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Un piacevole incontro fra tante persone che condividono impegno civile e speranze:

è così che L’Altra Faenza ha inaugurato la sua sede in corso Matteotti 4/7 (piazzetta interna di Palazzo Graziani) nella mattinata di sabato 13 gennaio.

Essa sarà una casa aperta a tutti coloro che si riconoscono nei valori della sinistra, nella partecipazione democratica, nella Costituzione, che si battono per il lavoro dignitoso e per i diritti delle persone.

Gli stessi locali ospitano anche Legambiente Lamone Faenza.

 


COMUNICATO STAMPA 

Finire bene il 2017. Cominciare bene il 2018

 I propositi del Coordinamento per la Democrazia costituzionale della provincia di Ravenna

Visto il contesto, sembrano propositi utopici. Tali sembravano anche le intenzioni di chi, fin dall’inizio, si oppose alla “deforma”costituzionale Renzi-Boschi,  e di chi, in contemporanea, fece ricorso di incostituzionalità contro la legge elettorale detta Italicum. All’inizio ci dissero:“Ma state sognando?”.
I nostri, in effetti, sono sogni testardi e resistenti. I fatti ci diedero ragione, anche se all’inizio l’esito non era affatto scontato. Il referendum del 4 dicembre 2016 ha salvato la Costituzione, il nostro ricorso contro l’ Italicum è stato in buona misura accolto dalla Corte costituzionale all’inizio del 2017.
D’altra parte, non tutte le imprese che si ritengono giuste contengono di per sé un esito positivo. Ci si impegna perché l’esito sia positivo. Sappiamo che non sempre accade di raggiungere l’obiettivo. Se le certezze fossero preventive, ben poco si muoverebbe nella storia. Figuriamoci nella politica.

Forti comunque delle ragioni che molti costituzionalisti ed esperti ci hanno spiegato in merito all’incostituzionalità del Rosatellulm – per la terza volta nel giro di pochi anni una legge elettorale incostituzionale è stata approvata, come le precedenti, da un Parlamento eletto con legge elettorale incostituzionale -   abbiamo deciso, a Ravenna, di sostenere un ricorso antirosatellum da portare alla Corte Costituzionale per conflitto di attribuzione.
Il 28 dicembre scorso, a Ravenna, l’avv. Felice Besostri – protagonista vincente nei precedenti ricorsi, contro il Porcellum e contro l’Italicum - ci ha spiegato i termini del ricorso e ha raccolto e autenticato  le prime firme - in Italia - di cittadine e cittadini, circa trenta. Molte altre firme saranno raccolte nelle prossime settimane in numerose città e consegnate alla Corte Costituzionale, per un ricorso fondato sul concetto di “conflitto di attribuzione”, per il quale si accede direttamente alla Corte senza passare attraverso i tribunali. Lart. 1 della nostra Costituzione recita che “la sovranità appartiene al popolo”. “Appartiene”è un termine molto forte . Quindi, chi esercita la sovranità – il popolo sovrano - è un potere dello Stato. Riteniamo pertanto che questa sovranità ci sia stata tolta da una legge elettorale che non ci consente di esercitare pienamente la sovranità nella scelta dei candidati - le liste sono bloccate -  e, in alcuni casi, dei partiti, non essendo previsto il voto disgiunto. 

Al nostro voto -  che  la Costituzione definisce “libero, uguale e segreto” – resta solo il “segreto”.  Una regressione sostanziale, rispetto alla Costituzione.

Abbiamo quindi deciso di finire bene il 2017 con una nuova azione resistente. Non sarà l’unica strada

"MAI PIÙ FASCISMI"

3 Gennaio 2018

Appello nazionale di Associazioni, Sindacati, Partiti, Movimenti democratici


“MAI PIÙ FASCISMI”


Appello a tutte le Istituzioni democratiche

Noi, cittadine e cittadini democratici, lanciamo questo appello alle Istituzioni repubblicane.
Attenzione: qui ed ora c'è una minaccia per la democrazia.


