Comunicato
Rifiuti: due scelte sbagliate e una giusta
La riunione del Consiglio comunale di lunedì 26 è stata dedicata, quasi esclusivamente, alla questione rifiuti.
Nel corso della seduta precedente si era deciso l’affidamento della gestione e della riscossione della TARI ordinaria per il 2018 al gestore del servizio, ovvero a Hera Spa. Abbiamo contestato questa scelta perché così facendo l’Amministrazione cede qualsiasi strumento di conoscenza da un lato ad Atesir, dall’altro ad HERA. La gestione è stata messa a gara e (almeno sulla carta) potrebbe essere aggiudicata ad un altro gestore. Per quanto riguarda i costi, non siamo convinti che l’affidamento esterno comporti un risparmio.
Lunedì 26 si è votato sulla TARI per il 2018 e ancora una volta gli importi aumentano attorno al 4%. Da cosa dipende? I calcoli li fa Atersir (Agenzia Territoriale dell'Emilia Romagna per i Servizi Idrici e Rifiuti) secondo complessi meccanismi, ma la sostanza è che, siccome non siamo arrivati al 70% di raccolta differenziata, non possiamo usufruire dello sconto per i Comuni virtuosi, anzi, paghiamo di più perché produciamo troppi rifiuti indifferenziati. Inoltre, dato che si è estesa la raccolta porta a porta in qualche zona, Hera chiede di più, oltre ad aggiungere l’aumento del compenso per la gestione della riscossione della TARI.
Tutto questo è particolarmente grave anche in vista della piena applicazione della Legge regionale 16/2015 sull'“economia circolare”: essa prevede obiettivi vincolanti al 2020 (ossia tra meno di 22 mesi) tra i quali l'introduzione della tariffazione puntuale (si pagherà in base ai rifiuti indifferenziati prodotti e consegnati e non in base ai metri quadri o al numero dei componenti la famiglia; lo stesso criterio varrà anche per le utenze non domestiche). Tutto questo dovrebbe portare ad una riduzione dei rifiuti, ad un aumento della differenziazione e quindi all’aumento delle entrate per la materia recuperata da parte chi gestisce il servizio di raccolta. Di conseguenza si dovrebbe avere una riduzione degli importi dei PEF (Piani Economici e Finanziari) e quindi della TARI (che invece, con l'attuale sistema e tipo di gestione, tutti gli anni aumenta).
E’ interessante l’auspicio, fatto dall’Assessore all’Ambiente, che questa possa essere l’ultima TARI calcolata con questi metodi. Ci associamo pienamente, ma perché non rimanga solo un auspicio ci vuole una precisa volontà politica da parte di questa Amministrazione. Finora non l’abbiamo vista.
Infine si è votato sul Regolamento e Protocollo del Progetto “Disimballiamoci” volto a favorire la riduzione dei rifiuti, il vuoto a rendere e l’economia circolare.
Il progetto “Disimballiamoci” è un’ottima iniziativa, una buona pratica che le associazioni ambientaliste hanno proposto per promuovere una riduzione della produzione di rifiuti. E’ rivolto in particolare, oltre che ai consumatori, a piccole attività commerciali. L’abbiamo subito appoggiato, insieme ai consiglieri del M5S, e a suo tempo fu votato all’unanimità dal Consiglio comunale. Questo progetto andrebbe esteso a tutti i Comuni, noi lo proporremo al Consiglio dell’Unione della Romagna faentina.
Collegandoci alla discussione precedente sulla TARI, abbiamo proposto che l’anno prossimo la riduzione della produzione di rifiuti dovuta a questo progetto (e auspicabilmente ad altre iniziative con lo stesso fine) venga conteggiata in riduzione nel PEF (e quindi a riduzione della TARI) per evitare che gli sconti –giustamente riconosciuti agli esercenti virtuosi – siano pagati da tutti gli altri se l’importo complessivo del costo del servizio pagato al gestore resta lo stesso.
Da segnalare, invece, come le Associazioni di categoria non abbiano inteso aderire e quindi promuovere l’iniziativa presso i propri associati, dimostrando così scarsa sensibilità su questi temi.
Infine, vogliamo evidenziare come il regolamento del progetto “Disimballiamoci” non sia stato, questa volta, votato dalla Lega. La difesa dell’ambiente si conferma un tema che riscuote scarso interesse da parte della destra, dovrebbe tenerne conto chi invece se ne occupa con coerenza, come il M5S.
Faenza, 27 marzo 2018
L’ALTRA FAENZA
È un teatro storico- inserito in un viale monumentale; il primo insediamento risale al 1895
La sua ristrutturazione del 1928 è una lezione d’urbanistica; costituisce un’architettura del paesaggio organica al contesto del viale Stradone. La stampa dell’epoca documenta la persistenza di una “verde cornice di alti alberi che le fanno corona”
Il supermercato costruito nel 1981, a ridosso dell’Arena Borghesi, è un edificio “incongruo e fuori contesto” (così definito dal successivo PRG del 1996)
Oggi, un Accordo di Programma tra Comune ASL e CONAD, previsto dal RUE 2015, permette di allargare questa “incongruità”; un atto di negazione urbanistica.
Prevede l’espansione del supermercato dentro l’Arena Borghesi (triangolo azzurro evidenziato nella planimetria allegata).
Un intervento che comporterebbe:
Questi sono “fatti del paesaggio” che confermano le ragioni di merito di un’opposizione alla operazione di allargamento di un supermercato “incongruo” a scapito di un teatro storico.
Motivazioni che persistono a prescindere dal regime di proprietà dell’Arena Borghesi, che è stata acquisita da CONAD, nel maggio scorso (a seguito di asta pubblica indetta dall’AUSL – ex proprietaria).
