La tragedia della guerra in Ucraina sta rendendo difficile il confronto non tanto sulla doverosa condanna della aggressione russa, ma su come farvi fronte, da parte dei paesi dell’UE, formalmente non belligeranti.
Ed è in questo complesso contesto che vediamo emergere pulsioni di antipatia per l’antifascismo. Il termine pulsioni è forte. E va giustificato.
Vediamo aggressioni verbali nei confronti dell’ Anpi e del Presidente Pagliarulo non riconducibili a un fisiologico conflitto fra posizioni diverse.
Certo, non è poca cosa il dissentire sull’invio o meno di armi ai resistenti ucraini. Ma rozze semplificazioni, irrisioni su comunicati che non si apprezzano, l’accusa di complicità con il nemico Putin, l’accusa all’ Anpi di essere anacronistica, l’invito a sciogliere l’Associazione perché non ha più ragione di esistere, e via dicendo, fa appunto pensare a pulsioni da tempo represse e che finalmente hanno modo di mostrarsi e di spaziare.
L’ Anpi deve sciogliersi perché non ha più il monopolio interpretativo di cosa è stata ed è Resistenza?
In realtà, e per fortuna, il monopolio non l’ha mai avuto. Ci sono gli studi storici, gli Istituti di ricerca che nei decenni hanno fatto tanto lavoro, sulla Resistenza europea e italiana al nazifascismo.
Un nome fra tutti, che ha dato ulteriori strumenti interpretativi alla stessa Anpi. Ci riferiamo a Claudio Pavone che ha avuto il merito grandissimo di studiare la Resistenza nelle sue ragioni etiche profonde e nella sua complessità. Impossibile ricondurre la Resistenza ad un unico movente ideale, seppure tutti all’interno di una stessa cornice, che diventò Liberazione e confluì nella Costituzione.
Una Costituzione che intendeva creare una netta discontinuità con il fascismo, mettendo alle spalle anche una delle forme della Resistenza, la guerra civile. Inizialmente i partigiani non apprezzarono il vedersi storicamente interpretati come italiani che guerreggiarono contro altri italiani. Pensarono che le loro buone ragioni potessero cancellare la Repubblica di Salò, che invece fu un fatto storico molto concreto, da sconfiggere. E la sconfissero, con gli alleati, e in armi.
Ma questa guerra sta facendo emergere un fastidio per l’ Anpi che viene di lontano.
Il nostro paese i conti con il fascismo non li ha fatti fino in fondo.
Già negli anni Cinquanta Calamandrei lo vide e vide l’attacco su
Leggi tutto: COMUNICATO STAMPA: Il NOSTRO 25 aprile - di Maria Paola Patuelli, Alessandro Messina
Domani la PerugiAssisi, Flavio Lotti: "Togliere parola alle armi e ridarla a politica"
Basta polemiche, ora è urgente fermare la guerra. E' l'appello lanciato attraverso l'Adnkronos da Flavio Lotti Coordinatore del Comitato promotore della Marcia della Pace PerugiAssisi all'indomani delle polemiche suscitate dal manifesto creato in occasione dell'iniziativa, nel quale vi è una madre con in braccio un bimbo e vi sono due proiettili (uno bianco e uno nero) che si incrociano, con la dicitura 'Fermatevi'.
"Oggi abbiamo bisogno di cercare di fermare la guerra e non di fare polemiche. Le polemiche sono solo la coda di una campagna di denigrazione e di attacchi che vengono condotti ormai da due mesi a tutti coloro che pronunciano parola pace, partendo da Papa Francesco. - evidenzia con forza Lotti -. Mi dispiace di tutto questo, sono
Leggi tutto: Marcia della Pace, Lotti: "Polemiche su manifesto? Noi dalla parte delle vittime"
ANTIFASCISMO. Mentre siamo tutti d’accordo nell’onorare e rispettare la resistenza ucraina, lo facciamo in nome di una resistenza italiana che invece stiamo sistematicamente delegittimando da almeno trent’anni
Il 13 aprile 2022 la città di Carpi ha confermato la cittadinanza onoraria a Benito Mussolini. Il 15 aprile 2022 a Faenza si scatena una polemica perché una professoressa ha fatto studiare “Bella Ciao” agli alunni. Il 9 marzo 2022, il Giornale titolava: “A Kiev si canta Bella Ciao”.
In questi mesi abbiamo raggiunto una necessaria unanimità su un concetto: quello che sta avvenendo in Ucraina è la resistenza di un popolo e di uno Stato nei confronti di una criminale aggressione. Su questo non c’è discussione.
