Come armare la pace. Il salto è grande perché richiede la costruzione di una diversa concezione e assetto dei rapporti internazionali. Quanto ciò sia difficile è dimostrato anche dai tentativi di mediazione in atto.
Manifestazione pacifista a Milano © LaPresse
Cosa si può fare per fermare la guerra? Come si può armare la pace? Il terrore di precipitare in un conflitto totale appartiene a tanta gente, agita le menti di innumerevoli persone, senza confini, cittadinanze, appartenenze di sorta. Altri subiscono passivamente la massiccia campagna bellicista che, in realtà, è parte del conflitto. Troppi restano chiusi in una sorta di fatalismo impotente.
Così la storia continua a passare sulle teste di tutti. Deliri di potenza, rivendicazioni di supposti primati, contrapposizioni di pretesi valori (da sempre meri vessilli per mandare a combattere), trame di “grandi tessitori”. Sono questi i comportamenti delle cosiddette super-potenze che pretendono di disegnare la geografia economica e politica di macro regioni del mondo.
Come fermarli? Come spiegare che l’età degli imperi è tramontata per sempre?
Essa è finita proprio perché le insaziabili brame dei gruppi di potere dominanti, economici, finanziari, politici, tecno-militari hanno provocato squilibri che
Leggi tutto: Un paradigma storico-politico vecchio e pericoloso - di Ignazio Masulli
Commenta (0 Commenti)Milano, manifestazione contro la guerra 19/03/2022 © LaPresse
Oltre a devastare l’Ucraina, l’invasione decisa da Valdimir Putin ha ribaltato gli orizzonti di molte scelte politiche internazionali, soprattutto in Europa. È successo per le esportazioni di armi, con i Paesi dell’Unione europea che hanno deciso di ignorare norme condivise vincolanti, ma soprattutto lo si rileva sul tema delle spese militari. Un clima politico totalmente cambiato dal recente passato, in cui comunque il rialzo negli investimenti armati era in qualche modo limitato da una contrarietà nell’opinione pubblica evidenziata da diversi sondaggi. Oggi invece si cerca il consenso politico in direzione militarista.
Un consenso politico in direzione militarista che fa dichiarare con allegria al Sottosegretario alla Difesa Mulé che “non ci diciamo più che con un F-35 si costruiscono cento asili, ma che con l’F-35 ne proteggiamo migliaia”. Sempre che in futuro ci sia qualche soldo per costruirli e gestirli…
Nelle ultime settimane la Germania ha deciso di portare a 100 miliardi (praticamente raddoppiandolo) il proprio livello di spesa militare, la Francia si adeguerà e anche l’usualmente “neutrale” Svezia intende raggiungere i livelli suggeriti dalla Nato. Lo stesso è avvenuto in Italia con l’ordine del giorno votato a larga maggioranza alla Camera dei Deputati e spiegato
Leggi tutto: La strada sbagliata dell’aumento delle spese militari - di Francesco Vignarca *
Commenta (0 Commenti)Guerra in Ucraina. Dissensi nel M5S, da Conte sì «sofferto». Il dem Majorino: errore aumentare le spese militari
Manifestazione pacifista © LaPresse
Via libera della Camera al decreto Ucraina, compreso il contestato capitolo dell’invio di armi italiane, che vede contrario tutto l’arcipelago di sinistra, i verdi e gli ex grillini di Alternativa e crea più di un problema dentro il M5S e il Pd. Il decreto passa con 367 favorevoli, 25 contrari e 5 astenuti (a favore anche Fdi).
A colpire sono i 231 assenti, di cui solo 78 giustificati in quanto in missione. Tra questi ingiustificati 22 sono di Forza Italia, 37 della Lega, 28 di M5S, 21 del Pd, 23 del Misto. I dem con 69 presenti su 97 deputati totali, registra la più alta percentuale di presenza con il 71%.
I NO SONO PIÙ O MENO gli stessi che mercoledì si erano opposti all’odg della Lega (collegato al decreto e firmato da tutti i partiti di maggioranza) che impegna il governo a portare dall’1,5 al 2% del pil le spese militari entro il 2024: un aumento da 25 a 38 miliardi chiesto
Commenta (0 Commenti)Austria e Svezia. Modelli differenti che aprono lo spiraglio per la soluzione politica della guerra tra Russia e Ucraina
Aldo Garzia
Neutralismo modello Austria o Svezia? È questo lo spiraglio per la soluzione politica della guerra tra Russia e Ucraina. Nella Costituzione di Vienna compare infatti una formale dichiarazione di neutralità dal 26 ottobre 1955: stabilisce che l’Austria non può prendere posizione sulle controversie internazionali. Ha più di un secolo invece il neutralismo della Svezia che risale alle fine delle guerre napoleoniche.
