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Il segretario generale Cgil chiude a Roma la manifestazione nazionale sulla sanità: "Basta tagli, il diritto alla salute deve essere garantito e gratuito"

“La manifestazione di oggi non è una testimonianza, ma l'inizio di una mobilitazione, di una battaglia”. Una prospettiva di lungo periodo, quella indicata dal segretario generale Cgil Maurizio Landini dal palco di piazza del Popolo a Roma, dove ha concluso la manifestazione nazionale sulla sanità “Insieme per la Costituzione”, promossa dalla Confederazione assieme ad altre 90 organizzazioni e associazioni.

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“Qui in piazza ci sono tante persone che vogliono far funzionare il Paese e garantire il diritto alla salute”, ha spiegato: “L'articolo 32 della Costituzione non deve rimanere una cosa scritta, deve essere applicato. Il diritto alla salute deve essere gratuito, non legato alla ricchezza di una persona. Lo abbiamo detto al ministro della Salute nell’incontro che abbiamo avuto martedì 20: è ora di cambiare strada”.

Il segretario generale ha poi dato alle migliaia di manifestanti un nuovo

appuntamento. “Proseguiremo la nostra battaglia in difesa dei diritti fondamentali del Paese: i diritti alla salute, alla scuola, alla cultura, al lavoro, devono essere garantiti. Contro chi pensa che tutto si risolve cambiando la Costituzione, il 30 settembre saremo di nuovo qui”, ha detto Landini, ricordando che la Cgil ha “sempre difeso la Costituzione, sia con la destra di Berlusconi sia con il centro-sinistra di Renzi, e non permetterà neanche a questo governo di poterla cambiare”.

I tagli alla sanità

La riduzione di risorse al Ssn è stata messa in atto da tutti gli esecutivi. “Negli ultimi vent'anni sono stati tagliati 40 miliardi alla sanità pubblica, nel Def c'è scritto che nei prossimi tre anni la spesa diminuirà ancora”, ha evidenziato. “Lo abbiamo detto al governo: se vuoi cambiare, comincia invertendo la tendenza della spesa pubblica, portandola al livello di Francia, Germania e degli altri Paesi europei”.

Questi tagli colpiscono “la parte più fragile del Paese: gli anziani, i non autosufficienti, la salute mentale, i consultori, la prevenzione. E colpiscono la sicurezza nei luoghi di lavoro, al punto che sta aumentando il numero delle persone che si ammalano, si infortunano e muoiono nei luoghi di lavoro”.

Landini ha quindi sottolineato la necessità di mettere fine ai “tagli alla sanità, che hanno determinato l'aumento delle liste d'attesa e una precarietà senza precedenti”. Rimarcando, infine, come “i soldi pubblici delle nostre tasse in questi anni siano stati usati per finanziare la privatizzazione del servizio sanitario”.

Il rapporto con il governo

“A noi non servono tavoli per dire che esistiamo, vogliamo risolvere i problemi del Paese e delle persone”. Parlando dell’incontro col ministro della Salute, Landini ha affermato di aver sottolineato l’urgenza di “fare assunzioni, di aumentare i medici e gli infermieri, ma questo non sta succedendo. L'incontro con il ministro è servito soltanto a fissare un nuovo incontro per fine luglio”.

Il segretario generale Cgil ha così continuato: “Da domani bisogna proseguire il nostro impegno in ogni territorio e in ogni luogo di lavoro. Dobbiamo rivolgerci alle Regioni e ai Comuni, aprire vertenze perché le Regioni spendano i soldi per fare le assunzioni. E chiediamo alle Regioni di battersi con noi per togliere i tetti di spesa, che bloccano le assunzioni e aprono la strada ad appalti e privatizzazioni”.

Tornando al confronto con l’esecutivo, Landini ha dichiarato che “gli incontri che il governo sta facendo con noi sono finti, non c’è alcuna trattativa”. Ha poi aggiunto: “Questo governo non ha la maggioranza del Paese. Lo hanno votato in 12 milioni e mezzo, ma in 18 milioni non hanno votato e in 15 milioni hanno scelto altre forze politiche. Noi dobbiamo rappresentare quelli che non vanno a votare, che sono anche nostri iscritti”.

La precarietà

“La logica che è ormai prevalsa nella sanità sta aumentando la precarietà, che è il male assoluto contro cui dobbiamo batterci”, ha argomentato Landini: “È la logica dell’appalto, del sub-appalto, della finta cooperativa, che ha abbassato i diritti e la qualità del lavoro”. Il segretario ha poi fatto un esempio: “Nei pronto soccorso ormai non troviamo più un dipendente pubblico, ma un lavoratore di una cooperativa o di una ditta in appalto. Ecco, questo è una vergogna”.

Il pensiero, quindi, è andato al periodo della pandemia. “Tutti coloro che lavoravano nella sanità venivano definiti eroi: i medici, gli infermieri, ma anche gli addetti alle pulizie o alle manutenzioni”, ricorda Landini: “Tutti dicevano che bisognava aumentare nella spesa sanitaria. Poi, finita l’emergenza, siamo subito tornati ai tagli, alle privatizzazioni, alla precarietà”.

I salari

Se la precarietà è il “male assoluto contro cui batterci”, Landini ha anche puntato l’indice sulla povertà dei salari: “Il ministro della Salute dice che non si trovano medici e infermieri da assumere. Ogni anno decine di migliaia di giovani vanno all’estero perché ottengono salari migliori e il riconoscimento del proprio lavoro. Se il governo volesse trovarli, basterebbe aumentare gli stipendi”.

Ma la questione dell’incremento dei salari riguarda tutto il Paese. “Il governo nella legge di bilancio non ha messo un solo euro per il rinnovo dei contratti pubblici”, continua Landini: “Nel Def scrive che l’inflazione crescerà, quindi se non prevediamo una crescita dei salari in realtà stiamo programmando una loro ulteriore diminuzione. Ma anche le imprese devono iniziare a scucire i cordoni della borsa, non possono pensare solo ad aumentare i profitti o a spostare le loro sedi nei paradisi fiscali”.

La riforma Calderoli

Il segretario generale ha anche parlato dell'autonomia differenziata. “Noi siamo contrari, già adesso abbiamo 20 Regioni e 20 diversi sistemi sanitari”, spiega Landini: “La modifica del Titolo V, fatta vent’anni fa da un governo di sinistra, è stata un errore clamoroso: come non eravamo d'accordo allora, a maggior ragione non siamo d'accordo oggi con un sistema che aumenta ancora di più le diseguaglianze nel Paese. È il momento di unire il Paese, non di dividerlo ulteriormente”.