Altre motivazioni per dare continuità all’azione di opposizione all’espansione del supermercato:
Fammoni (FdV) a RadioArticolo1 sui dati Istat e Bankitalia: "Gli occupati crescono, ma sono tutti a tempo. L'aumento maggiore è per i contratti che non superano i sei mesi. Il reddito non sale per tutti, una famiglia su quattro rischia la povertà"
Negli ultimi dati, diffusi da Istat e da Bankitalia, c'è un denominatore comune: "Bisogna interpretare i numeri nel modo più realistico possibile: entrambi parlano di una situazione di aumento delle diseguaglianze tra i cittadini italiani". Lo afferma il presidente della Fondazione Di Vittorio, Fulvio Fammoni, a RadioArticolo1 nel corso della trasmissione Italia Parla.
Nel Sud la disoccupazione è pari circa a tre volte quella del Nord. "Nessuna novità, purtroppo, rispetto ai dati meno recenti - spiega -. Oggi va di moda dire che la disoccupazione cala dello 0,5%: ma è altrettanto vero che il tasso resta sopra l'11%, anche quest'anno non si scenderà sotto il 10%, mentre nel 2008 eravamo intorno al 7%. Ecco dunque un altro e più corretto modo di leggere i dati: in Europa solo tre Paesi sono sopra il 10% come tasso di disoccupazione, Grecia, Spagna e Italia".
Il lavoro poi va giudicato anche in base alla sua qualità, prosegue Fammoni. "L'occupazione come numero di teste è in crescita, ma il numero va letto qualitativamente, non solo quantitativamente. Non crescono affatto le ore lavorate, anzi resta un grande gap rispetto al 2008. E soprattutto nella stragrande maggioranza è lavoro precario: tempo determinato, impiego breve o brevissimo, basti dire che la crescita maggiore riguarda i contratti che non superano i sei mesi".
Negli ultimi sei mesi su dieci assunti solo uno è a tempo indeterminato, o meglio con il contratto a tutele crescenti. Così Fammoni: "Nell'ultimo trimestre ci sono 12mila occupati in più, ovvero praticamente niente". Nel frattempo il Pil cresce, ma al di sotto della media europea: "L'aumento però non si traduce in occupazione di qualità. Allora forse bisogna interrogarsi sulla qualità di questo sviluppo: è evidente che, così com'è, il lavoro non riesce a rilanciare davvero la crescita. Da parte loro, le imprese immaginano l'impiego solo come contratti a termine, ovvero pensando al risparmio sui costi".
Fammoni commenta poi la ricerca di Bankitalia sulla ricchezza delle famiglie italiane: "Aumenta il reddito medio del 3,5%, quindi si dice che cresce la ricchezza - a suo avviso -: ma siamo ancora sotto dell'11% rispetto al 2006. E poi c'è una domanda di fondo: questo aumento del reddito riguarda tutti? Assolutamente no. Oggi il rischio di povertà è pari al 23%: questo significa che può diventare povera una famiglia italiana su quattro, è il dato maggiore che abbiamo mai avuto. Il lavoro dunque non è più in grado di diventare elemento di promozione sociale: troppo basso il reddito, nessuna certezza di ottenere e mantenere lavoro".
I dati si interpretano in modo parziale, ognuno per rafforzare le proprie tesi. La verità è un'altra: "C'è un grande problema nelle famiglie e cittadini italiani: un'incertezza sul futuro che diventa rabbia e malumore. Guardiamo le ultime elezioni politiche, a prescindere dai risultati, questo è stato evidente. La politica dei bonus è definitivamente fallita. Adesso serve una politica di carattere strutturale che guardi al futuro: occorrono investimenti produttivi, ma non sulla produttività del lavoro bensì sui fattori alla base, come l'innovazione, il trasporto e la logistica, l'energia. Questi sono i nodi strutturali su cui intervenire - conclude - per lanciare il messaggio che è possibile un futuro migliore".
Con il voto del 4 marzo finisce una legislatura da archiviare come una delle peggiori della storia della Repubblica. Ci si sorprende della transumanza di parlamentari da una parte all'altra, ma se i parlamentari venissero scelti dai cittadini e non nominati dai capi partito questo fenomeno non ci sarebbe.
Dall'entrata in vigore del Porcellum si sono susseguite tre legislature, una peggio dell'altra. Purtroppo anche quella che sta per iniziare avrà parlamentari eletti con una pessima legge elettorale, approvata a scatola chiusa con ben 8 voti di fiducia, che ha imposto di nuovo l'elezione dei parlamentari sulla base della fedeltà ai capi impedendo ai cittadini di sceglierli.
Eppure il tentativo di manomettere la Costituzione, con metodi e contenuti stravolgenti della Costituzione del 1947, si è infranto sul voto dei cittadini che il 4 dicembre 2016 al 60 % hanno detto No. Il governo pensava di ottenere un plebiscito e invece ha perso clamorosamente.
Ritorna, tuttavia, in molti programmi elettorali la volontà di non tenere in considerazione la volontà popolare espressa con il voto del 4 dicembre. Per questo, pur comprendendo la sfiducia ed il disagio di fronte alla crisi di una politica e di una classe dirigente, non è tempo di stare alla finestra: il colpo di mano realizzato nel 2012 con la riforma dell’art. 81 potrebbe ripetersi se non ci sarà in Parlamento il massimo numero possibile di parlamentari fedeli alla Costituzione. L'astensione può solo agevolare i responsabili del tentativo di manomettere la Costituzione e dell'approvazione di questa legge elettorale.
Il Coordinamento invita gli elettori e le elettrici a non votare i partiti e i parlamentari che hanno tentato di manomettere la Costituzione e approvato questa legge elettorale.
Chi ha voluto questa legge elettorale si è reso responsabile di una grave ferita democratica,