Accedi Registrati

Login to your account

Username *
Password *
Remember Me

Create an account

Fields marked with an asterisk (*) are required.
Name *
Username *
Password *
Verify password *
Email *
Verify email *

UNA FIRMA PER L’ITALIA!

Finalmente è possibile firmare online a sostegno del referendum per abrogare l’autonomia differenziata!

1 - Apri il link: https://pnri.firmereferendum.giustizia.it/referendum/open/dettaglio-open/500020

e accedi con lo SPID, la CIE o la CNS

2 - Scorri l’elenco delle iniziative e clicca su “Contro l’autonomia differenziata. Una firma per l’Italia unita, libera, giusta” (il numero dell’iniziativa è 500020)

3 - Premi su sostieni iniziativa, clicca su continua e nuovamente su sostieni iniziativa

Condividi per fare passaparola, inoltra questo messaggio ai tuoi contatti!

Cosa possiamo aspettarci? Per cosa dobbiamo batterci?


Nei discorsi programmatici che cercano il consenso di forze assai diverse c’è spesso tutto e il contrario di tutto. Ma nelle Guidelines presentate da Ursula von der Leyen per chiedere e poi ottenere la rielezione, la moltitudine degli impegni si accompagna a una mancanza di analisi degli errori commessi e degli ostacoli da superare, un ripetere cose vecchie con termini nuovi … che colpisce.
 
Ma c’è di più. C’è un tema dove purtroppo la posizione è chiara. E grave. Come scrive Sottosopra per il Forum Disuguaglianze e Diversità su Il Fatto Quotidiano “Oltre le speranze e le apparenze, un’indicazione è stentorea: “Siamo nell’era del riarmo”. Questa presa d’atto vigliacca, la centralità assoluta della difesa come bussola nei rapporti internazionali e nelle priorità di spesa, negano la missione stessa dell’Unione europea come costruzione di spazio di pace e di relazioni dopo l’orrore dei conflitti mondiali”.
 
Certo, come non condividere l’impegno a rilanciare Social Pillar e Green Deal? Ma sul fronte sociale, all’impegno generale non seguono obiettivi precisi, mentre resta la sostanziale disattenzione agli impatti sociali della transizione energetica: “… l’impegno a rilanciare il Green Deal, bloccato dalla stessa presidente sul finire della scorsa legislatura. L’annuncio che “resterà su quella rotta” appare oggi come un gran risultato, ma cosa sia il “nuovo patto per l’industria pulita” è arduo da dire e manca una qualunque idea su come rendere la transizione giusta per chi sta peggio”.
 
Nessun cambiamento di rotta, infine, sul tema decisivo della conoscenza bene comune, requisito per combinare sviluppo e giustizia sociale, a cominciare dal campo sanitario, dove si leggono  generiche parole: è assente ogni consapevolezza che la chiave della competitività e della giustizia sociale sta nell’accesso alla conoscenza come bene comune, strada decisiva per tramutare l’incombente problema della salute di una popolazione che invecchia - cui sono dedicate poche vaghissime righe - in un’opportunità di scala europea. Infine, non si è sentito neppure l’impegno per una maggiore trasparenza, dopo l’accaduto coi contratti per i vaccini Covid, macchia pesante della sua amministrazione precedente”.
 
Grande allora il compito per il Parlamento europeo, per chi ha votato e per chi non ha votato la Presidente. Tradurre le moltissime ambiguità in fatti concreti e nuovi. Fermare gli errori gravi che si intravedono. E soprattutto discutere in modo trasparente e comprensibile di fronte a tutte e tutti noi. Che non staremo con le mani in mano.

Scopri tutto su "Quale Europa"

Ritardi e cancellazioni di treni sempre più frequenti nelle stazioni. Un danno per passeggeri e lavoratori, soprattutto in questo periodo di caldo e turismo

Chiunque si sia recato nelle stazioni ferroviarie negli ultimi tempi avrà visto come sui tabelloni di arrivi e partenze si moltiplichino i ritardi e le cancellazioni dei treni, oppure, in alcuni casi, ne sarà stato direttamente interessato da tali disagi. Spesso, sulle tratte a lunga percorrenza, soprattutto per l’alta velocità, si sentono annunci che segnalano problemi alla rete nei nodi di Firenze e Napoli. Talvolta i ritardi accumulati non si contano in minuti, ma divengono di un’ora, poi di due e talvolta di più, come è accaduto venerdì 19 luglio, quando un guasto sulla linea Milano-Roma ha provocato ritardi fino a tre ore, coinvolgendo anche altre tratte.   

