------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ Apre un nuovo supermercato a Faenza: l’8 novembre inaugurerà Aldi
Sono 17 i dipendenti assunti nel punto vendita che aprirà in via Emilia Ponente, con un’area prevista di 950 metri quadri. Apre un nuovo supermercato a Faenza. Aldi, multinazionale attiva nella Gdo, inaugurerà giovedì il suo quinto negozio in Emilia-Romagna. Sono stati assunti 17 dipendenti. Il nuovo punto vendita si trova in viale Emilia Ponente 15 e avrà un’area vendita di 950 metri quadri, con un parcheggio di 112 posti auto. L’apertura del punto vendita di Faenza – si legge in una nota – «rientra nel più ampio piano di sviluppo di ALDI per l’Italia che prevede l’apertura di più di 45 negozi nel Nord Italia entro il 2018. Oltre al negozio di Faenza, l’8 novembre inaugurerà anche il punto vendita di Bergamo. Con queste nuove aperture, Aldi raggiunge quota 43 punti vendita totali nel Nord Italia».
Nasce il comitato per la bonifica della Cava Zannona, formato da cittadini che, dopo l'incendio di agosto, vorrebbero il ritorno all'uso agricolo di quel suolo, sospendendo le concessioni per scopi estrattivi e/o di stoccaggio e lavorazione del legname.
"Un Comitato - si legge nella nota dei primi firmatari - le cui attività riguarderanno principalmente l’attivazione di tutte quelle iniziative necessarie per prendere visione di tutte le autorizzazioni in essere legate alla “Cava Zannona”, sia per attività estrattive che di stoccaggio e lavorazione del legname, la ricerca della presenza effettiva o meno di tutte le norme di sicurezza che dovevano o meno essere presenti al momento dell’accaduto e che devono essere rispettate nella quotidianità della lavorazione e raggiungere, se ve ne sono gli estremi, alla cessazione di ogni attività estrattiva e lavorativa con la conseguente bonifica del terreno e il suo ripristino ad attività agricola”.
Primo obiettivo sostenuto dal comitato è quello di “instaurare un costruttivo e duraturo rapporto tra i cittadini residenti e l’amministrazione Comunale, per questo a breve richiederemo un incontro”.
Entra poi nel merito la nota stampa del comitato: “Riteniamo che la presenza della Cava Zannona posta in essere vicino a delle abitazioni e in una zona che è classificata come zona di interesse paesaggistico, possa determinare un disagio per noi cittadini in ordine di rumorosità, polveri e non ultimo il rischio a cui siamo stati sottoposti con l’incendio del 3 agosto 2018 e successivi disagi tra fumo e aria maleodorante che viene a sprigionarsi a tutt’oggi dai depositi del materiale bruciato ancora in deposito all’interno della Cava Zannona”.
"Per noi cittadini l’emergenza più immediata - continua la nota - è infatti la sicurezza ambientale e igienico-sanitaria, l’incendio della Cava Zannona infatti ha comportato paura, disagi, difficoltà di vita quotidiana legate al fumo e all’aria maleodorante irritativa per le vie respiratorie. Non dimentichiamo inoltre tutto ciò che comunque prima dell’incendio la presenza della Cava ha comportato: pericolosità legata alla circolazione continua dei mezzi pesanti, rumorosità continua, aria sempre satura di polveri che con il vento si depositavano ovunque e aria maleodorante che si sprigionava dalle cataste di legname presenti".
“Non abbiamo sicurezza per il futuro - aggiunge il comunicato -, non sappiamo cosa accadrà da qui in avanti perché dalla zona in cui ci sono i depositi di materiale, si sprigiona ancora aria maleodorante e fastidiosa in diverse ore della giornata e a seconda del vento, quindi ci chiediamo cosa succederà quando queste cataste verranno rimosse o spostate. Inoltre anche le attività lavorative continuano e quindi anche la rumorosità e la presenza di polveri nell’aria.
Conclude il Comitato: “Per tutte queste motivazioni vogliamo sapere cosa l’Amministrazione Comunale e le Ditte deputate alla lavorazione all’interno della Cava abbiamo deciso di fare con il materiale bruciato e conoscere se verranno concesse ulteriori autorizzazioni per le lavorazioni future in quell’area".
Venerdì 26 ottobre 2018 Diego Bianchi ha trasmesso su Propaganda Live, il programma su La7, un’intervista a Rossana Rossanda realizzata qualche giorno prima. La puntata integrale è qui. Rossana compare dopo 1 ora e 55′ circa.
