PATTO DI STABILITÀ . La terza rata del Piano non si vede e la quarta rischia di non arrivare entro l’anno
Giorgia Meloni a Bruxelles - foto Ap
Mes, Patto di stabilità. Rialzo dei tassi, Pnrr: Giorgia Meloni deve vedersela con un poker di guai uno peggio dell’altro. Ieri la commissione Esteri della camera ha licenziato definitivamente il testo base della proposta di ratifica della riforma del Mes. Solo Pd, Iv e +Europa hanno votato il mandato al relatore. La maggioranza non c’era, il governo, rappresentato dal viceministro Cirielli, non ha espresso parere, 5S e Avs si sono astenuti. Stamattina in aula ci sarà il testo ma non la maggioranza: invierà un solo esponente a spiegare le ragioni per cui non è il momento di approvare la ratifica. Poi, quando mercoledì si dovrebbe passare al voto, il governo presenterà una sospensiva sino al prossimo autunno e se ne riparla a settembre.
Le divisioni della maggioranza non c’entrano nella scelta di rinviare il voto. Fi, che sarebbe l’ala del centrodestra più favorevole alla ratifica, si è già opportunamente spostata: «Le circostanze sono cambiate, il rafforzamento di regole democratiche appare esigenza indiscutibile, bisogna rivedere le regole del Mes senza procedere a ratifiche al buio», chiarisce Gasparri per gli azzurri. Il punto è che il governo non vuole esporsi bocciando la riforma ora. Aspetta settembre e quella trattativa «a pacchetto» della quale ha parlato in aula la premier. Ma sul completamento dell’unione bancaria la strada è sbarrata dal veto della Germania: il pacchetto si limita quindi a
Commenta (0 Commenti)INTERVISTA. Parla Mario Pianta, economista alla scuola Normale e membro della campagna Sbilanciamoci: "La denuncia delle misure restrittive della Bce non può essere lasciato al governo delle destre che criticano l’austerità in Europa ma la praticano in Italia colpendo il lavoro e i poveri" Lunedì 3 luglio a Roma un seminario con Landini, Bombardieri, Schlein e Conte su salari e inflazione
«La politica della Bce contro l’inflazione è un rimedio che rischia di essere peggiore del male. Il ruolo di denuncia delle misure restrittive non può essere lasciato al governo Meloni che critica l’austerità in Europa ma la pratica in Italia, con politiche che colpiscono il lavoro e i più poveri – sostiene Mario Pianta, economista alla Scuola Normale Superiore e membro della campagna Sbilanciamoci! – L’arrivo dell’inflazione, gli effetti sui salari, le misure per stabilizzare i prezzi evitando una recessione sono questioni complicate che richiedono politiche nuove, coordinate tra di loro, non i dogmi dell’austerità».
Qual’è la situazione attuale?
Partiamo dai dati. Nel 2022 l’inflazione è stata dell’8,7%, nel 2023 resterà sopra il 6%. In Italia non ci sono stati adeguamenti rilevanti dei salari reali con l’eccezione del contratto dei metalmeccanici, chiuso di recente con aumenti di 123 euro al mese, e di contratti di categorie minori. I meccanismi di indicizzazione sono del tutto inadeguati per affrontare il calo del potere di acquisto. Una caduta dei redditi reali dell’ordine del 15% è un serio problema di politica economica e di giustizia sociale. In questa situazione abbiamo la necessità di una discussione pubblica di ampio respiro che coinvolga i partiti, i sindacati e la società.
È quello che sta avvenendo?
Noi ci proviamo. Lunedì prossimo, all’università Roma tre, ne parleremo con Maurizio Landini della Cgil e Pierpaolo Bombardieri della Uil, Elly Schlein del Pd e Giuseppe Conte dei Cinque Stelle. Proporremo una discussione a partire da
Leggi tutto: Mario Pianta: «Non lasciare a Meloni la critica dell’austerità» - di Roberto Ciccarelli
Commenta (0 Commenti)Dai vaccini all’alluvione. Il governo annuncia la nomina del generale Figliuolo a commissario per i territori di Emilia, Marche e Toscana. Le risorse non ci sono, ma intanto Bonaccini e il Pd sono spiazzati: Meloni copia Draghi e sceglie anche Panetta alla guida di Bankitalia
I due nomi decisi ieri in Consiglio dei ministri. Per il commissario alla Ricostruzione post alluvione occorre però un decreto ad hoc. Meloni nella partita europea: resta vacante il posto sin qui occupato dal governatore in pectore nel board di Bce, e si tratta di una postazione fondamentale per l’Italia
Sotto il segno di Mario Draghi: il cdm ha deciso ieri due nomine, una importante, l’altra importantissima, entrambe ispirate al modello dell’ex premier “tecnico”. Il nome importante è quello di Mario Figliuolo, il generale degli Alpini a cui Marione affidò nel 2021 la campagna di vaccinazione. Ha bruciato la candidatura di Guido Bertolaso, l’ex capo della Protezione civile il cui nome spunta fuori ogni volta che c’è qualcosa da commissariare, attualmente assessore al Welfare nella Regione Lombardia, e diventerà commissario per la Ricostruzione dell’Emilia Romagna.
