POLITICA. Domani von der Leyen in Emilia-Romagna. Bonaccini: ora un commissario alla ricostruzione. Meloni punta su di lui, Salvini frena
Stefano Bonaccini e Giorgia Meloni - foto Ansa
Niente conferenza stampa, anche se stavolta qualcosa da rivendicare a buon diritto la premier ce l’aveva: alla vigilia del consiglio dei ministri di ieri mattina si prevedeva uno stanziamento per le prime emergenze dopo l’alluvione pari a 100 milioni, un’inezia. Sono usciti 2 miliardi che hanno reso molto più facile anche il successivo incontro con il governatore dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, scortato dai sindacati e da una delegazione dell’imprenditoria. Colloquio peraltro non solo cordiale ma soddisfacente per tutti, a partire dal governatore: «Abbiamo ottenuto parecchio di quanto chiedevamo per questa prima fase dell’emergenza».
AL POSTO DELLA conferenza stampa Meloni e Bonaccini hanno diffuso un video congiunto, e forse la presidente non ha voluto incontrare i giornalisti proprio per evitare che qualche domanda imprevista turbasse l’idillio. Di certo tra governo centrale e amministrazione locale il clima non sembra diverso ma opposto rispetto a quello che domina di solito i rapporti tra il governo e il primo partito d’opposizione, il Pd del quale lo stesso Bonaccini è presidente. E fa a cazzotti con lo scontro frontale che si consuma in Parlamento nelle stesse ore, per la nomina a presidente della commissione Antimafia di Chiara Colosimo.
«Ringrazio il governo per la velocità e lo sforzo», esordisce Bonaccini. La premier, dopo aver elencato le misure decise, assicura che «il confronto rimarrà costante anche nella fase della ricostruzione. Continueremo a lavorare insieme». Il governatore duetta: «È un modo di lavorare che abbiamo già sperimentato e che è stato utilissimo per l’emergenza e la ricostruzione». Allude al terremoto in Emilia: «In quel caso, con 12 miliardi di danni, abbiamo ricostruito quasi tutto».
LA CITAZIONE È significativa. La principale richiesta che la Regione avanza è la nomina tempestiva, anzi immediata, di un commissario per la Ricostruzione e anche se il governatore assicura che «l’importante non è il nome del commissario ma un modo di lavorare» appare evidente che consideri se stesso il candidato più qualificato. Giorgia Meloni sarebbe propensa a dargli man forte, anche perché sullo scenario politico complessivo l’opposizione del Pd inevitabilmente ne risentirebbe, almeno sul piano dell’immagine. Di mezzo però c’è la Lega. Il Carroccio non ha creato problemi per la gestione dell’emergenza affidata a Bonaccini. Anzi, già in mattinata Zaia e Garavaglia erano solerti nel considerare ovvio che dell’emergenza si occupasse il presidente della Regione colpita. Sulla Ricostruzione invece Salvini punta i piedi e sbarra la strada, adoperando
Commenta (0 Commenti)CAPACI DI TUTTO. A Palermo la polizia sbarra la strada a studenti, sindacati e associazioni in corteo per l’anniversario della strage di Capaci. Un pessimo segnale, nel giorno in cui la destra impone Chiara Colosimo (Fdi) al vertice della commissione antimafia, travolgendo le opposizioni e ogni dissenso
CAPACI. La polizia sbarra la piazza. La Cgil: «Volevano soffocare il grido 'Fuori la mafia dallo stato’». Alla fine il corteo riesce a passare fino all’albero che ricorda le vittime della strage del 1992
Se l’antimafia diventa sociale, se cioè allarga le sue rivendicazioni ai diritti e alla critica del modello di sviluppo del quale la criminalità organizzata è parte integrante, diventa una minaccia da reprimere. Questa l’immagine che emerge ieri da Palermo, dove il corteo della sinistra, dei sindacati e dei movimenti studenteschi è stato caricato dagli uomini in divisa. La manifestazione aveva provato a raggiungere l’albero di via Notarbartolo piantato in memoria di Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e degli agenti della scorta uccisi nella strage di Capaci di trentuno anni fa.
