Le vittime del naufragio nel mar Jonio sono forse 600, con 100 bambini. Potevano essere salvate, ma nessuno si è mosso. Non Grecia, Italia e Malta, ma neanche l’Ue che ieri ha pensato solo a proteggere Frontex
Gli operatori umanitari: «Possibili fino a 600 morti». Arrestati nove sospetti scafisti. L’imbarcazione forse salpata dall’Egitto
Immagine del peschereccio fornita dalla Guardia costiera greca - Ap
La Guardia costiera greca ha lasciato, per sua stessa ammissione, che il peschereccio andasse alla deriva, fino al naufragio, con la scusa ufficiale che «la barca non chiedeva di essere assistita» e che «ogni tipo di intervento brusco avrebbe potuto causare un incidente».
Sulla banchina del porto di Kalamata, gli operatori umanitari che assistono i naufraghi continuano a ripetere: «È possibile che i morti siano fino a 600». Intanto fanno la spola tra le tende dove i sopravvissuti vengono interrogati dalle autorità. Non ci sono ancora stime ufficiali sui dispersi, ma tra gli uomini che hanno passato la notte in un magazzino del porto, in tanti continuano a dire che sul peschereccio sovraccarico viaggiassero in 750. Gli uomini ammassati sul ponte, le donne e i bambini, più di cento secondo il racconto di alcuni testimoni, stipati invece nella pancia della nave. I superstiti sono 104, le vittime 78, tra queste probabilmente una donna: le autorità non hanno rinvenuto altri corpi rispetto a quelli recuperati nelle prime ore successive al naufragio.
Le salme sono state trasportate nel porto di Kalamata in tarda notte, lontano dalle telecamere dei giornalisti. Una motovedetta della Guardia costiera, protetta dal buio, ha fatto la
Commenta (0 Commenti)LUTTO UNIVERSALE. Si ferma il motore e il barcone stracarico si ribalta. I migranti partiti da Tobruk. «Necessario come non mai un sistema di pattugliamento in alto mare», dice Flavio Di Giacomo (Oim). Dalla Ue le solite espressioni di cordoglio, ma la strategia è ostacolare i viaggi sostenendo i libici
Il peschereccio naufragato - Guardia costiera greca
Rischia di essere uno dei più grandi naufragi della storia quello avvenuto nelle prime ore di ieri al largo delle coste del Peloponneso, una quarantina di miglia nautiche a sud-ovest di Pylos. Mentre scriviamo sono stati recuperati 79 cadaveri e tratte in salvo 104 persone. Non esistono numeri certi sui dispersi, ma si tratta di centinaia di persone. E non ci sono speranze di trovarle in vita. Inizialmente le autorità greche avevano parlato di 400 migranti a bordo. Più tardi il governatore della regione Panagiotis Nikas, citando testimonianze dei sopravvissuti, ha dichiarato che sul peschereccio viaggiavano circa 750 migranti.
UNA CIFRA che corrisponde a quella comunicata dall’attivista Nawal Soufi e dal centralino Alarm Phone (Ap), che martedì avevano ricevuto delle telefonate da bordo. «La nave era sovraccarica, le persone ammucchiate sul ponte. Un numero esatto non può essere dato ma è certamente molto alto – ha detto il portavoce dei guardiacoste di Atene Nikolaos Alexiou – L’esterno era pieno di gente, presumiamo anche l’interno della nave».
Per trovare stragi di queste dimensioni, se il quadro sarà confermato, bisogna andare indietro di sette-otto anni. Il 18 aprile 2015 il più grande naufragio di migranti nel Mediterraneo: tra 800 e mille morti nel Canale di Sicilia. Altri 500 davanti alle coste di Zuwara quattro mesi dopo. Tra 200 e 400 partiti dall’Egitto ad aprile 2016.
SECONDO LE INFORMAZIONI disponibili il peschereccio aveva
Leggi tutto: Strage al largo della Grecia: 79 morti, centinaia i dispersi - di Giansandro Merli
Commenta (0 Commenti)RIFORMA DI FATTO. La morte impone rispetto, e non si discute. E l’impatto di Berlusconi sulla storia d’Italia nemmeno si discute. Ma ha diviso il paese da vivo, e continuerà a farlo da […]
La morte impone rispetto, e non si discute. E l’impatto di Berlusconi sulla storia d’Italia nemmeno si discute. Ma ha diviso il paese da vivo, e continuerà a farlo da morto. Già ora, una parte del popolo italiano non condivide i sette giorni di lutto parlamentare e la giornata di lutto nazionale. Perché pensa che Berlusconi sia causa non ultima dell’indebolimento istituzionale e politico del paese.
