In un’intervista al Venerdì di ieri Maurizio Landini ha detto la cosa fondamentale, sulla sinistra italiana: «il problema non è mettere insieme cose che già ci sono, ma innescare un nuovo processo».
Era l’idea del percorso del Brancaccio: un’alleanza tra i partiti (che ci vogliono, eccome: e anzi, che diventano un problema quando sono piccoli e deboli) e i cittadini. I cittadini attivi di Sinistra, impegnati in mille lotte particolari, per il territorio, l’ambiente, l’eguaglianza, ma ormai molto disillusi circa la rappresentanza politica, e spesso rassegnati all’astensione elettorale.
Non sorprendentemente, quel percorso alla fine si è arenato sul modo in cui tenere insieme partiti e cittadini non iscritti ai partiti. Perché i partiti non si fidano l’uno dell’altro: e tutti insieme temono che la partecipazione di cittadini non iscritti possa far perdere loro il controllo della assemblea che uscirà dal percorso. La grande assemblea nazionale che dovrebbe decidere davvero sulla leadership (già scelta dai partiti, sebbene scelta fuori dai partiti…), sul programma, sui cruciali criteri per la formazione delle liste, sui garanti e sui comitati etici.
Quella assemblea è già stata annunciata dai partiti per il 3 dicembre, senza tuttavia che fosse annunciato il percorso attraverso il quale sarebbe stata formata.
È per questo che Anna Falcone ed io non abbiamo potuto firmarne la convocazione: non sappiamo se quel percorso sarà davvero aperto, democratico, fuori dal controllo dei vertici dei partiti.
Oggi sui social sono iniziate a filtrare bozze di regolamento: non so dire se corrispondano all’ultima versione, che sarà annunciata dopo l’approvazione da parte dei singoli partiti. La bozza che ho letto prevede che in ogni assemblea provinciale, la presidenza (composta dai promotori, cioè dai tre partiti) proponga una lista bloccata, e che si voti senza preferenze. Curioso per forze che si oppongono con