Contro la corsa al riarmo, per la scuola, il lavoro, i diritti rifiutando il ruolo di vittime. La marea transfemminista non arretra e si rivede con un grande corteo a Roma e in tante altre città. Il ddl sul femminicidio? «L’ergastolo non ci restituisce le sorelle uccise»
8 marzo 2025 20 mila persone a Roma per lo sciopero tranfemminista di Non una di meno. «Ergastolo inutile, non ci ridà le sorelle ammazzate». Cori contro Trump, Milei, la presidente Ue Ursula von der Leyen e Roccella. Le militanti: «Rifiutiamo il ruolo di vittime. Su scuola, diritti e precariato Meloni fa passi indietro»
Lo sciopero transfemminista organizzato per l'8 marzo a Roma – Andrea Sabbadini
Quando il corteo transfemminista capitolino, aperto dallo striscione «Lotto, boicotto, sciopero» incrocia via Labicana il colpo d’occhio è notevole e lo sfondo, il Colosseo, come ogni anno, suggestivo. Ci sono più di ventimila persone che sfilano tra le bandiere della pace, quelle della Palestina e del Kurdistan, in mezzo a quelle fucsia di Non Una di Meno che ha organizzato la giornata di lotta in tutta Italia.
Si sentono cori contro il presidente degli Stati Uniti («Più trans, meno Trump» è stato uno degli slogan più ripetuti), contro quello argentino Javier Milei e contro la presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyer. E non è un caso: la piattaforma di ieri chiamava allo sciopero contro le guerre in corso e chiedeva il disarmo.
La guerra è una questione patriarcale: la fanno i governi autoritari e nazionalisti per il loro profitto ma la pagano i lavoratori e le lavoratrici Le attiviste di Nudm
SUL CAMION che apre il corteo (che, come lo scorso 25 novembre, ospita una frase di Gisele Pelicot, «la vergogna deve cambiare lato») attiviste palestinesi e italiane intervengono contro il genocidio a Gaza. «La guerra costa: la fanno i governi autoritari e nazionalisti per il loro profitto ma la pagano i lavoratori e le lavoratrici», urlano le trasfemministe in piazza. Di fatto è la prima manifestazione con una posizione netta per la pace e contro l’escalation militare convocata da mesi, se si esclude la Marcia per la Pace della Perugia-Assisi. Tanto è vero che oltre 250 donne e femministe hanno diffuso nei giorni scorsi un appello per boicottare la piazza «per l’Europa» del 15 marzo e a partecipare invece a quella dell’otto. «Siamo stanche di guerra, di quelle neocoloniali in Africa, di quella fra Russia e Ucraina, della violenza genocida di Israele sul popolo palestinese – si legge nel testo – siamo indignate per le complicità del nostro governo, della Ue e degli Usa e per gli 800 miliardi destinati al ReArm Europe che verranno sottratti alla sanità, alla scuola, ai servizi sociali».
GLI INTERVENTI dal camion parlano di «recessione culturale delle destre che puniscono e reprimono», affrontano il ddl sicurezza e il decreto Caivano imposto alle periferie come quella romana del Quarticciolo: «Ai problemi non si può rispondere con la polizia, le pratiche dei movimenti di quartiere vanno salvaguardate», spiegano le manifestanti.
Ogni tanto il camion si silenzia per le azioni «il minuto di rumore» con i mazzi di chiavi, alternativo a quello di silenzio imposto nelle scuole dal
Leggi tutto: Marea femminista e pacifista - di Luciana Cimino ROMA
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8 marzo Nell’attuale clima ruggente e belligerante, la scelta di campo di Giorgia Meloni per distinguersi alla vigilia dell’8 marzo, è stata quella di far fronte a «un’altra guerra», quella contro le […]
Nell’attuale clima ruggente e belligerante, la scelta di campo di Giorgia Meloni per distinguersi alla vigilia dell’8 marzo, è stata quella di far fronte a «un’altra guerra», quella contro le donne che lei reputa sia il femminicidio. Ha voluto con forza il ddl antiviolenza che introduce con l’articolo 577-bis il reato secondo cui se una donna viene uccisa in quanto donna la pena arriva all’ergastolo.