Per questo mi pare inutile, nonché fuorviante, assimilare questa resistenza, che ha una sua specificità storica e politica, alla resistenza italiana, con cui ha senz’altro pari dignità ma anche puntuali differenze (in Italia era una guerra civile, in Ucraina no; in Ucraina c’è in uno Stato e un esercito regolare che combattono contro l’invasore, in Italia non c’era; la resistenza ucraina include idee e forze politiche che non c’erano in quella italiana, e non contiene idee e forze politiche che in Italia c’erano).
Quello che invece mi pare assolutamente paradossale è il fatto che mentre siamo tutti d’accordo nell’onorare e rispettare la resistenza ucraina, lo facciamo in nome di una resistenza italiana che invece stiamo sistematicamente delegittimando da almeno trent’anni.
L’antifascismo non è più senso comune, il 25 aprile è una festa «divisiva», Mussolini «ha fatto anche cose buone», i partigiani «erano ladri», il confino «era una villeggiatura»… Forse dovremmo fare il percorso inverso: appellarci al rispetto e al riconoscimento per la resistenza ucraina per restituire legittimità e rispetto alla resistenza nostra. In fondo, se “Bella Ciao” va bene a Kiev, forse va bene pure a Faenza.
CONFLITTO UCRAINO. I nonviolenti di Ucraina, Russia e Italia: «Non accettiamo le narrazioni russe e ucraine per cui i due popoli sono nemici esistenziali da fermare con la forza militare»
Manifestazione per la pace in Ucraina - LaPresse
La guerra è il più grande crimine contro l’umanità. Non esiste guerra giusta. Ogni guerra è sacrilega. Per questo siamo obiettori di coscienza, rifiutiamo le armi e gli eserciti che sono gli strumenti che rendono possibili le guerre. Il conflitto tra Russia e Ucraina può e deve essere risolto con mezzi pacifici, salvando così molte vite. Sappiamo che l’invasione russa in corso in Ucraina viola il diritto internazionale e che l’Ucraina ha il diritto di difendersi dall’aggressione armata, ma non possiamo accettare alcuna giustificazione della guerra, perché siamo persuasi che l’azione nonviolenta sia la migliore forma di autodifesa. Non possiamo accettare le narrazioni russe e ucraine che ritraggono questi due popoli come nemici esistenziali che devono essere fermati con la forza militare. Le vittime di questo conflitto, civili di diverse nazionalità, muoiono e soffrono a causa delle azioni militari di tutti i combattenti. Ecco perché le armi e le voci dell’odio devono essere messe a tacere per cedere il passo alla verità e alla riconciliazione.
Facciamo parte dell’Internazionale dei Resistenti alla Guerra (W.R.I.) e dell’Ufficio Europeo per l’Obiezione di Coscienza (EBCO), e lavoriamo insieme in un unico grande movimento per la pace. Ci rivolgiamo ai nostri governi (ucraino, russo, italiano) affinché attivino subito ogni strada diplomatica possibile per un tavolo delle trattative per il cessate il fuoco. I nostri popoli sono contro la guerra. I nostri popoli hanno già subito l’immenso dramma della
GUERRA IN UCRAINA. La leadership di Hanoi combatté con armi impari e con coraggio contro le truppe Usa, ma fece di tutto per avvicinarsi al popolo americano che si opponeva alla guerra
Soldati americani nel 1971, al confine tra Vietnam e Laos - Ap
Quando, nel 1975, il produttore Bert Schneider fu insignito del Premio Oscar per il suo documentario Hearts and Minds, sui crimini compiuti dagli Stati uniti in Vietnam, nell’uditorio popolato di stelle dello spettacolo lesse un messaggio di un funzionario vietnamita: «Ti prego di trasmettere a tutti i nostri amici in America il nostro riconoscimento per tutto ciò che hanno fatto a favore della pace e per l’applicazione degli Accordi di Parigi sul Vietnam. Queste azioni servono il legittimo interesse del popolo americano e del popolo vietnamita. Un saluto di amicizia a tutto il popolo americano».
Non fu un caso isolato: diversi prigionieri di guerra furono rilasciati ad alcuni esponenti del movimento pacifista statunitense, appositamente volati ad Hanoi. Tra di loro, spicca il caso dei piloti dei bombardieri B-52, tra i militari americani che più di tutti avevano seminato morte e terrore.
I vietnamiti sapevano che il conflitto non si poteva vincere solamente sotto il profilo militare. Avevano bisogno di
Leggi tutto: Lezioni vietnamite per Kiev - di Daniele Archibugi
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