Germania. La direzione del Gruppo ha prevalentemente ignorato importanti tendenze del mercato e non ha effettuato investimenti. Ora si è aperto il dibattito, cui partecipano politici e sindacati, su come salvare la casa d’auto. Anche con aiuti pubblici
Modellini giocattolo del Maggiolino Volkswagen, in basso una protesta nello stabilimento di Wolfsburg - Ap
La Volkswagen (VW) è in profonda crisi. Si annuncia la chiusura di alcuni impianti. Nel 2023, la multinazionale aveva ancora enormi riserve accumulate e registrava un utile netto di 16 miliardi. Di questi, 4,5 miliardi sono stati distribuiti nel 2024. Sebbene fattori come l’aumento dei costi dell’energia abbiano giocato un ruolo nella crisi, la direzione del Gruppo ha prevalentemente ignorato importanti tendenze del mercato e non ha effettuato investimenti che sarebbero stati importanti.
Non solo, ma soprattutto per il mercato centrale di VW, la Cina, manca nella gamma un’auto elettrica economica. Chi si lascia sfuggire tali sviluppi non deve sorprendersi se risulta poi fortemente penalizzato dal punto di vista economico. Le leggi della concorrenza sono implacabili. Alla luce della situazione attuale, tuttavia, sono le enormi distribuzioni di profitti a far scuotere la testa.
VW ha ora annunciato riduzioni dei costi e un duro programma di austerità. Per i dipendenti, in particolare, non è un buon segno il fatto che il Gruppo abbia annullato diversi accordi salariali aziendali che prevedevano, tra l’altro, la garanzia del posto di lavoro fino al 2029. La direzione vuole ora rinegoziare le retribuzioni di operai e dirigenti. L’azienda potrebbe procedere a licenziamenti per ragioni aziendali già a partire dal 2025.
Oltre ai dipendenti, tutto questo sta spingendo anche i politici e i sindacati a intervenire, con le loro idee, nel dibattito su come salvare la VW. Per il Bündnis Sahra Wagenknecht (BSW), gruppo conservatore di sinistra, scissionista del Partito della Sinistra tedesca, fondato da Sahra Wagenknecht qualche mese fa, l’intera situazione è piuttosto imbarazzante, poiché negli ultimi mesi i suoi politici si sono ripetutamente espressi a favore di un ritorno ai motori a combustione, invece di sostenere la necessaria svolta verso la mobilità elettrica. I sindacati e il consiglio di fabbrica stanno cercando di trovare soluzioni socialmente accettabili. Si discuterà anche di aiuti pubblici.
Nulla di tutto ciò è sbagliato in linea di principio. Ma il partito Die Linke, il partito socialista democratico nel sistema partitico tedesco, dovrebbe andare oltre e riconoscere, ad esempio, che un’azienda guidata dai dipendenti avrebbe gestito i profitti del passato in modo più responsabile e investito in modo più sostenibile nel proprio futuro.
Oltretutto la cogestione e le quote rilevanti di VW detenute dallo Stato federale della Bassa Sassonia conferiscono al Gruppo una posizione speciale nel panorama industriale tedesco. Ad esempio, l’elevato livello di partecipazione statale in Bassa Sassonia consente di esercitare un’influenza significativa sulla politica aziendale di VW. Qui si dovrebbero porre ulteriori questioni, ad esempio la proposta di una socializzazione di ampio respiro che andrebbe finalmente portata avanti nel dibattito con fiducia e sicurezza di sé.
Sarebbe anche opportuno per una sinistra politica collegare strettamente la crisi del VW con l’imminente transizione della mobilità sociale. Non si tratta solo di mobilità elettrica, soprattutto se deve essere sociale. Perché i problemi di mobilità sono problemi di classe. Le persone più povere nelle aree urbane e rurali dipendono da una rete di trasporti pubblici strutturata e funzionale. Nelle aree rurali è molto più difficile garantirla, a causa delle diverse densità di popolazione. Deve essere ben finanziata sia nelle aree urbane che in quelle rurali. E sono necessarie anche ricerca, sviluppo e produzione che creino la tecnologia, i veicoli e le infrastrutture che servono non solo per il trasporto privato, ma anche per il trasporto pubblico.
In definitiva la crisi del Gruppo potrebbe essere una leva per portare avanti un “cambio di corsia” socio-ecologico. Per raggiungere questo obiettivo, VW dovrebbe essere ritenuta responsabile e i politici dovrebbero creare le condizioni quadro necessarie per il cambiamento.
*L’autore è consulente per la formazione politica presso la Rosa-Luxemburg-Stiftung di Berlino. Ha gentilmente accettato di scrivere una versione per i lettori italiani del suo articolo pubblicato dal quotidiano della sinistra tedesca Nd