Sul consumo di suolo troppe deroghe e mancanza di un vero limite alla cementificazione
Positivo invece l’impianto sulla riqualificazione urbana
Il disegno di legge della nuova legge urbanistica non arriva in fondo al tema del consumo di suolo, ma si ferma a metà strada.
Questo in sintesi il giudizio di Legambiente sulla norma presentata dalla Giunta regionale dell’Emilia Romagna in questi giorni.
Una via di mezzo, controppe deroghe che vanificano l’impianto di fondo del testo, e la possibilità di un ampio margine per consumare suolo. Un risultato sicuramente non sufficiente per una regione che negli ultimi decenni ha consumato enormi quantità di territorio, sia per superficie complessiva che per grado di dispersione insediativa. Un risultato sicuramente contraddittorio per una regione che, almeno in teoria, punta sull’agroalimentare, come settore trainante dell’economia.
Il testo della norma presenta certamente scelte importanti che l’associazione richiede da tempo. Primo tra tutti l’azzeramento delle previsioni urbanistiche dei Piani tre anni dopo l’approvazione definitiva della legge (a fine 2021 probabilmente) e, successivamente a questa data, la fissazione di un tetto al consumo di suolo. Ma questo non consentirà di ridurre il consumo di suolo ad un quarto delle previsioni attuali, come affermato nei comunicati della Regione.
Il tetto fissato dalla Regione, infatti, non vale per una lunga serie di interventi in deroga che non vengono contabilizzati, impedendo quindi di valutarne l’entità. Tra tutti questi interventi, preoccupano soprattutto le realizzazioni di “interesse pubblico”, definizione generica che in questi anni ha permesso a molte lobby di ottenere il via libera a progetti inutili e dannosi tramite i famigerati accordi di programma.
Inoltre, non è previsto nessun obbligo di compensazione ambientale o di “saldo zero” per le future espansioni sul suolo vergine, un aspetto che Legambiente ha sempre richiesto come necessario per disincentivare economicamente il consumo di suolo.
Infine, nei prossimi tre anni la legge non pone limiti quantitativi alla riconferma delle previsioni passate, che assommano, per ammissione della Regione stessa, a 250 kmq., pari a 50.000 campi di calcio.
Troppe quindi le discrezionalità presenti nel testo, e le opportunità di deroghe concessa ai Comuni, che negli ultimi anni sono state ampiamente utilizzate e manipolate da gruppi economici e poteri forti. L’esperienza di applicazione dell’ultima legge urbanistica della regione, infatti, dimostra che tutto quanto era interpretabile è stato costantemente utilizzato per consumare quanto più suolo possibile.
L’associazione giudica invece positivamente l’impianto di legge sulla rigenerazione urbana che, in modo innovativo, agevola fiscalmente e proceduralmente gli interventi edilizi effettuati in ambito urbano. Una scelta necessaria per dare risposte al settore edilizio e per risolvere i problemi delle città senza consumare risorse ambientali. Si rileva tuttavia che la norma che sarebbe ancor più efficace se accompagnata da un maggior rigore sul versante della tutela del suolo.
Legambiente chiede dunque che nel percorso che porterà al voto in Assemblea Regionale, si correggano queste contraddizioni inserendo i giusti meccanismi di tutela del suolo, e fissando un rigoroso e restrittivo sistema di deroghe così da limitarne l’utilizzo.
Nelle prossime settimane l’associazione lavorerà alle osservazioni puntuali al testo da portare nelle sedi di dibattito e auspica che la legge dell’Emilia Romagna sia un modello per il Paese, non una scelta di compromesso.
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Comunicato del Comitato di Faenza per il NO alla modifica costituzionale Boschi-Renzi in merito alle iniziative promosse dal Comitato Conoscere La Riforma
Il referendum costituzionale del 4 dicembre prossimo, per la scarsa chiarezza del quesito proposto e per la complessità dei temi sottoposti all'approvazione, rischia di indurre molti elettori all'astensione o ad esprimere un voto preconcetto, in base alle appartenenze politiche.
Per questo riteniamo che ogni iniziativa di informazione e dibattito sull'attualità della Costituzione e sulle eventuali modifiche che si rendano opportune sia sicuramente positiva.
