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Un anno con Dante

Enrico Ballardini legge la Divina Commedia per la Biblioteca Manfrediana
 
 Un anno con Dante. Enrico Ballardini legge la Divina Commedia per la Biblioteca Manfrediana
 
 
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Recovery Plan. Ecco il PNRR di Legambiente ⋆ Legambiente

23 priorità di intervento, 63 progetti territoriali da finanziare e 5 riforme trasversali necessarie

per accelerare la transizione ecologica e rendere la Penisola più moderna e sostenibile

In Emilia-Romagna, le richieste prioritarie per l’Associazione riguardano i temi della rigenerazione, della mobilità, della messa in sicurezza del territorio, dell’energia e dei rifiuti: messa in sicurezza del nodo idraulico modenese, rigenerazione delle città, riconversione dei settori industriali e completamenti viari su ferro.

Legambiente: “Non si sprechino le risorse europee. La ripartenza del Paese parta da più semplificazioni, controlli pubblici più efficaci e una nuova norma sul dibattito pubblico

 SCARICA LE PROPOSTE PER L’EMILIA-ROMAGNA

 Un’Italia più verde, più vivibile, innovativa e inclusiva. Così potrà diventare la Penisola da qui al 2030 se saprà utilizzare al meglio le opportunità e le risorse che l’Europa ha messo a disposizione dell’Italia con il Next Generation EU (NGEU). Di ciò ne è convinta Legambiente che, nel giorno in cui viene audita in Parlamento in Commissione Ambiente della Camera dei deputati, per dare una “scossa” alla recente discussione poco centrata sui contenuti presenta il suo Recovery Plan, frutto di un lungo dialogo durato 5 mesi con istituzioni, imprese, associazioni, sindacati, e di una scrittura collettiva e condivisa. Il documento in questione ci proietta verso l’Italia del 2030 e indica, per le 6 missioni indicate dall’Europa, 23 priorità di intervento, 63 progetti territoriali da realizzare - tra rinnovabili, mobilità sostenibile, economia circolare, adattamento climatico e riduzione del rischio idrogeologico, ciclo delle acque, bonifiche dei siti inquinati, innovazione produttiva, rigenerazione urbana, superamento del digital divide, infrastrutture verdi, turismo, natura e cultura - insieme a 5 riforme trasversali necessarie per accelerare la transizione ecologica del Paese per renderlo più moderno e sostenibile, dando il via ad una nuova stagione della partecipazione e della condivisione territoriale. Il faro che ha guidato Legambiente nella redazione del suo Recovery Plan è la lotta alla crisi climatica che riguarda trasversalmente le 23 priorità nazionali di intervento. Nel documento, inoltre, l’associazione ambientalista descrive, regione per regione, quelle che a suo avviso sono le opere da realizzare e quelle da evitare, indicando in maniera chiara come spendere i quasi 69 miliardi di euro destinati per la “Rivoluzione verde e transizione ecologica” e i 32 miliardi destinati alle “Infrastrutture per la mobilità sostenibile”.

 Tra i progetti da finanziare in Emilia-Romagna, Legambiente indica:

 ●       Rigenerazione delle città, recupero delle molte aree dismesse e interventi sulle grandi aree da bonificare: censire aree artigianali ed industriali dismesse, per l’insediamento delle nuove attività produttive, sviluppare un fondo specifico di garanzia per interventi rapidi di bonifica, realizzare infrastrutture diffuse finalizzate alla riduzione del rischio idraulico e climatico, potenziare le risorse verso la rigenerazione urbana;

 ●       Una nuova mobilità ed una nuova logistica: adeguamento della ferrovia Parma-La Spezia e prosecuzione verso il Brennero, completamento del nodo dell’SFM di Bologna, realizzazione di un sistema rapido di trasporto costiero, avviamento del cantiere per adeguamento dell’intera rete ferroviaria regionale (350 km);

  ●       Messa in sicurezza del territorio come cantiere per la difesa delle persone e dell’economia:      piano straordinario di interventi per la sicurezza idraulica su tutte le province con particolare riguardo al nodo idraulico modenese;

 ●       Energia: priorità agli interventi di efficientamento energetico e forte sostegno alle rinnovabili, in particolare eolico offshore e fotovoltaico su aree degradate;

