Il primo Def del centrodestra indica una riduzione di spesa dal 6,9 al 6,2%. Ma il Ssn è già in ginocchio. Mai come ora il diritto alla cura è stato in pericolo
La pandemia ha impresso nella mente di tutti il valore del sistema sanitario pubblico e universale. Un diritto garantito dall’articolo 32 della Costituzione. Ma Il Servizio sanitario nazionale rischia il collasso a causa di anni di tagli, sottofinanziamento e blocco delle assunzioni Una situazione di crisi, aggravata dalla pandemia e dall’invecchiamento della popolazione, che costringe i cittadini a fare i conti con tempi di attesa sempre più lunghi, diseguaglianze tra persone e territori, aumento della migrazione sanitaria, crescita della spesa privata dei cittadini, rinuncia alle cure, riduzione dell’aspettativa di vita.
Nelle scorse settimane il Consiglio dei ministri ha approvato il Documento di economia e finanza (Def) 2023. Quest’anno il rapporto tra la spesa sanitaria e il Pil si è contratto passando dal 6,9 per cento del 2022 al 6,7 per cento. In termini assoluti la spesa prevista per il settore è cresciuta di 4,3 miliardi di euro. Un incremento apparente (+3,8 per cento) fagocitato da un’inflazione ben oltre il 5 per cento.
La volontà di tagliare è evidente, con una riduzione nei prossimi anni di oltre 3,3 miliardi di euro: il governo ha indicato nel Def che a partire dal 2025 la spesa scenderà ancora fino al 6,2 per cento. Si aggraveranno ulteriormente i bilanci delle Regioni, già in rosso per la copertura incompleta delle spese affrontate per pandemia e campagna vaccinale, per l’incremento dei costi energetici, per i rincari di materie prime e materiali.
Questo incide anche nella dotazione di posti letto ospedalieri. Negli ultimi 20 anni ne sono stati tagliati 80 mila. Nel 2020 in Italia se ne contavano 189 mila, pari a 3,18 posti ogni mille abitanti. Secondo Eurostat uno dei valori tra i più bassi in Europa. Germania, Austria e Francia mantengono livelli molto elevati fino ad arrivare al doppio dei nostri