L'incontro. Bettini battezza l’alleanza. C’è anche Elly Schlein: «Dobbiamo unire le nostre lotte»
«Giuseppe, io vorrei che tu, Elly ed io…». Enrico Letta, in una inusuale veste lirica, utilizza un sonetto di Dante per descrivere la coalizione che dovrà sfidare Salvini e Meloni alle politiche. Perché, come dice il leader Pd, «una maggioranza come quella di Draghi è unica e irripetibili, non dovrà ripetersi mai più».
OSPITI VIA ZOOM DELL’AGORÀ di Goffredo Bettini, i due leder di Pd e M5S – più la giovane promessa della sinistra ecologista Elly Schlein e Massimiliano Smeriglio – discutono per oltre due ore del centrosinistra che verrà, e delle ricette con cui renderlo appetibile a un’Italia sempre più disuguale, rassegnata, impoverita. Bettini parla dei due «decolli paralleli» di Pd e M5S che «devono avere un obiettivo comune di unità a partire dalle comunali», e assegna i compiti: bisogna mantenere «connotazioni distinte per evitare sovrapposizioni».
«Ognuno deve arare i terreni a lui più congeniali», avverte, ricordando la necessità comune di «mettere in forma politica i conflitti sociali», di «ridurre le distanze tra alto e basso, tra inclusi ed esclusi». C’è, grazie anche alla spinta radicale di Biden negli Usa, una condivisone con Letta e Conte sulla necessità di superare i vecchi paradigmi del centrosinistra, la sbornia liberista, di recuperare una funzione sociale, di «tornare a occuparsi del popolo, dei precari, dei non garantiti», come ricorda Nadia Urbinati che dà atto al M5S di aver cercato di interpretare «le emozioni di rabbia e disperazione» degli strati popolari».
CONTE LA SEGUE NELLA CRITICA al «primato dell’economia sulla politica», assicura che «non partiamo da zero, abbiamo condiviso con Pd e sinistra l’esperienza sul campo del mio secondo governo», ricorda che su alcune tipiche distinzioni destra/sinistra (come progresso vs conservazioni o egualitarismo vs gerarchia) il M5S è stato storicamente più a sinistra che a destra, ma rilancia la vocazione «trasversale e popolare» del suo nuovo M5S. «Non lasceremo alla destra il tema dell’identità, delle tradizioni popolari, o il blocco sociale dei lavoratori autonomi».
Alla fine, dopo un black out della connessione internet (Bettini evoca ironicamente un «complotto» contro Giuseppi) torna per dire che «avrete un M5S rigenerato, che ci sarà, col suo Dna». La connessione cade ancora, Letta sorride: «Ha detto che il Movimento ci sarà, ottimo risultato». E Bettini: «Senza Casalino le piattaforme di Giuseppe non funzionano…».
Il leader Pd è il più esplicito nel disegnare un campo largo progressista, che ribattezza «Piazza Grande» in omaggio al suo predecessore Zingaretti. «Questa piazza si costruisce con empatia, innanzitutto tra di noi, tenendoci per mano. Gli italiani si fideranno solo se vedranno persone che si stimano, si vogliono bene, il contrario dell’odio che ha abitato tante volte nel centrosinistra».
UN MESSAGGIO QUASI prepolitico. Cui segue una riflessione sulla svolta di Biden: «I democratici Usa, e anche io, hanno creduto che bastasse investire sulla locomotiva e i vagoni avrebbero seguito. Invece i vagoni- in senso sociale e geografico- si sono staccati e ora bisogna modificare l’ordine delle cose, la locomotiva deve stare in fondo e spingere». Per Letta, dopo la «convergenza di azione» tra Pd e M5S avvenuta sotto il governo Conte, ora serve una «convergenza di pensiero». E assicura: «Noi ascolteremo con umiltà, il nostro non deve più essere un partito antipatico, ma che soffre e spera con le persone».
Le spine delle mancate alleanze alle comunali d’autunno sono un convitato scomodo, che rischia di appannare il pomeriggio di amorosi sensi. «Sarebbe un peccato se, rispetto alle amministrative, non si riuscisse a concordare alcuni passaggi insieme, anche se credo che i tempi non siano ancori maturi per poter varare un’alleanza a tutto tondo col Pd», aveva detto Conte in mattinata. «Le amministrative sono solo una tappa intermedia del percorso che deve portarci uniti alle politiche del 2023 per avere la maggioranza», risponde Letta.
SCHLEIN PROPONE: «Bisogna ricostruire un campo nel suo insieme, le singole ristrutturazioni dei partiti non bastano. Su lavoro, ambiente e disuguaglianze abbiamo idee comuni, i giovani ci chiedono di unire le lotte, una visione comune» A Renzi ci pensa Bettini. «Non dialogheremo con chi mette in discussione la nostra alleanze, con chi fa azioni di disturbo per rafforzare il suo orticello». Conte e Letta, entrambi cacciati da palazzo Chigi dal rottamatore, non hanno bisogno di aggiungere una virgola. Il ticket dei due ex premier verso il 2023 è partito.