La legge costituzionale n. 1 del 2012, che ha introdotto nella Carta costituzionale il principio del pareggio di bilancio (“equilibrio tra le entrate e le spese”), è il frutto del peggior revisionismo costituzionale. Approvata praticamente all’unanimità da un Parlamento sotto pressione, in tempi rapidissimi.
Approvata in tempi rapidissimi e senza un’adeguata discussione, con una sinistra subalterna ad un governo tecnico che assumeva il rigore come unico parametro politico di giudizio, ha rappresentato una risposta alla crisi economica di natura puramente ideologica, collocando in Costituzione le particolari politiche di stampo neoliberista.
Politiche rilevatesi poi fallimentari, che la stessa classe dirigente del nostro Paese non ha potuto perseguire. Infatti, da che è stata approvata la modifica al testo della Costituzione ci si è costantemente appigliati alla possibilità di derogare
Leggi tutto: Una firma contro l’Art.81, per cancellare il pareggio di bilancio - di Gaetano Azzariti
Nei giorni scorsi rappresentanti del Network della società civile europea contro le armi ENAAT (di cui fa parte la Rete italiana per il disarmo) e del sito WeMoveEUhanno simbolicamente consegnato a Commissione europea e Parlamento europeo oltre 142mila firme di cittadini e cittadine che chiedono alle istituzioni Comunitarie di non investire in armamenti.
A riceverle Oliver Rentschler, vice-Capo di Gabinetto di Federica Mogherini (Alto rappresentante UE per gli Affari Esteri e la sicurezza), e l’onorevole Jens Geier, vice-presidente della Commissione Bilancio EuP.
Le firme, raccolte negli ultimi mesi, erano in calce ad un appello indirizzato ai Membri del Parlamento Europeo e al Consiglio Europeo affinché fermino l’inclusione della ricerca militare nei finanziamenti del nuovo budget UE. Nessun fondo dell’Unione Europea dovrebbe essere destinato alle tecnologie militari e i soldi per la ricerca dovrebbero al contrario essere destinati a sviluppare progetti per la prevenzione e risoluzione nonviolenta dei conflitti, affrontando in particolare le cause di base dell’instabilità.
La Commissione Europea - sotto forte pressione dell’industria degli armamenti - sta invece pianificando di assegnare centinaia di milioni di euro di fondi pubblici per sviluppare tecnologie militari avanzate, la prima volta che ciò avviene nella storia dell’Unione. Sebbene sia presentata come uno sforzo volto ad aumentare le capacità di ‘difesa’, il vero obiettivo di questi sussidi è quello di preservare la competitività dell’industria continentale degli armamenti e la sua capacità di esportare al di fuori dei confini, in particolare verso Paesi che contribuiscono all’instabilità globale e prendono parte a conflitti sanguinosi (come ad esempio nel caso dell’Arabia Saudita). La Commissione ha spinto affinché l’industria militare diventi una priorità nelle possibili destinazioni dei finanziamenti. Nel 2016 un budget preventivo di 90 milioni su un periodo di tre anni è stato dedicato alla ricerca militare.
Il 7 giugno 2017 la Commissione ha invece lanciato il Fondo europeo della Difesa nell’ambito del quale si propone di destinare ulteriori 500 milioni del budget comunitario (biennio 2019-2020) per la ricerca e lo sviluppo ad attività condotte dall’industria bellica. Dal 2021 questo contributo salirà a 1,5 miliardi all’anno e potrà includere contributi degli Stati Membri fino ad un limite di 4 miliardi annuali.
Tutte queste misure significheranno drastici tagli su capitoli di spesa di altra natura, in particolare quella sociale, sia a livello europeo che nazionale. Le oltre 142mila firme raccolte dalle nostre organizzazioni sono un accorato appello di cittadini europei che desiderano un’Unione che lavori per la pace e non per fornire sostegno all’industria degli armamenti.
ArciReport, 1 febbraio 2018
Gentili Soci e Simpatizzanti del Centro Pace
sono frequenti gli episodi in cui alunni, anche della scuola primaria, vengono invitati a visitare caserme delle Forze Armate ed effettuare prove di tiro a mano armata.
