A Roma mobilitazione nazionale contro la conversione in legge del decreto Cutro. La società civile dice no al peggioramento delle condizioni degli stranieri che arrivano in Italia
arato all’indomani del naufragio del 26 febbraio scorso come risposta del governo alle stragi nel Mediterraneo, il cosiddetto "decreto Cutro" è in rampa di lancio. Secondo il Tavolo asilo e immigrazione, in realtà, il testo "non affronta in alcun modo le vere cause che in questi anni hanno portato alla morte in mare di migliaia di persone". Al contrario, prevede "condizioni peggiorative della condizione giuridica degli stranieri che arrivano in Italia, con il sicuro effetto di aumentare situazioni d'irregolarità ed esclusione anche di chi è già da tempo sul territorio nazionale.
In particolare, le associazioni contestano i provvedimenti che "mirano a smantellare la protezione speciale a tutela della vita privata e familiare dello straniero, che aveva in parte attutito i disastrosi effetti dell’abolizione della protezione umanitaria, a potenziare la rete dei Centri per il rimpatrio, a ostacolare il diritto al ricorso dei richiedenti asilo che ottengono un diniego". Tra i firmatari dell'appello contro il decreto ci sono anche Cgil, Amnesty International, Arci e Acli. Oltre alla manifestazione di Roma sono state organizzate mobilitazioni anche a Crotone, Viterbo, Avellino, Brindisi, Lecce e Palermo
Nel Def, spiega la segretaria confederale Cgil Daniela Barbaresi, nessuna risposta "alle nostre richieste per rilanciare il Ssn. Ora tutti in piazza"
Nulla per le assunzioni, nulla per l’adeguamento delle retribuzioni, nulla per l’innovazione tecnologia. Il destino della sanità pubblica è tracciato ma le tre confederazioni sindacali, anche attraverso la mobilitazione, vogliono cambiare la rotta del declino del Servizio sanitario. Ne parliamo con Daniela Barbaresi, segretaria confederale della Cgil.
La settimana scorsa è stato presentato il Documento di economia e finanza, dalla lettura dei testi sia per la sanità che per il welfare non solo non c’è aumento di spesa ma si riducono le risorse. Quale allora il destino della sanità pubblica?
È un destino tracciato ma necessariamente da riscrivere. Nel Def si programma la riduzione della spesa sanitaria in maniera pesante, nel 2024 scenderà del 2,4% rispetto all'anno in corso e il fatto che in rapporto al Pil la spesa sanitaria affonderà al 6,2% a partire dal 2025 rappresenta il valore più basso degli ultimi decenni, il valore più basso che si ricordi. E se si consideri che già adesso l'Italia è fanalino di coda in Europa per spesa per la salute, ben al di sotto della media europea e lontanissimi dai paesi più avanzati come Francia e Germania. È una situazione davvero insostenibile. Di fatto si sta programmando e pianificando il collasso del sistema sanitario nazionale, che già oggi è in condizioni di estrema difficoltà. Il paradosso è che mentre si prevede per il prossimo triennio un aumento del Pil del 3,6%, l’aumento previsto per la spesa sanitaria è dello 0,6% un sesto dell’incremento del Pil. Questo significa che si è scelto consapevolmente di programmare il ridimensionamento del sistema sanitario nazionale che non corrisponde ai comunicati dell’ufficio stampa del Ministro della salute. Si mina il diritto alla salute delle persone. In questo contesto il Ministro Schillaci si limita a fare annunci o addirittura auspici: è a dir poco imbarazzante. Ha dichiarato che “spera si trovino le risorse”. Lui è il ministro, spetta al Governo trovarle.
Altra questione a dir poco imbarazzante. Schillaci sostiene di aver fatto molto per il personale e invece nel Def si conferma in maniera plastica esattamente l'opposto. Sul fronte del personale non c'è assolutamente nulla, né per i rinnovi dei contratti né per un piano straordinario di assunzioni, né per dare risposte ai professionisti sanitari che hanno mandato avanti il sistema con sacrifici enormi. Tantomeno il superamento del blocco della spesa del personale. In realtà siamo di fronte a due emergenze. La prima è quella di trovare e assumere personale, la seconda è evitare la fuga di medici e infermieri che
Leggi tutto: Sanità al centro della mobilitazione - di Roberta Lisi
Mozioni Avs per revoca dei rigassificatori di Piombino e Ravenna
(ANSA) - PIOMBINO (LIVORNO), 17 APR - Nella mozione di Alleanza Verdi Sinistra (Avs) alla Camera dei Deputati sulle iniziative in materia energetica c'è pure la revoca delle autorizzazioni per i rigassificatori di Piombino (Livorno) e Ravenna.