IL CORTEO era aperto dalla gigantografia di una Sacra famiglia. Accanto alla Madonna con il bambino, le immagini di Silvio Berlusconi, Marcello Dell’Utri, Renato Schifani e Roberto Lagalla, il sindaco di Palermo che i manifestanti accusano di non essersi dissociato da personaggi condannati per mafia e tornati a occuparsi di politica come Totò Cuffaro e come lo stesso Dell’Utri. Si erano mossi dall’università, differenziandosi da quello ufficiale che le autorità consideravano «autorizzato» ad arrivare fino al luogo simbolo della strage. Laddove alle 17.58, l’ora in cui fu azionato il telecomando che attivò il detonatore posizionato sotto il viadotto dello svincolo di Capaci, si osserva tradizionalmente un minuto di silenzio. «Fuori la mafia dallo stato» gridavano i manifestanti, in una piazza in cui centinaia di persone rappresentavano la convergenza di lotte diverse: per la difesa dell’ambiente, per il diritto alla casa, per il reddito e contro la precarietà. «Ci hanno bloccato, hanno fermato il corteo nonviolento della società civile. Corteo con studenti, partigiani, Cgil, rappresentanti delle istituzioni. Dicono che temono che disturbiamo la manifestazione ‘ufficiale’. È un momento di una tristezza micidiale» la denuncia in diretta della deputata all’Assemblea regionale siciliana Valentina Chinnici al momento della tensione con gli uomini in divisa.
È SUCCESSO in via Notarbartolo dove, alla luce di una disposizione del questore Leopoldo Laricchia che aveva limitato il percorso del corteo, gli agenti si sono abbassati i caschi e hanno messo gli scudi davanti alla testa del corteo. Si era prima dell’incrocio con via Piersanti Mattarella quando due mezzi blindati di polizia e carabinieri hanno fatto muro. Da qui la tensione. Soltanto poco prima del canonico minuto di silenzio preceduto da uno squillo di tromba, la polizia ha sciolto il cordone e lasciato passare i manifestanti.
«CERCANO DI bloccare, a Palermo, nel giorno della commemorazione dell’assassinio di Falcone, Morvillo e degli uomini della scorta – è la denuncia di Pietro Milazzo, sindacalista e figura storica della sinistra sociale palermitana – Vogliono fermare la manifestazione dell’antimafia critica verso le commemorazioni puramente retoriche e vuote, ma il corteo non cede e riesce a portare la protesta nel cuore della manifestazione ufficiale». Parole dure anche dal segretario generale della Cgil Sicilia Alfio Mannino. «Falcone e i martiri delle stragi di mafia non sono di proprietà di nessuno – dichiara Mannino – Sono un patrimonio collettivo. Sono patrimonio dei siciliani che vogliono il riscatto di questa terra. Chiudere l’accesso nelle zone adiacenti all’albero Falcone a migliaia di cittadini è stata un’offesa al ricordo di Falcone e a tutte le vittime di mafia. Il tutto per soffocare il grido ‘Fuori la mafia dallo stato’».
LA GIORNATA si era aperta con la deposizione, da parte del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, di una corona d’alloro davanti alla stele di Capaci. Poi a palazzo Jung, il capo del Viminale aveva presenziato alla posa della prima pietra del Museo della legalità, nel quartiere della Kalsa, dove Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono cresciuti. Alfredo Morvillo, fratello di Francesca e cognato di Falcone aveva disertato polemicamente le cerimonie istituzionali. «In questa città aver fatto accordi con la mafia viene ritenuto da tutti un fatto disdicevole?», aveva detto in riferimento al sostegno alla giunta del sindaco Lagalla da parte di Dell’Utri e Cuffaro. Si era ancora al mattino, ancora non si sapeva che quest’anno le tensioni si sarebbero materializzate anche in piazza
Commenta (0 Commenti)Nell’Emilia Romagna travolta dall’acqua i morti sono 13, ancora 10mila gli sfollati, in 28mila senza luce. Si lotta contro fango e frane (più di 400) su un suolo prima consumato dal cemento e poi colpito dal ciclone. Ma il piano anti-cambio climatico è chiuso in un cassetto del ministero dell’Ambiente dal 2018
A Castel Bolognese, in provincia di Ravenna, gli sfollati sistemati in una palestra - Ap
È da poco passata l’ora di pranzo quando viene diffusa la notizia del ritrovamento di due cadaveri in una casa di Russi, in provincia di Ravenna. Marito e moglie, 73 anni lui e 71 lei. Già dal giorno prima, via social, il figlio aveva lanciato l’allarme perché non riusciva più a contattarli. A metà pomeriggio di corpi ne emergono altri tre: due a Sant’Agata sul Santerno e uno a Castel Bolognese. Il conto delle vittime dell’alluvione in corso in Emilia Romagna sale così a tredici. E non è detto che sia finita, perché quello dei dispersi è ancora un numero tragicamente vago, nell’ordine delle decine.