Si stanno moltiplicando nel nostro Paese sotto varie sigle organizzazioni neofasciste o neonaziste presenti in modo crescente nella realtà sociale e sul web. Esse diffondono i virus della violenza, della discriminazione, dell'odio verso chi bollano come diverso, del razzismo e della xenofobia, a ottant'anni da uno dei provvedimenti più odiosi del fascismo: la promulgazione delle leggi razziali.
Fenomeni analoghi stanno avvenendo nel mondo e in Europa, in particolare nell'est, e si manifestano specialmente attraverso risorgenti chiusure nazionalistiche e xenofobe, con cortei e iniziative di stampo oscurantista o nazista, come recentemente avvenuto a Varsavia, persino con atti di repressione e di persecuzione verso le opposizioni.

Per questo, uniti, vogliamo dare una risposta umana a tali idee disumane affermando un'altra visione delle realtà che metta al centro il valore della persona, della vita, della solidarietà, della democrazia come strumento di partecipazione e di riscatto sociale.
Per questo, uniti, sollecitiamo ogni potere pubblico e privato a promuovere una nuova stagione di giustizia sociale contrastando il degrado, l'abbandono e la povertà che sono oggi il brodo di coltura che alimenta tutti i neofascismi.


Per questo, uniti, invitiamo le Istituzioni a operare perché lo Stato manifesti pienamente la sua natura antifascista in ogni sua articolazione, impegnandosi in particolare sul terreno della formazione, della memoria, della conoscenza e dell'attuazione della Costituzione.
Per questo, uniti, lanciamo un allarme democratico richiamando alle proprie responsabilità tutti i livelli delle Istituzioni affinché si attui pienamente la XII Disposizione della Costituzione (“E` vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”) e si applichino integralmente le leggi Scelba e Mancino che puniscono ogni forma di fascismo e di razzismo.


Per questo, uniti, esortiamo le autorità competenti a vietare nelle competizioni elettorali la presentazione di liste direttamente o indirettamente legate a organizzazioni, associazioni o partiti che si richiamino al fascismo o al nazismo, come sostanzialmente previsto dagli attuali regolamenti, ma non sempre applicato, e a proibire nei Comuni e nelle Regioni iniziative promosse da tali organismi, comunque camuffati, prendendo esempio dalle buone pratiche di diverse Istituzioni locali.


Per questo, uniti, chiediamo che le organizzazioni neofasciste o neonaziste siano messe nella condizione di non nuocere sciogliendole per legge, come già avvenuto in alcuni casi negli anni 70 e come imposto dalla XII Disposizione della Costituzione.
Per questo, uniti, come primo impegno verso una più vasta mobilitazione popolare e nazionale invitiamo a sottoscrivere questo appello le cittadine e i cittadini, le associazioni democratiche sociali, civili, politiche e culturali. L'esperienza della Resistenza ci insegna che i fascismi si sconfiggono con la conoscenza, con l'unità democratica, con la fermezza delle Istituzioni.

Nel nostro Paese già un'altra volta la debolezza dello Stato rese possibile l'avventura fascista che portò sangue, guerra e rovina come mai si era visto nella storia dell'umanità. L'Italia, l'Europa e il mondo intero pagarono un prezzo altissimo. Dicemmo “Mai più!”; oggi, ancora più forte, gridiamo “Mai più!”.


