È davvero inaccettabile il linciaggio politico-mediatico degli oltre 400 professori universitari (tra i quali spicca Alessandro Barbero: cui in queste ore viene fatta pagare soprattutto la sua posizione sulle Foibe) che hanno firmato un appello critico sul green pass (https://nogreenpassdocenti.wordpress.com/). Pur essendo debole sul piano giuridico (Costituzione e diritto europeo) e pur ammiccando al tono apocalittico di chi assimila le vaccinazioni alle persecuzioni (ragioni per le quali non ho firmato), l’appello ha il merito di porre sul tappeto una serie di questioni sostanziali, largamente eluse dalla propaganda governativa. Quei professori, insomma, fanno il loro mestiere: esercitano il pensiero critico, e lo fanno in pubblico. E fa impressione che dal vertice del mondo accademico la questione dei diritti costituzionali venga liquidata come «di lana caprina».
I docenti affermano che il lasciapassare «estende, di fatto, l’obbligo di vaccinazione in forma surrettizia per accedere anche ai diritti fondamentali allo studio e al lavoro, senza che vi sia la piena assunzione di responsabilità da parte del decisore politico», e auspicano che «si avvii un serio dibattito politico, nella società e nel mondo accademico tutto (incluse le sue fondamentali componenti amministrativa e studentesca), per evitare ogni penalizzazione di specifiche categorie di persone in base alle loro scelte personali e ai loro convincimenti, per garantire il diritto allo studio e alla ricerca e all’accesso universale, non discriminatorio e privo di oneri aggiuntivi (che sono, di fatto, discriminatori) a servizi universitari». È difficile non condividere sia la constatazione che l’auspicio: perché una sempre più violenta caccia alle streghe (https://volerelaluna.it/opinioni/2021/09/08/il-green-pass-attenti-al-virus-dellintolleranza/) copre la fuga del Governo Draghi dalle proprie responsabilità.
L’arbitrio, le discriminazioni e le aporie del green pass potrebbero essere tutti superati dal coraggio di introdurre l’obbligo vaccinale (è la posizione di Barbero, ma non dei promotori dell’appello), come suggerisce anche Maurizio Landini. Perché è davvero pazzesco che il passaporto sanitario sia (per esempio) necessario per pranzare alla mensa della fabbrica, ma non nel ristorante dell’albergo di lusso; per passeggiare in un parco monumentale, ma non per consumare superalcolici al banco; per andare a teatro, ma non alla messa; per andare all’università ma non al supermercato; per salvare la vita dei ricchi sulle Frecce (170.000 al giorno), ma non per tutelare i 6 milioni di pendolari che ogni giorno viaggiano sui treni locali… Né è giusto che ad alcune categorie professionali sia imposto, e ad altre (non a minor rischio) invece no. Con l’obbligo, al contrario, lo Stato parlerebbe con chiarezza, forza ed eguaglianza: assumendosi la responsabilità di scelte che pressoché nessuno è in grado di fondare su una vera consapevolezza scientifica. E se la risposta fosse che la natura ancora sperimentale del vaccino (o altre circostanze scientifiche e giuridiche) non consentono di stabilire l’obbligo, ebbene allora sarebbe almeno chiaro che quello stesso obbligo non può essere imposto nemmeno surrettiziamente, come sta accadendo.
Ma la vera domanda che quell’appello spinge a farsi è: davvero abbiamo bisogno di un obbligo (esplicito o mascherato che sia)? In Italia abbiamo vaccinato oltre l’80% della popolazione vaccinabile (dunque esclusi i sei milioni sotto i 12 anni e chi non può vaccinarsi per ragioni mediche), e non certo grazie all’imposizione del lasciapassare (lo hanno argomentato molto bene i Wu Ming in un lungo e assai lucido articolo online: https://www.wumingfoundation.com/giap/2021/08/ostaggi-in-assurdistan/). E dunque, a cosa serve il green pass (misura, ricordiamolo, senza veri paragoni all’estero, Francia esclusa), e a cosa potrebbe un domani servire l’obbligo (https://volerelaluna.it/commenti/2021/08/06/noi-il-vaccino-e-la-pandemia-il-green-pass-e-davvero-la-soluzione/)?
Da una parte sono funzionali ad alimentare la logica del nemico pubblico: il pestaggio mediatico degli “insegnanti novax”, per esempio, va avanti nonostante che il 90,45% del personale di scuola e università abbia fatto almeno una dose. Dall’altra, servono ad aprire la strada a un pericolosissimo “bomba libera tutti” che sollevi finalmente il Governo dai suoi veri doveri. Alcune università iniziano a dire che se in un’aula sono tutti col green pass ci si può togliere la mascherina: e già si intravede come il lasciapassare consentirà – piano piano – di far saltare i limiti sui mezzi di trasporto, nelle aule di scuole e tribunali, e in mille altri spazi pubblici gravemente inadeguati a prescindere dalla pandemia. Sarebbe un disastro sia per la diffusione della pandemia (perché il green pass è una misura amministrativa e politica, non certo un presidio sanitario, e dunque – va detto con chiarezza – non elimina affatto il rischio di contagio), sia per la perdita di un’occasione unica per dare dignità e adeguatezza ai luoghi in cui si svolge la vita dei lavoratori. Insomma, la via dell’esclusione invece di quella dell’inclusione. L’alternativa a obblighi, veri o mascherati, è allora forse quella suggerita dall’OMS, che dice che se un obiettivo di salute pubblica «può essere raggiunto con interventi politici meno coercitivi o intrusivi (ad esempio, l’istruzione), un obbligo non sarebbe eticamente giustificato, poiché il raggiungimento di obiettivi di salute pubblica con minori restrizioni alla libertà e all’autonomia individuali produce un rapporto rischio-beneficio più favorevole». Quanto più civile e democratica del green pass (odioso fin dal marketing inscritto nel nome: https://volerelaluna.it/opinioni/2021/08/04/il-green-pass-quando-il-linguaggio-non-aiuta-a-capire/) o dell’obbligo sarebbe stato, e potrebbe ancora essere, una campagna porta a porta per parlare con coloro che davvero sono contrari al vaccino: in fondo una piccola minoranza (stimata tra il 3 e il 6% della popolazione vaccinabile) in buona parte composta di persone che hanno solo bisogno di un dialogo con un umano (e non con una lista di Faq) che li aiuti a vincere paure razionali e irrazionali. Nessuno – è vero – può avere in questa materia ricette infallibili, ma l’unica cosa davvero sbagliata è demonizzare chi chiede un dibattito serio. E proprio chi – come me – crede che i vaccini siano l’unica strada per uscire dalla pandemia, ha tutto l’interesse che questo dibattito sia serio e profondo, che investa la questione dei brevetti e quella del rapporto tra industria farmaceutica e interessi collettivi, che affronti lo scandalo dei marginali esclusi dal vaccino, in Italia e nel mondo (dove sono maggioranza). All’inizio della pandemia, il papa ci aveva ricordato che era illusorio sperare di rimaner sani in un mondo malato: i toni che sta assumendo il discorso sui vaccini ci ricordano quanto la malattia morale sia grave.