Fino ad oggi l’Amministrazione di Imola è stata il paladino più intransigente a favore di HERA e della raccolta stradale (con cassonetti) contro la raccolta porta a porta e contro la strategia rifiuti zero, vale a dire contro le pratiche per ridurre al massimo i rifiuti e riciclare quelli prodotti, puntando su incenerimento e discarica. La discarica Tre Monti è stata vista come la cassaforte del Comune tanto che gli enormi spazi di ampliamento del lotto 3 chiesti solo qualche anno addietro, e che potevano servire per molti anni con una gestione oculata, sono stati bruciati in pochi anni riempendoli di rifiuti urbani ma soprattutto di rifiuti speciali. Per non parlare della gestione discutibile, visti i gravi problemi di inquinamento interni ed esterni all’impianto che hanno generato negli anni numerose diffide da parte della Città Metropolitana e obbligato ad una bonifica di cui però non sappiamo ancora nulla. Imola in tutti questi anni è sempre stata ai vertici per la produzione di rifiuti pro-capite da smaltire (ben oltre i 300 kg a testa) rispetto ai 60 del comune di Carpi, comune di pari dimensioni e con una efficace raccolta porta a porta.
Ora basta! non possiamo più accettare ulteriormente questa mala gestione del territorio e delle sue preziose risorse: via la discarica e via HERA.
I cittadini inquinati dicono basta e tramite i propri comitati e la Rete Rifiuti Zero invitano i candidati sindaco alle prossime elezioni comunali a sottoscrivere, e le forze politiche a mettere integralmente nel programma elettorale, il seguente impegno sulla gestione dei rifiuti da portare avanti nella prossima legislatura:
1 – la chiusura, la messa in sicurezza e la bonifica della discarica Tre Monti di Imola.
2 – l’affidamento in house a propria società totalmente pubblica della gestione dei rifiuti togliendola all’attuale gestore HERA.
3 – l’adozione, tramite delibera e le conseguenti azioni, della strategia rifiuti zero in accordo con Zero Waste Italy e con la Rete Rifiuti Zero Emilia Romagna, strategia esplicitata nei 10 passi contenuti nelle delibere già adottate da oltre 270 comuni italiani.
4 – far valere le proprie quote in HERA per modificare le politiche di questa società verso la strategia rifiuti zero e mettere ai vertici dell’azienda esperti che condividono tale strategia per garantirne l’applicazione.
Comitati e Rete Rifiuti Zero E.R. Informeranno i cittadini su chi ha sottoscritto e messo nel programma i punti citati e inviteranno a votare esclusivamente i sindaci e le forze politiche che avranno preso in modo sincero questo impegno. Ribadiamo ovviamente che non ci fidiamo nel modo più assoluto delle forze politiche che fino ad oggi hanno governato la città, viste le forti azioni in direzione opposta a quanto da noi auspicato.
RETE RIFIUTI ZERO EMILIA ROMAGNA
COMITATO “VEDIAMOCI CHIARO” IMOLA
“Il lavoro è travaglio: sono doglie per poter generare poi gioia per quello che si è generato insieme. Senza ritrovare una cultura che stima la fatica e il sudore, non ritroveremo un nuovo rapporto col lavoro e continueremo a sognare il consumo di puro piacere. Il lavoro è il centro di ogni patto sociale: non è un mezzo per poter consumare, no. È il centro di ogni patto sociale.” Dal Discorso di Papa Francesco all’Ilva di Genova 27 maggio 2017
La quantità, qualità e dignità del lavoro è la grande sfida dei prossimi anni per la nostra società nello scenario di un sistema economico che mette al centro consumi e profitto e finisce per schiacciare le esigenze del lavoro. I due imperativi del benessere del consumatore e del massimo profitto dell’impresa hanno risolto il problema della scarsità dei beni e delle risorse necessarie per investimenti, innovazione e progresso tecnologico nella nostra società. Ma hanno finito per mettere in secondo piano le esigenze della dignità del lavoratore indebolendo il suo potere contrattuale, soprattutto nel caso delle competenze meno qualificate.