Da il manifesto. Pubblichiamo lo sbobinato della trasmissione per gentile concessione dell’autore.
Sei appena tornata dalla Francia, mi hai detto che non pensavi di trovare così l’Italia. Che pensavi?
Mancavo dall’Italia da 15 anni, pensavo di trovare un paese in difficoltà economica, politicamente basso, ma non scivolata dov’è adesso, con questa lite continua. Nessuno sente il problema di dire com’è che siamo arrivati a questo punto, com’è che oggi si possono risentire accenti che dopo la guerra non erano più pensabili. La sinistra, che ha perso milioni di voti, non si interroga o, se si interroga, non ce lo dice.
Una volta invece ci si interrogava sempre.
Certo. Adesso non so più se il partito democratico, o come si chiami, farà il congresso.
Quei bei congressi di una volta…
Belli non erano. Erano anche un po’ noiosini. Però c’era il problema di dire dove siamo, cosa succede su scala mondiale, su scala italiana e che cosa proponiamo noi. Sono cose elementari, perché una forza politica deve chiedersi in che mondo mi trovo, in che paese siamo, e che cosa farei io se fossi il governo.
Facciamo un congressino veloce. Ti sei data una risposta, una motivazione? Su scala internazionale per esempio in Brasile sta vincendo l’estrema destra.
Accade dappertutto. Una ipotesi è la delusione fornita dalla sinistra, sia nei luoghi dove ha potuto governare, sia in quelli dove non lo ha fatto. C’è delusione. Gli operai non votano più.
Non votano più a sinistra?
Non votano più. La sinistra ha perduto il suo elettorato.
Sei ottimista sul breve termine?
No. La sinistra del Pd di fatto non ha proposto niente di profondamente diverso da quello che fa la destra e allora perché dovrebbe conservare il suo elettorato?
Ti riferisci a qualcosa in particolare?
L’immigrazione è a parte perché è un fenomeno nuovo. Ma certo che si potesse approvare l’ultimo decreto di Salvini, anche con la firma della Presidenza della Repubblica, era inimmaginabile. Gli stessi diritti che noi vorremmo per noi, non li possiamo dare ai migranti. E’ qualcosa di insopportabile, non pensi?
Anche per questo il Pd è stato molto criticato dalla sinistra…
Ma quale sinistra? La sinistra non è rappresentata. In verità il più grande partito è quello degli astensionisti. Molta sinistra si è astenuta, non trovando nessuna offerta che la persuadesse. Penso che è un errore astenersi. Quando non si ha una rappresentanza bisogna ricostruirsela.
E tu che cosa pensi?
Io sono una persona di sinistra. Sono stata cacciata dal Pci perché ero troppo a sinistra. Una persona mite come me è stata considerata una estremista. Oggi Bergoglio non credo che mi scomunicherebbe facilmente.
Bergoglio ha fatto il papa sull’aborto, proprio oggi…
E’ un punto delicato. E’ meglio lui della piddina di Verona che ha votato contro l’aborto. Vorrei un politico italiano che parlasse come il papa, per esempio sui migranti. Se Minniti fosse un vescovo verrebbe bacchettato da Bergoglio.
Si parla molto di questo governo di destra, di ritorno del fascismo, del razzismo. Chiedo a te che il fascismo l’hai vissuto.
Non sono per dire che siamo agli anni ’30. Sono preoccupata, anche se non credo che il paese accetterebbe un ritorno esplicito al fascismo. C’è la semina di mezzo secolo di democrazia. Ma la battuta di Salvini “prima gli italiani” è qualcosa di intollerabile. Perché “prima gli italiani”? Che cosa hanno fatto di meglio degli altri? Cosa c’entra con le idee che hanno fatto l’Italia? Il fatto che la sinistra italiana non ha avuto il coraggio di votare lo jus soli è veramente insopportabile. Bisogna essere italiani non solo per essere nati qui ma per che cosa allora? Non vorrei andare a frugare e trovare qualcuno che dice che ci sono le facce ariane e quelle non ariane. Sento l’odore di qualcosa di molto vecchio.
Sei stata responsabile della politica culturale del Pci. Chi ti aveva dato questo ruolo?
Togliatti.
E che ne pensi, esistono oggi politiche culturali?
Non mi pare. La cultura significa i valori, per che cosa ti batti. Adesso il partito democratico non si batte più neanche per l’uguaglianza dei migranti. Non lo vedo alla testa e neppure parteggia per la politica delle donne. La 194 è una legge degli anni Settanta. Oggi forse non la rifarebbero più.