Piove ancora, un po’ meno dei giorni scorsi, ma il cielo resta cupo e nel weekend, dicono le previsioni, potrebbero esserci nuove precipitazioni più intense: la protezione civile procede con prudenza e ha allungato l’allerta rossa ancora fino a tutta la giornata di oggi. Non si temono solo le piogge e le piene dei fiumi, ma anche le frane (già oltre quattrocento), le colate di fango, i crolli di pezzi di terreno. E così si susseguono gli ordini di evacuazione, gli inviti a salire ai piani alti dei palazzi e le richieste di mettersi in strada solo se strettamente necessario.
LA REGIONE Emilia Romagna diffonde i numeri dell’emergenza: 42 comuni allagati, 250 strade chiuse, A14 in tilt, treni a lunga percorrenza sospesi o deviati fino a lunedì. Secondo l’Enel sono circa 18mila le persone rimaste senza energia elettrica, con 700 tecnici in giro per il territorio a tentare di risolvere i guasti. Migliora vagamente la situazione degli sfollati, che sono diecimila contro i tredicimila di mercoledì. Di questi, 3.100 hanno trovato rifugio nelle varie sedi allestite dai comuni: 2.500 a Ravenna e dintorni, 420 nel bolognese, 200 nel forlivese e nel cesenate, 7 nel riminese.
Da Faenza arrivano immagini drammatiche. I droni sorvolano il centro ridotto a un reticolo di fango, delle automobili si vedono solo i tettucci. Gli scaffali dei supermercati intanto si svuotano, perché la paura che non sia finita qui è un sentimento molto diffuso e in tanti hanno pensato di dover fare provviste. Tredici ospiti della comunità terapeutica di Albareto sono stati portati via dagli elicotteri nella notte tra mercoledì e giovedì. «La situazione era grave, i ragazzi – racconta uno degli operatori, Luca Luccitelli – si erano rifugiati ai piani alti mentre l’acqua era arrivata a due metri e mezzo di altezza».
A CESENA si sta sui tetti. Via Roversano è l’epicentro del disastro: un fiume di acqua e fango con centinaia di persone, tra protezione civile e volontari, che provano a spalare lo spalabile. «In certe zone, soprattutto nei quartieri vicini al Savio – racconta da lì Tommaso La Selva ,- è pieno di fango. Giovani e universitari si vedono in giro con vanghe e badili a darsi il cambio per aiutare chi abita al piano terra o la cantina pieni di melma. In giro tutti parlano al telefono con amici e parenti per sapere come poter andare in aiuto, anche perché alcune zone sono completamente asciutte e altre ancora sommerse».
LA PROVINCIA di Ravenna è quella che sembra essere in stato di maggiore sofferenza. Il Santerno è uscito dagli argini, così come preoccupano il Secchia, il Reno, il Panaro e il Montone, che già ha inondato Villafranca, a nord di Forlì. Molti paesi sono ridotti a isolotti circondati dal fango, la corrente elettrica va e viene, così come la linea telefonica. In alcune zone l’acqua è scesa, in altre invece è salita. Come a Lugo, che ha visto esondare contemporaneamente sia il Senio che il Santerno. Poco distante, a Castel Bolognese, gli allagamenti hanno raggiunto addirittura la rocca estense, in pieno centro. Qui manca anche l’acqua potabile, e il sindaco Luca Della Godenza ha invitato i cittadini a presentarsi in un punto di raccolta muniti di contenitori vuoti.
«L’acqua si sta ritirando e gli aiuti stanno arrivando – dice da Massa Lombarda Ismail El Gharras – però la situazione è ancora terribile. Siamo usciti in tanti per cercare di dare una mano. C’è gente con i canotti, gente con ogni mezzo che prova a tirar fuori chi è in difficoltà».
