Accedi Registrati

Login to your account

Username *
Password *
Remember Me

Create an account

Fields marked with an asterisk (*) are required.
Name *
Username *
Password *
Verify password *
Email *
Verify email *

Con la franta, confusa, ombelicale cronaca politica delle ultime ore – e particolarmente con la lettura degli editoriali di stamane – è apparso via via più chiaramente un fatto: tutti si sono accorti che a sinistra c'è qualcosa di nuovo. Un'aggregazione di forze che pensa se stessa come alternativa a un Partito Democratico ormai alla deriva, e irrimediabilmente a destra.
La notizia è che è saltato il cosiddetto "centrosinistra". Si andrà alle elezioni con quattro poli alternativi: la Destra, i 5 stelle, il Pd e – finalmente – la Sinistra.
E la Sicilia dimostra che l'argomento del voto utile è spuntato, in mano a Renzi: perché è chiaro che per fermare la Destra bisognerebbe semmai che la Sinistra sommasse i propri voti a quelli dei 5 Stelle. Ed è di questa difficile somma che, con ogni evidenza, bisognerà discutere.
Ma ritorniamo per un attimo a qualche mese fa, all'inizio dell'estate.
Il 18 giugno, al Teatro Brancaccio di Roma, partiva un percorso politico senza padroni, senza media alleati, senza mezzi. Un percorso da outsider. Ne facevano parte singoli cittadini senza tessera (come me e Anna Falcone), ma anche partiti: Sinistra Italiana, Possibile, Rifondazione Comunista l'Altra Europa e altri. Tutti insieme quel giorno abbiamo detto: occorre una lista unica che rompa con il centrosinistra e con il Pd. Per parlare un'altra lingua.
Pochi giorni dopo, il primo luglio a Piazza Santi Apostoli, si riuniva uno schieramento ben più possente, almeno mediaticamente. Imperniato su Mdp e "guidato" dall'oracolare Giuliano Pisapia. Con tutti gli insider giusti. La linea, lì, era l'opposta: ci vuole un nuovo centrosinistra, che si allei con il Pd per condizionarlo.
Ebbene, oggi tutti insieme (forse persino Pisapia, e ne sarei felice) diciamo le cose che furono dette al Brancaccio: il centrosinistra è morto ed esiste una Sinistra con un suo progetto di Paese.
Dunque, va tutto bene? Naturalmente no: diffidenze reciproche, profonde e oggettive diversità, le eredità di storie lontane non spariscono in un giorno. I nodi che andranno sciolti sono moltissimi. Ne elenco cinque.

Il primo nodo: non sono state coinvolte tutte le forze disponibili, a partire da Rifondazione e Altra Europa. È stato un errore: bisogna rimediare subito. Il progetto deve essere aperto a tutti coloro che lo condividono.

Il secondo nodo: bisogna scrivere un programma comune. Ieri è filtrato un testo su cui – faticosamente – si era appena raggiunto un accordo. Non è un programma: il Brancaccio varerà il suo (costruito dal basso, in cento piazze d'Italia) nell'assemblea del 18, Mdp lo ha presentato ieri in coda a quel testo comune, Possibile ha da tempo un bel Manifesto, Sinistra Italiana una fitta rete di idee e progetti.
Bisogna trovare i modi per costruire e approvare insieme un programma comune che parta da tutti questi progetti, e li tenga insieme. E non sarà un percorso facile. Ma se ne faremo un confronto di

Commenta (0 Commenti)

Ottobre rosso. Abbiamo bisogno di una nuova dialettica movimenti/partito. Il mondo è molto cambiato, esistono tante istanze diverse, non si può ridurre tutto ad uno, ma questo non si significa che il problema della strategia ce lo si possa mettere alle spalle. Una società che non solo protesta ma anche costruisce: c’è bisogno di forme di organizzazione permanenti della democrazia

 

Inizio ponendomi una domanda: quali sono ora, a cento anni esatti dalla rottura bolscevica, i compiti di una/un militante comunista occidentale nella sua attività giorno per giorno?