  ●       Rifiuti: accelerare il supporto alle filiere produttive e della distribuzione per ridurre l’utilizzo di prodotti monouso e materiali non recuperabili;

 ●       Riconversione di settori economici specifici: a partire da quello dell’Oil&Gas di Ravenna, dell’industria ceramica e del settore regionale verso la produzione del settore elettrico di auto e autobus;

  ●       Aree interne e Appennino: implementare la garanzia dei servizi sul territorio, superare il frazionamento della proprietà agraria, sviluppare biodistretti e turismosostenibilie e di      comunità, strumenti di maggior tutela per l’area del Delta del Po;

 ●       Servizio Sanitario e Ambiente: potenziamento del servizio sanitario e miglior integrazione tra medici e pediatri di famiglia per avere una miglior lettura tra lo stato di salute e l’ambiente con l’istituzione di “Medici sentinella per l’ambiente”.

  “Negli ultimi mesi – spiega Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente - il percorso di definizione del PNRR da parte del governo italiano è stato a dir poco confuso e, soprattutto, per nulla partecipato. Per dirla con una battuta auspicavamo un “PNRR partecipato” e ci siamo trovati un “PNRR delle partecipate”, come poi è emerso dalle bozze circolanti con i progetti proposti da Eni. Il nostro auspicio è che, una volta superata la crisi governativa in corso, l’Esecutivo abbia il coraggio di cambiare registro e passo pensando ad un Recovery Plan diverso, modificandolo e mettendo al centro la crisi climatica, anche prendendo spunto dal nostro documento. Questi interventi devono essere accompagnati da un profondo pacchetto di riforme per accelerare la transizione ecologica: servono più semplificazioni, controlli pubblici migliori, un’organizzazione burocratica aggiornata professionalmente e all’altezza della sfida, una maggiore partecipazione con una nuova legge sul dibattito pubblico che riguardi tutte le opere per la transizione verde, per coinvolgere i territori e ridurre le contestazioni locali. Solo così – conclude Ciafani - si darà concretezza al nome scelto per il PNRR: Next Generation Italia, con un forte richiamo agli impegni che si assumono per le prossime generazioni. Ma perché alle intenzioni dichiarate corrispondano i fatti è necessaria quella volontà politica che non abbiamo visto finora. È il momento di mostrarla”.

Critiche al PNRR predisposto dal Governo - Per Legambiente gli anni fino al 2030 saranno cruciali per fronteggiare l’emergenza climatica: per questo non deve essere sprecata la grande opportunità del PNRR per diventare un paese moderno, per liberarsi da zavorre, emergenze ambientali croniche, progetti e inadempienze che provocano procedure d’infrazione da parte dell’Europa, e soprattutto per superare lo shock causato dalla pandemia. Ad oggi purtroppo il PNRR predisposto dal Governo, non ha ancora imboccato con determinazione questa strada. Per l’associazione ambientalista si tratta di un piano privo di una bussola, dove la grande assente tra le priorità trasversali è proprio la crisi climatica (che andrebbe affiancata a parità di genere, sud e giovani) e dove manca la messa a punto di obiettivi, strumenti e interventi dettagliati, coerenti e integrati tra loro, tale da delineare la visione del Green Deal Italiano e le tappe della transizione per tradurlo in realtà. Nel Piano governativo arrivato in Parlamento il 15 gennaio 2021, non compare più infatti l’allegato con le schede progetto circolato il 29 dicembre scorso e questo non rende possibile un’analisi approfondita e puntuale. Ma una descrizione più generale di quello che si vuole finanziare c’è ed è sufficiente per valutare gli errori del Piano. Solo per fare un esempio nel PNRR proposto dal Governo alle opere ferroviarie per la connessione veloce vanno quasi 27 miliardi di euro (la fa da padrona l’Alta velocità e la velocizzazione della rete con poco meno di 15 miliardi di euro) e 18,5 all’efficientamento termico e sismico dell’edilizia residenziale privata e pubblica. Sono di gran lunga più contenute le risorse destinate a produzione e distribuzione di energia da fonti rinnovabili (9); al trasporto locale e alle ciclovie (7,5) a cui andrebbero destinate più risorse, all’economia circolare (4,5 miliardi di euro), che pure vede l’Italia come paese leader in Europa, il rischio idrogeologico (3,6), che interessa il 91,1% dei Comuni, l’agricoltura (2,5), motore indispensabile del “made in Italy” agroalimentare.

