L’attenzione si è concentrata sul deficit pubblico al 2,4 %. Certo, è un segnale politico controcorrente rispetto agli impegni per il contenimento allo 0,8% nel 2019, ma che non è poi così nuovo visto che Renzi aveva proposto di portarlo al 2,9 % per 5 anni in un’intervista a Il Sole24ore l’8 luglio 2017. Un no pregiudiziale ad un deficit più rispondente ai bisogni del paese è incomprensibile, tanto per chi da anni sostiene che andrebbe tolto il vincolo del pareggio di bilancio inserito, all’epoca del governo Monti, nell’articolo 81 della Costituzione per subalternità all’austerità europea.
L’impegno a scendere allo 0,8 % è stato preso dai governi precedenti sapendo che era una promessa irrealizzabile, per di più scaricata su altri. Cancellare l’aumento dell’Iva vale da solo lo 0,8 %. Purtroppo da tempo i governi prendono impegni non realizzabili di abbassamento del deficit pubblico, salvo constatare a fine anno che l’obiettivo non è stato raggiunto. Questo trucchetto è stato usato da governi diversi.
Ora c’è un aggravante, bisogna fare i conti con una ripresa economica italiana che era già asfittica, la peggiore d’Europa, e ora è in rallentamento. Un taglio dell’intervento pubblico nell’economia provocherebbe un ulteriore peggioramento della situazione, con conseguenze sull’occupazione. Quindi il deficit pubblico allo 0,8% non è realizzabile, pena conseguenze gravi sul paese.
Va bene rompere l’incantesimo della riduzione del deficit pubblico ad ogni costo ma bisogna ad ogni costo evitare che il deficit si trasformi nel pagamento di maggiori interessi per aumenti dello spread e dei tassi, tanto più che nel 2019 l’Italia dovrà rinnovare più di 400 miliardi di debito pubblico. Quindi è decisivo come queste risorse in più verranno utilizzate. Non sprecarle è un imperativo che non ammette deroghe, altrimenti l’aumento del deficit diventerebbe un boomerang disastroso e i mutamenti repentini di opinione del governo e dei suoi Ministri non può che preoccupare.
È necessario evitare l’aumento dell’Iva altrimenti i consumi già sotto pressione per altri aumenti ne risentirebbero, il resto delle risorse va impegnato per la ripresa e l’occupazione e per intervenire sulle aree di povertà, la cui condizione non può attendere. Chi oggi invoca una linea di contenimento radicale del deficit dovrebbe spiegare quali sarebbero le conseguenze per questi interventi.
Le motivazioni alla base della scelta del governo non sono tutte nobili, pesa molto la sommatoria delle promesse elettorali di Lega e 5Stelle, che ora cercano lo spazio per mantenerle almeno in parte, ma la critica al governo non può concentrarsi sul deficit al 2,4%, perché anzi questo crea lo spazio per un intervento anticiclico. Il vero problema sono gli obiettivi spesso confusi e contraddittori, quindi i problemi sorgono sulle modalità di uso delle maggiori risorse rese disponibili dal 2,4% e a questo dovrebbe dedicarsi l’iniziativa dell’opposizione, almeno delle sinistre.
La scelta di aumentare il deficit non si può fare a cuor leggero, mettendosi contro tutti, con il rischio di subire una speculazione devastante proprio nella fase in cui è in esaurimento l’intervento della Bce di acquisto di debito pubblico e di calmieramento dei tassi. In altre parole quando l’ombrello della Bce si sta chiudendo. Per questo le sbruffonate non servono, anzi sono controproducenti, come lo sono le sceneggiate propagandistiche dai balconi, di pessima ascendenza, le esagerazioni verbali che talora richiamano l’infausto motto molti nemici molto onore.
Occorre serietà e consapevolezza delle sfide a cui si va incontro, che sono essenzialmente di 2 tipi:
1) come creare un rinnovato impegno europeista, diverso dal passato, che chiuda la fase dell’austerità come dogma e in questo governo e maggioranza vanno incalzati perché le loro sparate propagandistiche sono controproducenti. Oggi non c’è un progetto italiano per un’Europa diversa, a meno di prendere seriamente Salvini sul rapporto privilegiato con Orban e Seehofer.
