DI RITORNO DA LEOPOLI. Come si fa a spiegare a un aggredito che per combattere il suo aggressore non è con la logica delle armi che l’Europa può aiutare l’Ucraina?
L’esperienza della marcia in Ucraina, che si è svolta sabato scorso a Leopoli, alla quale ho partecipato non è stata solo il tentativo di portare in quel Paese martoriato la parola pace. È stata l’occasione di una riflessione più profonda sulla difficoltà di affermare un principio: quello della superiorità della logica della pace su quella della guerra, l’unica che sembra in queste ore guadagnare sempre più terreno.
A Leopoli non è stato facile. Come si fa a spiegare a un aggredito che per combattere il suo aggressore non è con la logica delle armi che l’Europa può aiutare l’Ucraina? Non soltanto perché regalare armi significa gettare benzina sul fuoco, ma soprattutto perché non è con la guerra che la guerra si può fermare. Concetto difficile da digerire per un aggredito che certo preferirebbe cannoni e non fiori da infilare negli obici. E concetto difficile da spiegare anche a quegli italiani che hanno sottoscritto l’invio di armi, apparentemente la cosa più logica da fare e che risponde a una reazione di pancia: ti mando i proiettili così ti potrai difendere. Ma abbandonarsi a questa logica significa rinunciare ad altro e ignorare le lezioni della Storia recente, dai Balcani all’Afghanistan. Una Storia nella quale non abbiamo sempre chiamato le cose con il loro nome e ci siamo, nel caso afghano, abbandonati a figure retoriche come “Enduring Freedom” o “Operazione Nibbio”, anziché usare il termine che ora usiamo per l’Ucraina: invasione, parola
Leggi tutto: Logica bellica e strumenti di pace. La lezione afghana - di Emanuele Giordana
Commenta (0 Commenti)UCRAINA. Ora si può sperare solo in una tregua armata, non nella pace. E il dopo strage, in attesa di foto di altri eccidi, peserà in una guerra che come spesso accade non ha una sola verità
Cadono le maschere. Quella indossata da Putin, padrino di un massacro e di crimini di guerra a ripetizione. Mosca sta conducendo una guerra totale, di annientamento. Non c’è un obiettivo politico o di governo del territorio ucraino come poteva sembrare all’inizio (e come dichiarava lo stesso Putin) ma l’intenzione di lasciare terra bruciata e di ottenere al massimo il controllo, se riesce, del collegamento via terra della Crimea al Donbass.
Ma è caduta anche la maschera della Nato dove gli Usa sul campo di battaglia europeo conducono le danze per assestare alla Russia una sconfitta epocale con una guerra per procura usando gli ucraini come la loro fanteria. L’idea di fare dell’Ucraina, giorno dopo giorno, l’Afghanistan di Putin sembra sempre più concreta. I civili, in questa ottica di scontro strategico per la supremazia, sono le vittime «collaterali» di questo gioco
Leggi tutto: Bucha, un massacro simbolo di una sconfitta - di Alberto Negri
Commenta (0 Commenti)EDITORIALE. Di fronte alla distruzione di un paese europeo, gli Stati dell’Unione litigano sul prezzo da scontare all’invasore, pur essendo chiaro a tutti che solo chiudendo i rubinetti di Putin, solo bloccando del tutto quel miliardo di euro al giorno destinato alla Gazprom dello Zar, le sanzioni rispetterebbero la propria finalità, ovvero dare una chance al negoziato e fermare la guerra
La foto che abbiamo scelto di pubblicare domenica in prima pagina, con i morti di Bucha, tornata ieri su tutti i giornali, è il simbolo di questa guerra che si accanisce contro la popolazione civile dell’Ucraina. Alla mattanza feroce, alle città rase al suolo dai bombardamenti, si aggiungono poi le specialità di ogni esercito invasore: lo stupro, la tortura, le esecuzioni di massa. Strategie di annientamento di cui l’esercito di Putin sembra essere particolarmente esperto, con le sue squadre di spietati mercenari, con la tattica medioevale dell’assedio che affama le città, con il cinico massacro delle sue stesse giovani reclute.
L’orrore, testimoniato da giornalisti e fotografi indipendenti, è negato dagli uomini del Cremlino, secondo i quali le stragi di Bucha (e presumibilmente quelle che scopriremo in futuro nelle altre città) sono «una messa in scena dell’Occidente», come ha detto ieri il ministro degli esteri Lavrov. E tanto basterebbe per essere certi del contrario, visto che Mosca nega la realtà fin dai mesi precedenti il 24 febbraio («Non siamo una minaccia per nessuno, non deve preoccupare il fatto che spostiamo soldati nel nostro territorio», Peskov), come oggi nega la stessa guerra dopo aver negato l’esistenza di un paese libero come l’Ucraina. Ma, come non si stanca di ripetere papa Francesco, scagli la prima pietra chi è senza peccato.