Il legittimo sostegno alle ragioni del NO e del SÌ alle modifiche proposte dal Governo deve però avvenire nella massima chiarezza e trasparenza.
Le tre iniziative del Comitato "Conoscere la riforma" non ci sembra abbiano questi requisiti. Non sfugge infatti che i relatori Raffiotta e Calzolaio siano tra i firmatari del Documento dei 200 per il SI, mentre Massimo Rubechi è considerato tra gli estensori del progetto di riforma costituzionale nonché consulente del Governo.
È perciò evidente che non si tratta di iniziative di informazione neutrale. Per renderne consapevoli i partecipanti, il Comitato di Faenza per il NO alla modifica costituzionale Boschi-Renzi non prenderà parte, in quanto tale, alle iniziative ma sarà presente per distribuire ai partecipanti questo comunicato.
Il Segretariato regionale del ministero dei beni culturali e del Turismo, la Soprintendenza, ha detto “NO” al progetto di ampliamento della discarica “Tre Monti”. L’impianto, com’è noto, è ubicato nell’imolese ma interessa anche una parte del territorio di Riolo Terme. Il sindaco di Imola Daniele Manca – fra i più zelanti sostenitori del progetto assieme al presidente di Con.Ami Stefano Manara – ha spiegato che “è stato individuato un conflitto tra il Piano regionale sui rifiuti e il Piano territoriale paesaggistico regionale, in base a cui la zona che dovrebbe essere interessata dall’ampliamento è soggetta a tutela”.
Manca, tuttavia, ha auspicato “un accordo con il Ministero, senza andare allo scontro presentando un ricorso”. Ha aggiunto di averne già parlato con l’assessore regionale all’Ambiente Paola Gazzolo.
Lo stop della Soprintendenza non fermerebbe completamente il progetto di ampliamento. Infatti, ha dichiarato ancora il sindaco di Imola: “procederemo solo con la sopraelevazione che è al di fuori dell’area di vincolo per la quale mancano alcune autorizzazioni ottenibili nel giro di qualche mese”(il che consentirebbe di smaltire altre 375mila tonnellate di rifiuti).
Assieme alle associazioni ambientaliste e al comitato “Vediamoci chiaro” di Imola e Riolo Terme, ci battiamo da tempo contro questo progetto. Il gruppo consiliare L’Altra Faenza ha presentato a suo tempo un OdG nel Consiglio dell'Unione dei Comuni della Romagna faentina chiedendo:
“...che si attui la strada segnata dalla normativa di riferimento e cioè si giunga allo stop dell’ampliamento della discarica di Imola”.“Il raddoppio della discarica di Imola – si legge nell’OdG – non sarebbe neppure razionale ed è comunque contrario allo spirito della Legge regionale recentemente approvata. Essa punta alla riduzione dei rifiuti non inviati a riciclaggio, all'autosufficienza a livello regionale, al principio di prossimità privilegiando il recupero di materia a quello di energia”. Scelte, queste, che comportano in prospettiva la riduzione dei conferimenti e la chiusura di diversi impianti di smaltimento (discariche e ancor più inceneritori).
L’OdG evidenzia infine come sia giusto chiudere la discarica di Imola una volta giunta al suo esaurimento, vale a dire al compimento dei 40 anni. “Questo territorio ha già dato il suo contributo. Non vorremmo che il progetto di raddoppio della discarica Tre Monti sia dettato dalla volontà di privilegiare Hera, che ha in quel sito un impianto di recupero di biogas”.
Oggi, con il pronunciamento della Soprintendenza sulla discarica “Tre Monti”, c'è una occasione in più per applicare rapidamente i principi della nuova legge regionale sui rifiuti: Ridurre, Riutilizzare, Riciclare. Obiettivi conseguibili potenziando la raccolta differenziata, generalizzando il porta a porta e la tariffa puntuale. Queste misure produrrebbero un residuo di rifiuto minimo da smaltire e quindi poche discariche.
Tutto questo rientra nei compiti degli amministratori locali – anche in vista delle prossime gareper l'affidamento dei servizi di raccolta dei rifiuti – e in particolare di quelli dei Comuni della Romagna faentina, il territorio che in ambito provinciale registra i risultati peggiori nella raccolta differenziata.
Dario Fo: una vita stupenda spesa per tutti noi - Ecquologia
Dario aveva scelto da sempre da quale parte stare e la parte era quella degli ultimi e della conoscenza libera.