Meloni si è detta orgogliosa, in quel suo modo così contundente e al passo coi tempi, per aver dato «una sferzata nella lotta a questa intollerabile piaga». Fino a pochi anni fa impronunciabile, la nominazione del femminicidio in questa forma arriva al codice penale e acquista una nuova rilevanza simbolica. Peccato si tratti dell’ennesimo cortocircuito retorico, utilizzato da un governo ormai collaudato nella risignificazione di punti e passaggi storici, così come di questioni spinose di cui porgono sintesi e soluzioni quantomeno discutibili.
Eppure per contrastare la violenza maschile sulle donne e il suo esito ultimo, ovvero il femminicidio, non serve un pacchetto di misure e sanzioni ulteriori. Nonostante in quella «sferzata» pronunciata da Meloni ci sia tutto lo scintillio dell’elmetto di chi, con tutta evidenza, si rappresenta in trincea. Chissà dove, visto che non si tratta di una guerra, appunto. Non è un fenomeno emergenziale ma sistemico, ha radici storiche e patriarcali profondissime, è inutile presentarlo come un allarme, o peggio una «piaga», perché non è una accezione rispondente.
I centri antiviolenza lo ripetono da anni, che non è un’emergenza; lo dicono i presidi politici costruiti a ribadire i luoghi di libertà, i collettivi e i movimenti, le iniziative e tutto ciò che è un costante lavorio intorno all’antiviolenza. Ma Giorgia Meloni ha delle idee diverse: perché
Leggi tutto: La retorica del governo e i nostri corpi vivi - di Alessandra Pigliaru
Commenta (0 Commenti)L’Europa si ritrova compatta nella corsa al riarmo e al vertice straordinario di Bruxelles i 27 danno l’ok, con qualche distinguo, al piano von der Leyen. Italia contraria all’uso dei fondi di coesione e all’invio di truppe in Ucraina. Sul sostegno a Kiev lo strappo di Orbán
Riarmo Via libera dal Consiglio straordinario al piano di Ursula tutto incentrato su difesa e Ucraina. Ma sugli aiuti a Zelensky Orbán si sfila
Il cancelliere uscente Scholz con l’entrante Merz – Ap/Fabrizio Bensch
Una bandierina russa, di quelle tipo festoni che si appendono ai compleanni o ai ricevimenti, spunta dall’alto del reparto verdure della mensa del Consiglio.
CHI SE NE ACCORGE sgrana gli occhi o sorride. Chiunque l’abbia esposta, non potrebbe aver fatto un gesto più beffardo, nel giorno in cui l’Ue si stringe in modo solenne intorno all’Ucraina e promette di continuare a sostenerla a ogni costo «nella sua lotta esistenziale per la sovranità l’integrità territoriale», come dice Ursula von der Leyen.
È anche un piccolo incidente in un summit che si svolge per colmare il vuoto europeo tra la minaccia russa e la rottura transatlantica di Trump. Arrivato a Bruxelles, il presidente ucraino Zelensky ringrazia tutti i leader europei «per il forte sostegno dall’inizio della guerra», come dice all’entrata di un Consiglio straordinario tutto dedicato alla difesa europea e all’Ucraina.
Dall’altra parte della piazza in cui i leader dei Ventisette insieme ai vertici europei decidono come mettere a terra il piano di riarmo targato Ursula, la facciata del palazzo che ospita il servizio diplomatico è tappezzato dall’opera di un artista ucraino, con la scritta «How many times?» (quante volte?). Declinata come: quante volte ho dovuto contare sulle mie forze? «È importante che gli ucraini non siano lasciati soli», dichiara poi il presidente Zelensky, uscendo da un’ora e mezzo di colloquio con i leader, soddisfatto per lo sforzo bellico di Bruxelles.
PROPRIO SUGLI AIUTI all’Ucraina rimane il veto dell’Ungheria, e l’Europa si ritrova ad approvare quella parte del documento senza Budapest. Tutti d’accordo, invece, Orbán compreso, nella parte riguardante la difesa, che recepisce le proposte del piano di riarmo lanciata da von der Leyen alla vigilia del summit.
«Il Consiglio – si legge nelle conclusioni – sottolinea la necessità di continuare ad aumentare in modo sostanziale la spesa per la sicurezza e la difesa dell’Europa» e accoglie con favore le proposte della Commissione «per agevolare una spesa significativa per la difesa a livello nazionale in tutti gli Stati membri».
