ELEZIONI SPAGNOLE. Parla Toni Comin, inseguito da un mandato di cattura come Puigdemont, catalani di Junts decisivi per una maggioranza anti-destra
Barcellona. protesta in piazza il giorno dopo le elezioni generali - Getty Images
Questa conversazione con Toni Comin mette in luce quanto sia stretto il passaggio che possa portare alla nascita di un nuovo esecutivo di sinistra in Spagna. Comin è parlamentare europeo, politico e intellettuale catalano oggi in esilio. Figlio di Alfonso Comín, leader della resistenza antifranchista in Catalogna. Ha pubblicato diversi saggi, principalmente sulla filosofia politica e sul rinnovamento ideologico e programmatico della sinistra.
L’arresto dell’eurodeputata Clara Ponsati e i mandati di cattura contro te e Puigdemont sembrano un messaggio esplicito alla discussione post-elettorale che sta avvenendo in Spagna. Una sorta di altolà a Sánchez da parte di apparati importanti della Stato spagnolo. Sbaglio?
Dal 5 luglio era legalmente possibile questo mandato. Aspettando dopo le elezioni, sembra che vogliano intromettersi nelle trattative post-elettorali. Ma il problema non è quando emettono un mandato di cattura contro di noi, ma il fatto stesso di emetterlo. Perché in qualsiasi momento lo emettano, interferiranno sempre nel processo politico, perché noi siamo attori politici, abbiamo vinto le elezioni europee in Catalogna. Il procedimento penale contro di noi, come ha affermato il Consiglio d’Europa, dovrebbe terminare immediatamente. È “lawfare”. Il conflitto catalano è un conflitto politico e che non avrebbe mai dovuto uscire dall’arena politica per essere portato alla via penale.
Vox ha avuto una battuta d’arresto importante. Come giudichi il voto e il consenso della destra radicale?
Vox ha perso 19 seggi ma il Pp ne ha vinti 47. La buona notizia è che insieme non hanno abbastanza deputati per formare una maggioranza assoluta. Questa, ovviamente, è la cosa più importante del risultato elettorale: non ci sarà un governo di estrema destra in Spagna. La cattiva notizia è che il blocco della destra spagnola continua ad avere un grande sostegno elettorale: è passato dal 42% dei voti quattro anni fa al 45% ora. Continuiamo ad avere una parte importante della società spagnola molto incline a posizioni molto conservatrici, reazionarie e nazionaliste fanatiche.
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Per quelle strane carambole della storia il vostro movimento sembra tornare centrale per favorire o meno la nascita di un governo di sinistra. Come state vivendo questa situazione?
Infatti, abbiamo la chiave dell’investitura, scenario che avevamo previsto già alcuni di noi. Senza i voti di Junts, Sánchez non sarà presidente. Le richieste di Junts sono note: l’amnistia e l’autodeterminazione. Non solo perché sono condivise dall’80% della società catalana, ma perché rappresentano il modo democratico di risolvere un conflitto strettamente politico. L’indipendentismo catalano ha sempre sollevato le sue rivendicazioni in modo inequivocabilmente pacifico e ha ricevuto come risposta la repressione. Di fronte a un simile movimento, l’unica risposta veramente democratica di uno Stato che si autoproclama democrazia esemplare – ma con un presidente e ministri come me in esilio – è negoziare l’amnistia e l’autodeterminazione. L’argomento che la Costituzione non funziona è solo una scusa, la più ben costruita del sistema politico spagnolo. Ma non è vero.
L’incostituzionalità dell’amnistia e del referendum sono scuse di cattivi politici che si nascondono dietro argomentazioni pseudo-legali per non dover fare politica. L’attuale sistema politico spagnolo è stato costruito precisamente sulla legge di amnistia dal 1977, per porre fine alla repressione franchista. L’amnistia è l’unico modo reale per porre fine alla giudizializzazione di un conflitto politico che non avrebbe mai dovuto essere giudizializzato. Sánchez nel 2019 ha affermato che il suo obiettivo era degiudizializzare il conflitto. Beh, c’è solo un vero modo per farlo: attraverso l’amnistia. Onori adesso la sua parola. Se i socialisti non ne vogliono nemmeno parlarne, se tutto quello che hanno de dire è che l’amnistia e il referendum sono impossibile perché anticonstituzionale, allora il dialogo sarà molto difficile, se non impossibile. E senza dialogo non è possibile un accordo. L’accordo dipende da lui.
Come sono stati i rapporti con il Psoe in questi anni?
Difficili perché, purtroppo, sul conflitto dello Stato con la Catalogna, il Psoe e il Pp sono molto più d’accordo che in disaccordo. Nel 2017 il Psoe ha sostenuto il Pp per applicare l’articolo 155 della Costituzione e sospendere l’autonomia. È vero che Sánchez ha concesso la grazia. Ma avere prigionieri politici significava per lui un costo reputazionale molto alto davanti ai suoi colleghi dell’Ue. Ecco perché l’ha concesso. E anche perché il Consiglio d’Europa lo ha richiesto. Ma per chiudere davvero il fascicolo della repressione, l’unico strumento efficace è l’amnistia. Se il Psoe avesse avuto un approccio veramente democratico al conflitto catalano, avrebbe negoziato un’amnistia molto tempo fa.
E con Sumar?
Con Sumar sono più facili, perché a un certo punto sono stati prossimi alle nostre richieste: amnistia e referendum. Teniamo presente che non le rivendichiamo fondamentalmente da independentisti: lo facciamo da democratici. Il referendum è la via perché il futuro della Catalogna venga deciso dalle urne, e non d’una interpretazione nazionalista spagnola di una Costituzione nata da una transizione concordata con i franchisti. Quindi, è un errore che in questa campagna elettorale Sumar si sia sbarazzata della rivendicazione del referendum per la Catalogna, che avevano mantenuto fino a quattro anni fa. D’altra parte, senza il lavoro di Unidas Podemos (il predecessore di Sumar) al Congresso, il reato di sedizione non sarebbe mai stato rimosso dal codice penale spagnolo, un passo nella giusta direzione.
Tu sei un uomo di sinistra, pensi che possa nascere un governo con voi e altri movimenti indipendentisti come quello basco? È una opportunità storica per la Spagna per fare un passo in avanti verso le istanze autonomiste e di autodeterminazione?
Spero! Quello che chiediamo alla Spagna è esattamente quello che la Spagna chiede all’Europa: far parte dell’Ue nel rispetto della sua sovranità. È vero che la Spagna non accetterebbe di far parte dell’Ue per obbligo, contro la volontà della maggioranza degli spagnoli? Ebbene, una maggioranza di catalani, sostenitori dell’autodeterminazione, non vogliamo che la Catalogna diventi parte della Spagna contro la volontà della maggioranza dei catalani. Lo stesso principio che difendono loro per la Spagna dovrebbe valere per la Catalogna.
* Europarlamentare, gruppo S&D