Dal 1945 al 1955 il territorio austriaco fu occupato da truppe sovietiche, statunitensi, francesi e britanniche (le prime ad arrivare furono quelle di Mosca). L’attuale neutralismo austriaco è la conseguenza dell’accordo firmato tra Unione sovietica e il governo di Vienna il 26 ottobre 1955 (è passato alla storia come «memorandum di Mosca»). Si formalizzava così lo status del paese invaso da Hitler (la famosa Anschluss del 1938) in un modello politico simile a quello della Svizzera. Nel maggio dello stesso anno il governo sovietico controfirmava l’accordo dandogli l’alta dignità di una intesa tra Stati. La riuscita mediazione internazionale impedì di conseguenza l’adesione dell’Austria alla Nato. Quest’ultima era considerata da Mosca la condizione preliminare del ritiro dei propri armamenti da quella porzione di Europa. Stati uniti, Francia e Gran Bretagna diedero il proprio beneplacito a quella soluzione diplomatica.
Un ruolo di primo piano nel negoziato fu svolto da Leopold Figl, ministro degli Esteri di Vienna, che diede la notizia dell’intesa raggiunta affacciandosi dal balcone del Castello del Belvedere della capitale austriaca. Il 26 ottobre 1955 tutte le truppe straniere abbandonarono il paese. Quella data è ora la festa nazionale austriaca. Nel 1994, è stata riformulata la neutralità costituzionale austriaca: «All’Austria è attribuita la difesa nazionale nel suo complesso. Il suo compito è quello di proteggere l’indipendenza verso l’esterno, nonché l’inviolabilità e l’unità del territorio federale, particolarmente per preservare e difendere la neutralità perpetua. In questo modo anche le istituzioni costituzionali e la loro libertà di azione, nonché le libertà democratiche della popolazione vanno protette e difese da aggressioni violente dall’esterno». È una soluzione che potrebbe calzare a pennello per il caso Ucraina.
Molto diversa è la storia della Svezia, paese rimasto neutrale nella Prima e Seconda guerra mondiale. Il governo di Stoccolma diede però l’autorizzazione formale ad attraversare il proprio territorio ai convogli hitleriani che si dirigevano verso l’Unione sovietica passando per Danimarca e Norvegia. Stessa autorizzazione fu poi data alle truppe antihitleriane dal 1944 in avanti. Nel 1949, venne poi la scelta svedese di non far parte della Nato confermando il proprio status di «neutralità convenzionale».
I governi socialdemocratici svedesi del secondo dopoguerra – in particolare quelli guidati dal premier Olof Palme – si sono caratterizzati per la propria Ostpolitik dialogante tra Ovest e Est, molto simile a quella seguita dal socialista Willy Brandt nella Germania federale. Dopo gli eventi seguiti al 1989 (caduta del Muro di Berlino, dissoluzione dell’Urss), la Svezia ha aumentato i propri investimenti nella politica di difesa e di collaborazione con i paesi nordici aderenti al Patto Atlantico. Nel 2015 in particolare è stato rafforzato il dispositivo di difesa che ha nell’isola di Gotland del mar Baltico la propria base strategica.
Recenti sondaggi di opinione indicano che una risicata maggioranza di svedesi è attualmente per mantenere la neutralità storica del proprio paese. L’invasione russa dell’Ucraina fa paura pure a Stoccolma.
Commenta (0 Commenti)Con Orietta Moscatelli, Analista Limes; Alberto Negri, giornalista; Federico Petroni, consigliere redazionale Limes; Andrea Riccardi, fondatore Comunità di Sant'Egidio; Adriano Roccucci, docente universitario. Conclude Maurizio Landini, segretario generale Cgil
https://www.facebook.com/watch/?v=2325971280884271
Scenari. Il conflitto ucraino assume ora la veste di un scontro diretto Russia-Nato per interposta Ucraina come dimostra l’attacco contro la base militare di Yavoriv, a 25 km dal confine polacco
Kharakiv, Ucraina © Ap
Siamo arrivati al ventesimo giorno di guerra d’aggressione all’Ucraina e ancora non sappiamo se e quando arriverà il cessate il fuoco. Quello che sappiamo è che ogni giorno, ogni ora di guerra semina fiumi di sangue e di lacrime, provoca morte, distruzioni e miseria. Col passare del tempo il conflitto diventa più feroce e rischia di espandersi.
L’attacco contro la base militare di Yavoriv, situata a 25 km dal confine polacco, ha spinto il conflitto ai confini della Nato ed ha evidenziato la presenza di personale militare straniero che collabora attivamente con le forze armate ucraine. La fornitura di armi da parte di paesi dell’Alleanza atlantica e la presenza di «addestratori», fa crescere il rischio di escalation del conflitto. La richiesta incessante del presidente Zelenski di istituire una no fly zone esprime un chiaro disegno di coinvolgere nel conflitto armato i paesi europei e gli USA. Dal suo punto di vista è comprensibile perché è l’unica chance che potrebbe consentire all’Ucraina di sconfiggere un esercito invasore molto più potente.
Eppure gli stessi Usa e i Paesi membri della Nato sono riluttanti a farsi coinvolgere direttamente nel conflitto armato poiché si rendono conto che in questo modo si innescherebbe la terza guerra mondiale. «Altro che vincere facile, in Iraq in Bosnia e Libia le superpotenze la adottarono contro Paesi di bassa capacità militare, lasciando poi solo miseria e instabilità. Proporla contro la Russia sarebbe una catastrofe», scrive il generale Fabio Mini. Così la via verso il disastro di una nuova guerra mondiale è aperta e
Leggi tutto: È necessario guardare al futuro per fermare la guerra - di Domenico Gallo
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