è, senza favorire invece settori o attività che si ritengono più strategici e innovativi.
Ci chiediamo se non possa essere più produttivo utilizzare le (poche) risorse pubbliche disponibili per incentivare comportamenti e attività più direttamente coerenti con “una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva del territorio” così come si dichiara di voler perseguire.
Proviamo a fare qualche esempio di ulteriori iniziative possibili, mutuate anche da proposte e interventi di associazioni sociali, ambientaliste, di impresa (ma altre se ne potrebbero aggiungere se si aprisse un vero confronto pubblico anche sul versante dei servizi, del welfare, degli interventi verso le fasce più deboli).
L'applicazione della nuova Legge regionale sull'Economia Circolare non riguarda semplicemente una gestione più sostenibile dei cicli dei rifiuti urbani. Questi i principi più innovativi introdotti: generalizzazione della raccolta porta a porta; introduzione della tariffa puntuale; azioni di riduzione degli imballaggi e dello spreco alimentare; compostaggio domestico e di comunità; avvio dei Centri comunali per il riuso. Obiettivi, questi, che non riguardano solo i singoli cittadini, ma anche l'intero sistema produttivo e dei servizi.
Il progetto “Disimballiamoci! Verso rifiuti zero”, su cui si è avviato un confronto tra le associazioni ambientaliste e l'Amministrazione di Faenza, è rivolto in particolare, oltre che ai consumatori, a piccole attività commerciali che possono avvalersi una scontistica sulla tassazione locale. Progetti analoghi, ben più incisivi, potrebbero essere estesi, e incentivati, nei vari comparti del sistema produttivo per ridurre la produzione di scarti e rifiuti, usando in modo più efficiente materie prime, imballaggi, energia, logistica, ecc. Potendo concorrere, in questo modo, anche all'accesso al fondo per “l'incentivazione alla riduzione dei rifiuti non inviati a riciclaggio”, previsto dalla legge Regionale per i Comuni più virtuosi.
Proprio sull'energia e sul suo uso efficiente e sostenibile, alcune cose sono state dette. Si tratta ora di: dare (finalmente) attuazione al PAES; promuovere l'efficientamento energetico degli edifici; favorire la produzione di energia da fonti rinnovabili e tutti gli interventi di efficientamento energetico nei settori produttivi. Forse si potrebbe passare dalla semplice promozione e divulgazione delle informazioni - affinché i singoli, cittadini e imprese accedano a queste opportunità - a qualche “intervento di sistema”.
Sarebbe necessario passare da interventi sulle singole abitazioni a progetti che riguardino interi caseggiati o parti di quartiere, a partire naturalmente dal patrimonio pubblico. Ciò anche attraverso alcune modifiche regolamentari che, naturalmente salvaguardando edifici storici e paesaggio, possano permetterne la realizzazione. Ad esempio CNA si chiedeva, in una sua iniziativa pubblica, “Cosa impedisce che sui tetti di Faenza si possano installare pannelli fotovoltaici?”.
Lo stesso vale per le attività produttive: oltre a promuovere diagnosi energetiche e interventi puntuali di efficientamento nei singoli insediamenti, sarebbero necessari interventi coordinati in intere aree produttive, esaminando sia la situazione dei consumi che quella della produzione di energia (visto che, per quanto riguarda l'energia elettrica, siamo un territorio che ne produce di più – anche se non sempre da rinnovabili - di quanto non ne consumi). Le associazioni ambientaliste hanno proposto “Una agenzia per l'informazione e gli interventi energetici”, la proposta è condivisa anche da CNA che afferma:“Pensiamo che il Comune si debba dotare di uno sportello energia”. La discussione sul nuovo Piano Energetico Regionale potrebbe essere una ulteriore opportunità.
Le competenze che esistono sul territorio - Enti di ricerca, di alta formazione, di supporto all'innovazione - potrebbero essere utilizzate anche per implementare progetti di questo tipo (sviluppo dell'economia circolare, reti smart, ecc.). Oltre a progetti per l'alta tecnologia, quello che può fare la differenza per un intero territorio è che le tecnologie sostenibili, già ampiamente disponibili, siano applicate in modo generalizzato.
Si potrebbe obiettare che si tratta di proposte parziali e limitate ma, a nostro avviso, oltre ad orientare tutto il sistema produttivo verso scelte e comportamenti innovativi e sostenibili, esse potrebbero avere effetti anche sull'aumento occupazionale quanto meno analoghi, se non superiori, ai meccanismi proposti.
COMUNICATO STAMPA
Lorenza Carlassare, Tomaso Montanari, Maurizio Landini insieme a Ravenna
giovedì 17 novembre 2016 Palazzo dei Congressi, Largo Firenze 1 ore 20.30
Referendum costituzionale. Meglio di NO!
I protagonisti dell’incontro del 17 novembre a Ravenna non hanno bisogno di presentazione.
Vogliamo piuttosto spiegare perché abbiamo voluto incontrarli ora, a metà di questo mese di novembre che ci vede impegnati senza sosta con un calendario intenso, in tutto il territorio provinciale, a sostegno del NO, un lavoro corale e generoso di buona politica.
Lorenza Carlassare, la prima donna ad avere, in Italia, la cattedra di Diritto Costituzionale, ha insegnato e continua a insegnarci con rigore e chiarezza il significato storico più profondo della nostra Costituzione.
Maurizio Landini, che testimonia la dignità del lavoro e di come il lavoro sia - come dice la Costituzione - il fondamento della nostra Repubblica.
Tomaso Montanari, intellettuale e storico dell’arte, uno dei più efficaci difensori della Carta in questi anni di continue aggressioni alla lettera e allo spirito della Costituzione, un grande esempio di come gli intellettuali possano porsi al servizio della Respublica.
Di questo parleremo con loro, di legalità costituzionale, di dignità del lavoro, di scienza e cultura, tutte a sostegno delle grandi ragioni del nostro NO!
Maria Paola Patuelli
Portavoce del Comitato per il NO della provincia di Ravenna
14 novembre 2016