Aumentano le persone che si rivolgono per la prima volta ai Centri di ascolto per problemi di lavoro, di occupazione, per difficoltà familiari. Chiedono beni di prima necessità, cibo, pasti a domicilio, vestiario ma cresce anche la domanda di aiuti economici. Tra i volontari e gli operatori 10 morti e 42 contagiati
Cresce la richiesta di beni di prima necessità, cibo, pasti a domicilio e in mensa, prodotti degli empori solidali come il vestiario, e aumenta la domanda di aiuti economici per il pagamento di bollette, affitti, spese per la gestione della casa. Le persone che si trovano in difficoltà e che si rivolgono per la prima volta ai centri della Caritas Italiana sono raddoppiate rispetto al periodo pre-emergenza: chiedono un supporto materiale, ma hanno bisogno anche di ascolto, supporto psicologico, compagnia e orientamento per le pratiche burocratiche legate alle misure di sostegno e di lavoro.
I dati emergono dall’indagine realizzata attraverso un questionario destinato ai direttori e ai responsabili Caritas, che ha cercato di esplorare come cambiano i bisogni, le fragilità e le richieste intercettate nei Centri di ascolto e nei servizi e qual è l'impatto del Covid-19 sulla creazione di nuove categorie di poveri. Hanno aderito a questo primo monitoraggio, condotto tra il 9 e il 24 aprile, 101 Caritas diocesane sulle 218 esistenti, pari al 46 per cento del totale, a cui si sono rivolti 38.580 “nuovi poveri” in più, la maggior parte dei quali ha segnalato problemi di lavoro e di occupazione. Nelle rilevazioni dell’indagine, anche un incremento delle difficoltà familiari, di quelle legate all’istruzione, all’abitazione e alla salute.
Di fronte al cambiamento dei bisogni e delle richieste, si sono adattati anche gli interventi effettuati. I servizi di ascolto e di accompagnamento, per esempio, sono stati intensificati, con 22.700 contatti tra quelli al telefono e quelli in presenza negli ospedali e nelle residenze per anziani. I pasti sono stati offerti a 56.500 persone, con l’asporto o la consegna a domicilio. Quasi 290mila i beneficiari di dispositivi di protezione individuale e di igienizzanti. Sono stati acquistati farmaci e prodotti sanitari per 7.800 persone. Non sono state trascurate neppure le famiglie nomadi, i giostrai e i circensi, costretti alla stanzialità per via della quarantena: sono state realizzate attività di sostegno per 6.120 persone. E ancora: iniziative di aiuto alle famiglie per smart working e didattica a distanza, interventi a sostegno delle piccole imprese, accompagnamento all’esperienza del lutto.
In queste settimane di emergenza le diocesi hanno anche messo a disposizione alloggi a medici, infermieri, persone in quarantena e senza dimora. Le strutture date alla Protezione civile e al Sistema sanitario nazionale sono 68 per quasi 1.450 posti letto, a cui se ne sommano altre 46, per oltre 1.100 posti, disponibili per persone in quarantena o dimesse dagli ospedali e più di 64 (1.200 posti) per l’accoglienza di coloro che sono senza dimora, oltre all’ospitalità residenziale ordinaria.
Un volto solidale e impegnato dell’Italia che non si arrende e che coinvolge anche i più giovani in questa battaglia. Dalla rilevazione emerge che nel 59,4 per cento delle Caritas sono aumentati i volontari under 34 impegnati nelle attività e nei servizi, che hanno consentito di far fronte al calo delle persone con più di 65 anni, rimaste a casa per motivi precauzionali. Purtroppo 42 tra volontari e operatori sono risultati positivi al Coronavirus in 22 Caritas, e complessivamente si sono registrati 10 decessi.
Un dato positivo segnalato dall’indagine è il coinvolgimento solidale: enti pubblici, privati e del terzo settore, parrocchie, gruppi di volontariato, singoli stanno contribuendo con donazioni alle attività per fare fronte alle necessità dei nuovi poveri: da Papa Francesco che ha dato 100mila euro per un primo significativo soccorso, alla Conferenza episcopale che ha messo a disposizione 10 milioni di euro dei fondi dell’Otto per mille alla Chiesa cattolica.