3 gennaio 2018


ACLI – ANED – ANPI – ANPPIA – ARCI – ARS – ARTICOLO 21 – CGIL – CISL – COMITATI DOSSETTI – COORDINAMENTO DEMOCRAZIA COSTITUZIONALE – FIAP – FIVL – ISTITUTO ALCIDE CERVI – L'ALTRA EUROPA CON TSIPRAS – LIBERA – LIBERI E UGUALI – LIBERTA' E GIUSTIZIA – PCI – PD – PRC – UIL – UISP

Il percorso iniziato con l’Assemblea del Brancaccio aveva, come compito primario, quello di colmare il fossato che ancora oggi esiste tra la politica istituzionale (cioè quella del sistema dei partiti e presente nelle istituzioni democratiche) e gli attori sociali che fanno politica nei contesti di vita e di lavoro delle persone. Le associazioni sindacali e culturali, quelle grandi e strutturate e quelle che si muovono su un obiettivo specifico – l’accoglienza dei migranti, il contrasto alla povertà, la cura del territorio – e su un contesto territoriale limitato, ma che sempre più spesso sono state capaci, partendo dalla concretezza dei problemi che affrontano, di produrre uno sguardo lungo, più lungo di quello della politica-istituzione, sui fenomeni del nostro tempo.

Abbiamo pensato che le elezioni politiche imminenti avrebbero potuto essere un terreno privilegiato per avviare questo percorso. Costruendo le liste elettorali attraverso un metodo partecipato e democratico, in cui – assieme, senza rendite di posizione e canali privilegiati – i militanti dei partiti politici di sinistra, alternativi ai tre poli esistenti, e i protagonisti del civismo attivo decidessero in maniera trasparente i programmi, le candidature, e la leadership collettiva che dovesse impersonarli. Costruendo dal basso quella unità di tutte le forze di sinistra che dall’alto sembrava difficile realizzare.

Non è andata così. Le elezioni si sono rivelate, una volta di più, il momento peggiore per progettare e realizzare il reinsediamento sociale della politica della sinistra. Nei partiti, in quale più e in quale meno, ha prevalso una logica di autoconservazione e di affermazione del proprio primato, e la società civile attiva ha faticato a mobilitarsi per imporre ai partiti, a livello nazionale, quel metodo trasparente e democratico che aveva dati buona prova di sé, con buoni risultati elettorali, in tante elezioni amministrative recenti.

Tuttavia, le più di cento assemblee che nei territori si sono sviluppate hanno dimostrato che questo incontro, quando avviene, produce una straordinaria ricchezza di idee e di proposte. È questa ricchezza che vogliamo restituire.

Ci sono qui, in questo embrione di programma, elementi su cui invitiamo a riflettere: e che intendiamo discutere con tutti quelli che hanno partecipato alla sua elaborazione, e con le forze che si presenteranno alle elezioni.

Questo testo è un primo tentativo di sintetizzare e restituire a tutti le idee, i progetti, le aspirazioni, le proposte emerse nelle cento assemblee ‘del Brancaccio’ che hanno attraversato l’Italia durante l’estate e l’autunno del 2017 (e che si possono tutte trovare sul sito: http://www.perlademocraziaeluguaglianza.it).

Non è un programma, non è omogeneo, non è compiuto. È un abbozzo, un inizio.

Una sorta di cartello indicatore: che segna la direzione da imboccare se davvero vogliamo cambiare questo Paese.

La speranza è che tutti coloro che hanno creduto nel percorso ‘per la democrazia e l’uguaglianza’ possano portare queste idee nelle liste che appoggiano in vista delle elezioni del prossimo 4 marzo. O anche semplicemente utilizzarle come pietra di paragone per giudicare i programmi elettorali. O come bussola per continuare a cercare la Sinistra che ancora non c’è. Quella Sinistra che, dal 5 marzo 2018, bisognerà ricominciare a costruire.

A questo tentativo hanno collaborato, in modi e misure diverse: Andrea Baranes, Luca Benci, Piero Bevilacqua, Ilaria Boniburini, Alberto Campailla, Vezio De Lucia, Giuseppe De Marzo, Anna Falcone, Maria Pia Guermandi, Federico Martelloni, Filippo Miraglia, Tomaso Montanari, Francesco Pallante, Livio Pepino, Gianni Principe, Christian Raimo, Andrea Ranieri, Edoardo Salzano, Francesco Sylos Labini.

