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È di color grigio cemento il sipario di cartoncino apparso oggi all’ingresso dell’Arena Borghesi, a conclusione della stagione cinematografica. 

Lo hanno installato, per alcuni minuti, gli attivisti di Legambiente e Italia Nostra.

Su uno schermo nero, la parola “fine” e un punto interrogativo evidenziano il rischio che l’anniversario dell’Arena del 1928 venga “celebrato” da un’invasione del cemento.

Dopo 90 anni il teatro è ancora immerso tra imponenti tigli e grandi tassi, che formano una “verde cornice di alti alberi”, così come la descriveva la stampa dell’epoca.

Un’architettura del paesaggio, organica e coerente col viale Stradone, che sarebbe cancellata dall’espansione del confinante supermercato Conad.

Se l’ampliamento sarà realizzato, l’ampio spazio alberato che occupa un quinto della superficie dell’Arena, verrebbe distrutto e occupato dalla nuova costruzione.

Un ampliamento che aggraverebbe l’errore urbanistico del 1981, che portò all’insediamento di un supermercato bollato dal PRG del 1996 come uno degli “Edifici incongrui, fuori contesto, che con le loro dimensioni hanno stravolto il rapporto dimensionale con il tessuto storico e/o edilizio circostante” .

Senza la sua “architettura alberata” lo spazio dell’arena si ridurrebbe drasticamente, la platea sarebbe schiacciata dalla nuova cubatura di cemento.

È un impatto che stravolge l’identità e il modo di abitare dell’Arena Borghesi, una “piazza dello spettacolo” rara per la coerenza col paesaggio di un viale dell’Ottocento; il “viale lunghissimo dei platani” evocato da Dino Campana nei Canti Orfici.