Questi meccanismi sono alla radice di quella produzione di scartati, di emarginati così insistentemente sottolineata da Papa Francesco. Essi ci aiutano a capire perché ci troviamo di fronte a tassi di disoccupazione così elevati, ancor più tra i giovani, e al fenomeno inedito dei lavoratori poveri. Se un tempo il lavoratore povero era una contraddizione in termini, oggi l’indebolimento della qualità e della dignità del lavoro porta al paradosso che avere lavoro (che molte volte rischia di essere un lavoretto saltuario) non è più condizione sufficiente per l’uscita dalla condizione di povertà.
Gli ultimi dati sulla distribuzione del lavoro, dei salari e della ricchezza confermano che la frattura tra Nord e Sud del mondo non è più una frattura geografica ma è delimitata dal confine delle competenze. Ci sono tanti Nord e Sud dentro ciascun paese, città, quartiere. Nei paesi ad alto reddito come nei paesi emergenti assistiamo a crescenti diseguaglianze interne tra un ceto istruito e preparato alle sfide dell’economia globale e un ceto con minori competenze che rischia di finire tra i “vinti” del progresso, abbandonato sulla riva.
Di fronte a questo scenario è innanzitutto necessario innovare il nostro metodo di azione. Farsi prossimo agli ultimi, comprendere e condividere le loro urgenze non è solo un compito pastorale ma diventa un’esigenza fondamentale per l‘ intera società in tutte le sue componenti (art. 2 della Costituzione) e un compito ineludibile per la classe politica. Abbiamo bisogno sempre più di forme di sussidiarietà circolare di solidarietà che vedano nuove configurazioni di collaborazione fra tutti i soggetti, senza particolarismi o primogeniture, ma come fondamento e fine del convivere responsabilmente insieme per un futuro di speranza a partire dal lavoro ‘centro di ogni patto sociale’.
Con il percorso che ci ha portato alle Settimane Sociali di Cagliari abbiamo camminato per le strade del nostro paese andando sui territori, individuando migliori pratiche e problematiche. Da questo viaggio nel paese abbiamo individuato tre urgenze fondamentali.
La prima è rimuovere gli ostacoli per chi il lavoro lo crea come sottolineato dal pontefice nel suo discorso all’Ilva di Genova. Creare buon lavoro (lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale (EG n. 192) è oggi una delle più alte forme di carità perché genera condizioni stabili per l’uscita dal bisogno e dalla povertà. I mondi della pubblica amministrazione e della giustizia non possono essere distanti e separati da questa sfida e devono porsi l’obiettivo di rimuovere lacci e ostacoli evitando di essere un peso ed un freno.
La seconda è avere istituzioni formative (scuole, università, formazione professionale) all’altezza di queste sfide. In grado innanzitutto di suscitare nei giovani desideri, passioni, ideali, vocazioni senza le quali non esiste motivazione né sforzo verso l’acquisizione di quelle competenze fondamentali per risalire la scala dei talenti. Sogniamo un mondo nel quale i nostri giovani non si domandino semplicemente se potranno trovare un lavoro ma lavorino con passione e costanza per raggiungere l’obiettivo della loro generatività domandandosi quanto lavoro, valore sostenibile, quanto bene comune possono creare per la società in cui vivono. A questo fine l’incontro con il mondo del lavoro sin dai tempi della scuola, il confronto con le sue esigenze, lo stimolo allo sviluppo di competenze e al discernimento del proprio percorso di vita rappresentano elementi fondamentali per un sistema formativo che vuole aiutare i giovani ad inserirsi nella società ed evitare che finiscano nel vicolo cieco di coloro che non lavorano né studiano.