SCARICA QUI IL CONTRIBUTO PROGRAMMATICO DELLE CENTO ASSEMBLEE

 

Pubblichiamo qui l'intervento che Alessandro Pace, costituzionalista, già presidente del Comitato nazionale per il NO al referendum costituzionale del 4 dicembre, ha tenuto in occasione del Convegno "La Costituzione è giovane" tenutosi al Senato il 27 dicembre scorso. A questo link la video registrazione, completa di tutti i contributi: 70° anniversario della firma della Costituzione - YouTube

1. Sul Corriere della Sera del 27 dicembre è stata sintetizzata in dieci istantanee la “storia” dell’attuale legislatura. La n. 9 rappresenta «l’immagine di Matteo Renzi che nella sala stampa di Palazzo Chigi annuncia le sue dimissioni dopo la disfatta del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016». L’autore dell’articolo si ferma qui, mentre sarebbe stato opportuno andare un po’ indietro e ricordare che la riforma Renzi-Boschi venne votata da un Parlamento illegittimo nella sua composizione nonostante la Corte costituzionale, con la sentenza n. 1 del 2014, avesse dichiarato incostituzionale il c.d. Porcellum in forza del quale era stato eletto. Il vero è che sia a causa dell’ignoranza dell’opinione pubblica circa i tecnicismi giuridici, sia a causa della mala fede dei detentori del potere, sulla sentenza n. 1 del 2014 fu steso un velo soprattutto comodo per i partiti, in particolare il PD, che avevano lucrato un illegittimo cospicuo premio di maggioranza.
Un Parlamento “delegittimato”, quindi, che nondimeno modificò ben 55 articoli della Costituzione, senza che gli allora Presidenti della Repubblica e della Corte costituzionale – entrambi c.d. “garanti” della Costituzione – battessero ciglio. Omettendo quindi di considerare che la Corte costituzionale aveva chiaramente avvertito, nelle ultime battute del n. 7 del “considerato in diritto” della sentenza n. 1 del 2014, che il principio della “continuità istituzionale” non avrebbe potuto, alla lunga, sostituirsi al doveroso voto popolare. Con l’abnorme conseguenza che, per tutta la XVII legislatura, abbiamo avuto un Parlamento costituzionalmente viziato nella sua composizione, che solo il M5S aveva reiteratamente denunciato.
Né quel “peccato originale” venne attenuato, strada facendo, dalla c.d. riforma Renzi-Boschi. Che anzi violò la libertà di voto (art. 48 Cost.) in conseguenza della disomogeneità del contenuto prescrittivo della riforma. Che violò il “principio supremo” della sovranità popolare (art. 1 comma 2 Cost.) negando l’elettività diretta del Senato. Che conferì, in violazione dell’art. 3 Cost., funzioni senatoriali part-time a consiglieri regionali e a sindaci privi della diretta legittimazione democratica. Che, in violazione dell’art. 5 Cost., attribuì alle regioni, tranne qualche eccezione, soltanto competenze legislative di contenuto meramente organizzativo. Che modificò surrettiziamente la forma di governo, indebolendo i contro-poteri e conseguentemente rafforzando indirettamente i poteri del Governo, e soprattutto quelli del Premier. E così via.
Ed è anche per queste ragioni tecniche, la grande maggioranza degli elettori si espresse in favore del No, non solo per lo stravolgimento apportato al sistema costituzionale, ma per la complessità delle modifiche costituzionali. Dando così ragione, nei fatti, al procedimento di revisione costituzionale previsto dall’art. 138 Cost., che prevede soltanto revisioni puntuali o comunque omogenee. Non riforme megagalattiche come la Renzi-Boschi. 

2. Sta di fatto che fino al 1983 – e cioè per ben 35 anni – sia le leggi costituzionali, sia le leggi di revisione costituzionale hanno sempre avuto un contenuto puntuale