Ha pagato insieme a Franca Rame costi terribili e ha attraversato strade e spazi pericolosi, con coraggio e sfrontatezza assoluta.
Oggi tutti gli rendono omaggio come si deve di fronte alla morte, compreso chi lo ha inseguito per perseguitarlo in vita in ogni modo, ma è la regola dei grandi uomini dover subire anche l'estremo sbeffeggio sotto forma dell'estremo saluto.
La Procura di Brescia apre inchiesta su armi italiane ad Arabia Saudita, soddisfazione di Rete Disarmo
La Rete Italiana per il Disarmo esprime la propria soddisfazione per la conferma di apertura di un'inchiesta, da parte della Procura di Brescia, sulle forniture di bombe italiane al regno saudita a seguito dell'esposto presentato da RID in diverse città italiane a Gennaio 2016. La notizia di possibile reato era relativa alla violazione dell'articolo 1 della legge 185/90 che vieta l'esportazione di armamenti verso Paesi in stato di conflitto armato e che violano i diritti umani.
Rete Italiana per il Disarmo esplicita a riguardo la piena disponibilità a collaborare con i Magistrati di Brescia, in particolare con il dott. Salamone titolare del fascicolo.
Fonte: Rete Italiana per il Disarmo - 07 ottobre 2016
La Procura di Brescia ha da qualche settimana dato avvio ad un'inchiesta relativamente alle forniture di bombe 'made in Italy' verso l'Arabia Saudita, con ipotesi di possibile violazione della legge 185 del 90.Lo riporta un articolo odierno del settimanale Panorama che conferma indiscrezioni precedenti eribadisce l'importanza e la fondatezza dell'Esposto su tale questione presentato da Rete Disarmo a gennaio 2016 in diverse Procure d'Italia.
Le indagini, coordinate dal Magistrato bresciano dottor Fabio Salamone, non si sono limitate allo studio delle carte e delle notizie presenti nel testo di Esposto ma hanno già visto l'effettuazione di passi concreti diacquisizione diretta di nuove informazioni. Corroborate anche da documenti ufficiali del Governo tedesco(ricordiamo che la fabbrica RWM italia di Domusnovas da cui sono partite le bombe è di proprietà Rheinmetall)ottenuti dai ricercatori di Rete Disarmo e dimostranti la piena responsabilità italianasulle (almeno) sei forniture dirette tra la Sardegna e Riad.
La Rete Italiana per il Disarmo esprime la soddisfazione per questa decisione della Procura di Brescia che permetterà di fare luce su un caso problematico di commercio di internazionale di armi, emblematico anche di molti altri accordi simili. La RID si mette a piena disposizione dei Magistrati - come già fatto in questi ultimi mesi- per fornire dati e informazioni utili all'inchiesta. Il nostro auspicio è che si arrivi finalmente ad unesplicito chiarimento a riguardo di meccanismi di autorizzazione dell'export militare che a nostro parere configurano da tempo una possibili violazioni della nostra normativa nazionale sul tema.
In particolarei risultati dell'inchiesta potranno poi rendere più trasparenti i profili di rapporto intercorrenti negli ultimi anni tra il nostro Governo e il Regno Saudita su questioni militari, di produzione armata e della difesa. Proprio ieri laRete Disarmo aveva chiesto chiarimenti relativamente alla recente visita (inizio ottobre) della ministra Roberta Pinotti a Riad, che secondo fonti di stampa saudita aveva toccato anche aspetti relativi a contratti di fornitura per sistemi navali. Ricevendo come unica risposta untweetdel Ministero della Difesa paventante possibili querele (“Ministero pronto a querelare chi diffonde falsità”).Di fronte a tale risposta Rete Disarmo conferma la propria serenità perché nessuna falsità è stata diffusa da parte nostra: riteniamo al contrario che sialegittimo e anzi doveroso richiedere informazioni sui rapporti istituzionali di esponenti del nostro Governo con uno degli Stati maggiormente coinvolti nella guerra civile in Yemen. Un conflitto che, secondo ripetute prese di posizione delle Nazioni Unite, ha già portato aconseguenze catastrofiche per la popolazione, con una situazione così problematica da essere stata oggetto di una Risoluzione del febbraio 2016 del Parlamento europeo per«avviare un’iniziativa finalizzata all’imposizione da parte dell’UE di un embargo sulle armi nei confronti dell’Arabia Saudita».Già a quel tempo tale autorevole presa di posizione aveva costituito una prima conferma positiva della nostra scelta di presentare Esposti in diverse Procure italiane, non solo per sollecitare indagini su possibile violazione della legge 185 del 90 ma anche pervalutare i profili di aderenza delle decisioni autorizzatorie ai principi e ai contenuti del Trattato Internazionale sugli Armamenti che l'Italia ha sottoscritto e ratificato (con unanimità di voto Parlamentare).