E MENTRE il governo fa sapere di aver stanziato trenta milioni di euro per far fronte all’emergenza, il governatore emiliano Stefano Bonaccini ringrazia ma fa presente che «qui parliamo di un miliardo di euro di danni solo per la tragedia del 2 e del 3 maggio, quando in 36 ore è caduta l’acqua di quattro mesi. Adesso in 36 ore è caduta l’acqua di sei mesi…».
IN QUESTO SENSO fa rumore il fatto che, dal 2018, nei cassetti del ministero dell’Ambiente giace una bozza di piano di adattamento ai cambiamenti climatici, mai seriamente preso in considerazione da nessun governo. Confcooperative Emilia, dal canto suo, chiede che il governo si faccia portatore in Europa della richiesta di usare i fondi del Pnrr per intervenire sulle strade e i collegamenti viari devastati in questi giorni. Sin qui l’unico provvedimento simile è del 2015 ma si tratta di una dichiarazione di principio priva di misure reali. Dal Pd, Elly Schlein apre: «I fondi del Pnrr vanno usati per la messa in sicurezza del territorio, il governo ci coinvolga»
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Proseguono le operazioni per mettere al sicuro chi si trova in abitazioni a rischio, e che vedono impegnati anche 562 Vigili del fuoco arrivati da fuori regione, oltre 250 in più rispetto a ieri, dotati di oltre 125 automezzi.
Attualmente sono oltre 3.100 le persone che hanno trovato accoglienza presso sedi allestite dai Comuni, di cui 2.500 nel ravennate, 420 nel bolognese, 200 nel forlivese-cesenate e 7 nel riminese.
Per domani intanto confermata l’allerta rossa per criticità idrauliche sulle pianura e collina bolognese; su bassa collina, pianura e costa romagnola. Arancione invece per montagna romagnola, oltre che per collina emiliana centrale, pianura modenese e ferrarese.
Per quanto riguarda le criticità idrogeologiche, l’allerta è arancione per montagna, collina, pianura e costa romagnole; montagna e collina bolognese; montagna e collina emiliana centrale.
In volo per tutta la giornata anche due elicotteri del 118 di Ravenna e Pavullo (Mo) per l’evacuazione di persone fragili.
È questo l’ultimo aggiornamento dell’emergenza che sta colpendo l’Emilia-Romagna.
Mentre è in corso di verifica il numero delle persone evacuate, sicuramente superiore a
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Aggiornamento giovedì 18 maggio ore 7.00 – allerta di protezione civile comune di Ravenna. Rischio allagamento della rete dei canali consortili a seguito della frattura del Lamone fra Reda e Fossolo
Ordine di evacuazione immediata alla popolazione e alle aziende di
– Villanova di Ravenna
– Filetto
– Roncalceci
interessate da possibili fenomeni di allagamento.
Nove morti e 13mila sfollati, sotto le piogge eccezionali ormai non più così eccezionali l’Emilia Romagna cede: Faenza va sott’acqua, Cesena sale sui tetti, Bologna galleggia. E nella notte si ricomincia. Non si diceva siccità? Ma in realtà è lo stesso fenomeno
TEMPO SCADUTO . Palazzine per metà sott’acqua, strade come fiumi di fango, paesi irraggiungibili. Il sindaco di Faenza: «Mai visto niente di simile»
Il ponte della Motta, tra Budrio e San Martino in Argine ( - Ansa
Le immagini sono spaventose, come sempre. Acqua e fango dove dovrebbero esserci strade. Palazzine sommerse per metà, automobili impantanate. Persone con gli stivali fino alle cosce che si aggirano in mezzo al disastro cercando di rendersi utili. Piove senza sosta da due giorni e, tra la parte orientale dell’Emilia Romagna e il nord delle Marche, la situazione è drammatica: i morti, sin qui, sono nove.
Poi ci sono almeno 13mila sfollati, 50mila quelli senza luce e un numero imprecisabile di persone – migliaia – da soccorrere. E non è facile, perché molte zone sono irraggiungibili e persino nelle città più grandi la circolazione dei mezzi è in gravi difficoltà, e così ci si attrezza con mezzi di fortuna: a Cesenatico, addirittura, tre donne sono state portate in salvo da un pedalò, che si è addentrato nell’acqua alta trainato dagli uomini della protezione civile.
