Forzare il patto di stabilità, usare i fondi russi congelati all’estero, racimolare i soldi non spesi del Pnrr, riformare il mercato dei capitali per la felicità dell’industria bellica. L’Europa accelera sul riarmo per l’Ucraina, mentre Trump rincara la dose: «Resterete soli»
15 marzo Manifestare nel nome dell’Europa e basta, con la sua bandiera e nessun’altra, come hanno chiesto di fare Michele Serra e Repubblica, esprime la nostalgia di un orizzonte perduto ma può funzionare anche da incoraggiamento per chi continua ad allontanarsi da quello
C’era la bandiera blu con le dodici stelle gialle quando il parlamento europeo approvava l’uso delle armi dell’Unione in territorio russo. C’era quando Ursula von der Leyen ha cominciato ad accarezzare gli obici nei video di propaganda e a parlare del nostro come di un continente “minacciato ai confini”, bisognoso di una “maxi ricarica” di armamenti.
Faceva da sfondo, quella bandiera, anche alla tesi che le munizioni sono ormai “come i vaccini”, non ancora per fare debito comune ma già per concedere ai paesi membri di indebitarsi oltre i limiti per comprare o fabbricare nuovi missili e cannoni. Non per ospedali o scuole, non per completare il Pnrr.
Era stato impossibile, per decenni, scalfire il rigore sul debito, anche quando l’austerità schiantava la Grecia, deprimeva le economie nazionali e più di tutte quella del nostro paese, favoriva un immenso trasferimento di ricchezza dal lavoro alla rendita finanziaria. E sempre la bandiera blu con le stelle garriva a coprire queste scelte: “Ce lo chiede l’Europa”. Poi la crisi ha gonfiato le destre, le stesse che oggi sono formalmente fuori dalla maggioranza di Bruxelles ma sostanzialmente dentro a condizionare ogni scelta. Nell’Unione come nei singoli stati, non solo in Italia visto che tanto nel governo francese quanto nel programma del prossimo cancellierato anche gli ultra europeisti Macron e Merz hanno spalancato le porte ai sovranisti.
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Per un’iniziativa di pace dell’EuropaNel frattempo l’Unione non è riuscita a dire una parola netta contro il genocidio di Gaza ma ha continuato ad armare Israele. E la bandiera europea è cucita sulle divise degli agenti di Frontex quando scatenano i cani contro i migranti ai confini est o collaborano con i trafficanti libici per
respingere, lasciar affogare o riportare nei campi di tortura i profughi che fuggono via mare. Era blu e stellato anche il parere che la Commissione europea ha presentato la settimana scorsa davanti alla Corte di giustizia di Lussemburgo, parare rovesciato e adesso favorevole alla deportazione dei migranti nei centri di detenzione: viva il modello Italia, cioè Albania.
Che l’Europa scaldi il cuore è comprensibile, che sia unita e solidale resta un grande sogno e forse ancora l’unico destino di pace possibile. Era così ottanta anni fa quando quel sogno fu concepito al tramonto dell’ultima guerra mondiale e lo è ancora di più oggi quando i nazionalismi illuminano l’alba di una guerra nuova. Ma dire Europa senza dire che le politiche europee stanno segnando un fallimento e vanno rovesciate è solo stringersi nella malinconia di quello che non è stato.
Manifestare nel nome dell’Europa e basta, con la sua bandiera e nessun’altra, mettendo tutto questo tra parentesi, come hanno chiesto di fare Michele Serra e Repubblica, esprime la nostalgia di un orizzonte perduto ma può funzionare anche da incoraggiamento per chi continua ad allontanarsi da quello. Sarà certamente la nobile testimonianza di un vecchio ideale, può essere anche un appoggio a chi costantemente lo tradisce.
L’autoconsolazione non è un programma politico, nemmeno una piattaforma per sfilare insieme. Il richiamo identitario puro e semplice, vuoto di contenuto politico, non ha mai garantito mezzo passo in avanti, tantomeno quando l’identità non c’è. Nemmeno un esercito comune copre o anticipa un’identità e una politica comune. Legittima solo altra spesa mentre ancora non si ha idea di quale debba essere il rapporto di questa armata europea con la Nato.
Fare l’Europa di nuovo grande, punto e basta, è anche uno slogan di Musk e Trump che l’Unione stanno chiaramente provando ad affondare. Avanti così ci riusciranno davvero, ma un aiuto gliel’ha dato proprio l’Unione europea che per tre anni di guerra in Ucraina ha rinunciato a qualsiasi ipotesi di soluzione diplomatica, fatto il coro a Biden e incoraggiato Zelensky a spezzare le reni alla Russia. Disgraziatamente avere tutti i torti, come li ha Putin, non è garanzia di essere sconfitti. Specialmente quando si hanno due milioni di soldati e cinquemila testate nucleari.
Oggi l’Europa, divisa, è amica e abbraccia il presidente ucraino maltrattato a Washington. Non è stata in questi anni un’amica saggia.
Certo, le buone intenzioni vanno sempre colte. E poi comincia a fare meno freddo, viene voglia di uscire all’aria aperta. Ma bisogna farlo a occhi aperti. Riempire una piazza solo perché l’Europa è bella e buona sarebbe un po’ come augurarsi che il sole caldo sciolga in anticipo l’inverno, senza pensare che quel caldo è il segno del cambiamento climatico che ci arrostirà. E a proposito, l’Unione europea si è anche rimangiata il Green deal.