E quale è il soggetto non solo puramente politico ma sociale, che può svolgere un ruolo rivoluzionario? La classe proletaria, ciò che eravamo abituati a pensare come soggetto, non esiste più nelle forme che conoscevamo.

Quella classe è stata sconfitta, è stata frantumata socialmente, economicamente, culturalmente. È geograficamente dispersa, i contratti collettivi sono sempre più sostituiti da quelli individuali. Contratti individuali attraverso i quali il lavoratore ha l’illusione di svolgere una attività autonoma e libera. L’individualismo ormai la fa da padrone dovunque. Come ricomporre quel soggetto sociale è un compito dei comunisti.

In secondo luogo credo dobbiamo riflettere sullo sviluppo delle forze produttive che non svolgono più un ruolo progressivo. Ve lo ricordate «il grande becchino» del capitalismo? Vi informo che non esiste più. Noi dobbiamo ricomporlo. Ma come fare? Voi conoscete la risposta che è stata data a questa domanda da Toni Negri e Michael Hardt.

È quella del general intellect, dei collettivi di lavoro che possono produrre nuovi spazi di liberazione e che svilupperebbero gradualmente dei soggetti anticapitalisti. Io penso che i processi di ricomposizione invece saranno molto meno spontanei, anche di come li immaginavamo nel passato. Dobbiamo lavorare di più sul progetto complessivo.

Diciamo spesso «siamo il 99% dell’umanità», ma come mai questa assoluta maggioranza non incide come dovrebbe? Ecco questo è il nostro problema: come progettare un mondo diverso.

I parlamenti ormai non decidono più nulla. La privatizzazione che abbiamo conosciuto in questi anni non è stata solo

Commenta (0 Commenti)

Però attraverso i nominati garantisce loro l’asservimento del Parlamento

di Alessandro Messina
Adesso che è diventato legge, avendola imposta con 8 fiducie sia alla Camera che al Senato (caso unico per leggi elettorali nella storia della Repubblica), tutti i padrini del rosatellum, cioè i contraenti del patto politico che l’ha generata, si sbracciano a dire che non è perfetta, che non è quella che avrebbero voluto loro, che è un compromesso, anzi l’unico compromesso possibile.
Renzi non può certamente provare questa affermazione perché ha obbligato il governo Gentiloni (parole, gravissime, di Napolitano, come metterle in discussione?) a impedire con la fiducia qualunque emendamento o miglioria a questa legge. Insomma l’unico compromesso possibile perché altri non se ne volevano!
È stata approvata al Senato con un’ampia maggioranza (213, ne bastavano politicamente 161 e in pratica anche molti meno) il ché è un bene per una legge elettorale ma anche perché in tal modo se ne assume la responsabilità, per il contenuto e per il metodo, l’intera classe politica rappresentativa dell’establishment.
Si può certamente osservare come l’ampio schieramento che la sostiene rende del tutto paradossale l’utilizzo della fiducia che è stata ottenuta, in realtà, con l’inserimento dei verdiniani già stabilmente organici ai governi Gentiloni e Renzi, ma mai esplicitamente riconosciuti, e da ultimo anche con la presenza decisiva in aula per sostenere il governo (mettendolo al riparo dalla mancanza del numero legale) di una pattuglia di leghisti e forzisti.
Si prefigura così una vera e propria nuova (?) maggioranza per la prossima legislatura?
Renzi dice che il rosatellum non è la legge che vorrebbe; ne ha proposte o sparate tante che dobbiamo credergli anche se non si sa bene quale sia il suo ideale.
Tuttavia ce lo ricordiamo bene quale legge ha imposto a sua volta al Parlamento con il voto di fiducia, affermando che quella legge ce la avrebbero invidiata tutti in Europa. Era l’italicum! Peccato che la Corte Costituzionale (composta fra l’altro in modo prevalente da giudici indicati dal Pd) l’abbia giudicata contraria ai principi costituzionali ed in buona parte abrogata! Ma anche il Berlusconi (per bocca di Romani) si affretta a far
sapere che no, non è l’ideale, ma è il miglior compromesso.
Ma anche qui lo sappiamo bene qual era l’ideale berlusconiano in tema di sistemi elettorali: quello che confezionò insieme all’astuto Calderoni, suo compare anche in questa occasione, che fra non molto (ci scommetto) ci farà sapere che si tratta di una nuova porcata. Eh sì amici cari il porcellum è la legge di Berlusconi e della Lega, quella che si approvarono in famiglia con il voto della loro sola maggioranza in via di estinzione in coda alla legislatura. Peccato davvero che la Corte Costituzionale anche quella legge l’ha giudicata (sia pur dopo troppi anni ….) totalmente incostituzionale.