Si tratta di
Leggi tutto: L’Europa si fa fortezza - di Andrea Valdambrini
Commenta (0 Commenti)Il presidente francese Macron chiama alle armi e offre alla Ue il suo ombrello nucleare. E oggi il Consiglio europeo straordinario darà il primo impulso al piano ReArm Europe, una rifondaziona bellica
Il tiratore franco Il discorso alla nazione. Il capo dell’Eliseo offre al Vecchio continente l’ombrello nucleare
Il presidente francese Macron all’Elysee – foto Michel Euler/Ap
«È la fine dell’innocenza» ha dichiarato ieri il presidente francese, Emmanuel Macron. In un discorso alla nazione trasmesso sulle televisioni e su internet, il capo dell’Eliseo ha utilizzato la guerra in Ucraina per giustificare uno dei proclami più duri della sua presidenza: bisogna riarmarsi e bisogna farlo in fretta. «L’aggressività russa testa i nostri limiti e non sembra conoscere frontiere» sottolinea il presidente, «la nostra prosperità e la nostra sicurezza sono diventate più incerte e, bisogna pur dirlo, siamo entrati in una nuova era». Per Macron è l’era del riarmo, nella quale la Francia «non è impreparata» perché negli ultimi «dieci anni abbiamo raddoppiato gli investimenti per la Difesa».
Ma ora Parigi alza il tiro: vuole che sia tutta l’Europa – unita, sottolinea Macron – a far fronte comune contro la minaccia russa che «riguarda i Paesi europei, che ci riguarda. La Russia ha già trasformato la guerra in Ucraina in un conflitto mondiale» attraverso i contingenti nord-coreani e le armi iraniane. Ma non solo: «La Russia di Putin viola le nostre frontiere per assassinare gli oppositori, manipola le elezioni in Moldavia e in Romania» porta avanti campagne di attacchi hacker… Insomma, non usa mezzi termini Macron: bisogna prepararsi alla minaccia che viene da Mosca.
Militarmente prima di tutto. Il presidente ha annunciato di aver notificato agli industriali che operano nel campo della Difesa che presto si terrà un incontro con il governo per incrementare gli sforzi per il riarmo. Mentre il leader francese parla, sullo schermo scorrono grafici e immagini che sintetizzano la sproporzione tra le forze russe e quelle francesi e che quindi, nelle parole di Macron, ora giustificano la necessità di avviare una nuova corsa agli armamenti. «Chi può dunque credere che la Russia di oggi si fermerà all’Ucraina?».
In quest’ottica il capo dell’Eliseo palesa ancora una volta il suo sogno di una Difesa comune europea, anche se
Commenta (0 Commenti)Ursula von der Leyen propone un piano di riarmo per l’Europa: 800 miliardi di euro per la difesa, allargando le maglie del Patto di stabilità. Il Vecchio continente si riscopre solidale ma solo a suon di bombe. L’idea divide il governo italiano e riavvicina le opposizioni
SPARATA MILITARE La presidente mette sul piatto cifre roboanti: 800 miliardi di euro per la difesa. Ma le modalità di raccolta sono tutt’altro che chiare
Le cifre sono roboanti: 800 miliardi di euro «mobilitati» in quattro anni, tra prestiti per 150 miliardi e spese non calcolate nelle maglie del Patto di stabilità per i restanti 650. Il modo per raccogliere queste somme e metterle a disposizione della difesa europea però è tutt’altro che chiaro, tra ipotesi di prestiti sulla base di debito comune (modello obbligazioni emesse dalla Commissione con nel Next generation Eu) e aumenti delle spese belliche per l’1,5% del Pil nazionale dei paesi Ue.
