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NUOVO PICCO. La presidenza europea di turno annuncia una riunione «urgente» che però dovrebbe tenersi a metà settembre. In arrivo il decreto

Energia fuori controllo. Ma la Ue aspetta e il governo tampona Mario Draghi - Ansa

I tempi dell’Europa, si sa, non sono precisamente quelli del fulmine di guerra e il concetto d’urgenza a Bruxelles è sempre relativo. Così, quando il presidente di turno, il presidente della Repubblica Ceca Petr Fial, annuncia la convocazione «urgente» dei ministri dell’Energia dell’Ue «per discutere le misure d’emergenza per affrontare la situazione energetica», non bisogna pensare a una questione di ore o di giorni. Settimane, se tutto va bene. I colloqui sono in corso, la convocazione dovrebbe arrivare lunedì o martedì, la data probabile per il summit è metà settembre.

INTANTO PERÒ LA CORSA del prezzo del gas prosegue. Ieri ha raggiunto i 339 euro a megawattora. Il costo dell’elettricità per l’Italia è invece lievemente sceso, da 718 a 713 euro a megawattora, però nel corso della giornata aveva raggiunto un picco di 870 euro e l’ulteriore mazzata è in agguato. La lentezza della Ue a fronte di una situazione impazzita che richiederebbe massima celerità si spiega facilmente. Sul tavolo di Bruxelles c’è fondamentalmente una sola ipotesi: quel tetto al prezzo del gas che in Italia invocano tutti, politici, imprenditori e analisti, ma sul quale al momento non c’è possibilità di accordo. Neppure su un Price Cap limitato al gas russo: la Germania teme la ritorsione, un blocco totale delle forniture che le sarebbe fatale.

DA BONOMI, PRESIDENTE di Confindustria, a tutti i leader impegnati nella campagna elettorale, la richiesta di un intervento immediato del governo è dunque corale, anche se dissonanti sono invece le formule suggerite, sia nell’immediato che

strategicamente. La destra tutta, come pure il Terzo Polo, reclamano e promettono il ritorno al nucleare e i rigassificatori subito. Ma questa è storia di domani e sul rigassificatore di Piombino Giorgia Meloni, a differenza del Fratello La Russa, non è affatto convinta. Qui e ora, Salvini chiede di nuovo uno scostamento di bilancio che «la Lega è pronta a votare subito» e, primo leader politico a farlo, rompe il tabù del razionamento: «Se il prezzo del gas non scende il prossimo governo dovrà razionare luce e gas a partire dalle imprese».

LETTA, CON UN TWEET, invoca «il raddoppio del credito d’imposta per l’energia» e martella sul famoso tetto che aveva proposto di introdurre subito da soli, senza aspettare l’Europa. Il governo non ci pensa per niente e lo stesso segretario del Pd corregge il tiro: «Il governo si impegni per l’intesa nella Ue sul tetto». Conte batte su «una vera tassazione degli extraprofitti», che Fratoianni vorrebbe del 100%. Calenda insiste sulla proposta di «tregua elettorale» per un paio di giorni, per consentire al governo un intervento drastico con il consenso di tutti.

IL PROBLEMA È CHE a non volere interventi drastici sono proprio Draghi e il ministro Franco. Il decreto invocato da tutti ci sarà, annunciato dalla viceministra dell’Economia Castelli. Anzi ci sarà quasi certamente un intervento in due tempi, in parte la settimana prossima e in parte all’inizio di settembre. Ma Chigi e Mef escludono lo scostamento di bilancio, senza il quale non è possibile nessuna terapia d’urto. Il primo decreto, già la prossima settimana, dovrebbe prorogare la Cig scontata per i settori più tartassati e aumentare il credito d’imposta per i settori gasivori. Di quanto ancora non si sa.

Giorgetti vorrebbero portarlo dall’attuale 25% al 50%, Franco punta i piedi e contropropone il 30%. In discussione anche l’azzeramento totale dell’Iva sul gas, già abbassata sino al 5%, e la rateizzazione dei pagamenti. Il dl potrebbe infine accelerare la costruzione dei rigassificatori galleggianti di Piombino e Ravenna. All’inizio di settembre verranno poi certamente varati i decreti attuativi del dl Bollette che permetteranno al Gse di acquistare una certa quantità di gas, ancora da definirsi, e di energia verde per poi rivenderle a prezzi calmierati alle aziende ad alto consumo energetico.

SALVO SORPRESE ancora possibili non si tratta di interventi adeguati alla gravità della situazione né per le aziende che hanno visto triplicarsi i costi dell’energia né, a maggior ragione, per le famiglie che necessiterebbero, secondo Calenda, di uno stanziamento di 30 miliardi. Ma quella è una patata bollente che Draghi intende lasciare a chi gli succederà. Come sarà il prossimo inquilino di palazzo Chigi a dover decidere se, quando e in quale misura far scattare il piano di razionamenti predisposto dal governo uscente.