Il nome importantissimo è quello di Fabio Panetta, discepolo prediletto di Draghi, futuro governatore di Bankitalia. Il governo ha avviato ieri l’iter che si concluderà, dopo una serie di passaggi, con l’insediamento di Panetta, oggi membro italiano del board Bce, al posto di Ignazio Visco il cui secondo mandato di sei anni scade il prossimo primo novembre.
LA NOMINA DI FIGLIUOLO è definitiva ma perché diventi operativa sarà necessario un provvedimento ad hoc, da vararsi quando il dl Ricostruzione sarà in vigore. È una mossa astuta da parte del governo. Il generale ha svolto con plauso unanime il compito di vaccinare l’Italia ed era stato scelto dal premier adorato dal Pd. Il suo nome non basterà a placare le polemiche suscitate dalla decisione di soprassedere sulla nomina più logica e naturale, quella del governatore dell’Emilia-Romagna Bonaccini, ma certo le stempererà. «È un modello centralistico, scelta che riteniamo sbagliata. Ma con Figliuolo abbiamo collaborato bene durante la pandemia e siamo pronti a lavorare insieme: resta da vedere con quali strumenti e risorse potrà agire perché non c’è un minuto da perdere», si tiene in equilibrio lo stesso Bonaccini.
A METTERE IL VETO SU DI LUI era stato Salvini, che non voleva
Leggi tutto: Le nomine draghiane: Panetta in Bankitalia, Figliuolo in Romagna - di Andrea Colombo
Commenta (0 Commenti)Il segretario generale Cgil chiude a Roma la manifestazione nazionale sulla sanità: "Basta tagli, il diritto alla salute deve essere garantito e gratuito"
“La manifestazione di oggi non è una testimonianza, ma l'inizio di una mobilitazione, di una battaglia”. Una prospettiva di lungo periodo, quella indicata dal segretario generale Cgil Maurizio Landini dal palco di piazza del Popolo a Roma, dove ha concluso la manifestazione nazionale sulla sanità “Insieme per la Costituzione”, promossa dalla Confederazione assieme ad altre 90 organizzazioni e associazioni.
“Qui in piazza ci sono tante persone che vogliono far funzionare il Paese e garantire il diritto alla salute”, ha spiegato: “L'articolo 32 della Costituzione non deve rimanere una cosa scritta, deve essere applicato. Il diritto alla salute deve essere gratuito, non legato alla ricchezza di una persona. Lo abbiamo detto al ministro della Salute nell’incontro che abbiamo avuto martedì 20: è ora di cambiare strada”.
Il segretario generale ha poi dato alle migliaia di manifestanti un nuovo
Leggi tutto: Landini: «Questo è solo l'inizio» - di Marco Togna
A MOSCA E RITORNO. Le prove tecniche della guerra civile chiuse da un colpo di scena: la Wagner fa dietrofront
Contrordine. Dopo una giornata convulsa in cui la Russia è sembrata precipitare nella guerra civile, il capo dei mercenari Prigozhin ferma la sua “marcia della giustizia” a 200 km da Mosca. Delusione a Kiev. Ma niente, per Putin, sarà più come prima
Un carro armato della Wagner a Rostov sul Don - Epa
Ieri, la «marcia della giustizia» dell’imprenditore della violenza Evgenij Prigozhin ha marcato un giorno decisivo nella storia della Russia contemporanea, apparentemente conclusosi senza tragedie ma destinato a segnare ancora a lungo gli sviluppi del grande paese. Nella notte di giovedì, l’oligarca ribelle ha raggruppato le sue forze dimostrando di voler fare sul serio nei confronti dei «traditori» a capo del Ministero della Difesa responsabili degli attacchi denunciati contro i suoi mercenari della compagnia Wagner.
