LE CENERI DI PASQUA. Ancora una volta il papa, che non hai mai lesinato parole di condanna a chi in questi anni ha «trafficato in armi parlando di pace» tornano forti a farsi sentire
Kharkiv - Ap
«Il mondo ha scelto, è duro dirlo, ma ha scelto lo schema di Caino e la guerra è mettere in atto il ‘cainismo’, cioè uccidere il fratello» e di nuovo: «Io capisco i governanti che comprano le armi, li capisco ma non li giustifico. Perché dobbiamo difenderci, perché è lo schema ‘cainista’ di guerra. Se fosse uno schema di pace, questo non sarebbe necessario». Ancora una volta il papa, che non hai mai lesinato parole di condanna a chi in questi anni ha «trafficato in armi parlando di pace» tornano forti a farsi sentire. Chiama nel deserto? Eppure la sua iniziativa per la Via Crucis – due donne, una ucraina l’altra russa nella processione – non è solo liturgia pasquale simbolica ma l’indicazione di una ultima, disperata possibilità per il negoziato e il cessate il fuoco immediato.
Perché letteralmente il mondo sta precipitando in una guerra più vasta e micidiale che non sappiamo più nemmeno come chiamarla. Zelenski dice di «prepararsi ad un attacco nucleare russo», e torna ad insistere: «Dateci più armi e la guerra finirà prima». Ma non è ormai vero il contrario? Perché ad ogni vittoria
Leggi tutto: Fermiamo tutti i Caini - di Tommaso Di Francesco
Commenta (0 Commenti)LA VIA CRUCIS AL COLOSSEO. Nonostante le polemiche dei giorni scorsi, papa Francesco e Santa sede hanno tirato dritto: ieri sera, alla Via Crucis del venerdì santo – tornata al Colosseo dopo due anni di […]
Nonostante le polemiche dei giorni scorsi, papa Francesco e Santa sede hanno tirato dritto: ieri sera, alla Via Crucis del venerdì santo – tornata al Colosseo dopo due anni di stop causa pandemia -, due giovani donne, una ucraina e una russa, hanno portato insieme la croce durante la tredicesima stazione, dedicata alla morte di Gesù.
Irina è un’infermiera ucraina, Albina una studentessa russa di Scienze infermieristiche, entrambe lavorano e studiano al Campus biomedico di Roma, l’ospedale dell’Opus Dei. Mentre portavano la croce, lo speaker avrebbe dovuto leggere la breve meditazione, dedicata alla guerra e alla riconciliazione, poi sostituita da un minuto di silenzio. «La morte intorno. La vita che sembra perdere di valore. Tutto cambia in pochi secondi. L’esistenza, le giornate, la spensieratezza della neve d’inverno, l’andare a prendere i bambini a scuola, il lavoro, gli abbracci, le amicizie… tutto», questo il testo ufficiale anticipato nel pomeriggio in cui risuona la domanda che ha attraversato altri frangenti drammatici della storia. «Dove sei Signore? Dove ti sei nascosto?». E la conclusione della meditazione immagina il futuro: «Insegnaci a fare pace, ad essere fratelli e sorelle, a ricostruire ciò che le bombe avrebbero voluto annientare».
La scelta vaticana di far portare la croce anche a una donna russa ha scatenato aspre critiche da parte ucraina, oltre quelle del drappello di analisti, giornalisti e intellettuali di casa nostra che da settimane accusano Bergoglio,
Leggi tutto: Irina e Albina, una russa e un’ucraina per fermare la «scelta di Caino»
Commenta (0 Commenti)LA GUERRA E LE ARMI. Il Pentagono ieri ha ospitato i vertici delle otto maggiori aziende di armi statunitensi per valutare la capacità industriale di soddisfare il fabbisogno di armamenti dell’Ucraina
Bucha, Ucraina. La devastazione della guerra - Ap
È lecito chiedersi dove stiamo andando a finire? Dovremmo domandarlo a Putin, che ha iniziato questa insensata e ingiustificata aggressione dell’Ucraina condotta come una guerra di annientamento.
Che rischia di far sprofondare un continente. Dovremmo chiederlo anche a Zelensky – che un giorno molla uno schiaffo al presidente tedesco e un altro al papa – fino a che punto è pronto a spingersi per sacrificare se stesso e l’Ucraina. Perché dei negoziati Kiev-Mosca sappiamo poco o nulla e solo da fonti di parte. Eppure sono decisivi.
Ma l’unica risposta conosciuta che abbiamo al momento, quella degli Stati Uniti, è raggelante, speculare probabilmente alla violenza messa in campo da Mosca contro la popolazione civile. E viene fuori da un vertice tra i politici e il complesso militar-industriale, dove Hollywood rappresenta la sezione intrattenimento, come diceva Frank Zappa.