Quindi essere del secolo scorso può diventare quasi un vanto?
Assolutamente sì. Io sono del ‘900 e lo difendo. E’ stato il primo secolo nel quale il popolo ha preso la parola dappertutto. E dove l’ha presa, l’ha presa sostenuto dalla sinistra.
La domanda che in tanti si fanno, anche a sinistra, è come comunicare. Tu frequenti i social network?
No. Zero. Io sono sempre stata povera ma non vorrei dare neanche mezzo euro a Zuckerberg. In gran parte dipende da lui se siamo messi così.
Ci sono però questi strumenti di comunicazione, anche e soprattutto in politica.
Non so se sia una vera comunicazione. Comunicare significa parlare a qualcuno di cui consideri che ha la tua stessa dignità.
Come si fa a parlare anche alla testa e non solo alla pancia? La sinistra sembra afona in entrambi i casi. Non è capace o non sa cosa dire?
Perché non ci crede più. Non è capace. Se la sinistra parla il linguaggio se non proprio della destra comunque dell’esistente, non può essere votata dall’operaio. La sinistra deve parlare a quella che è la parte sociale dell’Italia più debole e meno ascoltata. Quando uno vota il jobs act indebolisce le difese degli operai. Si può continuare a chiamarlo contratto a tutele crescenti, ma la verità è che ha diminuito la forza operaia.
Che idea hai sul Movimento 5 Stelle?
Il Movimento 5 Stelle non è niente. Gli italiani vogliono questa roba informe, generica, si fanno raccontare delle storie. Nella Lega invece cercano un’identità cattiva. Questo è Salvini. Di Maio non è cattivo, non è nulla.
Grazie compagna Rossanda.
Caro compagno… certo è difficile dire oggi questa parola. Non capiscono più in che senso lo dicevamo. E’ una bella parola ed è un bel rapporto quello tra compagni. E’ qualcosa di simile e diverso da amici. Amici è una cosa più interiore, compagni è anche la proiezione pubblica e civile di un rapporto in cui si può non essere amici ma si conviene di lavorare assieme. E questo è importante, mi pare.
"Compagno è una bella parola, è un bel rapporto quello tra compagni. Amico è una cosa più interiore. Compagno è la proiezione pubblica e civile di un rapporto in cui si può non essere amici ma si conviene di lavorare assieme"#rossanarossanda#propagandalive
Di fronte allo strapotere globalizzato della tecnologia capitalistica, che ipnotizza le società di massa e non affronta problemi macroscopici come la fame in Africa e la distruzione planetaria dell'ambiente, il problema di che cosa sia oggi “alienazione” torna, merita di tornare, in primo piano. Siamo come davanti e dentro una Grande Macchina economica e tecnica che funziona per automatismi di calcolo e ignora il destino del genere umano che, pur avendola prodotta, non riesce più né a conoscerla né a dominarla. La robotica e la finanza penetrano nelle nostre vite e ci chiedono, ci impongono di ubbidire per il nostro bene, anzi per la nostra comodità e felicità.
A proposito di Grande Macchina, uno dei maggiori sociologi americani, Lewis Mumford, scrisse nel 1967 che «la minoranza dominante creerà una struttura uniforme, onnicomprensiva e superplanetaria in condizione di operare autonomamente. Anziché funzionare attivamente come personalità autonoma, l'essere umano diverrà un animale passivo, privo di scopi e condizionato dalla macchina [...] a beneficio di organismi collettivi spersonalizzati». E più avanti: «se l'abilità tecnica bastasse da sola a identificare e a esprimere l'intelligenza, il genere umano sarebbe rimasto per molto tempo assai più indietro di tante altre specie» (Il mito della macchina, il Saggiatore, 2011).
Oggi, dopo mezzo secolo, la “megamacchina” del capitalismo informatico, digitale, telematico, funziona tenendo in connessione ininterrotta e inarrestabile tutti e tutto nel tempo di lavoro e nel tempo libero, sequestrando le facoltà comunicative, emotive e cognitive di ognuno e modellandole secondo i suoi tempi, le sue forme, i suoi contenuti e i suoi scopi. Le tecnologie che crediamo ancora ingenuamente di dominare e di usare, ci usano e ci dominano. Questo è esattamente alienazione.