Lo riporta una nota di Avs ricordando che la Camera è impegnata da oggi pomeriggio nella discussione e nei prossimi giorni nella votazione di mozioni parlamentari concernenti iniziative volte a contrastare il fenomeno della siccità, e di mozioni parlamentari concernenti iniziative in materia energetica nel quadro del raggiungimento degli obiettivi di neutralità climatica. Il gruppo parlamentare dell'Alleanza Verdi Sinistra - primi firmatari Angelo Bonelli, la capogruppo Luana Zanella e Nicola Fratoianni - ha presentato e chiederà il voto su due distinte mozioni.
In una relativa all'energia si chiede l'impegno del governo "ad adottare iniziative volte a revocare, alla luce dei dati del bilancio energetico del gas del 2022, le autorizzazioni per i rigassificatori di Piombino e Ravenna e a confermare la chiusura delle centrali a carbone nei tempi previsti dalla Sen".
E si ricorda che "l'Italia nel 2022 ha consumato 68,5 miliardi di metri cubi di gas con una diminuzione di 7 miliardi di metri cubi rispetto al 2021, mentre la disponibilità di gas è stata di75,7 miliardi di metri cubi nel 2022, un dato invariato rispetto al 2021. Una quantità pari a 4,6 miliardi di metri cubi è stata esportata all'estero.
Questi dati dimostrano che l'attuale sistema di infrastruttura energetica in Italia per l'approvvigionamento di gas non solo ha garantito il fabbisogno industriale e civile ma ha visto aumentare le esportazioni rispetto al 2021 del +199 per cento".
"I dati citati - prosegue Avs - evidenziano come le autorizzazioni per i rigassificatori di Piombino e Ravenna non siano funzionali a garantire la sicurezza energetica, ma piuttosto a trasformare l'Italia in un hub del gas per venderlo in Europa. Ciò anche alla luce della volontà del Governo di voler realizzare nuovi rigassificatori, ritardando così la transizione energetica verso le fonti rinnovabili". (ANSA).2023-04-17 16:11RGUN-COM
Dalle pagine del Corriere della Sera, il segretario generale della Cgil si domanda: "Cosa ci fa un dipendente di 40 euro al mese in più se per avere una visita medica in tempi accettabili ne deve pagare 250?"
"Sul carrello della spesa si stanno facendo profitti esagerati, perché negli ultimi mesi i costi di produzione sono molto scesi, pensiamo al prezzo del gas, mentre gli aumenti per le famiglie hanno continuato a correre". A denunciarlo è il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, in un'intervista al Corriere della Sera. Intanto, "i salari - evidenzia il leader sindacale - devono aumentare. Dall'inizio di quest'ondata d'inflazione si sente parlare solo del rischio che i rinnovi dei contratti inneschino una spirale prezzi-salari".
Quel che si è visto è diverso: "salari fermi e profitti delle imprese in crescita, che ora non ritirano gli aumenti anche se producono a costi molto minori di sei mesi fa. E investimenti delle imprese comunque deboli. A fronte di imprese che non moderano i rincari diventa indispensabile - rimarca - un contributo straordinario di solidarietà sui profitti".
Landini ricorda come in Italia il salario in media è tassato al 40%, "mentre la rendita immobiliare al massimo al 21%. E persino la parte più ricca del lavoro autonomo al 15%. Questa come la vogliamo chiamare,
Leggi tutto: Landini: «Salari fermi, profitti in crescita: così non va»
Rewind, il meglio e il peggio degli ultimi sette giorni. Uno sguardo parziale e di parte per riflettere insieme sul Paese nel quale abitiamo
Puntata n. 24 - Mercoledì 12 aprile due operai sono morti i provincia di Milano durante operazioni di potatura. Dopo essere precipitati da un'altezza di 15 metri, sono stati schiacciati dal carrello elevatore. Sul lavoro si continua a morire come 50 anni fa senza che la politica affronti seriamente questo tema
In un golf club, Le Rovedine di Noverasco di Opera, provincia di Milano, due operai sono morti e un terzo è rimasto ferito in seguito a una caduta durante operazioni di potatura. Le vittime sono Angelo Zanin, titolare della Zanin Vivai, 69 anni, e Dario Beira, dipendente della stessa azienda, 51 anni. Il terzo lavoratore, trasportato in codice rosso all’ospedale Niguarda, è un 25enne. Secondo i Vigili del fuoco intervenuti sul posto, i tre sarebbero precipitati da un'altezza di circa 15 metri. Da una primissima ricostruzione del 118, successivamente i lavoratori sarebbero rimasti schiacciati dal cestello. Sul lavoro si continua a morire come 50 anni fa senza che la politica affronti seriamente questo tema.
