Giorgia Meloni ci informa, parlando a un evento di Poste Italiane, di volere una sola Italia, con servizi e diritti uguali per tutti. Non si rassegna – dice – all’idea che ci siano cittadini di serie A e di serie B. Benissimo. Sembra di sentire Mattarella, che non da poco parla un identico linguaggio. Ma come la mettiamo con l’arrivo in consiglio dei ministri del testo Calderoli sull’autonomia differenziata? C’è un nuovo testo della «legge di attuazione» dell’art. 116.3 a firma Calderoli. Quelli precedenti hanno sollevato una tempesta di critiche, di cui il ministro afferma di avere tenuto conto.
È sceso in campo persino Bonomi, presidente Confindustria. Ma il nuovo testo del 30 gennaio non presenta sostanziali differenze rispetto a quello già noto del 29 dicembre. Qualche limatura, su un impianto essenzialmente uguale.
In specie, si conferma la sostanziale emarginazione del parlamento, ridotto a pareri non vincolanti e persino non necessari. Conta poco che nell’art. 2.8 si preveda la trasmissione alle Camere «per la deliberazione ai sensi dell’articolo 116, terzo comma». Si abbandona la «mera approvazione» di cui ai primi testi, che alludeva a una mera ratifica, e la più sobria «approvazione» di cui al testo del 29 dicembre. Ma la terminologia ora adottata è abbastanza ambigua da consentire al momento giusto di tornare alla mera ratifica. Il parlamento è altresì escluso dalla fase di trasferimento delle funzioni e delle risorse, e dal monitoraggio nel tempo. Mentre si mantiene nell’art. 5 la compartecipazione al gettito tributario «maturato nel territorio regionale». Evidente assist alle regioni economicamente più forti.
Rimane altresì intatto il modello già acquisito per i livelli essenziali di prestazione (Lep) con i commi 791 e seguenti della legge di bilancio, esplicitamente richiamati. Anche qui, il parlamento è limitato a pareri non vincolanti, mentre i Lep sono adottati con decreto del presidente del consiglio dei ministri. Un modello di assai dubbia costituzionalità. Sul rapporto tra i Lep e l’avvio dell’autonomia differenziata la condizione viene individuata nella «determinazione» dei livelli. Il che suggerisce che basti la definizione formale, non richiedendosi l’applicazione in concreto con le necessarie risorse.
Qui cogliamo le difficoltà per Giorgia Meloni. Arriverà in consiglio dei ministri un ddl Calderoli che è una scatola vuota per quanto riguarda quanta e quale autonomia, per quale regione, a quali costi. I Lep sono un’altra scatola vuota, da riempire con la individuazione delle materie cui vanno applicati, dei livelli da assicurare, con quali risorse e tempi. Ma allora cosa e come decide il consiglio dei ministri? L’eguaglianza è una garanzia, una previsione, una speranza, un moto dell’animo, una presa in giro?
Il problema di fondo è che in un’Italia in cui tutti avessero già uguali servizi e diritti – per dirla con Meloni – sarebbe anche possibile avviare almeno in principio un progetto autonomistico nell’interesse di tutti in chiave di sana competizione tra territori per maggiore efficienza e risparmio di spesa. È quello che dicono di volere Zaia &Co. Ma l’Italia è tutt’altro. Le differenze tra territori esistono, sono devastanti e strutturali. Uguali diritti e servizi richiedono un massiccio impiego di risorse volte a migliorare la condizione di chi è svantaggiato. Il resto viene dopo. Giannola, presidente Svimez, quantifica in circa cento miliardi le risorse necessarie per attaccare gli squilibri territoriali. Si può discutere sulla cifra. Ma non si può esorcizzare il problema con un’alzata di spalle come fa Calderoli. E non si può negare che l’autonomia differenziata vada in un senso esattamente opposto. Potrà mai essere felicemente diverso chi ha una aspettativa di vita che dipende dal codice di avviamento postale? Bisogna prendere atto che i cittadini di serie B esistono. Meloni si rassegni, e veda di evitare che scendano in C.
Da ultimo Calderoli narra (La Stampa, 29 gennaio) che, come ministro, concederà l’autonomia in base alla virtuosità della regione richiedente. «Vedo la lista dei peccati e in base a quello do l’assoluzione o meno». E i peccati suoi? Gli proponiamo uno scambio. Se firma la legge costituzionale di iniziativa popolare per la modifica degli articoli 116,3 e 117, che vuole appunto prevenire i guasti a sua firma, gli concederemo una indulgenza plenaria. Può firmare anche online con lo Spid su www.coordinamentodemocraziacostituzionale.it.