Altare della patria, parata e parà, Frecce tricolori… L’Italia celebra le forze armate. Intanto la guerra c’è e continua, per padre Zanotelli siamo in guerra da tutte le parti, nella Sardegna occupata dalla Nato si va in piazza e il Pnrr servirà per il riarmo. Buona Festa della Repubblica
INTERVISTA AL MISSIONARIO COMBONIANO. «Cos’ha a che fare la parata militare con la festa della Repubblica nata dalla Costituzione, che all’art 11 ripudia la guerra? Siamo sull’orlo di due abissi: l’inverno nucleare, basta un incidente sul fronte ucraino e ci siamo, e l’estate incandescente per la crisi climatica». E sulla produzione di munizioni con i fondi del Pnrr votata in Ue: «Pd e sinistra non possono barcamenarsi tra visioni opposte»
Padre Alex Zanotelli - LaPresse
«Siamo sull’orlo di due abissi: l’inverno nucleare, basta un incidente e ci siamo, e l’estate incandescente per la crisi climatica. Serve un unico forte movimento per la pace e l’ambiente»: così il missionario comboniano Alex Zanotelli fotografa l’attuale momento storico.
Festeggiamo la Repubblica, che vieta la guerra come mezzo di offesa ma anche di risoluzione delle controversie, con una parata militare.
È assurdo e l’ho sempre detto in questi anni. Ma cos’ha a che fare la parata militare con la festa della Repubblica italiana? Una repubblica che è bastata sull’articolo 11, che ripudia la guerra, mentre invece siamo in guerra da tutte le parti. Una contraddizione totale.
Il conflitto in Ucraina va avanti da più di un anno, si riaccende l’ex Jugoslavia. In Italia non c’è un vero dibattito.
C’è una narrativa in questo paese in cui incredibilmente la parola pace è scomparsa. La guerra in Ucraina ha riarmato l’Europa, quello che sta avvenendo fa paura. Secondo il
Leggi tutto: Zanotelli: «Serve un unico, forte movimento per la pace e l’ambiente»
Commenta (0 Commenti) Volontari liberano strade e abitazioni dal fango a Sant' Agata sul Santerno - Ansa
“La maledizione della noce moscata” di Amitav Ghosh racconta come nel 1855, in quello che oggi è l’Oregon, un capo dei nativi americani Cayuse, si rifiutò di firmare un trattato perché sentiva che ignorava la voce della terra. Perché i nativi americani, come gli indios dell’Amazonia, e quelli delle isole Banda, dai quali ( dalla loro noce moscata, il libro di Ghosh prende le mosse), la voce della terra, dei fiumi, degli animali sapevano sentirla. E capirono subito che la riduzione della terra a realtà inerte, a pura materia da usare a nostra discrezione, era la premessa per considerare la maggior parte degli esseri viventi che la popolano come cose. Anche gran parte del genere umano, sulla base del colore della pelle, della religione, della lontananza dalle tecnologie, e persino per la pretesa di considerare la natura viva e parlante. Videro lucidamente la nascita di quel capitalismo coloniale ed estrattivista che ha contrassegnato la storia fino ai nostri giorni.
Certamente la voce della terra non hanno nemmeno provato a sentirla quelli che hanno riempito di cemento la pianura alluvionale della val Padana e della Romagna, e hanno costruito case, fabbriche, strade a ridosso dei corsi d’acqua, dopo averli imbavagliati dentro argini rigidi ed inutilmente alti, e rinchiuso polli e maiali in allevamenti intensivi che fanno male a loro e al clima. Né quanti in cerca di una vita apparentemente più dignitosa, attratti dal mito della velocità e del consumismo, ma spesso per avere vicino una scuola o un ospedale, stanchi di custodire territori e paesi sul cui futuro politica ed economia avevano smesso di investire, hanno abbandonato colline e montagne.
La calata a valle di quel popolo, che era quello che curava il territorio, che lo terrazzava, che sapeva fare i muretti a secco, rispettare il corso dei torrenti, ha preceduto la calata
Leggi tutto: Siamo addestrati a ricostruire anziché a prevenire - di Andrea Ranieri
Commenta (0 Commenti)L’ecocastastrofe socioambientale dell’Emilia Romagna, segna un punto di non ritorno rispetto agli effetti della crisi climatica: l’alternarsi di lunghi periodi di siccità impermeabilizzante e precipitazioni violente aggredisce il territorio in dimensioni inedite, diffuse e interconnesse fra versanti e pianure. L’ennesima riproposizione rituale di politiche emergenziali sul dissesto idrogeologico non serve più. Non serve più fare oggi ciò che non si è fatto in passato. Ciò che serve, oltre al blocco radicale del consumo di suolo, è un sistema di progetti integrati, multisettoriali a livello di bacini e sottobacini idrografici, capaci di ridefinire globalmente le relazioni fra sistemi insediativi e ambiente, fra versanti e pianure.
MONTAGNE (35%) e colline (41,6) costituiscono più del 70% del territorio italiano. E’ qui che i terreni induriti dalla siccità prolungata, franano e scaricano improvvise e rapide valanghe di acqua e fango in pianure a loro volta impermeabilizzate, i cui fiumi e torrenti non smaltiscono più e allagano campi e città, con tempi di ritorno dei fenomeni sempre più frequenti.
