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Comunicato stampa

Tutta Faenza a fianco dei lavoratori della Cisa

La direzione aziendale della Cisa ha annunciato il 16 giugno alla Rsu e alle organizzazioni sindacali l’intenzione di mettere mano ad un piano di riorganizzazione motivato dall’esigenza di fronteggiare la crisi di fatturato e di redditività. In cosa consista il piano e quali siano le sue ricadute verrà reso esplicito nel corso dell’incontro che si terrà mercoledì 23 al ministero del Lavoro a Roma.
Le assemblee immediatamente convocate hanno espresso le grandi e comprensibili preoccupazioni

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Più di 700 i caduti faentini

Siamo ormai in pieno clima di celebrazioni del centenario della Grande guerra. È naturale che ciò avvenga perché quel conflitto resta un evento straordinariamente importante nella storia del nostro Paese e del mondo intero. Una cosa però ci auguriamo: che non prevalgano le banalità o, ancor peggio, i discorsi roboanti quanto privi di verità.
Il Papa Benedetto XVI la definì “l’orribile strage” ma, allora e nei decenni seguenti, fu una retorica senza freni a fare da sfondo alla grande tragedia e a mistificarne l’immane carico di sofferenze e di distruzioni. Filippo Tommaso Marinetti - uno dei padri del futurismo - inneggiò alla guerra quale “igiene del mondo”, molti giovani esaltati corsero volontari nelle trincee cercando la “bella morte”. Cessate le operazioni, lapidi e monumenti furono inaugurati con trionfo di fanfare fin nel più remoto paesino, dando origine a quella che gli storici hanno definito la “mistica del sacrificio per la patria”, una sorta di religione civile.
“Bella morte”! Di morti alla fine se ne contarono più di dieci milioni. Doppio fu il numero dei feriti, dei mutilati e degli invalidi. Seicentomila i caduti italiani. E ovunque un lungo strascico di epidemie - in alcuni Paesi, fra i quali il nostro, la spagnola mieté altrettante vittime - di miseria e di acuti conflitti sociali e politici. Le stesse dittature vanno annoverate fra le tragiche eredità della guerra.
Un’intera generazione fu strappata alle sue occupazioni quotidiane e ai suoi affetti e gettata nella fornace. I caduti faentini furono 731, erano di età comprese fra i 18 e i 35 anni. Il loro mondo era racchiuso nei confini della città

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La "Carta di Milano": sotto le parole...nulla

di Moni Ovadia, Alex Zanotelli, Vittorio Agnoletto, Mario Agostinelli, Piero Basso, Vittorio Bellavite, Franco Calamida, Massimo Gatti, Antonio Lupo, Emilio Molinari, Silvano Piccardi, Paolo Pinardi, Basilio Rizzo, Erica Rodari, Anita Sonego, Guglielmo Spettante, Gianni Tamino, Vincenzo Vasciaveo

Ora tutto il dibattito su questa Expo rischia di dover ruotare attorno ad un'unica fotografia: da un lato migliaia di persone entusiaste tra gli stand della grande Esposizione, dall'altra le auto bruciate e la città sfregiata.
Ma non è così. Restano tutte le ragioni della critica ad Expo. Restano le tante persone che al di là dell'adesione alle manifestazioni continuano a pensare che occorre insistere nella critica e continuare ad avanzare proposte alternative su contenuti precisi.
Occorre ripartire dal grande convegno realizzato il 7 febbraio a Milano, costruendo consensi ampi, parlando a tutte e a tutti, perché il tema: “Nutrire il pianeta..energia per la vita”.. riguarda ognuno di noi e ben poco ha a che fare con quanto realizzato da questa EXPO.
Noi continueremo questo impegno - anche in previsione del grande convegno internazionale che si svolgerà a Milano venerdì 26 e sabato 27 giugno con la seconda edizione di: "Expo nutrire il pianeta o nutrire le multinazionali" - affinché: diritto all'acqua, diritto al cibo e giustizia sociale non siano solo degli slogan.
Ripartiamo da qui e dalla critica alla "Carta di Milano"
La Carta c’è, è ufficiale. E' stata presentata coi toni dei grandi eventi istituzionali che cambiano la Storia. Ma non sarà così.
La Carta di Milano scivolerà nella storia senza incidere alcunché, legittimando ancora il modello agroalimentare che ha prodotto insostenibilità, disastri ambientali e le terribili iniquità che vive il nostro mondo e che la stessa Carta denuncia ma ignorando lo strapotere politico delle multinazionali, che stanno dentro ad Expo e che sottoscrivono la Carta.
Il presidente Sala ebbe a dire a suo tempo che in Expo dovevano coniugarsi il diavolo e l’acqua santa: pensiamo intendesse Coca Cola, Monsanto

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Trento e Bolzano sono ancora in Italia?
Ovvero
Quando i risultati non piacciono la stampa filorenziana semplicemente li occulta!

Vi propongo un po’ di risultati a confronto, tirate voi le conclusioni. 
Bolzano:
Nel 2010 il centrosinistra (Pd + SVP+ Rif. Com + Sel + altri) elegge il sindaco Spagnolli al I turno con il 52,7%
Nel 2015
(Domenica scorsa) con il Pd insieme a SVP e una lista civica pro sindaco, lo stesso Spagnolli prende il 41, 58% e va al ballottaggio.
Ha perduto -11,12% e -7833 voti

Il Pd ha preso il 16,95 % e, sommando i voti delle 2 liste civiche alleate, il 25,61% (affluenza a Bolzano 57,78)
Alle Europee 2014 quelle sbandierate da Renzi con il 40,8 % (affluenza a Bolzano 58,1) il Pd aveva ottenuto il 35,7%
Ha perso la bellezza del -10,09% e -5708 voti.