NON SOLO ALTA VELOCITÀ

Il rapporto Pendolaria di Legambiente documenta alcuni esempi che comprendono un ampio periodo, come quello segnalato dal ‘Comitato pendolari ferrovia Roma Nord’ che ha evidenziato come nel 2023 siano state oltre 7 mila le corse soppresse. Tra i dati forniti da Trenord spicca in Lombardia la Milano-Mortara, che nel luglio scorso ha toccato quasi il 13% delle corse che hanno subito ritardi e soppressioni, mentre negli altri mesi le percentuali vanno dall’8 al 10%. Tra gennaio e giugno 2023 circa un treno su cinque sulla tratta Bologna-Rimini (via Ravenna) ha avuto ritardi, mentre il 10% dei treni è stato soppresso.

La linea Barletta-Trani-Bari ha visto un 2023 fatto di incendi in prossimità dei binari, ritardi e guasti che hanno reso la circolazione dei treni lenta e assai poco affidabile. Vagoni costantemente sovraffollati, che in alcuni casi non sono potuti partire, e ritardi che in più di un caso hanno superato l’ora e mezzo. La Pinerolo-Torino, linea tra le piemontesi con il maggior numero di utenti all’anno, è quella che più registra ritardi e soppressioni a livello di servizio ferroviario metropolitano. Nonostante ciò, i dati di Trenitalia disegnano una situazione con una bassa percentuale di treni soppressi e ritardi per lo più contenuti.

IL SISTEMA NON REGGE 

Francesco Donini, del dipartimento Mobilità della Filt nazionale, ci spiega che a pesare su qualità e quantità del trasporto ferroviario sono ritardi, convogli vecchi e lenti e un divario sempre più forte tra Nord e Sud. “Il sistema in questa fase ha problemi stratificati - prosegue - perché c'è un’esorbitante richiesta di mobilità su ferro da parte delle persone, con treni a lunga percorrenza, treni regionali e anche treni suburbani e metropolitani, e insieme c'è un numero importante di treni di servizio o di trasporto merci”.

BASTA UN CANTIERE

C’è poi l’annosa questione dei cantieri di lavoro alle infrastrutture, sia per il Pnrr sia per i cantieri ordinari di manutenzione: “Anche questo fa sì che la rete fatichi a sopportare la miriade di treni che viaggianodice Donini: “Basta quindi che nei nodi principali ci sia un ritardo e a cascata ci sono ritardi su ritardi. L'estate poi è una stagione critica, perché, dopo la parentesi del Covid, la mobilità delle persone è tornata ad aumentare e si vede, anche perché il nostro è un Paese altamente turistico”. 

Appena c'è una difficoltà il sistema collassa – prosegue il sindacalista Filt – e ci sono disagi di varia natura. I ferrovieri sanno che l'estate è il periodo più impegnativo per il personale frontline, per capitreno e macchinisti, ma anche per il personale di biglietteria e che dà assistenza nelle stazioni. Per tutti loro la gestione del disservizi è particolarmente complicata, anche perché devono fare in modo che la soddisfazione del viaggiatore sia adeguata alle aspettative. Ed è lo stesso, quotidianamente, se si viaggia sui treni regionali”.

PASSEGGERI ESASPERATI, ALCUNI VIOLENTI

Da tempo è poi emerso il fenomeno delle aggressioni al personale ferroviario da parte dei passeggeri che subiscono disagi: “Ci sono situazioni di escandescenza nei confronti della prima interfaccia aziendale, perciò i lavoratori sono coloro che subiscono vari tipi di violenza, la maggior parte sono verbali, ma può succedere che diventino anche di altra natura”, afferma Donini. 

 
 
 
Current Time 0:00
Loaded: 3.93%
 
 
Remaining Time -2:48
1x
 

II ritardi dei treni si ripercuotono sulla vita dei passeggeri, in particolare dei pendolari, ma anche su quella del personale ferroviario viaggiante, con ritardi sulla fine dei turni, e quindi il ritorno a casa, oppure con l’impossibilità di rincasare perché bloccati a centinaia di chilometri di distanza. Per questo, secondo l’esponente della Filt, “è importante quantificare lo stress da lavoro correlato causato dal trovarsi anche fino a turni di dieci ore, a contatto con il pubblico, con treni che possono partire con ritardi consistenti, la gestione delle coincidenze e magari il sovraffollamento sui treni che portano alle località turistiche”.