La terza è una rete di protezione per i soggetti più deboli, uno strumento efficace di reinserimento e di recupero della dignità perduta per gli scartati, gli emarginati che desiderano reinserirsi nel circuito di diritti e doveri della società. Su questo punto chiediamo alle nostre forze politiche di superare contrapposizioni strumentali e convergere su un comun denominatore di una rete di protezione universale efficace. Tenendo ben presente che dignità della persona non significa essere destinatari di un mero trasferimento monetario ma piuttosto essere reinseriti in quel circuito di reciprocità nel dare e avere, nei diritti e doveri che è la trama di ogni società. Se è vero che la mancanza di lavoro uccide, poiché genera “un’economia dell’esclusione e della inequità” (Evangelii gaudium 53) e produce inevitabilmente conflitti sociali la risposta al problema non può non essere ambiziosa. I giovani, gli imprenditori, noi tutti, credenti e uomini di buona volontà dobbiamo impegnarsi a riscoprire la «“vocazione” al lavoro», intesa come «il senso alto di un impegno che va anche oltre il suo risultato economico, per diventare edificazione del mondo, della società, della vita». Un buon lavoro è infatti dimensione fondamentale per svolgere il nostro ruolo di con-creatori e chiave fondamentale per la generatività, ricchezza di senso e fioritura della vita umana.
Roma, 9 aprile 2018
(Solennità dell’Annunciazione del Signore)
La Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, la custodia del creato
Rispetto e priorità ai problemi veri
Nervosimo e toni accesi hanno caratterizzato la seduta del Consiglio comunale svoltasi venerdì 27 aprile. Ad agitare le acque è stata la richiesta di revoca del mandato di presidente del Consiglio stesso a Maria Chiara Campodoni, un tema delicato che già all’atto dell’insediamento aveva richiesto più votazioni e generato tensioni, scambi di accuse e sospetti di “tradimenti” interni alla maggioranza.
Il retroscena di questa iniziativa è costituito dai sempre più evidenti distinguo della lista Insieme per Cambiare, alleata del Pd e in maggioranza, e dalle avanches promosse da suoi esponenti nei confronti della Lega Nord. E’ chiaro che, qualunque fosse stato, il pronunciamento del Consiglio sulla richiesta di empeachement della Campodoni non avrebbe determinato automaticamente la crisi della Giunta Malpezzi. Lo scopo, com’è evidente, era quello di destabilizzare e di mandare segnali al Pd. Le recenti elezioni hanno detto chiaro in quale direzione tira il vento, forse c’è già chi pensa ad un riposizionamento.
L’Altra Faenza ritiene – e in questo senso si è espresso chiaramente il consigliere Edward J. Nechi – che altri siano i problemi che l’Amministrazione pubblica dovrebbe affrontare con decisione per dare risposta ai bisogni della città e dei faentini. Ha sottoscritto assieme agli altri gruppi di minoranza la richiesta di revoca per capire dove si voleva andare a parare, quali erano le intenzioni dei veri promotori. E’ andata com’era facile prevedere che andasse: con tutta la maggioranza schierata in difesa della presidente del Consiglio comunale. E con la Lega Nord che afferma pubblicamente di considerare chiuso il dialogo con l’assessore Piroddi. Bel risultato! verrebbe da dire.
Ciò che non può passare sotto silenzio è il comportamento tenuto dal sindaco Malpezzi nei confronti del consigliere de L’Altra Faena. Non si risponde con fastidio a chi evidenzia – con pieno diritto – che ogni gruppo ha un suo profilo ideale e politico e non va confuso in un generico “opposizione”, a chi propone un richiamo forte al ruolo del Consiglio comunale e alle sue responsabilità di fronte ai cittadini, a chi denuncia il livello davvero basso al quale sono giunti il confronto, gli spazi di partecipazione e la politica. E’ da qui che si deve ripartire, evitando insofferenze del tutto fuori luogo.
Faenza, 30 aprile 2018
L’Altra Faenza
Il Teatro Due Mondi partecipa alle celebrazioni cittadine per la Festa dei Lavoratori, invitato dai sindacati cittadini CGIL CISL e UIL, per proporre una azione in strada del laboratorio di teatro partecipato SENZA CONFINI dal titolo AZIONE PRIMO MAGGIO. L’appuntamento è per il 1 maggio alle ore 11.00 in Piazza della Libertà (Faenza).
