Sul piano teorico, la guerra in Ucraina può avere quattro vie d’uscita.
La prima è la vittoria dell’aggredito sull’aggressore: dunque, dell’Ucraina sulla Russia. Sarebbe bello potesse accadere. In questa guerra, ma non solo: sarebbe bello se tutte le guerre di aggressione si concludessero sempre con la vittoria dell’aggredito sull’aggressore. Nessuno vorrebbe più indossare i panni dell’aggressore. Nessuno muoverebbe più guerra ad altri. Purtroppo, accade di rado: di solito l’aggressore si prepara adeguatamente e aggredisce quando ha ragionevole certezza di vincere. Non è accaduto in Vietnam. Non è accaduto in Afghanistan (né ai russi, né agli americani). Ma è quel che tutti gli esperti militari dicono accadrà in Ucraina. Si può far pagare a Putin un prezzo molto alto, ma è impossibile che, alla fine, la Russia perda la guerra contro l’Ucraina.
Più realistiche sono le altre vie d’uscita. Le tratto in ordine inverso di auspicabilità.
La più terribile, e definitiva, è
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Commenta (0 Commenti)Maurizio Landini alla manifestazione di Firenze: "Oggi per mettere fine al conflitto serve l'intervento dell'Onu, e una trattativa che metta attorno allo stesso tavolo Putin e Zelesky. Non siamo equidistanti, siamo realisti, perché vogliamo capire come raggiungere l'obiettivo di risolvere questo problema"
La guerra non si ferma con un'altra guerra ma bloccando la guerra e facendo negoziati e trattative. Capisco la delicatezza della situazione ma oggi per bloccare la guerra serve l'intervento dell'Onu, una trattativa che metta attorno allo stesso tavolo Putin e Zelesky per trovare soluzioni”. È questa a posizione della Cgil sulla guerra in Ucraina, espressa a margine della manifestazione per la Pace di Firenze dal segretario generale Maurizio Landini. "Credo che i governi europei debbano mettere tutto quello che è possibile mettere in campo per affrontare questa situazione e interrompere quello che sta facendo morire civili che non c'entrano nulla", ha detto.
Per Landini "non è in discussione il diritto di difendersi di fronte a una aggressione” perché “è chiaro qui chi è stato aggredito e chi è stato l'aggressore: di equidistanza non ce n'è”. La Cgil è invece “realista” perché “vogliamo capire come raggiungere l'obiettivo di bloccare questo conflitto" È questa la risposta del sindacato alle critiche sulla
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È insopportabile che chi si batte per la pace venga accusato di essere imbelle se non complice di Putin, come molti commentatori e urlatori da talk show strepitano in questi giorni
Del pacifismo, nelle sue diverse espressioni e gradi di radicalità, dei suoi limiti e delle sue virtù, si discute da sempre. Neppure le fedi religiose ne sono venute a capo. E se ne continuerà a discutere. Ma non si può certo sopportare che venga sbeffeggiato volgarmente, accusato di essere imbelle se non complice dell’aggressione russa contro l’Ucraina, come molti commentatori e urlatori da talk show strepitano in questi giorni.
D’altro canto è anche improprio accusare di bellicismo e legittimazione della guerra quanti, magari richiamandosi all’articolo 51 della Carta delle Nazioni unite, quello dedicato al diritto all’autodifesa, ritengono che di fronte a una enorme sproporzione di forze un paese aggredito debba essere sostenuto, anche con la fornitura di armi, per la difesa della sua indipendenza e autodeterminazione. Non è un caso che il movimento tedesco contro la guerra abbia preferito, in diverse occasioni di mobilitazione, aggirare la questione per evitare incolmabili fratture. Tuttavia, il problema non manca di riproporsi.
Se non ci si vuole ispirare al modello di Masada (l’estrema resistenza ebraica contro Roma, finita in un suicidio collettivo) converrebbe dismettere tonalità eroiche e disporsi a forme di resistenza e di conflitto meno suicidarie e alla fine più efficaci e compatibili con il lavoro diplomatico della guerra totale che il precipitoso riarmo dell’Ucraina e l’irresponsabile civettare di Zelensky con la terza guerra mondiale sembrano suggerire. Libertà o morte è una formulazione retorica del tutto irrazionale. I morti non sono liberi ma semplicemente morti. L’antica saggezza dei disertori non smette di ripetercelo, contro la miserabile celebrazione del sacrificio e del sacro suolo
Leggi tutto: Un argomento pacifista: la confusione tra Ue Nato regna sovrana - di Marco Bascetta
Commenta (0 Commenti)Per l'ex presidente di Emergency l'unica soluzione possibile è il disarmo totale, una sfida che il movimento pacifista e non violento deve raccogliere e vincere a tutti i costi quando il conflitto in Ucraina sarà concluso. Ne va della vita dei nostri figli
Con Emergency di tragedie ne ha viste e vissute tante. Una lunga avventura per proteggere i diritti e le vite degli altri che Cecilia Strada, figlia del fondatore dell’organizzazione umanitaria Gino, attivista e saggista, adesso prosegue con ResQ People saving people, una Onlus che soccorre i naufraghi nel Mediterraneo, sulla rotta migratoria tra Africa ed Europa. Quando pensa a questa guerra alle porte del nostro continente dice che va fermata, “non abbiamo alternative: buttarla fuori dalla storia credo che sia l’unica opzione realistica che abbiamo, se teniamo alla pelle dei nostri figli”. L’abbiamo incontrata alla manifestazione di Roma del 5 marzo “Europe for peace”, una mobilitazione partecipata che però, come hanno fatto notare in molti, è arrivata in ritardo rispetto allo scoppio del conflitto in Ucraina.