SI FA QUEL CHE SI PUÒ: c’è chi aspetta un gommone e chi ha trovato rifugio ai piani più alti dei palazzi, in attesa che la situazione torni alla normalità. Ci vorrà tempo, dicono tutti, anche perché l’allerta rossa è stata prorogata alla giornata di oggi e le previsioni del tempo non lasciano ben sperare. E il problema non è solo la quantità di acqua che si abbatterà sulle città e sui paesi, ma anche il rischio frane, che già si contano nell’ordine delle centinaia.
A Ravenna il sindaco Michele De Pascale ha diramato un ordine di evacuazione per la popolazione e le aziende delle zone a ridossi del Ronco, del Montone e dei Fiumi Uniti: gli sfollati sono stati accolti all’interno del museo Classis.
Danni pesantissimi si registrano poi a Faenza: nella serata di martedì le acque del Lamone hanno invaso diverse strade del centro e molti degli abitanti sono fuggiti alle prime avvisaglie di piena. Il palazzo del Podestà è stato aperto dal Comune per offrire riparo per la notte, ma ci vorrà ancora qualche giorno prima che si possa far ritorno a casa in tutta sicurezza. «Abbiamo passato una nottata che non potremo mai più dimenticare.
«Sicurezza, si investe solo sull’onda emotiva»
Un’alluvione che la storia della nostra città non aveva mai conosciuto. Qualcosa di inimmaginabile», ha scritto il sindaco Massimo Isola sui suoi social network. A Forlì sono stati fatti intervenire i pullman di linea per caricare gli alluvionati. Qui a esondare è stato sempre il Montone, che ha ricoperto d’acqua la via Emilia e anche alcuni tratti della A14.
Nelle aree interne la situazione è tremenda: le strade provinciali sono ridotte a fiumi di fango, centinaia di paesi sono di fatto irraggiungibili e il massimo che possono fare i sindaci è diffondere via Whatsapp messaggi audio in cui si invitano i cittadini a non uscire di casa. Tra Budrio e San Martino in Argine, nel territorio della città metropolitana di Bologna, il ponte della Motta è crollato a causa della piena del torrente Idice, danneggiando anche le tubature della rete di distribuzione del gas.
LA PROTEZIONE CIVILE, i vigili del fuoco, le forze dell’ordine e pure l’esercito si danno da fare: sono centinaia le persone in servizio permanente effettivo sul territorio. C’è chi si occupa di recuperare chi si trova in pericolo e chi dà una mano sul fronte degli approvvigionamenti di cibo e di acqua. E c’è chi va alla ricerca dei dispersi. A Forlì sono stati i sommozzatori a trovare i corpi di tre persone in una casa allagata e un quarto in un’altra. Stesso destino è capitato a un uomo di Ponte Vecchio.
A San Lazzaro di Savena invece i pompieri hanno tirato fuori il cadavere di un uomo caduto in fondo a un pozzo mentre cercava di installare una pompa per svuotare il piazzale della sua azienda. A Casale di Calisese una frana ha travolto un 77enne nel giardino di casa sua. In provincia di Cesena una coppia è stata travolta dal fiume Savio, la donna è stata trascinata per quasi venti chilometri, fino alla spiaggia di Zadina, a Cesenatico.
IL MALTEMPO, INOLTRE, ha mandato in tilt le vie di comunicazione: la A14 è stata chiusa in diversi tratti e molti treni sono stati soppressi. Di fatto, al momento, la dorsale adriatica è spaccata in due e salire da sud verso nord è un’impresa a dir poco ardua. Intanto, è stato annullato il Gran Premio di Imola previsto per domenica: impossibile gestire il flusso di persone che sarebbe arrivato e tutti sono stati d’accordo nel decidere di cancellarlo. Confermato invece il concerto di Springsteen di questa sera a Ferrara.
Nelle Marche, dove è ancora fresco il ricordo della tragedia dello scorso settembre, quando esondò il Misa e in provincia di Ancona morirono in dodici, la situazione è a rischio, con i livelli dei fiumi e dei torrenti che si sono pericolosamente alzati durante la notte tra martedì e mercoledì.
Il cielo, intanto, resta nero su tutte le regioni adriatiche e la pioggia non smette di cadere, concedendo appena poche pause tra un acquazzone e l’altro. Per la conta dei danni è ancora presto, ma il governatore dell’Emilia Stefano Bonaccini ha già dato un’idea delle dimensioni del disastro: «È come il terremoto del 2012».
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