La sinistra non è da meno: Verdi + Sel + A sinistra ottengono il 10,45% (come nel 2010)
Alle europee 2014 sommando L’Altra Europa e Verdi avevano ottenuto il 12,00% -1,55% ( e perdono 727 voti).

Trento:
Nel 2009 il Pd (+ Patt+ Verdi+ altri) elegge il sindaco Andreatta al I turno: con il 64,42%
Nel 2015
(Domenica scorsa) il Pd (con lista civica + Patt (autonomisti) + Verdi e altr) conferma Andreatta al I turno con il 53,70%
Perde però il -10,72% e -7053 voti

Il Pd prende il 29,58%, e sommando i voti della lista civica alleata, il 41,66% (affluenza a Trento 54,74)
Alle Europee 2014 quelle sbandierate da Renzi con il 40,8 % (affluenza a Trento 56,9) il Pd aveva ottenuto il 49,1%
Ha perso la bellezza del -7,44% e -5527 voti.

La sinistra: L’Altra Trento ottiene il 4,67% (i verdi sono alleati con il Pd e ottengono il 2,86%)
Alle europee 2014 sommando L’Altra Europa e Verdi avevano ottenuto il 8,00% Pur divisi ora perdono qualcosina ( e perdono 548 voti).

Certo il dato clamoroso è il crollo di Forza Italia e il successo della Lega, ma si può dire che il Pd ha vinto o confermato il risultato delle Europee? Quello che avrebbe legittimato il Renzi pigliatutto?
Forse no. Allora i giornaloni fanno sparire i numeri e fra poche ore anche la notizia.

Uno a cui piacciono i numeri  (S.E. & O.)
A. M.

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Alberto Bellini assessore all'ambiente nel Comune di Forlì, scrive una lettera aperta al Segretario del Pd Paolo Calvano

Lettera aperta al segretario Paolo Calvano,
la modifica dello statuto di Hera è un tema che può segnare una nuova stagione per la politica regionale. Ripongo grande fiducia nella nuova segreteria e mi aspetto che dimostri con i fatti l'attenzione a temi così sensibili.
In nessuna sede istituzionale o politica si è discusso di questo tema. Un tema rilevante, perché il futuro dei servizi pubblici locali riguarda direttamente tutti i cittadini italiani, che nel 2011 hanno dimostrato - partecipando al referendum - di privilegiare una gestione dei servizi idrico e rifiuti orientata alla qualità e non al profitto.
Anche i sindacati, cui va riconosciuto il merito di aver acceso i riflettori su questo tema, hanno abbandonato il fronte e hanno accettato le soluzioni proposte dal Sindaco di Imola. Si accetta, malvolentieri, l'idea che la partecipazione dei soci pubblici in Hera possa scendere al 38%. L'accordo è basato su generici impegni non vincolanti, non pubblici e definiti in atti successivi.
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E' questo il titolo di un convegno svolto lo scorso 16 aprile alla Camera del Lavoro di Bologna (di cui verrà pubblicata la relazione introduttiva), di seguito alcune considerazioni.

Il posizionamento della Cgil dell'Emilia Romagna su questa vicenda è importantissimo, e non pare una posizione momentanea. Il segretario regionale della Cgil ha affermato “apriamo una vertenza rispetto alle scelte della proprietà pubblica, lo sciopero infatti è un punto di partenza, non di arrivo”. Una dichiarazione forte, che precisa la posizione espressa dalla Cgil nazionale su altre vicende analoghe. Purtuttavia, questo sarà sufficiente a fermare la tendenza alla privatizzazione? Forse non basta, e servono alcuni approfondimenti.
Se il punto di vista che si vuole far prevalere è la corretta gestione dei beni comuni, a partire dall'acqua pubblica, bisogna riconoscere che la strategia d'impresa di Hera, come quella di tante altre multiutility, è già privatistica. Questo non perchè una Spa - anche a maggioranza pubblica - è alla ricerca di un profitto da distribuire agli azionisti, ma perchè la visione, la filosofia di gestione dei servizi pubblici locali (acqua, energia, rifiuti, risorse del territorio) è privatistica.
Un esempio (che qualcuno fece notare all'epoca) nella relazione al primo bilancio presentato da Hera Spa si leggeva questo concetto: “l'anno passato è stato molto positivo, l'inverno è stato molto freddo, e abbiamo venduto molto gas, l'estate molto caldo e abbiamo venduto molta acqua, il bilancio è stato molto postivo”.
E' naturale che per un'azienda privata, che deve vendere merci, sia positivo venderne molte. Non è invece naturale che la gestione di servizi pubblici locali risponda unicamente alla logica del mercato. Il risultato positivo per la gestione di questi servizi (che siano considerati tutti “beni comuni” o meno non è fondamentale) non dovrebbe essere solo economico, ma soprattutto dovrebbe essere quello di ridurre al massimo i consumi, di ridurre gli impatti ambientali sul territorio, di aumentare l'efficienza e l'uso razionale di tutte le risorse, di aumentare la “sostenibilità”.
Non è quello che fa Hera (nonostante tenti di darsi una immagine “green”, con un po' di propaganda, i “bilanci sociali”, ecc.), anzi fa il contrario. Oltre alle diverse criticità evidenziate nella gestione del servizio idrico e sulle tariffe, possiamo aggiungere qualcosa sugli altri servizi.
Hera possiede il 20% di azioni nel progetto di centrale a carbone di Saline Joniche (progetto

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