Come chi oggi chiede di processare Putin per crimini di guerra mentre a suo tempo rifiutò di aderire al Tribunale penale internazionale (Usa, Russia e Ucraina tra questi). O chi predica la pace essendo tra i principali foraggiatori dell’industria bellica (Usa, Russia e Cina). O chi (l’Europa) si mostra generoso e accogliente verso i milioni di profughi ucraini quando fino a ieri gareggiava per respingerne il maggior numero da Africa e Oriente.
Tra le bombe dell’ipocrisia poi, la più micidiale di tutte è fatta di gas, petrolio e carbone. Così,
Leggi tutto: Tagliare il gas contro le bombe dell’ipocrisia - di Norma Rangeri
Commenta (0 Commenti)NO WAR. Creare un movimento solidale non è come votare un decreto del governo che scarica le coscienze e i magazzini (da riempire col 2% della nostra ricchezza): richiede tempo, impegno e discussioni perché il secondo passo superi il primo
Se venerdì è stato il giorno dell’entusiasmo, il sabato – a marcia finita – è forse il giorno delle riflessioni. Se questa eterogenea congerie di intelligenze e passioni che ha organizzato un piccolo tour de force per raggiungere Leopoli non si interrogasse, avrebbe ragione chi, dal salotto di casa, l’ha già pregiudicata d’imbecillità, idioti utili al meschino disegno d’invasione del nuovo Zar di Mosca. E dunque quel bicchiere coi colori della pace ha i suoi lati oscuri, le domande inevase e il rifiuto di risposte troppo semplici. Giudicata nell’ottica di un bicchiere mezzo vuoto, la marcia è stata utile soprattutto a chi vi ha partecipato. E ha un po’, inevitabilmente, coinvolto più gli italiani – e, chissà, qualche europeo – che non gli ucraini, che guardavano a quel bizzarro corteo di un centinaio di giovani e vecchi attivisti pacifisti con gli occhi fuori dalla testa, come ne La Marche Nuptiale di George Brassens.
NELL’INCROCIARE il corteo, il cronista incontra una sola persona che fa il segno della V vedendo i manifestanti. Ma quella V è apprezzamento per la scritta No War – in un Paese dove l’inglese è semi sconosciuto – o è il simbolo della vittoria, parola risuonata più di una volta nei discorsi di rito degli amici ucraini – sacerdoti cattolici in maggioranza – che qui hanno accolto i 221 partecipanti a StopTheWar? In quei discorsi, in una
Leggi tutto: La difficile scommessa del movimento per la pace - di Emanuele Giordana da Leopoli
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L'ordine del giorno approvato alla Camera e accolto dal governo impegna l'esecutivo ad aumentare le spese militari al 2 per cento del Pil entro il 2028 (e non più il 2024). Ma le risorse aggiuntive andranno sottratte ad altre voci di bilancio. Marra, Cgil: “Dopo due anni di pandemia, la nostra risposta alla guerra è togliere risorse alla sanità per darle ai fabbricanti di armi?”
Passare da 25,8 miliardi a circa 38 miliardi all’anno, cioè da 68 milioni al giorno ad almeno 104 milioni. Dovrebbe crescere con questi ritmi la spesa militare italiana da qui al 2028 (e non più il 2024 come previsto inizialmente), stando alle cifre fornite dal ministro della Difesa Lorenzo Guerini, dopo l’accoglimento in commissione Esteri del Senato dell'ordine del giorno collegato al cosiddetto decreto Ucraina, già votato in precedenza a larghissima maggioranza dalla Camera.
Un impegno per l’esecutivo ad aumentare le risorse per la Difesa fino al 2 per cento del prodotto interno lordo (oggi siamo all’1,4) che ha messo in seria difficoltà la maggioranza di governo, politicamente divisa su questo punto, ma sul quale il premier Draghi ha ottenuto il sostegno del presidente della Repubblica Mattarella. Aumento che però ha scatenato la disapprovazione di Papa Francesco: “Io mi sono vergognato quando ho letto che un gruppo di Stati si sono compromessi a spendere il 2 per cento del Pil per l’acquisto di armi, come risposta a questo che sta accadendo, pazzi!”, ha dichiarato il Pontefice.
Leggi tutto: La corsa al riarmo contagia l'Italia - di Patrizia Pallara