Berlusconi decide di scendere in campo nel 1993. Non prima, e nessun altro prima di lui, perché partiti fortemente strutturati e radicati nel territorio avevano fino ad allora imposto un cursus honorum che preveniva l’incursione ai piani alti della politica del tycoon di passaggio. Il collasso dei partiti in quei due terribili anni – 1992 e 1993 – e il vuoto che ne derivava erano condizioni necessarie per Berlusconi.
Nella seconda parte del 1993 viene ad arte creata nel paese l’attesa sul tema «scende, non scende». Arriva infine alle tv il 26 gennaio 1994 la videocassetta «L’Italia è il paese che amo». I professionisti della politica non capirono il cambio di passo nella comunicazione. Come non capirono che
Leggi tutto: 1994, l’assalto alla Costituzione inizia da qui - di Massimo Villone
Commenta (0 Commenti)SILVIO BERLUSCONI 1936-2023. Quando muore una figura pubblica, in questo caso un uomo politico, specialmente del calibro di Silvio Berlusconi, il momento del trapasso fatalmente tende a purificarne e a riscattarne la biografia. […]
Silvio Berlusconi e Marta Fascina - LaPresse
Quando muore una figura pubblica, in questo caso un uomo politico, specialmente del calibro di Silvio Berlusconi, il momento del trapasso fatalmente tende a purificarne e a riscattarne la biografia. Scompaiono le zone d’ombra, gli abusi di potere, i conflitti di interessi, le pagine più imbarazzanti.
Ma pur immaginando che nel momento del pubblico cordoglio, Berlusconi sarebbe stato felice di ricevere solo lodi e apprezzamenti, noi non vogliamo fargli il torto di associarci al rito ipocrita dell’encomio nazionale.
Specialmente di fronte all’eccesso di una Camera dei deputati chiusa per due giorni, di un Pd che rinvia la sua direzione, delle bandiere a mezz’asta e della proclamazione del lutto nazionale.
Leggi tutto: Un paese a sua immagine - di Norma Rangeri
Commenta (0 Commenti)È QUEER LA FESTA. Centinaia di migliaia di persone al Pride della capitale: danze e rivendicazioni politiche si muovono allo stesso ritmo. In piazza c’è la consapevolezza, ma non lo stupore, che la destra userà questo pezzo di paese per pagare i suoi debiti con i pro vita
Il Roma Pride arriva sotto il Colosseo - Andrea Sabbadini
Più che una marcia è una marea. Una marea di colori che si affiancano, si intersecano, si contagiano. Sulle bandiere arcobaleno e sui vessilli transgender. Nelle parrucche fluorescenti indossate col sorriso e nei pizzi ostentati con orgoglio. Sui vestiti fuori norma oppure sui corpi nudi. Decorati con i glitter. Sudati, bagnati sotto il sole di giugno che bacia il primo Roma Pride dell’era Meloni.
«SIAMO PIÙ di un milione. Un record. Da qui parte la resistenza al governo e a questa destra che ha ritirato il patrocinio e specula su di noi. Il presidente della regione Lazio Rocca ha alimentato l’omofobia istituzionale chiedendomi di presentargli delle scuse. Si deve vergognare», dice Mario Colamarino, presidente del circolo Mario Mieli e portavoce della mobilitazione. Contare è complicato ma le 40mila presenze registrate dalla questura fanno un po’ sorridere. Il corteo è
Leggi tutto: La marea arcobaleno colora Roma e sfida il governo Meloni - di Giansandro Merli
Commenta (0 Commenti)Così il segretario generale della Cgil a margine dell'incontro con la ministra Casellati: "Tema centrale deve essere cambiare la legge elettorale e rafforzare il ruolo del Parlamento"
Il Parlamento deve non solo rimanere al centro, ma il suo ruolo va rafforzato. Questo è quanto detto da Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, alla ministra delle Riforme istituzionali Elisabetta Casellati durante l'incontro (era presente anche il segretario confederale Christian Ferrari) con i sindacati convocato per parlare di riforme costituzionali, sulle quali, ha ribadito il sindacalista, "non siamo disponibili a nessuna trattativa".
"Per noi – ha detto Landini – deve essere il presidente della Repubblica che nomina il presidente del Consiglio e scioglie le Camere", pertanto, "no all'elezione diretta del presidente della Repubblica né del premier". Di fronte all'evidente crisi della democrazia rappresentativa nel nostro paese, visto che quasi il 50% delle persone non va a votare, "il tema principale deve essere cambiare la legge elettorale. Tornare cioè a una legge in cui sono i cittadini che eleggono i parlamentari che rispondono ai cittadini che li hanno eletti".
Per il leader della Cgil il tema centrale è, dunque, "come si rafforza il lavoro del Parlamento, visto che negli ultimi anni i la maggioranza dei provvedimenti legislativi
Leggi tutto: Landini: «Nessuna trattativa sulle riforme costituzionali»