Per tutti questi motiviribadiamo la nostra soddisfazione per la decisione della Procura di Brescia di recepire i contenuti della nostra segnalazione e far partire un'inchiestasu tutti gli episodi di invio ordigni dall'Italia all'Arabia Saudita.Rimaniamo in fiduciosa attesa dei prossimi, ulteriori sviluppi.
La battaglia in difesa dell’ospedale e della sanità pubblica deve continuare con rinnovato impegno. Questo ha detto l’incontro del 6 ottobre a Palazzo Manfredi – presenti molti cittadini – fra i sindaci e i consiglieri comunali dell’Unione della Romagna faentina, il direttore generale dell’Usl Romagna Marcello Tonini e il direttore sanitario Giorgio Guerra. Di risposte chiare e positive ai tanti problemi aperti, in effetti, ne sono giunte ben poche.
Sbagliando clamorosamente registro, nel suo primo intervento Tonini – con toni inopportuni, giudicati al limite dell’insolenza – ha riproposto criteri generali a tutti già noti con un intento fin troppo evidente: la legge impone il contenimento, sono i tecnici ad applicarla. Il dibattito ha invece puntato in tutt’altra direzione: la gestione della sanità in tutti i suoi aspetti, il dare risposte adeguate ai bisogni e alle attese delle popolazioni, è materia che compete alla politica.
E’ stato Edward Eddy Necki, consigliere de L’Altra Faenza, a esprimere per primo disappunto per la piega che l’incontro stava prendendo: “Non è questa la riunione che ci aspettavamo”. Altri l’hanno seguito, riproponendo interrogativi precisi e sollecitando risposte convincenti, soprattutto in relazione al Piano di riordino dei presidi ospedalieri, al punto nascita e alla pediatria.
Di risposte Tonini e Guerra ne hanno infine fornito, ma sono risultate tutt’altro che tranquillizzanti.
Circa il futuro dell’ospedale, si è parlato di sinergie fra Faenza e Lugo non escludendo altre in direzioni diverse. Cosa significa? Tutto e niente, se si tiene conto che, com’è stato riaffermato, in Emilia Romagna “si lavora in rete e quindi gli ospedali non vengono classificati”. Ciò vuol dire che non esistono parametri di riferimento e che la stessa richiesta – riproposta a più riprese anche dal sindaco Malpezzi – di avere un ospedale di 1º livello articolato sui presidi di Faenza e Lugo, rischia di tradursi in una soluzione indeterminata quand’anche venisse perseguita.
Di sicuro invece ci sono i tagli ai posti letto: 24 a Faenza, 17 dei quali in reparti di degenza e i restanti sette di day hospital. Tagli tutt’altro che “irrilevanti” se si considerano le pesanti penalizzazioni già subite dal nostro ospedale.
Sui casi pediatria e punto nascita, Tonini ha fatto ripetutamente appello alla “sicurezza” suscitando malumore e proteste fra il pubblico. Nella sostanza: non verrà ripristinata la degenza pediatrica, si farà il possibile per conservare l’unico posto letto ora esistente ospitato in chirurgia o in ortopedia, si potranno forse riportare a Faenza i parti cesarei programmati con la creazione di un’équipe unica di pediatria, guidata da un primario, per i distretti di Ravenna, Lugo e Faenza.
Questo, per stare al concreto, quanto è emerso dall’incontro. In definitiva poco, troppo poco. E non sono neppure stati sfiorati, negli interventi del direttore generale dell’Usl, altri temi di grandissima rilevanza che pure erano stati richiamati in più interventi da sindaci e consiglieri: la Casa della salute, i servizi sul territorio, il Pronto soccorso e altri ancora.