Il Pentagono ieri ha ospitato i vertici delle otto maggiori aziende di armi statunitensi per valutare la capacità industriale di soddisfare il fabbisogno di armamenti dell’Ucraina: la riunione è stata convocata per esaminare «il caso in cui la guerra si protragga per anni», ci informa
Leggi tutto: Per l’Europa il dilemma del secolo - di Alberto Negri
Commenta (0 Commenti)Alla guerra di invasione russa, si poteva rispondere in modo diverso, senza intraprendere una guerra di difesa ucraina? Questo è il punto decisivo della discussione
La richiesta del ministro ucraino Kuleba - “dateci armi, armi, armi” -, mi ha ricordato le parole del maresciallo di Francia Trivulzio al Re Luigi XII: “Per vincere una guerra ci vogliono soldi, soldi, soldi”. Sì, perché la guerra non la vince chi ha ragione (in questo caso l’Ucraina), ma chi ha più capacità distruttiva (vedremo alla fine, quando fine ci sarà, se l’esercito russo o gli armamenti della Nato).
Infatti il Segretario generale Stoltenberg ha detto: "Abbiamo dato sostegno per molti anni formando centinaia di migliaia di forze ucraine e ora gli alleati stanno dando equipaggiamenti per sostenervi nella difesa. È urgente un ulteriore sostegno e oggi affronteremo il bisogno di più sistemi di difesa aerea, armi anticarro, armi leggere e pesanti e altro". Ma al governo ucraino questo non basta ancora e gli ha dato dell’ipocrita: “Chi dice vi do armi difensive ma non offensive è un ipocrita. La differenza tra armi offensive e difensive non dovrebbe avere senso nel mio Paese, perché ogni arma usata in Ucraina dalle forze ucraine contro un aggressore straniero è difensiva per definizione”.
In fondo ha ragione, anche
Leggi tutto: Armi contro armi. Spes contra spem - di Mao Valpiana
Commenta (0 Commenti)CRISI UCRAINA. Questa linea di terra misera e pianeggiante rappresenta la principale linea di faglia nel grande conflitto tra Est e Ovest. Qui si combatterà nelle prossime settimane la battaglia decisiva. Un luogo in cui, dopo otto anni di guerra, il conflitto fa parte della vita quotidiana, come la mancanza cronica di lavoro e l’assenza di prospettive.
Gli effetti della guerra a Donetsk - Ansa
Quando i carri armati di Putin sono entrati ufficialmente nel Donbass, la sera del 21 febbraio scorso, a Donetsk si è esultato pochino. La tv locale ha mostrato qualche timido carosello di auto, mentre alcuni giovani sventolavano in piazza una mezza dozzina di bandiere della Federazione Russa.
Certo non si sono viste sfilare le grandi folle del 9 maggio – giorno della vittoria contro il nazifascismo – e l’impressione, anzi, era che il numero di giornalisti e fotografi fosse quasi superiore a quello dei manifestanti.
Otto anni di guerra e bombardamenti sono assai, ed è chiaro che la gente, nel bacino del Donec, comincia ad averne abbastanza. A Kyivs’kyi Rajon, tra le campagne di Spartak, a Petrovs’kyi e Kirovs’kyi – nelle periferie del capoluogo separatista – le famiglie vivono nei sotterranei dall’estate del 2014.
Qui il conflitto fa ormai parte della vita quotidiana, così come la mancanza cronica di lavoro, l’assenza di prospettive e l’eventualità – tutt’altro che remota – di essere centrati nottetempo da un missile o da una granata: un destino a dir poco sciagurato, di cui
Commenta (0 Commenti)ELEZIONI TRANSALPINE. I risultati elettorali della domenica di voto francese. Il presidente uscente al 27,6%, la sfidante di estrema destra al 23,4%, il candidato della sinistra sfiora l'impresa con il 21,9
Il conteggio dei voti - Ap
Ancora Emmanuel Macron contro Marine Le Pen. Cinque anni dopo saranno di nuovo il candidato di La République en marche (Lrm) e quella del Rassemblement national (Rm) a sfidarsi nel ballottaggio, che si terrà il prossimo 24 aprile. Il presidente uscente ottiene il 27,6% delle preferenze (+3,6%), la sfidante il 23,4% (+2,1%).
Che fossero Macron e Le Pen ad accedere al secondo turno era atteso. Oltre ogni aspettativa, invece, il risultato di Jean-Luc Mélenchon. Con il 21,9% il candidato della France insoumise si piazza al terzo posto e sfiora l’impresa: recuperare i punti di distacco e andare a al ballottaggio.
Dietro si piazzano Eric Zemmour di Reconquête, l’altro candidato di estrema destra, con il 7% e poi la conservatrice Valérie Pécresse (4,7%), il verde Yannick Jadot (4,5%), il centrista Jean Lassalle (3,2%). La socialista Anne Hidalgo raccoglie un misero 1,7%, meno del partito comunista francese che con Fabien Roussel arriva al 2,3%.
Sarà probabilmente l’elettorato di Mélenchon a decidere l’esito del ballottaggio. Il candidato di sinistra, che nella sua campagna elettorale si è duramente contrapposto alle politiche neoliberali messe in campo da Macron, ha ripetuto ieri: «Neanche un voto a Le Pen». Zemmour ha invece dato indicazione di voto per la candidata del Rassemblement. Le altre principali forze politiche per il presidente uscente, nel consueto fronte repubblicano contro le forze neofasciste.
Tra due settimane la Francia tornerà alle urne per un’elezione decisiva non solo per il paese transalpino ma anche per l’assetto futuro dell’Unione europea.
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