Conclude Donini: “Il lavoro frontline diventa quindi un lavoro particolarmente rischioso, oltre che particolarmente pesante, e, a oggi, in aggiunta agli strumenti contrattuali già riconosciuti, non c’è ancora una valutazione piena da ambedue le parti, non solo sindacale ma anche datoriale, di quanto sia importante valutare in modo corretto un tema di questo genere. Un tema ancor più importante in una stagione di rinnovo contrattuale con i ferrovieri che ci segnalano quanto sia difficile la gestione della vita privata e la sua conciliazione con la vita lavorativa”

Non solo morti. Tanti gli infortuni gravi nelle ultime 24 ore. Al ministero incontro con i sindacati sulla patente a crediti

Ansa

 

Sono due i morti nelle ultime 24 ore. Dopo il decesso del titolare di una cava di marmo di 74 anni, Mario Floris, in Ogliastra, territorio sardo della provincia di Nuoro, è arrivata la notizia del decesso di un giovane operaio di venti anni nella zona di Collecchio, provincia di Parma. La prima vittima è stata violentemente colpita alla testa dalla benna dell’escavatore che stava manovrando, mentre la seconda, dipendente della ditta Green Economy, è rimasta folgorata nel momento in cui la benna del suo mezzo scavando ha tranciato dei cavi elettrici. 

Leggi anche

A FROSINONE 4 OPERAI ALBANESI IN CODICE ROSSO

Tanti sono stati anche gli infortuni gravi. Nel comune di Serrone, nel nord della provincia di Frosinone, sul Monte Scalambra, un mezzo di una ditta impegnata nelle attività di taglio del bosco su un’area comunale si è ribaltato investendo quattro operai, tutti di origini albanesi, due di 34 anni e gli altri di 27 e 30 anni. A darne notizia l’Agi. Tutti soccorsi ed elitrasportati presso l’ospedale romano di Tor Vergata in codice rosso. La dinamica dell'infortunio è ora in fase di ricostruzione da parte dei carabinieri forestali del comando provinciale. 

Leggi anche

OPERAIO COLPITO IN PIENO DA TRAVE DI LEGNO AD ANCONA

Ricoverato in gravi condizioni all'ospedale regionale di Torrette di Ancona anche l'operaio che, questa mattina, 23 luglio, è stato colpito in pieno da una trave di legno mentre stava lavorando all'interno di un cantiere edile nel quartiere Archi del capoluogo marchigiano. A darne notizia l’Ansa. L'uomo, 59 anni, originario del Bresciano, è stato soccorso da alcuni colleghi, che hanno dato l'allarme: il personale del 118 lo ha stabilizzato sul posto e trasferito in codice 'rosso avanzato' nel nosocomio. La dinamica dell'infortunio è in fase di ricostruzione: da quanto si è appreso, la trave era manovrata da una gru, ma il carico ha ceduto improvvisamente colpendo l'operaio al volto e al torace.

Leggi anche

INCONTRO SULLA SICUREZZA AL MINISTERO. CGIL: PERMANE GIUDIZIO NEGATIVO SU PATENTE A CREDITI

Al ministero del Lavoro intanto proprio oggi si è svolto un incontro al quale hanno partecipato i sindacati. Sul tavolo la questione della patente a crediti. Dopo il giudizio negativo dei sindacati, oggi è stato presentato un testo di legge che “riporta alcune modifiche da ascrivere direttamente all’azione sindacale e alla nostra partecipazione attiva al tavolo”, ha detto la segretaria confederale della Cgil, Francesca Re David, e il responsabile salute e sicurezza della Cgil nazionale, Sebastiano Calleri.

“Nonostante la legge rappresenti un’occasione persa per dare vita a un vero sistema di qualificazione delle imprese, e non coinvolge tutti i settori - anche nell’applicazione della patente a crediti - consideriamo utili gli avanzamenti decisi”. Tra questi, l’obbligatorietà della sospensione in caso di morte del lavoratore, il coinvolgimento di Rls e RlsT, il ruolo dell’ispettorato nella verifica del ripristino delle condizioni di sicurezza dopo la sospensione dell’attività. “Rimane inaccettabile – si legge nella nota della Cgil – la concessione altissima dei crediti in partenza che rischia di vanificare l’efficacia”.

Francesca Re David e Sebastiano Calleri ribadiscono che “ogni provvedimento su salute e sicurezza deve essere inserito in una strategia nazionale che introduca i necessari cambiamenti di sistema. Questo intervento non è la risposta adeguata all’urgenza della situazione. Per questo – concludono –continuiamo a richiedere la convocazione di un tavolo di confronto efficace e di ambito generale”.