La tragedia avvenuta oggi negli Stati Uniti dimostra ancora una volta che è urgente porre un freno a queste iniziative, prima che anche nel nostro Paese si verifichino episodi tragici come quelli che sempre più frequentemente vengono presentati dagli organi di informazione sotto il titolo "Strage alla scuola...".
il Centro Pace vi invita a firmare questa petizione che promuove percorsi didattici capaci di educare alla Pace ed alla risoluzione nonviolenta dei conflitti, e condanna esplicitamente ogni iniziativa che abbia a coinvolgere alunni della scuola nell'uso delle armi.
Un saluto di Pace
Centro per la pace
https://youtu.be/KJZI02bdVWI
Esplosa nei giorni scorsi, la notizia ha assunto i contorni di uno scherzo di fine Carnevale, uno scherzo di pessimo gusto: nell’area alla confluenza fra via Oberdan e via Emilia Ponente sorgerà l’ennesimo supermercato. Già circolano i primi dettagli. Si tratta di un punto vendita della Aldi Süd controllata dell’austriaca Hofer, costola del gigante tedesco della distribuzione Aldi che già possiede 4.700 negozi disseminati in otto Paesi europei.
Com’era già avvenuto recentemente per l’area ex-Cisa, il Consiglio comunale non è stato investito della questione neppure per un minuto. Se n’è occupato il Consiglio dell’Unione della Romagna faentina, un ente di 2º grado, non eletto, del quale pressoché nessuno sa dell’esistenza e delle competenze.
Eppure si tratta di una decisione dalle conseguenze pesanti ed evidenti a tutti.
Nella zona oltre Porta Imolese si avrà una concentrazione di grandi strutture commerciali – Le Cicogne in via Galilei, Lidl in via Oberdan, Conad City in via Valgimigli, Aldi Süd in via Emilia Ponente, un’altra ancora è prevista nel terreno ex-Cisa – della quale non si comprendono né la logica né la convenienza.
Abbiamo già avuto occasione per dirlo: se le famiglie hanno meno soldi da spendere – checché ne dica la propaganda sparsa a piene mani in queste settimane di campagna elettorale – che senso ha concedere le autorizzazioni necessarie per l’apertura di nuovi centri commerciali?
Questi insediamenti determinano – soprattutto per i residenti nelle zone interessate – problemi di viabilità e di traffico, di inquinamento acustico e ambientale, di maggior pericolo. Infliggono un ulteriore colpo alla rete distributiva costituita dai negozi di vicinato, già decimata da anni di crisi e dall’invadenza dei supermercati. Nel caso di gruppi stranieri, rastrellano denaro che finisce all’estero anziché esser reinvestito in ambito locale e rispondono al fisco dei rispettivi Paesi. Le grandi strutture commerciali spesso adottano politiche che non si pongono in alcun rapporto con i produttori agricoli e con l’economia locale. E, offrendo prodotti provenienti da ogni parte del mondo (con i relativi costi), cambiano in peggio abitudini alimentari e di consumo.
Aggiungiamo che la scelta di Aldi Süd di insediarsi a Faenza può non essere casuale: una catena che fa della concorrenza al ribasso nei confronti dei discount (Lidl soprattutto) la sua strategia di mercato, basa ovviamente le sue decisioni su analisi che tengono conto del potere d’acquisto e della disponibilità dei consumatori a subordinare la qualità al prezzo. Indice, questo, di impoverimento e di disagio. Così evidentemente vedono Faenza.
Nessuno, inoltre, si nasconda dietro il miraggio di qualche posto di lavoro: a proposito di Aldi, si legge in Internet che il gruppo è “molto criticato dai sindacati per il trattamento riservato ai dipendenti, spesso sfruttati e mal retribuiti”.
Perché dunque vengono prese decisioni simili? Nell’interesse di chi? E' questa l'idea di sviluppo della città che ha in mente l'Amministrazione? Non era fra gli obiettivi di mandato del sindaco Malpezzi ridurre o disincentivare la cementificazione e le nuove urbanizzazioni?
L’Altra Faenza chiede che, su questioni di tale rilevanza, il Consiglio comunale sia messo in condizione di discutere e di decidere. E, vista la piega, chiede se c’è da aspettarsi l’arrivo di altri centri commerciali.