2) Come spendere al meglio le risorse disponibili, evitando che la lievitazione del costo del debito si mangi le maggiori risorse; l’aumento dello spread genera qualche apprensione. Il problema non è solo il rapporto tra spesa per consumi e investimenti. Questa classificazione non è così netta, anche gli 80 euro del governo Renzi erano classificati come sconto fiscale. In una fase di domanda calante, di economia in rallentamento le misure che aumentano il reddito spendibile delle famiglie a basso reddito sono insieme equità sociale e un aiuto alla ripresa perché creano più domanda, molto di più che gli sgravi fiscali ai redditi alti, che invece entrano nella manovra su pressione della Lega. Anche le spese sociali diminuiscono la divaricazione tra i redditi e migliorano la coesione, mentre quelle per il lavoro aiutano uno sviluppo a più alta intensità e qualità di lavoro.
Le misure fiscali di cui parla il governo portano una forte impronta della Lega e sono sbagliate. I condoni sono sempre una sciagura, fanno sentire cretini i contribuenti onesti, aggiungo che sono stati condoni anche quelli dei governi Renzi-Gentiloni che hanno infranto una storica distinzione tra sinistra e destra. Non basta cambiargli nome, restano condoni. Questo governo fa come e peggio dei governi precedenti, con in più un impulso alla disuguaglianza tra i redditi perché la nuova tassazione premierà i redditi degli autonomi e medio-alti, esattamente il contrario di quello che serve. Purtroppo i 5 Stelle sul fisco sono subalterni alla Lega.
Le misure sulle pensioni possono favorire un ricambio tra generazioni nel lavoro, esattamente il contrario della legge Fornero che provocò un disastro bloccando per anni l’entrata dei giovani nel mondo del lavoro. Così le imprese avranno lavoratori più giovani e motivati, che costeranno di meno, dove è sbagliata questa misura? Potrebbe essere scritta male e realizzata peggio ma l’idea in sé è buona.
Semmai occorre obbligare le aziende a sostituire i pensionandi, a non decentrare, a non perdere posti di lavoro.
Le misure per spingere le imprese ad investire possono essere utili ma andrebbero vincolate a creare occupazione aggiuntiva.
Gli impegni per nuovi investimenti pubblici sono un volano per la ripresa economica, vedremo le proposte, si può dire fin d’ora che scuole messe in sicurezza, territorio sottratto al degrado, servizi pubblici che vanno rinnovati o fatti ex novo dovrebbero essere parte decisiva delle misure. Le grandi opere non sono il demonio, ma occorre scegliere quello che serve a migliorare la vita delle persone e l’ambiente, coinvolgendo regioni ed enti locali. La sanità è vicina al collasso, la privatizzazione è dilagante, il servizio sanitario regge a fatica e non è più in larga misura nazionale, come si può pensare di togliere risorse anziché aumentarle?
Il reddito di cittadinanza per ora, al di là degli orpelli propagandistici è un aumento delle pensioni minime, scelta che può migliorare la condizione di aree di disagio sociale, vedremo come verrà proposta e realizzare. Migliorare il reddito di tante persone, il cui numero è raddoppiato in 10 anni, è importante e dovrebbe aiutare la ripresa, è una misura non molto diversa dagli 80 euro.
Questi interventi costano e quindi non si può ignorare il problema del debito, che potrebbe essere affrontato con misure come la riduzione delle spese e degli impegni militari.
È normale che la sinistra critichi il governo ma deve farlo da sinistra, non sembri una banalità. La critica per la critica non convince. Un’opposizione seria deve svolgere i suoi interventi per evitare che l’aumento del deficit diventi solo un’occasione per fare propaganda, sprecando un’occasione forse unica e quindi deve favorirne il miglior uso possibile.
In altre parole un intervento keynesiano non è banalmente spendere di più ma spendere bene, in modo utile e mirato, per obiettivi anticiclici e socialmente necessari. Il 2,4 % è solo il titolo, la sostanza inizia ora.
I toni e gli argomenti della maggioranza non aiutano al confronto, ma fallire questa opportunità sarebbe un danno per tutto il paese, a partire dalle aree più deboli e quindi occorre mantenere un atteggiamento fermo e costruttivo, perfino malgrado il governo.