I Comitati Borgo Alluvionato e Via Ponte Romano di Faenza scrivono una “Lettera Aperta” in data 22 luglio 2024 al Generale Commissario Figliuolo, dopo una sua intervista apparsa sul quotidiano La Stampa in cui egli parlava dei risultati raggiunti a un anno dalla sua nomina.

Figliuolo al taglio del nastro ponte Faenza Nella foto il Generale Figliuolo a Faenza al taglio del nastro per il nuovo ponte provvissorio

“Gentile Generale Figliuolo, abbiamo letto con stupore la sua intervista apparsa sulla Stampa di sabato 20 luglio 2024… – scrivono i comitati – un nostro famoso conterraneo Tonino Guerra, scrittore, sceneggiatore, stretto collaboratore di Federico Fellini che certamente Lei conosce, sosteneva che l’ottimismo è il sale della vita… ci fa piacere che a forza di respirare l’aria romagnola sia rimasto contagiato… purtroppo noi alluvionati arrabbiati del Comitato Borgo Alluvionato di Faenza, alluvionati due volte cioè il doppio di tutti gli altri, insieme al Comitato Via Ponte Romano pretendiamo realismo non ottimismo, e onestà intellettuale…”

 

“Saremo schietti com’è nella nostra indole… a oltre 14 mesi dell’emergenza nessun piano speciale di messa in sicurezza è stato approvato, se non un piano preliminare di indirizzo, non c’è traccia concreta di mappa o planimetria, di alcuna cassa di espansione, terreni allagabili, arginature speciali, delocalizzazioni e quant’altro…. Le sembra un successo di cui vantarsi? Su circa 30.000 cittadini e aziende alluvionate – continuano – soltanto 504 pratiche sono state concluse sul portale Sfinge… risulta l’1,7% del totale. Le sembra un successo di cui vantarsi? Nell’articolo in questione ringrazia il ministro Crosetto… forse dimentica che dovrebbe ringraziare tutti  i romagnoli , sia famiglie che aziende, che hanno già anticipato di tasca propria le spese di ricostruzione per ripartire e non faranno domanda su Sfinge… Si chieda il perché” è la conclusione polemica.

Gli stessi comitati informano anche sull’evento docufilm Romagna Tropicale che si è appena svolto. “Ringraziano la cittadinanza intervenuta numerosa e i rappresentanti del Comune di Faenza presenti alla relazione dell’ing. NARDINI e alla proiezione del docufilm all’Arena Europa.” Dopo aver sottolineato che l’evento di mercoledì sera è stato organizzato dai due comitati sottoscrittori (quindi si smentisce  la presenza di altri organizzatori promotori e responsabili) i comitati “ringraziano l’ing NARDINI per il contributo  importante sul tema del processo partecipativo alle decisioni sulle opere speciali, sottolineando di essere aperti ad accogliere e discutere altri contributi sul tema, con prospettive alternative”.

La preoccupazione di molti per il rischio ambientale è diffusa dicono i comitati, perciò “la comunità potenzialmente interessata va coinvolta in un confronto serrato e coerente con tutti i decisori politici (Comune, Regione, Governo, Commissario e Gestori delle reti) per identificare, negoziare e decidere tutte le politiche, azioni ed interventi che saranno capaci di farci ottenere una sostanziale riduzione del danno.”

Le disuguaglianze ereditate (famiglia, genere, territorio, etnia) hanno un impatto maggiore sulle opportunità. A dirlo lo studio dei ricercatori Uniba e Lse

dan-meyers / unsplash dan-meyers / unsplash

L’Italia è uno dei Paesi occidentali dove le disuguaglianze ereditate hanno un impatto più forte che altrove. Famiglia, genere, regione in cui si vive, colore della pelle sono fattori di partenza che incidono in modo straordinario sulle opportunità delle persone. Hanno in comune la circostanza di essere ereditati, cioè di essere fuori dal controllo degli individui, e giustificano insieme quasi il 40 per cento dei divari di reddito. Un livello maggiore rispetto ad altri Paesi europei come Francia, Germania, Danimarca, che ci inchioda alla stessa situazione di 20 anni fa.

DATA BASE INTERNAZIONALE

A rivelarlo è il data base internazionale “Global estimates of opportunity and mobility”, un progetto frutto di un decennio di lavoro svolto da un gruppo di ricercatori dell’università di Bari e della London School of Economics, che hanno messo sotto la lente la mobilità intergenerazionale e le disuguaglianze in 70 Paesi.