Faenza, 15 febbraio 2018
L’Altra Faenza
Il Comitato spontaneo “Adottiamo Castel Raniero” in data 10 febbraio 2018 si è riunito per porre nuovamente l’attenzione sullo stato di abbandono e degrado in cui la Colonia versa. Lo stato di degrado sta riguardando non più solo la Colonia, ma anche il parco e soprattutto la casa del Custode che non essendo più presidiata come lo era in passato in forza dell’assegnazione temporanea, da parte della proprietà, ora ASP della Romagna Faentina, fatta all’Associazione “Gli Amici del Fontanone” il cui Presidente, Gaetano Asirelli, è oggi il referente del Comitato. Infatti l’Associazione “ Gli Amici del Fontanone” fa parte delle Associazioni che hanno aderito al Comitato.
Avendo appreso dalla stampa locale l’interesse da parte di soggetti appartenenti alla Sanità privata per una possibile ristrutturazione della Colonia finalizzata a scopi sanitari”, rilanciamo, ad oggi, il nostro interesse per la gestione del parco con l’utilizzo della casa del custode, affinchè anche questo immobile non degradi “a rischio di crollo”.
Anche per il 2018, così come già è avvenuto nel 2017, “La musica nelle Aie” non potrà trovare fra i suoi spazi, la corte della colonia, che negli anni precedenti ha costituito occasione per i partecipanti di visitare il parco, con grande successo.
Il Progetto presentato dal Comitato nel luglio 2015 è ritenuto tuttora valido per cui si ribadisce come già fatto con un comunicato stampa nell’agosto 2017, quali siano alcuni primi passi da affrontare che prevedano azioni preliminari di tutela a cui far seguire:
– azioni per la fruizione del sito in condizioni di sicurezza;
– azioni per inserire il sito in circuiti di interesse ambientale e turistico;
– messa a punto di un modello di gestione economica a fini di reddito e di occupazione.
Tali azioni ovviamente possono essere poste in essere solo in collaborazione con i soggetti istituzionali territoriali e non solo. Alcune opportunità come già evidenziato dal Comitato sono l’entrata in vigore del Codice del “Terzo settore” che prevede, per l’associazionismo, la possibilità di avvalersi dell’istituto del “social bonus” in caso di recuperi del patrimonio storico/artistico.
Il Comitato rilancia quindi il proprio progetto tuttora valido, rendendosi però disponibile a mettersi intorno ad un tavolo alla presenza della proprietà e del Comune di Faenza, socio maggioritario dell’Asp della Romagna Faentina, per valutare insieme interventi condivisi che fermino il degrado in cui la Colonia, la casa del custode ed il parco oggi si trovano.
Dispiace che in questo anno 2018, centenario della Vittoria della Prima Guerra mondiale – i soldi raccolti con sottoscrizioni pubbliche per erigere anche a Faenza un monumento ai Caduti della Guerra ed alla Vittoria furono destinati all’acquisto dell’area, perché la progettata Colonia “elioterapica”(dell’Ente Ospizi Marini e Montani) venne giudicata più utile ed importante di un monumento celebrativo, per i moltissimi orfani di guerra e per le loro famiglie – e preoccupa non si sia imboccata una via, tra quelle indicate dal Comitato, per garantire l’uso e la fruizione pubblica di questo che è un autentico Bene Comune di straordinaria importanza e valore, storico e ambientale, che si trova a pochissima distanza dalla ferrovia FIRENZE - FAENZA (– RAVENNA), che per molto tempo, dalla sua inaugurazione il 24 aprile 1893 (125 anni fa), funzionò come vera metropolitana di superficie con fermata a richiesta anche ad Errano, a poche centinaia di metri in linea d’aria “sotto” la Colonia. E dispiace il “silenzio pubblico” di chi questo patrimonio è chiamato a gestire per conto dell’intera comunità.
Il Comitato è disponibile a collaborare con la proprietà, anche rendendosi disponibile, nell’immediato, alla sola gestione del parco, con il presidio della casa del custode perché ritiene che l’amore per il proprio territorio e il grande desiderio di recuperare la Colonia di Castel Raniero siano fondamentali per lavorare insieme, positivamente.
Faenza, 12 febbraio 2018
Il Comitato Spontaneo “Adottiamo Castel Raniero”