Ecco, abbiamo capito quali sono le leggi elettorali ideali per i nostri campioni del compromesso “rosatellum”: quelle in contrasto con i principi della Costituzione!

Ma se per responsabili di reati gravi (e ad es quelli contro la pubblica amministrazione) si commina spesso come pena accessoria l’interdizione dai pubblici uffici, per quelli che provano a violare la Costituzione non c’è una misura cautelare che li obblighi a stare lontani dalle tentazioni legislative in materia elettorale? Se non altro per evitare la “reiterazione del reato”: rosatellum bis!

Commenta (0 Commenti)

Festa Unità della Germania

Oggi, tre ottobre, si festeggia la riunificazione della Germania. I risultati delle elezioni politiche, sarebbero già sufficienti a fotografare „lo Stato dell'Unione“. Senza entrare nella complessa disamina del voto, basti dire che , nelle 6 regioni della ex DDR, i partiti che alcuni vorrebbero definire come rappresentanti degli opposti estremismi (Die Linke e AfD) rappresentano il 40% dell'elettorato, una consistenza elevatissima rispetto ai Laender occidentali. Inoltre, in non pochi collegi elettorali entrambe i partiti hanno raggiunto percentuali del 30, 35%. A Berlin, che non perde mai il palma res di metropoli di sinistra, i Die Linke toccano il 18,8% e sono il secondo partito dopo la CDU (22.7%) e lasciano al terzo posto la SPD che arriva a poco meno del 18%, pur essendo il partito che esprime il Sindaco Metropolitano.

In questa colorazione elettorale, dominata dal Nero di quelli che noi chiameremmo „democratici cristiani“, e da concentrazioni di rosa socialdemocratico, di verde ambientalista e di giallo liberale, le regioni dell'Est hanno una connotazione del tutto anomala e specifica che lasciano pensare ad esperienze fallite.

Se il reddito procapite all'Est è di 18.465 euro e all'Ovest è di 22.312 euro, se all'Est la disoccupazione è al 7,1% (non tenendo conto della precarietà dilagante) e all'Ovest è al 5,1%, se i centri di ricerca sono in occidente il triplo che all'oriente, se il pendolarismo da Est verso Ovest è il triplo di quello inverso, se all'Est l'età media degli abitanti è più alta di 4-5 anni, solo per citare alcuni dati, parlare di festa dell'annessione (Anschluss) non è del tutto fuori luogo.

Anche restando in superficie si può comprendere che mantenere dopo 27 anni le „gabbie salariali“, ovvero „disparità di trattamento a parità di lavoro e di qualificazione“ tra ossis e wessis nella stessa città di Berlino e nelle stesse aziende non abbia alcun senso e sia un semplice strumento di mortificazione della dignità dei cosidetti fratelli tedeschi. D'altra parte tutta la storia della unificazione monetaria e della „privatizzazione“, per i tempi e i metodi imposti a forza, avevano l'obiettivo di cancellare 40 anni di storia tedesca dell'est attraverso il sistematico annientamento dell'apparato industriale, la mortificazione della dignità dei lavoratori e il depauperamento dei cittadini, costruendo al contempo le basi per un rilancio dell'apparato industriale dell'Ovest.