Mobilitare le immense risorse dell’Europa a difesa della democrazia e ripristinare la deterrenza contro coloro che cercano di farci del male - Ursula von der Leyen
È QUESTO il contenuto dell’attesa lettera della presidente della Commissione Ursula von der Leyen sul piano di riarmo dell’Europa. Si tratta di una proposta che arriverà sul tavolo del leader dei Ventisette che si riuniscono domani a Bruxelles per il Consiglio europeo straordinario tutto dedicato alla sicurezza europea e al sostegno all’Ucraina. La lettera rende anche esplicito il contesto nel quale la necessità del maxi piano di riarmo si inserisce. Ursula parla di «riconoscenza» europea «per il sostegno Usa e il ruolo svolto nella nostra sicurezza per decenni». Una premessa che apre poi alla constatazione di un cambiamento radicale dell’ordine costruito nel dopoguerra. Per questo ora, sostiene von der Leyn, è necessario «mobilitare le immense risorse dell’Europa» a difesa della democrazia. Con lo scopo di «ripristinare la deterrenza contro coloro che cercano di farci del male».
Finalmente l’Unione europea si risveglia dal sogno bucolico di poter essere una sorta di superpotenza erbivora in un mondo di carnivoriNicola Procaccini (Ecr)
L’ACCELERAZIONE di von der Leyen scatena reazioni politiche ad ampio spettro. Di piano «necessario per rafforzare la sicurezza europea» parla il vicepresidente dei popolari Siegfried Muresan, e anche il co-presidente di Ecr, il meloniano Nicola Procaccini, lo definisce «una sveglia per l’Europa». Sparano a zero invece i patrioti della Lega, che chiedono se «Ursula vuole la terza guerra mondiale». Però, nella stessa famiglia europea, Marine Le Pen denuncia in un’intervista uscita ieri su Le Figaro la «brutalità della decisione Usa nel sospendere gli aiuti all’Ucraina». Di follia bellicista parlano gli eurodeputati italiani di Left, a partire dai 5S, e il responsabile esteri di Sinistra italiana Giorgio Marasà definisce il piano di von der Leyen «disegno osceno» che finisce per «obbedire a quello di Trump».
Silenzio e imbarazzo dai socialisti europei, che
Commenta (0 Commenti)Forzare il patto di stabilità, usare i fondi russi congelati all’estero, racimolare i soldi non spesi del Pnrr, riformare il mercato dei capitali per la felicità dell’industria bellica. L’Europa accelera sul riarmo per l’Ucraina, mentre Trump rincara la dose: «Resterete soli»
15 marzo Manifestare nel nome dell’Europa e basta, con la sua bandiera e nessun’altra, come hanno chiesto di fare Michele Serra e Repubblica, esprime la nostalgia di un orizzonte perduto ma può funzionare anche da incoraggiamento per chi continua ad allontanarsi da quello
C’era la bandiera blu con le dodici stelle gialle quando il parlamento europeo approvava l’uso delle armi dell’Unione in territorio russo. C’era quando Ursula von der Leyen ha cominciato ad accarezzare gli obici nei video di propaganda e a parlare del nostro come di un continente “minacciato ai confini”, bisognoso di una “maxi ricarica” di armamenti.
Faceva da sfondo, quella bandiera, anche alla tesi che le munizioni sono ormai “come i vaccini”, non ancora per fare debito comune ma già per concedere ai paesi membri di indebitarsi oltre i limiti per comprare o fabbricare nuovi missili e cannoni. Non per ospedali o scuole, non per completare il Pnrr.
Era stato impossibile, per decenni, scalfire il rigore sul debito, anche quando l’austerità schiantava la Grecia, deprimeva le economie nazionali e più di tutte quella del nostro paese, favoriva un immenso trasferimento di ricchezza dal lavoro alla rendita finanziaria. E sempre la bandiera blu con le stelle garriva a coprire queste scelte: “Ce lo chiede l’Europa”. Poi la crisi ha gonfiato le destre, le stesse che oggi sono formalmente fuori dalla maggioranza di Bruxelles ma sostanzialmente dentro a condizionare ogni scelta. Nell’Unione come nei singoli stati, non solo in Italia visto che tanto nel governo francese quanto nel programma del prossimo cancellierato anche gli ultra europeisti Macron e Merz hanno spalancato le porte ai sovranisti.
Nel frattempo l’Unione non è riuscita a dire una parola netta contro il genocidio di Gaza ma ha continuato ad armare Israele. E la bandiera europea è cucita sulle divise degli agenti di Frontex quando scatenano i cani contro i migranti ai confini est o collaborano con i trafficanti libici per
Leggi tutto: L’Europa non è solo una bandiera - di Andrea Fabozzi
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