Che cosa pensa di questa critica?
Questa è stata la prima iniziativa nazionale, ma nelle ultime settimane ce ne sono state altre, in tante città. Io vengo da Milano, dove abbiamo visto presidi molto partecipati, sebbene questo strumento negli ultimi anni non raccolga grandi folle. Vuol dire che su questo tema c’è sensibilità.
Crede che le persone abbiano paura?
Beh sì, c’è paura. Io naturalmente mi auguro che la guerra si concluda il prima possibile per via diplomatica. Poi però c’è qualcosa che dobbiamo fare dal giorno immediatamente dopo: cambiare il sistema. Dobbiamo renderci conto che quando questa guerra finirà, ce ne saranno altre
Leggi tutto: Cecilia Strada: buttare la guerra fuori dalla storia - di Patrizia Pallara
Commenta (0 Commenti)No war. Non più armi dentro un conflitto già armato ma cervello, mediazione e capacità di imporre la trattativa. E il pacifismo non può essere più un movimento intermittente
Oltre che per la guerra, comincio ad essere sempre più preoccupata per quanto sta già generando nel nostro paese, a cominciare dal comportamento della Tv. Domenica sera, in uno dei sui tremendi show, si è arrivati ad attaccare a testa bassa Maurizio Landini per il suo discorso alla manifestazione per la pace, accusandolo di essere quasi connivente con le Brigate rosse, e cioè “equidistante” come del resto la Cgil sarebbe stata fra stato e terrorismo. Invano Nicola Fratoianni, presente nello pseudo dibattito, ha cercato di rispondere ricordando il ruolo svolto dal sindacato nel combattere le Brigate rosse: non lo hanno nemmeno lasciato parlare, coprendo la sua voce con i più incredibili attacchi. C’è davvero da avere paura.
Sono invece stata assai felice di rivedere in piazza, dopo tanti anni, il nostro movimento della pace – nostro di noi vecchi degli anni ’80, quando c’era ancora la guerra fredda. E poi in piazza di nuovo nel momento della prima e della seconda guerra all’Iraq, quando Neesweek scrisse in copertina «È nata la terza potenza mondiale». Operante, intelligentemente, anche nella tremenda vicenda jugoslava.
Da allora sono passati quasi 20 anni. E purtroppo l’occasione di questo nostro reincontro avviene perché ci siamo sentiti richiamati dalla criminale oltrechè insensata occupazione armata dell’Ucraina. Un atto che può avere conseguenze inimmaginabili.
Se i nostri governanti e i loro menestrelli, invece di mettersi l’elmetto
Leggi tutto: La pace deve combattere la guerra prima che scoppi - di Luciana Castellina
Commenta (0 Commenti)No War. A Roma Ong, studenti, movimenti, sinistre, sindacati. Landini: «Abroghiamo la guerra»
La manifestazione di Roma contro la guerra © LaPresse
Parafrasando Bob Dylan, bisogna essere dei metereologhi per sapere che il vento gelido che spira in questi giorni dalle nostre parti arriva proprio dalla Russia. Ma non bisogna essere esperti di clima, basta essere in piazza San Giovanni, per capire che la brezza siberiana è attenuata dal calore umano delle 50 mila persone che manifestano il loro no alla guerra in Ucraina.
DOPO 24 MESI di pandemia e isolamento sociale, questa gente avrebbe voluto un’altra occasione per ritrovarsi. Ma tant’è: la piazza voluta dalla Rete italiana pace e disarmo è uno spazio pubblico smilitarizzato. La scommessa è che questa manifestazione non venga ridotta a bandierina di testimonianza sulla carta geopolitica delle guerre, che rappresenti una rete di relazioni e mutuo appoggio per resistere alla guerra. «Disarmo, neutralità attiva, stop alle armi, riduzione delle spese militari: con queste le parole il movimento per la pace ritrova in questa piazza», dicono gli organizzatori.
ALLE 13.30, orario prefissato, piazza della Repubblica è già piena. Dunque il corteo si muove dietro lo striscione d’apertura «Europe for peace», accompagnato dalle bandiere della pace, dalle Acli e dalle Ong. A tenerlo c’è anche Maurizio Landini. Dedicando questa manifestazione a Gino Strada, il segretario generale della Cgil alza l’asticella delle ambizioni: «Questo è il momento del coraggio, della responsabilità ma anche dell’utopia – scandisce – L’obiettivo non deve essere solo fermare la guerra, deve essere ancora più alto: la battaglia per un nuovo modello sociale di sviluppo deve assumere l’obiettivo di abrogare la guerra, come è stata abrogata la schiavitù».
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