L'unificazione economica ha fallito e la convergenza tra Est e Ovest è rimandata a chissà quanti decenni: nel frattempo invece di „sviluppo“ il nuovo mezzogiorno tedesco dovrà accontentarsi di „assistenza“. Come se non bastasse, i Governi tedeschi, con l'appoggio dei media, hanno propagandato per decenni questa fallimentare ed eticamente discutibile operazione, come frutto della generosità dell'occidente verso un popolo di tedeschi di serie B, aggiungendo al danno la beffa

Ovvio che oggi non si farà un bilancio vero ma solo una propaganda magari meno enfatica. Qualche anno fa il Governo, al fine di mettersi qualche penna di pavone per l'anniversario di Ottobre, commissionò un sondaggio sulle opinioni degli abitanti della ex Germania orientale nel merito della qualità della loro nuova vita. I risultati furono molto sorprendenti risultando troppo numerosi coloro che dichiaravano di „stare meglio prima“ e che „la vita nella DDR non era poi così male“. Insomma i parenti poveri, ingrati!!! non si mostravano contenti della bontà dei riccastri. Dopo quella delusione non mi risulta che si siano più fatte indagini del genere.

Perchè questo pistolottino, piuttosto inusuale? Perchè mi viene il dubbio che il modello di unificazione monetaria (che poi condiziona tantissimo quella politica) adottato per la Germania Est possa essere lo stesso che si pratica per il processo di unificazione europea, purtroppo con gli stessi risultati. Questa storia dei „compiti a casa“ che gli altri paesi dovrebbero fare, delle privatizzazioni imposte agli altri, questa idea luminosa di Schroeder (Cancelliere del Partito Socialdemocratico, partito che, non a caso ha raggiunto il minimo storico dal dopoguerra!) circa la riduzione delle tasse ai ricchi e la riforma del mercato del lavoro (v. Agenda 2010) per creare lavoro precario, trasformando i disoccupati in lavoratori sempre più poveri, questa convinzione nella assoluta superiorità del proprio modello e del proprio punto di vista, questa „tendenza alla totalità“, come qualcuno l'ha chiamata, non potrebbe essere la ripetizione in grande dell'esperimento della unificazione tedesca? E visto come hanno trattato i cugini allora e i greci, più recentemente, che trattamento ci attende se non gli facciamo cambiare idea abbastanza prestino?

La Vox populi afferma che i tedeschi amino gli italiani senza stimarli e che gli italiani stimino i tedeschi senza amarli. Se ci fosse del vero in questi luoghi comuni, sarebbe meglio che ci dessimo da fare per essere amati di meno e stimati di più, così come noi forse faremmo bene ad abbattere molti miti fasulli e vecchi stereotipi sulla Germania, per stimarli il giusto ed amarli un poco di più.

Franco Di Giangirolamo

 

Commenta (0 Commenti)

Penso che la costruzione di un soggetto politico che abbia come missione la difesa dei più deboli e degli oppressi non debba essere un mero assemblaggio delle attuali forze a sinstra del PD. Non debba essere un percorso alla spasmodica ricerca di un leader fatta di sgomitate e ricatti. Non debba essere una conta numerica finalizzata a reggere precari equilibri nei rapporti di forza interni destinati a portare alle ben note scissioni. 

La formazione politica che dovrà andare a comporsi sarà necessariamente di tipo assembleare, aperta a tutti coloro che si riconoscono nei fondamenti della nostra Costituzione ANTIFASCISTA, in un'idea di democrazia partecipata che individua come priorità imprescindibili il diritto al lavoro dignitoso, alla casa, alla salute, all'istruzione a tutti i livelli, il diritto a formare una famiglia tutelata al di là di ogni distinzione di genere in un contesto ambentale sano e accogliente.