Si impone dunque la priorità strategica di trattenere a monte le acque nei periodi di precipitazioni violente e realizzare
“Fu un’opportunità molto allettante, certo”. Momento di pausa. “Ma no, col senno di poi non valeva la pena costruire in quell’area”. Nello Liverani è un faentino fortemente attaccato alla comunità che spala fango da giorni dopo l’esondazione di uno dei tre fiumi di Faenza, dove sono stati estratti tre cadaveri. Un tempo erano occupati dalla “Liverani pelli”, finché la famiglia li ha venduti. Al posto dei capannoni giudicati ormai “incompatibili con l’area” nel 2002 sorge un bel condominio residenziale con 36 appartamenti e 45 garage sotterranei. La particolarità è il nome stesso, che molto dice dell’Italia edificata sul rischio: la “Casa sul fiume” si chiama, ma con la piena è diventata una casa nel fiume, con l’acqua salita a un metro e mezzo seppellendo
Commenta (0 Commenti)DANNI COLLATERALI . Ricontati gli evacuati: sono 26mila
Anche oggi è allerta rossa sull’Emilia Romagna. L’emergenza è ancora in pieno svolgimento e ancora non se ne vede la fine, mentre la Regione fornisce nuovi numeri a dare l’idea delle dimensioni della catastrofe: le persone evacuate sono 26.215 (dato aggiornato dopo che giovedì, per un errore tecnico, ne erano state indicate 20.000), le strade comunali e provinciali chiuse sono 781 e il numero delle frane sul territorio sono 422.
Da segnalare anche l’ingente quantità di volontari all’opera: 21.800 persone impegnate nelle più svariate attività, non solo lo spalamento del fango, ma anche l’assistenza alle persone rimaste isolate.
Intanto, da Trento, dove è intervenuta al Festival dell’Economia, la premier Meloni ieri è tornata a parlare degli interventi che il governo vuole mettere in atto e, soprattutto, del loro finanziamento. «È stata preziosa la visita della presidente Von der Leyen ieri, noi attiveremo il fondo di solidarietà, ma ci sono varie questioni sulle quali la Commissione può darci una mano, anche con il Pnrr», ha spiegato la premier aggiungendo che «il Pnrr è un fondo molto strategico da questo punto di vista. L’imprevisto, oggi, è la previsione più accurata che possiamo fare: sono partita per il Giappone nominando un commissario alla siccità e sono tornata con la necessità di nominare un commissario all’alluvione», ha detto ancora.
Per la verità, la visita di von der Leyen alle zone alluvionate ha lasciato solo un generico impegno da parte
Leggi tutto: L’Emilia resta in allerta rossa, sul fondo aiuti resta la nebbia - Mario Di Vito
Bruciamo gas, quindi il clima cambia, quindi arriva il diluvio, quindi arrivano gli aiuti…e negli aiuti c’è il gas: nel decreto alluvione il governo infila una norma per semplificare la realizzazione dei rigassificatori. Uno schiaffo a Ravenna, dove ce ne sarà già uno
SCHIAFFO A RAVENNA . L'opera Snam a 8 chilometri dal spiagge di Punta Marina
Il rigassificatore galleggiante Bw Singapore acquistato da Snam - Ansa
Le ultime righe del comunicato stampa del governo dopo il consiglio dei ministri di martedì, rappresentano uno schiaffo a Ravenna, senz’altro la provincia più colpita dal disastro legato all’alluvione che ha sconvolto la settimana scorso la Romagna. Accanto agli «interventi urgenti per fronteggiare l’emergenza provocata dagli eventi alluvionali verificatisi a partire dal 1° maggio 2023», nel decreto-legge, che ancora non è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale, se ne accostano altri «nel settore energetico».
In particolare, «si semplifica la disciplina in materia di realizzazione di nuova capacità di rigassificazione nazionale e si qualificano come opere di pubblica utilità, indifferibili e urgenti, quelle a ciò finalizzate mediante unità galleggianti di stoccaggio e rigassificazione» come spiega il comunicato di Palazzo Chigi.
UNO SCHIAFFO a Ravenna perché la città il 6 maggio, ovvero dopo la prima alluvione in Romagna, aveva ospitato la manifestazione nazionale indetta dalla campagna «Per il Clima, fuori dal Fossile!». Tremila persone avevano protestato contro il rigassificatore che Snam è stata autorizzata a piazzare al largo della città, a 8 chilometri dalle spiagge di Punta Marina, e contro progetti simili in tutta Italia, a partire da Piombino.
L’impianto galleggiante romagnolo sarebbe collegato ai gasdotti nazionali da un’infrastruttura a terra che misura 35 chilometri: il tutto è stata autorizzato dal commissario straordinario ai rigassificatori Bonaccini (fu nominato da Draghi) con un iter che si è concluso in appena 120 giorni e che non ha previsto alcuna valutazioni di impatto ambientale (Via), nemmeno per le infrastrutture connesse, come il gasdotto che – lo si evince dalle mappe progettuali presentate da Snam – abbraccia tutta la città d’arte. Non si è mai valutato, insomma, se ci fossero o meno rischi connessi, ad esempio, con possibili
Leggi tutto: Decreto alluvione, governo a tutto rigassificatore - di Luca Martinelli
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