Il governo punta sulla “moderazione salariale per prevenire una pericolosa spirale salari-prezzi”. Così i prezzi continueranno a salire - forse più lentamente rispetto ai ritmi dell’ultimo periodo -, in compenso, tranquilli, i salari resteranno al palo. E se si escludono i 3 miliardi di euro in deficit da investire sul taglio del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti a reddito medio-basso già da quest’anno - magro bottino - la spinta propulsiva dell’esecutivo si ferma qui. Scelte, quelle del governo, che rafforzano la decisione di Cgil Cisl e Uil di mobilitarsi. Appuntamento in piazza a Bologna il 6 maggio, a Milano il 13 maggio e a Napoli il 20 maggio.
Sbarchi triplicati da quando il governo ha assicurato di azzerare gli arrivi. E ora si gioca pure la carta dello stato di emergenza. Il sassolino del direttore di Collettiva Stefano Milani
In principio era il blocco navale. Urlato, ringhiato, sbraitato alle folle di mezza Italia. Una volta al governo neanche i pedalò sulla riviera romagnola avrebbero fatto sbarcare se sprovvisti di regolare documento. Poi un bel giorno al governo ci sono arrivati per davvero e le promesse sono diventate quelle tipiche da marinaio. Come può uno scoglio arginare il mare? Canticchia pensierosa dal 25 settembre la nostra premier. Non si capacita che da quando è al timone del Titanic gli arrivi sono più che triplicati. “Scarti residuali” approdano da ogni dove e l’emorragia non si arresta neanche intimando alle ong di scaricarli in Val d’Aosta. L’ultimo consiglio dei ministri ha perfino deliberato lo stato d’emergenza nazionale, come se da gestire fosse un terremoto o una pandemia invece che un’ordinaria umanità. Più onesto decretare lo stato confusionale in cui versa questo esecutivo.
Questa ci mancava, ci ha pensato l’istituto superiore Scalcerle di Padova, prevedendo una ricompensa di 100 euro agli alunni che raggiungeranno la media del 9. Una sintesi azzeccata del sistema teorizzato dal ministro Valditara, si scrive merito, si legge competizione. Si scrive scuola, si legge “gioco a premi”. E a chi resta indietro? Niente mancia. Così va la scuola pubblica nel primo anno dell’era Meloni.
E così al sindacato riesce l‘impossibile: rallentare i ritmi di Amazon. Dai 5 turni incompatibili con una normale organizzazione familiare a un nuovo sistema con tre fasce orarie che consentono di conciliare i tempi di vita e di lavoro, con buoni margini di flessibilità. La conquista è stata ottenuta dai lavoratori del sito di Amazon Torrazza, in provincia di Torino, e dalle categorie regionali Filt Cgil e Fit Cisl, dopo che gli addetti avevano denunciato la fatica a stare dietro agli impegni professionali e alla routine quotidiana. Per approfondire collettiva.it.
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Il Documento di economia e finanza è sordo alle richieste di Cgil, Cisl e Uil. Per Fracassi, vice segretaria della Cgil, “le ragioni della mobilitazione sono rafforzate”
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Sordità, questa sembra la caratteristica del governo Meloni. Incapacità di ascoltare le istanze, le domande e le motivazioni che arrivano dal mondo del lavoro. Il Def appena varato dal consiglio dei Ministri è lì a testimoniarlo. Giusto una settimana fa Cgil, Cisl e Uil hanno reso noto un Documento unitario alla base della mobilitazione che, cominciata ad aprile con le assemblee in tutti i luoghi di lavoro, vedrà a maggio lavoratori e lavoratrici in piazza.
Testi ufficiali ancora non ci sono, sembra ormai questa la moda diffusa dal governo. Si annuncia il varo di provvedimenti che poi si diffondono per titoli, ma non con norme scritte e per tabelle, ma tant’è. Da quel che si può capire dal comunicato diffuso dalla presidenza del Consiglio, gli spazi fiscali sono così limitati che si rischia di non avere nulla per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego e per l’adeguamento all’inflazione, nulla per la sanità, nulla per il welfare, nulla per le pensioni, nulla per il caro energia, nulla per salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, nulla per la legge delega fiscale.
