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In una grigia giornata di novembre non c’era da andare al mare, la nebbiolina scoraggiava dall’uscire di casa, eppure i centri commerciali, inopinatamente aperti di domenica, rigurgitavano di gente stanca di guardare la tv.
Diecimilaottocentoquarantanove (10.849) faentini adulti hanno ritenuto che non valesse la pena di fare un passaggio nelle scuole dove erano aperti, dalle 7 alle 23, i seggi elettorali. Piuttosto difficile credere che avessero di meglio da fare.

Forse per tanti motivi non hanno voluto. Pochissimi prendono una decisione così attraverso un processo mentale lineare, razionalmente spiegabile, ma un comportamento di quasi un elettore faentino su quattro (senza contare gli altri 14.441 che avevano già l’abitudine a non votare) non può essere un fenomeno trascurabile o da liquidare con poche infastidite battute.

Per chi vuole guardare dentro e dietro questo comportamento di massa piuttosto che indagare sui moventi psicologici dei singoli, che sono sempre assai compositi e spesso neppure consapevoli, può essere utile sondarne le motivazioni politiche.
Si trattava di una competizione nella quale non appariva in discussione il risultato finale; insomma non poteva funzionare il ricatto del voto a Renzi “perché ci sono i barbari alle porte” (l’altro ieri Berlusconi, ieri Grillo, domani forse stanno preparando il Salvini).

Che buona parte dell’astensione (rispetto alle europee) colpisca il Pd sembra innegabile anche a Faenza, per ragioni matematiche se non altro (8.500 voti in meno su 9.800 elettori mancanti), a meno che non si voglia ipotizzare un gigantesco travaso di voti dal Pd alla Lega di Salvini (e sarebbero solo 2.600 voti su 8.500 !!!).

Dunque è accaduto che molti elettori del Pd (alle europee) hanno visto qual è stato l’uso politico del grande successo di Renzi il 25 maggio: attacco al sindacato, la sinistra interna “asfaltata”, riforme costituzionali ed elettorali ispirate all’obiettivo di un presidenzialismo di fatto, negazione del ruolo di tutti i corpi intermedi, schieramento dalla parte degli imprenditori attraverso il jobs act.
Aggressività, disprezzo, dileggio nei modi e nella comunicazione, sia del leader sia degli zelanti seguaci di vecchia e nuova data. Il fatto è che il leader del Pd non si è affatto domandato come si dovevano sentire i suoi elettori di maggio quando egli ha attaccato frontalmente il mondo del lavoro e le associazioni alle quali appartengono o nelle quali contano per la difesa della loro condizione di lavoratori e li ha accusati di tutte le colpe della crisi. Qual era lo scopo? Conquistarne il voto spezzando il loro rapporto con il sindacato? Se era questo ha avuto una chiara risposta. È il rapporto con lui che è entrato in crisi!

Poniamoci alcune domande. Queste motivazioni generali hanno riguardato anche le scelte politiche ed il governo della regione?
I faentini sono stati portati a valutare come preminenti gli scandali che hanno coinvolto i consiglieri regionali (due consiglieri sono stati riproposti, uno è stato rieletto) e la disavventura giudiziaria del presidente Errani?
Non sembrerebbe proprio, perché la campagna elettorale non ha avuto questi temi al centro della discussione, e non risulta esserci stato nessun travaso verso il M5s (che anzi ha perso 2.671 voti), ma ha inciso però sul senso di appartenenza degli elettori allo schieramento di centro sinistra.
Il nuovo che è stato proposto (ma come si fa a dire che Bonaccini è “nuovo”?!) non ha messo in discussione in realtà il sistema di potere che aveva caratterizzato l’ultima legislatura ed era quindi difficile per gli elettori giudicare cosa prendere e cosa lasciare delle politiche della Regione Emilia-Romagna.

C’era un’alternativa fruibile per questi elettori? Sulla carta il voto a Sel (in coalizione col Pd) o la scelta de “L’Altra Emilia-Romagna” contro le tendenze programmatiche del nuovo Bonaccini (e dell’ultimo governo di Errani). Il fatto stesso che la sinistra si presentasse ancora una volta divisa ne minava alla radice la credibilità. Queste liste hanno in buona parte conservato i voti che avevano ricevuto insieme alle europee (- 185 voti ma + 2,01 in %) ma in generale gli elettori non hanno colto né l’una né l’altra come alternative credibili: o perché non alternative (al governo con Bonaccini) o perché di semplice opposizione ad una amministrazione sulla quale il giudizio popolare forse non era così negativo.

Ecco la non scelta, ecco il non voto: il voto di chi non vede soluzioni, la protesta sì contro la politica, ma nel senso di una politica che non offre alternative credibili ad un elettorato di centrosinistra insoddisfatto del partito di Renzi!
Infatti l’astensione a Faenza non ha colpito il centro destra: il candidato Alan Fabbri ha avuto 644 voti più di quanti non ne avessero ricevuti alle europee l’insieme dei partiti che lo sostenevano. Certamente è possibile che si siano verificati fenomeni come il ritorno al centro destra di voti andati a Renzi alle europee, come pure il passaggio di voti ex Grillo alla Lega (+ 2619 voti pari a + 17,72% rispetto alle europee). Tuttavia dati innegabili di fondo sono che il centro-destra anche a Faenza, nonostante il successo della Lega e il fortissimo astensionismo, rimane molto lontano dall’essere un pericolo reale per il centro-sinistra (Alan Fabbri 28,38%) e che anche qui continua il dissanguamento del M5s prevalentemente verso l’astensione. 
Il gigantesco astensionismo segnala che siamo in presenza di una crisi di rappresentanza, che investe tutte le formazioni politiche, ma ciò non significa automaticamente una crisi della partecipazione. Infatti, contemporaneamente, aumentano le mobilitazioni contro gli effetti della crisi, contro le politiche governative, non solo da parte del sindacato, ma anche da parte di movimenti e associazioni della "società civile".
Sembra di poter cogliere una forte richiesta di rappresentanza ed un rifiuto di una politica lontana dalla gente. Ci troviamo di fronte ad un elettorato oramai poco sensibile ai richiami del voto per dovere di fedeltà, e forse sul punto di una rottura profonda con le proprie appartenenze. Come già alle politiche del 2013 con il successo di Grillo, inatteso nelle dimensioni, dopo l’investimento su Renzi a maggio, i cittadini, anche qui, mandano di nuovo segnali di forte malessere ed una richiesta di buona politica che sappia anche rappresentare la società ed il mondo del lavoro.

Questo malessere si è espresso con l’astensione, arma estrema e fragile, che rende fragile la democrazia stessa. Forse è l’ultimo appello.

Alessandro Messina


Da questi link potete scaricare i risultati delle elezioni regionali nel comune di Faenza:
http://www.comune.faenza.ra.it/content/download/2363607/21373159/file/Presidente.pdf
http://www.comune.faenza.ra.it/content/download/2363608/21373170/file/assemblea_legislativa.pdf
http://www.comune.faenza.ra.it/content/download/2363609/21373181/file/voti_lista_per_sezione.pdf

 

Questo primo intervento di valutazione dei risultati elettorali ha anche lo scopo di stimolare una riflessione collettiva fra i nostri lettori e collaboratori. Attendiamo i vostri contributi al dibattito.
la redazione