 Riforme necessarie -  La storia dell’Italia ricorda che non bastano i finanziamenti europei per realizzare le opere pubbliche necessarie, ma servono anche delle riforme in parallelo. È necessario organizzarsi velocemente e in modo diverso, per garantire qualità dei progetti, velocità della spesa e certezza del rispetto delle regole. Per questo l’associazione ambientalista indica nella sua proposta di PNRR le numerose riforme necessarie per ciascuna delle 23 priorità di intervento individuate, a cui se ne affiancano altre 5 trasversali, da mettere in campo per accelerare la transizione ecologica: 1) Velocizzare l’iter autorizzativo con le semplificazioni all’iter di approvazione dei progetti, 2) Combattere la concorrenza sleale con il miglioramento qualitativo dei controlli ambientali attraverso il potenziamento del Sistema Nazionale di Protezione dell’Ambiente, 3) Istituire una governance efficace con una Struttura di missione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri sul modello di quanto già fatto, con risultati incoraggianti, sul rischio idrogeologico e sull’edilizia scolastica; 4) Aumentare le competenze della pubblica amministrazione con un vasto programma di formazione e aggiornamento professionale; 5) Ridurre i conflitti territoriali con una nuova legge sul dibattito pubblico per la condivisione e la partecipazione di cittadini e istituzioni locali che potenzi quanto già previsto da Codice degli appalti e Valutazione di impatto ambientale.

 

SCARICA IL DOSSIER NAZIONALE INTEGRALE


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Leggiamo, sulla stampa locale di questi giorni, che l'area dell'orto di villa Ghilana sarà probabilmente il primo cantiere di edilizia residenziale di un certo spessore a partire in epoca covid.

In particolare in questo periodo, avremmo preferito avere notizia che potrebbero partire tanti cantieri di rigenerazione di parti della città degradate, di efficientamento energetico di tante abitazioni, utilizzando anche i benefici dell'ecobonus del 110%.

Invece si torna a parlare di una delle “manifestazioni di interesse”, di cui si molto discusso un anno fa, ossia quella avanzata da CO. ABI in via Firenze.

Nonostante le denunce, nostre e di altre associazioni, che rilevavano come “in un contesto paesaggistico sensibile, la costruzione di nuovi edifici andrebbe ad alterare l’identità di un luogo rurale che circonda la storica villa Ghilana. Il nuovo cemento, e relativo consumo di suolo, restringerebbe l’attuale area rurale davanti alla villa; spezzando l’unità paesaggistica, e visiva, con l’ansa del fiume”, il passato Consiglio Comunale l'ha approvata a maggioranza, subordinandola però ad una serie di importanti “compensazioni” (interventi sul parco fluviale, passerella sul fiume, collegamenti ciclabili con il quartiere Orto Bertoni, ecc.).

A proposito della necessità di non consumare nuovo suolo agricolo, noi continuiamo a pensare che sarebbe meglio continuare a poter comprare i cavoli a km 0 dell'orto della Ghilana, piuttosto che vedere al suo posto altre 12 villette di lusso.

Ma CO. ABI, si sta portando avanti coi lavori, ha esposto nel sito un cartellone, che potrebbe configurarsi come pubblicità ingannevole, si può leggere: ”Vendesi prestigiosa villa”, ma anche “vendesi villette...” il messaggio dovrebbe riguardare, oltre alla vendita della Ghilana, la possibilità di utilizzare un lotto dietro, per una villa unifamiliare, mentre l'approvazione per la lottizzazione dell'orto e le altre ville, ancora non esiste.

Il Presidente di CO.ABI, Pier Antonio Rivola, lo riconosce, ma afferma che “al momento sono aperte le vendite...” e aggiunge “la nuova Giunta è collaborativa e consapevole...”.

A differenza della discussione dello scorso anno, sulle disponibilità a concedere nuove urbanizzazioni, oggi non si potrà più dare la colpa al vecchio assessore all'urbanistica Domizio Piroddi, poi dimessosi, i vincoli programmatici della nuova maggioranza dovrebbero essere più stringenti, in particolare a partire dagli impegni per: un piano di riqualificazione urbana e territoriale, che ponga fine al consumo di suolo e ne preveda la messa in sicurezza”; Nell’ambito delle azioni che saranno definite dal nuovo Piano di Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima (PAESC), impegno alla riduzione del 60% delle emissioni di CO2 entro il 2025; Nell’ambito delle azioni di efficientamento energetico di tutti gli immobili, impegno a intervenire nel complesso gli edifici di proprietà pubblica a partire da tutte le scuole della nostra città.