Secondo il Geom, che è accessibile online, alle disuguaglianze dei redditi si aggiungono quelle territoriali, quelle nell’istruzione e nella salute in questo caso sempre crescenti e legate a nascita e contesto. Unico ambito in cui l’Italia, come altri Paesi europei, ha registrato un processo di progressiva uguaglianza delle opportunità è quello dell’accesso all’istruzione. Un dato positivo che non è bastato a migliorare la mobilità tra generazioni sul fronte del reddito.

DISUGUAGLIANZE ED EQUITÀ

“Il data base Geom – spiega Vito Peragine, direttore del dipartimento di economia e finanza dell’università di Bari e componente del gruppo di ricerca – si focalizza sulle disuguaglianze ereditate perché si ritiene che queste siano le più rilevanti dal punto di vista etico, di giustizia sociale e di equità. Inoltre, sono anche le più nocive per la crescita e per il funzionamento del mercato e dell’economia”.

La gestazione è stata lunga. I ricercatori hanno utilizzato più di 160 banche dati diverse con dati disomogenei e senza coerenza. Il lavoro più difficile è stato rendere comparabili le stime. Il risultato è il primo database con numeri e valutazioni confrontabili.

DAL SUDAFRICA AL NORD EUROPA

“Il Paese dove le disuguaglianze sono maggiori è il Sudafrica, e questa non è una sorpresa – riprende Peragine -, come pure molti altri Paesi dell’Africa e del Sud America. In Occidente, gli Usa sono il Paese dove sono più forti le disuguaglianze delle opportunità, al di là della retorica, mentre gli Stati del Nord Europa sono quelli più egualitari”.

Secondo il Wold Inequality Database, negli Usa dal 1980 al 2022 l’1 per cento più ricco della popolazione ha raddoppiato il suo reddito passando dal 10 al 20 per cento, mentre l’1 per cento più ricco al mondo è passato dal 16 al 20 per cento di reddito.

Stesso trend in Italia dove negli stessi anni l’1 per cento più ricco della popolazione ha visto aumentare il suo reddito dal 5 al 14 (e la ricchezza dal 13 al 22). Tendenza opposta per il 50 per cento più povero, che ha visto abbassarsi il reddito dal 22 al 15 e la ricchezza dal 12 al 2 per cento nello stesso arco di tempo.

CRESCITA FERMA

“La ricerca dimostra che in Italia l’ascensore sociale è bloccato, che c’è meno mobilità rispetto ad altri Paesi occidentali – prosegue il professore dell’Uniba -. Geom guarda oltre il condizionamento rappresentato dalla famiglia di appartenenza, che è una delle circostanze ereditate, anche se piuttosto determinante. Sebbene negli ultimi decenni ci sia stato un miglioramento delle disuguaglianze di genere, che tuttora ci sono, dagli anni Settanta in poi si è registrato un generale peggioramento, dovuto soprattutto a fattori territoriali. D’altra parte la nostra crescita è ferma da trent’anni e in un’economia che non cresce è difficile che ci sia un ascensore sociale che funziona. Non è solo una questione di distribuzione di risorse, ma di investimenti su produttività e innovazione”.

LE PROPOSTE DEGLI ESPERTI

Per questo, oltre cento docenti di prestigiose università, da New York a Tel Aviv, da Parigi a Stoccolma, e in Italia Milano, Bologna, Trento, in convegno a Bari hanno lanciato un appello ai leader del G7 con una serie di proposte.

Sono quattro gli ambiti in cui bisognerebbe intervenire secondo i ricercatori: l’istruzione, che necessita di investimenti a tutti i livelli, soprattutto nella scuola primaria dove c’è maggiore inadeguatezza e nella terziaria. L’Italia è uno dei Paesi avanzati con il più basso tasso di laureati. Il secondo è quello del genere: studi sui divari ci dicono che questi sono dovuti principalmente alla maternità.

Terzo, le migrazioni: tra le disuguaglianze crescenti ci sono quelle tra i nativi e gli immigrati, la risposta sono le politiche dell’accoglienza e dell’integrazione, che renderebbero più efficiente ed equa l’economia, e si sposerebbero con un andamento democratico del Paese. Quarto: le politiche di coesione tra i territori.

IL MALE DELL’AUTONOMIA DIFFERENZIATA

“Della legge sull’autonomia differenziata penso tutto il male possibile – conclude Peragine -, perché credo che porterà danni sia alle popolazioni del Sud che a quelle del Nord, generando inefficienze e iniquità in tutta la Penisola. Potranno giovarsene solo le classi politiche locali, il cui interesse non è necessariamente allineato a quello delle popolazioni locali. Si affidano funzioni a livelli che non sono pronti a svolgere quei compiti e si creerà una babele di legislazioni e di burocrazia che non gioverà a nessuno”.