Quanti italiani hanno lasciato e lasciano casa per cercare lavoro e fortuna in un altro paese? E quanti oggi arrivano in Europa per cercare sicurezza, lavoro e fortuna? Parlare con consapevolezza del diritto a “emigrare” che muove milioni di persone che lasciano fame, povertà e guerra vuole dire ricordare anche i viaggi dei nostri nonni, dei padri e delle madri che sono partiti dalla nostra terra.
Festeggiare il Primo Maggio è augurare lavoro a chi non ce l’ha e rivendicare diritti e tutele per chi lavora.
Il lavoro è un mezzo indispensabile per raggiungere felicità e realizzare sogni e questi sono diritti inalienabili che spettano a tutti i cittadini del mondo, uomini e donne, italiani e migranti.
SENZA CONFINI prosegue il cammino tracciato in questi ultimi anni dal Teatro Due Mondi nel lavoro con i non-attori su tematiche di urgenza sociale che riguardano il nostro vivere come cittadini del mondo. In particolare il Teatro Due Mondi incontra profughi e richiedenti asilo per dar loro voce e sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di integrazione e inclusione sociale. Il teatro è una concreta e incisiva modalità per dialogare con la città su questioni di grande attualità ed è un mezzo efficace di comunicazione fra e con gli individui.
SENZA CONFINI è un progetto dal Teatro Due Mondi aperto a tutti: persone giovani e meno giovani di provenienze, mestieri, lingue, culture ed opinioni diverse.
A 26 anni dalla messa al bando dell'amianto, le stime relative alla presenza di questo killer silenzioso, come anche quelle relative alle conseguenze dell'esposizione, sono agghiaccianti:
- oscillano tra 32.000.000 e 40.000.000 le tonnellate di manufatti contenenti amianto diffusi sul territorio,
- sono 75.000 gli ettari in cui c'è una accertata contaminazione,
- si stimano tra 1 e 2,5 miliardi di metri quadri di coperture in amianto su capannoni, strutture, edifici pubblici e privati,
- sono migliaia gli edifici pubblici che ancora "ospitano" elementi edilizi in amianto,
- si contano tra 3.000 e 6.000 morti ogni anno, per malattie causate dall'esposizione (mentre la percentuale di persone che si ammalano senza aver avuto una esposizione di tipo professionale è in aumento).
Di fronte a questa situazione drammatica chiediamo che sia ripristinato lo strumento più efficace che sia mai stato attivato per consentire la bonifica di tetti e coperture in amianto, soppresso improvvisamente nel 2012: cioè quello di legare un extra-incentivo per la bonifica della copertura, agli incentivi dedicati a chi produce energia pulita attraverso l'installazione di impianti fotovoltaici.
#BastaAmianto
#PiùSolePerTutti
Lettere aperta “Segnaletica stradale per bici e pedoni: è davvero utile a prevenire gli incidenti?”
al Comandante Polizia Municipale Paolo Ravaioli
all’Assessore Andrea Luccaroni
all’Assessore Antonio Bandini
all’Assessore Claudia Zivieri
Gent.mi,
Vogliamo esprimere i nostri dubbi rispetto alla nuova segnaletica dedicata a pedoni e ciclisti. E’ lodevole il coinvolgimento dei ragazzi, ma perché tappezzare la città con 120 cartelli indirizzati solo a pedoni e ciclisti, utenti deboli della strada, che oltre a non inquinare non sono nemmeno potenzialmente letali (a differenza delle auto)? Ci sembra un’operazione di moralismo che non tocca il vero responsabile dell’incidentalità: il traffico delle auto. Varie ricerche affermano che raddoppiando il numero di ciclisti, si ridurrà del 34% il rischio di incidenti per km mentre se questi dimezzano il rischio aumenta del 52%[1]. Ci sembra quindi più utile, al fine della riduzione degli incidenti stradali, promuovere la bici in ogni fascia di età.