L'assemblea, a partire dalle realtà territoriali, dovrà eleggere peridicamente la propria presidenza chiamata a condurre i lavori secondo le esigenze dei vari contesti. Le avanguardie non dovranno mai autoproclamarsi, ma sarà l'assemblea a riconoscerle tali fra coloro che per dignità, impegno e competenza si mosterranno meritevoli di fiducia. 

E' chiaro che un percorso di questo tipo potrà riscontrare la propria efficacia quando la formazione etico-politica dell'assemblea sarà tale da liberarsi da ogni speculazione e strumentalizzione, destinate altrimenti a tradire il fine ultimo della missione. E' necessario riconoscere le diversità dei percorsi che hanno portato le persone ad aderire al progetto per non disperdere i patrimoni di conoscenza e le potenzialità da esprimere.

Certamente i membri dell'assemblea avranno origine sociale differente e questo sarà accolto come patrimonio indispensabile alla costruzione di una proposta politica accogliente ed inclusiva. E' necessario che le ideologie, naturale retaggio delle persone, non diventino uno strumento per l'imposizione di dogmi, ma strumento dialettico di confronto finalizzato alla ricerca delle soluzioni migliori possibili.  Sicuramente saranno necessari tempo e dedizione, non sarà un processo che punta velocemente alle prossime tornate elettorali. Si evidenzia l'esigenza di una composizione progressiva anche fra soggetti che dovranno imparare a dialogare, ma solo così si potranno proporre punti di riferimento solidi e certi.

 

 

Commenta (0 Commenti)

 

Vedo che tutta questa discussione sui vaccini continua ad essere in primo piano su tutti i giornali e su tutte le reti televisive.

Anche i partiti politici ne hanno fatto e ne stanno facendo motivo di contrapposizione, non si sa quanto per interesse della salute pubblica o invece per interessi propagandistici e di campagna elettorale ormai in essere da parecchi mesi.

Che il provvedimento sia stato adottato dal governo piuttosto male posso essere anche d'accordo, ma che di questo si sia fatto un tormentone durante tutta l'estate se ne ha davvero fin sopra i capelli.

Penso che ci siano delle priorità nella vita di tutti che rimangono sconosciute ai più perchè le persone non vanno a gridarle su tutte le televisioni e su tutti i giornali e nessuno se ne interessa.

Abbiamo avuto un'estate dove non ci siamo fatti mancare niente, siccità, alluvioni, gente senza casa e senza lavoro, sgomberi forzati, tutto quello che sappiamo sui respingimenti in Libia: queste sono state le emergenze, se vi pare poco.

Poi ci sono i mali endemici che non si risolvono mai, che sono diventati cronici e di cui nessuno si occupa più (leggi Servizi sociali).

A leggere quello che dicono gli esperti, i vaccini sono necessari per tutti i motivi che anche la precedente lettera mette in evidenza. La ricerca ci ha fatto il grande regalo di debellare malattie gravi che erano una piaga per l'umanità intera, ma noi abbiamo paura della medicina invece che della malattia.

Il problema è che, come si usa dire, “lontano dagli occhi, lontano dal cuore”.

Le generazioni che hanno vissuto quando le pandemie mietevano vittime come mosche non hanno avuto dubbi quando è arrivata la soluzione al problema.

Oggi ci siamo dimenticati cosa sia la poliomelite, la varicella, l'aver visto nascere bambini con malattie e malformazioni e tutte le altre piaghe che hanno funestato la vita delle precedenti generazioni.

C'è da credere che una migliore informazione avrebbe convinto alcuni assertori talmente arroccati sulla loro libertà di scelta che, pur di affermare la loro posizione, pensano che il diritto dei bambini che non possono essere vaccinati per ragioni di salute, venga dopo?

Personalmente penso che si sia smarrito il buon senso e anche il senso delle proporzioni.

Si sono aperte le scuole, speriamo che le cose si risolvano e tutti i bambini possano andare a scuola, anche quelli che già malati hanno bisogno di una classe immunizzata per poter essere presenti nei loro banchi.

 

Rita Menichelli

 

 

 

Commenta (0 Commenti)