L'editore Donzelli pubblica con tempestività l'antologia Scritti sull'alienazione di Karl Marx (pagine 160, euro 18,00) a cura di Marcello Musto, docente alla York University di Toronto. L'antologia spiega come non vadano distinti due Marx, quello umanistico giovanile e quello economico della maturità. Il marxismo che sembrò giustificare un secolo di mostruosi comunismi totalitari di Stato, andrebbe di nuovo usato come critica economico-filosofica, morale e sociale, del capitalismo informatico di oggi, che non sembra più avere nel mondo né alternative né avversari, se non in sparuti gruppi di ecologisti.
Le tecnologie, le macchine, sono merci capitalistiche prodotte per “alienare” e asservire chi le produce e le usa. La loro distruttività sulla mente umana e sul pianeta non si fermerà finché non ne avremo piena coscienza.
Con le critiche al presidente della repubblica Grillo ruba la scena al movimento di governo. Lo fa da attore consumato, ma la domanda rimane. Perché? Non aveva parole per infiammare diversamente la platea? Certamente sì.
Non convince l’ipotesi che sia una piccola vendetta per ostacoli presuntivamente frapposti da Mattarella al governo gialloverde. Per questo sarebbe stato sufficiente criticare – come è sempre ammesso – le scelte, senza attaccare l’istituzione. E Grillo solo apparentemente parla a caso. Though this be madness, yet there is method in it (Amleto, II, 2).
Grillo non considera che tutto parte dal ruolo costituzionalmente assegnato al presidente di rappresentante dell’unità nazionale, cui si lega strettamente la non partecipazione all’indirizzo politico di governo. Per questo il presidente non è scelto per via di una elezione diretta, che lo renderebbe automaticamente espressione di maggioranza e portatore di un indirizzo. Per questo è invece eletto in parlamento da maggioranze qualificate, mai sotto quella assoluta dei componenti. Per questo non c’è candidatura, né esposizione di un programma. Il presidente si configura come organo neutrale e di garanzia.
La controprova si ha guardando ai poteri definiti da Grillo come non conformi al modo di pensare M5S. Chi sarebbe allora il presidente del Csm? Il ministro della giustizia? Grillo non sa che la questione fu ampiamente dibattuta in assemblea costituente. Il ministro-presidente fu scartato perché avrebbe portato il Csm nell’orbita della maggioranza di governo. La presidenza a un alto magistrato avrebbe avuto il segno di un isolamento corporativo. La presidenza del capo dello stato – uno dei pilastri della nuova repubblica democratica – fu volta a rafforzare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura nei confronti delle maggioranze e dei governi. Naturalmente incidenti di percorso rimangono possibili. Va ricordato il durissimo scontro tra il Csm e Cossiga, che giunse nel 1991 a far presenziare due ufficiali dei carabinieri a una seduta, dopo l’intimazione che su alcuni argomenti non si dovesse discutere. Ma il caso è rimasto del tutto unico, e rientra nel quadro del Cossiga “picconatore”.
Analoghi argomenti possono svolgersi per il consiglio supremo di difesa. Chi potrebbe presiederlo? Il ministro della difesa? Un generale eletto da altri generali? Qui la presidenza del capo dello stato esprime la estraneità delle forze armate alla dialettica maggioranza-opposizione, e il loro essere al servizio della nazione. Una garanzia della natura democratica.
Ma si tratta, in fondo, di poteri presidenziali minori rispetto ad altri: ad esempio, formazione dei governi, scioglimento delle camere, promulgazione di leggi ed emanazione di decreti, nomina di cinque giudici costituzionali. Viene il dubbio che non singoli poteri siano l’obiettivo dell’attacco di Grillo, ma la figura in sé. Gli organi di garanzia stridono con la instant democracy della rete vagheggiata da Casaleggio. Che ruolo potrebbe mai avere un capo dello stato? Se scompare il parlamento, insieme deve scomparire il presidente della repubblica come garante. In quella concezione, ogni potere è chiamato alla mera esecuzione di una volontà popolare certificata non in un vaglio elettorale periodico, ma in una rilevazione continua e istantanea. Che poi questo conduca a una fake democracy destinata a risolversi in una permanente e soffocante dittatura della maggioranza a quanto pare non interessa.
M5S ha preso le distanze. Ci auguriamo che sia il segno non strumentale di una effettiva crescita culturale e politica, anche se il peso di Grillo e Casaleggio fa dubitare che il processo sia già concluso, e sia indolore per il movimento. Certo, non basta dire che questi temi non sono nel contratto di governo. Se l’esecutivo in carica durerà per la legislatura, accadrà certamente che questioni magari rilevantissime non trovino riscontro nel contratto, e vengano comunque in agenda. È già successo a Genova.
