Commenti La conferenza di Monaco non è la fine della Nato. Basta che i Paesi Ue paghino di più per la difesa restando i migliori clienti del complesso militar industriale israelo-americano
A Monaco gli americani le hanno sparate grosse. Vance, il vice di Trump, si è spinto da affermare che in Europa la libertà «è in ritirata» e che «i valori tra le due sponde dell’Atlantico non sono più condivisi». Cosa per altro riconosciuta con amarezza dal presidente tedesco Steinmeier: «La nuova amministrazione americana ha un diverso modo di vedere il mondo rispetto noi. Non ha riguardo per le regole stabilite, la partnership e la fiducia». Insomma tra le due sponde dell’Atlantico stanno per cominciare le pratiche di separazione ma, come spesso avviene, gli interessi prevalgono sulle passioni e complicano i divorzi.
La conferenza di Monaco sulla sicurezza non è la fine della Nato. Basta pagare. E perché mai dovrebbe esserlo? I Paesi dell’Alleanza atlantica non spendono per la difesa quanto vorrebbe Washington (il raddoppio della spesa europea al 5% del Pil) ma restano comunque i migliori clienti del complesso militar-industriale israelo-americano. Certo Vance in Baviera ha strapazzato gli alleati ma non si ammazza la gallina europea che fa le uova, pronta comunque ad acquistare sempre più armi dagli Usa. L’anno scorso, per esempio, la Nato ha portato da 40 a 50 miliardi di euro le spese in armamenti per l’Ucraina: la maggior parte dei contributi sono venuti proprio dagli stati europei e le commesse per l’industria militare americana sono state, al solito, notevoli.
Non è da oggi che l’Europa è un vassallo degli Stati uniti e questo certamente non cambierà domani neppure con Trump. Anzi. La prospettiva per Trump è quella di vendere sempre più gas liquido agli europei e di farlo passare anche attraverso le pipeline dell’Ucraina che prima portavano il gas russo.
In poche parole il presidente americano e i suoi esattori hanno in mano due bollette in scadenza: quella della difesa e un’altra per l’energia. Un megawatt ora di gas in Europa costa oggi oltre 40 euro, negli Stati uniti 7: e così si sistema anche la competizione industriale tra le due sponde dell’Atlantico. Poi tra un po’ arrivano anche i dazi e con questo Trump liquiderà la questione europea, considerata come una noiosa perdita di tempo che assorbe energie al dossier più spinoso, ovvero la Cina. Quanto al Medio Oriente lì ci pensa Netanyahu, il quale strangolando gli aiuti a Gaza prepara un inverosimile futuro da resort di lusso per la Striscia. E anche su questo – ancora peggio che sull’Ucraina – gli europei non hanno niente da dire. Persino pronunciare la formula “due popoli due stati” verrà percepito pure qui come una vera e propria presa in giro.
Certo da Monaco non arrivano buone notizie né per l’Europa né per l’Ucraina. Ma lo sapevamo già. Mentre Trump e Putin aprivano con una telefonata le trattative sull’Ucraina, il nuovo segretario alla Difesa americano, Pete Hegseth, dichiarava che l’Europa non può più fare affidamento sugli Stati uniti per la propria difesa, avvertendo che Washington non sarà più il principale garante della sicurezza del continente. Naturalmente è vero solo in parte visto che nessuno, per ora, mette in discussione un apparato bellico che fa leva sulle testate nucleari. Ma tutto fa gioco all’amministrazione Trump per agitare le acque e far credere che la Nato è in liquidazione, una manovra per estorcere ancora più denaro agli europei.
A Monaco ci si è messo pure Zelesnski ad alimentare il clima di smarrimento, affermando che, senza garanzie di sicurezza, Putin potrebbe attaccare la Nato l’anno prossimo. I russi, ha detto, «possono andare avanti in Ucraina, oppure andranno in Polonia o nei Paesi Baltici», con la differenza che però questi ultimi sono membri della Nato con tutte le conseguenze del caso. Ma ormai Zelenski dice la qualunque perché ha capito che Trump, pur di chiudere la partita ucraina, sarebbe pronto anche a consegnare la sua testa a Putin, anche se firma l’accordo con gli Usa sulle terre rare.
Del resto il disorientamento degli ucraini e degli europei è comprensibile. Trump non aveva avvertito nessuno della sua iniziativa con Putin. Non aveva sentito gli ucraini, i diretti interessati, che hanno scoperto tutto soltanto dopo la conversazione con Putin, e gli europei sono stati lasciati totalmente ai margini. Trump porta avanti una politica imperiale perché questa è la natura del suo secondo mandato, come ormai risulta chiaro a tutti. Il presidente americano vuole trattare direttamente con Putin le sorti dell’Ucraina e anche eventuali garanzie di sicurezza, così come intende negoziare direttamente con il leader cinese. La sua preferenza per i dittatori appare evidente, così come è palese il suo fastidio per le democrazie che considera imbelli e inconcludenti.
Ma questo è anche il momento della verità per l’Europa, per trovare alternative agli Stati uniti – che non siano la guerra – e alla visione del mondo di Trump basata su un’unica superpotenza. Altrimenti saremo ancora più vassalli di prima.