LE PRIME scoordinate reazioni dal lato del Cremlino hanno dimostrato come il regime di Putin sia stato colto alla sprovvista dalle mosse di Prigozhin. In particolare, mentre Prigozhin si rivolgeva ai militari, Mosca è parsa esitante sulla fedeltà delle forze di sicurezza di fronte alla sfida. È sembrato che un certo panico serpeggiasse dentro la “verticale del potere” (la catena di comando piramidale facente capo a Putin), in particolare ai livelli intermedi, incerti su cosa e come riferire gli sviluppi sul campo al leader supremo, riflesso di un problema da sempre endemico alla macchina burocratica russa.
IN OGNI CASO, a Mosca scatta lo stato d’emergenza. Posti di blocco vengono allestiti dalle varie branche dell’apparato di sicurezza russo, in particolare l’Fsb (ex Kgb) e la recente Rosgvardija (Guardia nazionale), creata da Putin quale reparto pretoriano a puntello del regime. All’alba, i blindati cominciano a circondare i palazzi del potere a Mosca e a San Pietroburgo.
Iniziano anche i tentativi per far desistere Prigozhin. Il primo viene dal generale Surovikin, a lungo considerato un sodale del capo popolo ribelle, che lo esorta a «fermare le colonne».
IMPASSIBILE, alle 7.30 locali Prigozhin parla da Rostov. Quale un novello Pugaciov, il capo della rivolta cosacca narrata da Pushkin che nel 1773 fu sul punto di rovesciare Caterina la grande, si erge a padrone della principale città del sud della Russia e rinnova gli anatemi contro il Ministero della Difesa. «Le perdite sono state 3-4 volte maggiori di quello dichiarato da Mosca, fino a 1.000 caduti al giorno…Ci arrivano messaggi di sostegno dalle truppe, ci incitano a regolare i conti a fargliela finalmente pagare, a chi ci ha mandato al massacro». Le notizie si susseguono convulse. Fonti vicine alla Wagner riferiscono che Millerovo, importante snodo logistico a Nord di Donetsk e a ridosso del fronte risulta in mano ai ribelli, a cui si arrendono 180 soldati a Bugaevka, nella regione di Voronez.
Mentre Putin continua a tacere, i principali nemici di Prigozhin, il capo della Difesa Shoigu e dello Stato Maggiore Gerasimov, inviano i loro vice a trattare con il dissidente. Spicca in particolare la figura del generale Junus-Bek Evkurov, l’eroe della marcia su Prishtina del 1999, il quale però può solo registrare la determinazione di Prigozhin a «far giustizia e mettere fine a questa vergogna».
Alle 12.00 italiane, infine, Putin rompe gli indugi. Il leader sfidato sgombra il campo da
Leggi tutto: Il giorno più lungo per Vladimir Putin - di Fabrizio Vielmini
Commenta (0 Commenti)Viva la Cgil che scendendo in piazza contro il governo di destra, difende il diritto alla salute e il servizio sanitario pubblico.
Da molto tempo il diritto alla salute(art 32) anche a causa di contro riforme sanitarie fatte in passato , di fatto ha perso l’aggettivo “fondamentale” diventando, a spese dell’intero paese, un diritto potestativo cioè un diritto molto flessibile adattabile interpretabile che consente a tutti coloro che si occupano di salute di avere più libertà che vincoli.
Oggi la manifestazione della CGIL ci dice che il diritto alla salute è un diritto fondamentale che deve tornare ad essere fondamentale. All’economia in generale ma anche alle aziende sanitarie non è concesso di interpretarlo al fine di renderlo compatibile ad esigenze diverse da quelle della salute. Cioè la salute ieri come oggi non è negoziabile perché il diritto alla salute non è negoziabile. Se così fosse allora vorrebbe dire che sarebbe negoziabile la giustizia, la forma della nostra coesistenza sociale, il grado di civiltà di un paese, la qualità dell’aria che respiriamo ecc.
Oggi la salute non deve essere compatibile con l’economia ma deve essere compossibile con essa. Oggi non si tratta più di adattare i diritti fondamentali delle persone alle esigenze del profitto ma di rimuovere tutte le contraddizioni che esistono tra la salute e l’economia. Compossibilità al posto di compatibilità vuol dire
Leggi tutto: La sanità pubblica torna ad essere movimento, grazie alla Cgil - di Ivan Cavicchi
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