Per quanto ci riguarda, siamo scesi in campo per difendere la Costituzione contro gli apprendisti stregoni del renzismo, e non esiteremmo a farlo di nuovo contro quelli in giallo, in verde, o in gialloverde. Gufi una volta, gufi per sempre.
Accoglienza. Saranno cacciate oltre 300 persone, integrate nel territorio dal 2004, è la fine del progetto Sprar. Con la circolare si impone al Comune calabrese di rendicontare tutte le spese fino alla chiusura. Un altro duro colpo dopo l’arresto del sindaco Mimmo Lucano
Nella comunicazione di 21 pagine inviata dal Viminale al comune di Riace, e firmata dalla direzione centrale per i servizi civili per l’immigrazione e l’asilo, c’è la chiusura del modello d’accoglienza e la deportazione degli oltre 300 migranti integrati nel territorio dal 2004. La paranoia ossessiva del ministro Salvini trova così sfogo e soddisfazione nel freddo linguaggio burocratico con cui si dispone «il trasferimento/uscita degli ospiti in accoglienza» e si ordina «a codesto comune di rendicontare le spese sostenute dovendosi procedere alla definizione degli aspetti contabili dare/avere degli ospiti in uscita entro 60 giorni dal trasferimento dell’ultimo beneficiario».
SENZA OMBRA DI EQUIVOCO si tratta dello smantellamento di un sistema di integrazione multietnica ormai celebrato in tutto il mondo ma indigesto al ministro degli Interni che già aveva plaudito alla decisone del Gip di Locri di disporre gli arresti domiciliari per il sindaco della cittadina jonica, Mimmo Lucano, accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e affidamento fraudolento del servizio nettezza urbana. L’udienza del riesame è prevista all’inizio della prossima settimana.
LA COMUNICAZIONE, indirizzata al comune, alla prefettura di Reggio Calabria e al servizio centrale Sprar, arriva a una settimana esatta dalla straordinaria manifestazione popolare di Riace conclusa sotto la prigione domiciliare del sindaco. Sono freddi calcoli burocratici quelli del Viminale che con un colpo di penna sbianchetta 15 anni di umanità e solidarietà sociale.
Si accusa il comune di «mancato aggiornamento della Banca dati gestita dal Servizio centrale», «mancata rispondenza tra i servizi descritti nella domanda di contributo e quelli effettivamente erogati e/o mancata applicazione di quanto previsto dalle linee guida anche in termini di standard qualitativi e quantitativi», «erogazione dei servizi finalizzati dal Fondo a favore di soggetti diversi da quelli ammessi all’accoglienza». E soprattutto si contesta «la mancata rendicontazione delle spese». Un totale di 34 punti di “penalità” in quella grottesca classifica degli Sprar più o meno virtuosi, che determineranno «la revoca dei benefici accordati», mentre per il periodo antecedente alla notifica dell’atto «si procederà con separato provvedimento per la definizione dei rapporti contabili e per l’eventuale recupero di contributi già erogati per la cui determinazione di dovrà attendere la definizione dei procedimenti in corso». Il riferimento è al procedimento di natura penale ma anche a quello di carattere contabile su cui la procura di Locri ha annunciato la trasmissione degli atti alla Corte dei Conti.
IL COMUNE POTRÀ ORA ricorrere al Tar contro il provvedimento. «Martedì daremo mandato agli avvocati Gianfranco Schiavone e Lorenzo Trucco dell’Asgi per presentarlo» spiega al manifesto il nuovo sindaco di Riace Giuseppe Gervasi, che ha assunto le funzioni dopo la sospensione coatta di Lucano. «Da parte nostra c’è la consapevolezza che i servizi sono stati sempre erogati come del resto era già scritto nero su bianco nella relazione inviata dalla prefettura di Reggio al Viminale. Le nostre controdeduzioni evidentemente non sono state recepite ma confidiamo in un giudice terzo. Errori in buona fede ne sono stati commessi ma chi di noi non fa errori di calcolo. Di sicuro ciò che fa rabbrividire è la contestualità di questa comunicazione: prima l’arresto e poi questa nota. È una manovra a tenaglia e una dichiarazione di guerra volte ad intimidirci. Ma non ci fermeranno».
Di certo non si ferma la protesta. Oggi a Riace manifestazione di Rifondazione Comunista con il segretario nazionale Maurizio Acerbo mentre sabato prossimo è l’Anpi a chiamare alla mobilitazione di piazza con una manifestazione nazionale alla presenza della presidente Carla Nespolo. Perché Riace e il suo modello non si arrestano.