Siamo inoltre amareggiati dalla frase dell’assessore Luccaroni riportata dai giornali: “Le vittime degli incidenti stradali sono spesso gli utenti deboli della strada, pedoni e ciclisti, e ciò è dovuto in parte al comportamento a volte distratto che si ha in bicicletta». L’assessore sa, dati alla mano, in quanti incidenti il ciclista/pedone sia stato distratto?
Questa generica colpevolizzazione è poco rispettosa delle vittime, ricordiamo i tantissimi pedoni investiti mentre attraversavano sulle strisce: l’ultima solo un mese fa, una signora di 72 anni travolta sulle strisce pedonali in corso Garibaldi. Soprattutto non si possono colpevolizzare gli utenti deboli se parallelamente non si rende la città a misura di bici e pedoni, anche dei più piccoli (cosa che attualmente non è): cortili scolastici ostaggio delle auto, marciapiedi e ciclabili invasi da auto in sosta (e raramente i vigili intervengono soprattutto davanti scuole e supermercati), strade insicure per le bici, rastrelliere mancanti o in numero insufficiente davanti quasi tutte le scuole, marciapiedi dissestati, piste ciclabili che finiscono nel nulla. Questa non è una città a misura di bambino, né tantomeno una comunità educante.
E’ vero che le ciclabili sono aumentate in questi ultimi anni, ma non sono collegate tra loro; come abbiam già fatto presente per il PUMS, oltre a collegarle e mettere in sicurezza in particolare i tragitti casa-scuola, chiediamo di limitare il traffico con zone 30 in tutto il centro urbano, pedonalizzazione del centro storico e delle aree davanti le scuole/biblioteca, parcheggi fuori dal centro, e non ultimo maggiore severità da parte dei vigili nel far multe alle auto che sostano in modo “selvaggio”.
Perché non coinvolgere i ragazzi e ideare una segnaletica che promuova l’uso della bici e contrasti la prepotenza degli automobilisti? “Non parcheggiare sui marciapiedi/ciclabili”, “Non sostare col motore acceso”, “Se sorpassi una bici mantieni la distanza di almeno 1 metro e mezzo”... Cartelli che ricordano i benefici ambientali e per la salute del camminare e pedalare. Muoversi in bicicletta o a piedi anziché utilizzare l’automobile, in Emilia-Romagna, ha infatti evitato l’emissione di 319.600 tonnellate di CO2 all’anno e una riduzione stimata di mortalità del 12% (bicicletta) e del 9% (piedi), per un risparmio complessivo di 559 decessi annui.
Sottolineiamo infine che la segnaletica realizzata mischia obblighi a semplici raccomandazioni: siamo proprio sicuri che è obbligatorio scendere sempre dalla bici sulle strisce? Secondo un parere del Ministero dei Trasporti a firma dell’Ing. Mazziotta “(in presenza di intersezione semaforizzata pedonale, ndr) o anche in assenza di semaforo, i ciclisti possono attraversare in sella alla bicicletta[2]” sempre con la massima prudenza e solo se non si reca intralcio ai pedoni. Altro cartello poco chiaro è quello relativo ai pedoni sulle strisce con cuffia e auricolare. Non ci risulta esista una norma che vieti ad un pedone di camminare o correre con cuffie e auricolari. Infine, il cartello che riguarda i sensi unici: ricordiamo che il senso unico eccetto bici è una pratica molto diffusa in Europa e anche in vari comuni italiani. Perché non creare più sensi unici eccetto bici anche a Faenza, laddove possibile? A patto che i vigili si impegnino a multare le auto in divieto di sosta: un caso imbarazzante è corso Matteotti, senso unico eccetto bici reso pericoloso dalle auto in divieto di sosta!
Fiduciosi in una vostra risposta, porgiamo cordiali saluti
Linda Maggiori 333 3520627
Per il gruppo locale Fiab Faenza-Forlì, Salvaiciclisti Faenza
[1] http://www.fiab-onlus.it/bici/attivita/area-tecnica/item/1751-safety-in-numbers.html
[2] http://www.salvaiciclistiroma.it/strisce-in-bici-si-puo/