«Stai giocando con la terza guerra mondiale», «firma o siamo fuori». Alla Casa bianca, Trump bullizza Zelensky in diretta. Che reagisce: «Putin è un killer». Ma il presidente Usa lo insulta, chiude lo show e lo mette alla porta. L’accordo con la Russia vuole farlo senza di lui
Crisi Ucraina Imboscata nello Studio ovale: «Putin vuole l’accordo, il problema sei tu. Non hai le carte». L’ospite risponde a tono e viene cacciato. Niente firma sulle Terre rare. Choc e orgoglio in Ucraina
Zelensky, Trump e Vance nello Studio ovale – Epa/Jim Lo Scalzo
Se ieri abbiamo assistito alla fine dei rapporti privilegiati tra Ucraina e Stati Uniti è stato un finale col botto. «Ma lo stai vedendo?» decine di messaggi in pochi minuti dai conoscenti ucraini, tutte le tv sintonizzate nei ristoranti e nei bar. Le persone in strada che camminavano come inebetiti fissando lo schermo dello smartphone.
Zelensky ha dato all’Ucraina venti minuti di orgoglio nazionale da manuale. Le conseguenze della mancata sottomissione ai bulli della Casa bianca saranno gravi, glielo ricorda Trump prima di congedare i giornalisti: «Putin vuole fare un accordo, non so se riusciremo a concluderlo, il problema è… – allarga un braccio verso lo sconsolato interlocutore, teso come una corda di violino -. Ti ho rafforzato per diventare un duro, ma non credo che sarai un duro senza gli Usa. Il tuo popolo è molto coraggioso – grazie, lo interrompe Zelensky ironico – ma o accettate un accordo o noi ce ne tiriamo fuori. E se noi ce ne tiriamo fuori, be’ te ne accorgerai da solo… non sarà bello, vedrai. Stai giocando con la Terza guerra mondiale, Ma non hai le carte. Non ti stai comportando come una persona grata, e questo non va bene, sarò onesto, non va affatto bene».
ANCORA UNA VOLTA Don Vito Corleone incontra Jordan Belfort (The Wolf of Wall Street, ndr) per convincere l’ex alleato che non solo gli conviene cedere alle richieste senza troppe storie, ma che se non lo fa saranno guai seri. «Sei venuto qui a mancare di rispetto al popolo americano e al suo presidente davanti ai giornali» ha accusato Vance, la prima di tante accuse che sono sfociate quasi subito nell’insulto. «Non ti sei mai mostrato grato!».
Trump coglie l’imbeccata: «Io ti ho dato i Javelin, io ti ho permesso…» e inizia la gogna. Tuttavia, nonostante l’atteggiamento da bullo di quartiere, gli sfottò con le vocine e le smorfie, Trump ieri ha tradito la stanchezza dei suoi 78 anni: è un uomo che non sopporta di essere contraddetto perché dopo poco non regge più lo scontro, per questo Vance gli è ormai fondamentale. Senza il suo vice come spalla, l’incontro televisivo dell’anno si sarebbe chiuso molto prima.
«ERA TUTTO PREPARATO, gli hanno teso una trappola!» commenta qualcuno tra gli ucraini. Difficile saperlo, ma osservando il tenore delle risposte di Trump e, soprattutto, di Vance è plausibile pensare che i due avessero perlomeno in mente un copione.
«Non ci hai mai ringraziato, anzi sei andato in Pennsylvania a fare campagna per i democratici…» il vice-presidente richiama la visita di Zelensky a fabbrica di armi con una delegazione democratica poco prima delle elezioni Usa. Ma cosa c’entra? Dice con tutta la sua mimica corporale Zelensky ed è l’espressione che a ogni nuova accusa il presidente messo all’angolo oppone alla totale assenza di logica dei suoi due aguzzini. È una rissa, non una conferenza stampa per annunciare la firma di un accordo che vale centinaia di miliardi di dollari. E i due aggressori, nonostante fossero di più, più forti e giocassero in casa, non hanno vinto.
Zelesky non ha mai perso le staffe, mantenendo sempre un atteggiamento dignitoso ma fermo. L’unica smorfia che gli scappa, irrefrenabile per l’ex-showman, la vediamo quando Trump dice che «Putin ha rotto gli accordi con Obama e con Biden, ma non li romperà con me perché mi rispetta». Il presidente ucraino alza le sopracciglia e abbozza un sorriso, come a dire «se lo dici tu». Fuori da questo scontro deprimente per l’Occidente dove si situa il piano per il cessate il fuoco? A questo punto tra la lesa vanità e la voglia di vendetta di Trump.
ZELENSKY, secondo la parte che gli era stata assegnata, doveva starsene docile davanti alle telecamere a farsi schernire, ad ammettere che il messia Trump era l’unico in grado di salvare il suo Paese e ringraziare anche quando veniva insultato. L’Accordo-quadro per le terre rare sarebbe stato firmato, le aziende amiche dei repubblicani avrebbero stappato diverse bottiglie a cena e il presidente ucraino sarebbe tornato a casa con un po’ di mascoline pacche sulle spalle e qualche pernacchia per suscitare l’ironia dei presenti al momento dei saluti. Nulla di tutto ciò. Zelensky è stato addirittura cacciato dallo Studio ovale: niente accordo sulle terre rare, niente garanzie di sicurezza, niente primo passo per
aprire i negoziati.
È iniziata fin dall’accoglienza mattutina: «Guarda come si è vestito elegante!» ha commentato il tycoon ad alta voce prima di porgere la mano al suo omologo con la classica uniforme verde militare che gli abbiamo sempre visto indosso in questi anni. È continuata durante tutta la conferenza alternando fatti – «voi (è incredibile quanto sia caduto in basso il linguaggio dell’amministrazione degli Stati uniti) ve ne andate in giro per il Paese a caricare gente che poi spedite al fronte». «E lei come fa a saperlo? È mai venuto in Ucraina, io l’ho invitata…».
A QUESTO PUNTO Zelensky ha azzardato un paragone, «parlate così perché non avete una guerra, se un giorno – Dio non voglia – vi dovesse capitare di essere nella nostra situazione chissà come vi sentireste». I due picchiatori si invertono, ora è Vance a tenere il malcapitato e Trump a pestare: «non puoi dirci cosa sentire!» è la prima risposta. In ogni caso, agli Usa non succederà perché sono più forti e non lasceranno che succeda. «Tu stai giocando senza carte, stai giocando d’azzardo con la Terza guerra mondiale» dice Trump. Zelensky, serio: «Non sono qui per giocare a carte».
Che non è un gioco lo si vede dall’espressione finale di Trump, più rossa del suo ciuffo, nonostante le due pacche sulla spalla consolatorie da parte di Vance. È la rabbia verso chiunque non si pieghi alla sua volontà e per Zelensky e l’Ucraina potrebbe significare l’inizio della fine.