Il documento di Cgil, Cisl e Uil invece sottopone all’esecutivo e alla politica una serie di priorità che per il mondo del lavoro sono imprescindibili. Per il mondo del lavoro e per la società tutta. Vediamole.
- Riforma del fisco, con una forte riduzione del carico su lavoro e pensioni, maggiore tassazione degli extraprofitti e delle rendite finanziarie.
- Potenziamento occupazionale e incremento dei finanziamenti al sistema sociosanitario pubblico per garantire il diritto universale alla salute e al sistema di istruzione e formazione, maggiore sostegno alla non autosufficienza.
- Un mercato del lavoro inclusivo per dire no alla precarietà, orientato e garantito da investimenti, da un sistema di formazione permanente, da politiche attive, e da ammortizzatori sociali funzionali alla transizione.
- Basta morti e infortuni sul lavoro, contrasto alle malattie professionali. Occorre ridare valore al lavoro, eliminare i subappalti a cascata e incontrollati, e portare avanti una lotta senza quartiere alle mafie e al caporalato.
- Riforma del sistema previdenziale.
- Politiche industriali e d’investimento condivise con il mondo del lavoro per negoziare una transizione ambientale sostenibile, sociale e digitale, realizzando un nuovo modello di sviluppo con particolare attenzione al Mezzogiorno e puntando alla piena occupazione.
Il mantenimento del deficit al 4,5% del Pil consente al governo di disporre di circa 3 miliardi di euro che saranno destinati, così è scritto nel comunicato di Palazzo Chigi, al “taglio dei contributi sociali a carico dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi a valere sul periodo maggio-dicembre di quest’anno”. Buona notizia? Sufficiente a rispondere alla necessità di sostenere i redditi di lavoratori e pensionati? Assolutamente no. E, come detto, per di più è un provvedimento dalla durata limitata. Dopo dicembre che cosa succederà?
Foto: Marco Merlini
Cgil: una politica "povera" e all'insegna dell'austerità
“Se c’è una cosa che dice il Def è che le risorse non sono sufficienti”: lo afferma Gianna Fracassi, vice segretaria generale della Cgil, che aggiunge: “È un Documento poverissimo anche e soprattutto in termini di mancanza di visione”. E infatti, sostiene la dirigente sindacale. “il Def cammina sulla strada dell’austerity in maniera addirittura più vigorosa rispetto agli anni passati. Si rischia di non avere risorse per la sanità, il welfare, la previdenza, il lavoro e il rinnovo dei contratti pubblici, e nemmeno quelle per gli investimenti a sostegno del Pnrr, a cominciare dalle assunzioni necessarie per aumentare la capacità amministrativa che chiede l’Europa”.
Occorre non dimenticare che un mese fa circa il governo ha licenziato la delega fiscale, certo molto contrastata dai sindacati. “Ma – si domanda Fracassi - se mettiamo insieme il tema Def con la riforma fiscale non si comprende con quali risorse si possano sostenere ad esempio le misure propagandate dal governo, come la flat tax, se non, come noi temiamo, con una forte riduzione della spesa corrente e di quella destinata allo Stato sociale. Tanto più in un contesto in cui il costo del debito va oltre i 100 miliardi annui”.
Infine, occorre ricordare che nelle prossime settimane si chiuderà la discussione sulla governance economica europea. “Le scelte che verranno definite faranno la differenza per permettere o non permettere ulteriori margini di spesa per investimenti”, commenta ancora Fracassi.
Scarsità di risorse, dicevamo, anche se nel nostro Paese la quota di evasione ed elusione fiscale è talmente alta che con quella si potrebbero risolvere una serie di questioni rilevanti, se solo si volesse davvero affrontare la questione. A questo proposito, sottolinea Fracassi, “in tutto questo si continuano a licenziare norme molto gravi che favoriscono i non pagamenti delle tasse, basti pensare a ciò che è stato stabilito nel decreto Bollette sulla non punibilità di alcuni reati”.
Gli appuntamenti sono già fissati, assemblee in tutti i luoghi di lavoro e tre manifestazioni interregionali, il 6 maggio a Bologna, il 13 maggio a Milano e il 20 Napoli. “Certo, aspettiamo i testi definitivi - conclude Fracassi -, ma quanto si apprende sul Def non fa che rafforzare le motivazioni che hanno portato Cgil, Cisl e Uil a decidere la mobilitazione”