In particolare nella situazione del nostro territorio, dove, come è ampiamente noto, ci sono 3800 appartamenti vuoti (dato ISTAT) e altri 3300 nuovi alloggi si potrebbero già realizzare in aree edificabili, come cerchiamo di documentare; due casi sono visibili sul nostro sito: Il mancato ecoquartiere di San Rocco e il quartiere “Fornarina di Sopra”, ma ve ne sono anche altri, come l'avvio dell'urbanizzazione nella Colombarina.

Noi continuiamo a pensare che piuttosto che valutare ancora nuove urbanizzazioni, l'Amministrazione Comunale dovrebbe accelerare i tempi per l'avvio del Percorso partecipativo sul Piano Urbanistico Generale e del Piano di Azioni per l'Energia Sostenibile e il Clima; predisporre l’Albo degli immobili resi disponibili per la rigenerazione urbana, come previsto dalla Legge regionale, individuando le rispettive proprietà (pubbliche, private, fondazioni, ecc.). Tutto questo, per indicare gli interventi di rigenerazione e efficientamento dentro la città costruita, che hanno effettivamente un interesse pubblico, sui quali possono essere richieste eventuali “compensazioni” future e chiedere ai potenziali investitori a indirizzare lì i loro progetti, anche tenendo conto degli importanti incentivi e bonus pubblici oggi a disposizione.

30/01/2021

                                                                                                                                Circolo Legambiente Lamone Faenza

 

 

 

A pochi mesi dalla nascita della lista civica, che ha ottenuto una sorprendente affermazione in città, venerdì 29 gennaio si costituisce l'Associazione Faenza Coraggiosa.
Abbiamo impiegato questo tempo cercando di progettare le fondamenta della nostra associazione: abbiamo costruito uno statuto, una struttura organizzativa, un insieme di gruppi di lavoro tematici, per affrontare con consapevolezza le opportunità della nostra comunità. Ci siamo dedicati il tempo giusto per preparare un luogo, nuovo, per tutti.
Uno spazio di dialogo e di progetto per la città, uno spazio che ci auguriamo utile per affrontare il futuro. Abbiamo dedicato del tempo anche a conoscerci meglio tra di noi, liberi dalla frenesia elettorale. È stata una scoperta continua di persone, punti di vista, storie, provenienze e energie. Abbiamo deciso di presentarci alla città, con il coraggio che proviene dalla voglia di costruire le basi sulle quali ripenseremo, tutti assieme, ogni singolo aspetto delle nostre vite politiche, economiche e sociali.

Ma non è che un inizio.

Abbiamo bisogno delle competenze e delle capacità di tutti, delle altre forze democratiche, dei partiti, dell'associazionismo e del volontariato. Vogliamo prendere sotto braccio tutti coloro che non si sono mai rassegnati e chi guarda alla politica con occhi nuovi, pieni di speranza.

Per partecipare o semplicemente chiedere informazioni invia una mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., indicando il tuo nome e cognome e il desiderio di partecipare.

 

Preambolo politico di Faenza Coraggiosa

In un momento storico in cui è necessario ripensare ogni singolo aspetto delle nostre vite politiche, economiche e sociali, l’Associazione Faenza Coraggiosa nasce per porre nuove domande e articolare risposte positive; per offrire soluzioni ai problemi contingenti, ma - soprattutto - per immaginare una nuova città: ecologica, progressista, solidale, femminista, antirazzista, europea. Faenza Coraggiosa vuole essere un mucchietto di sale nella terra storicamente fertile della città.

Faenza Coraggiosa si dà oggi uno statuto ed un codice interno; nasce come soggetto politico e Associazione alla quale tutti possono aderire accettandone regole e valori di riferimento.

L’Associazione vuole: contribuire alla tensione culturale e civile dei cittadini; aiutare a declinare e rinnovare la democrazia in questa difficile transizione; difendere ostinatamente – innovando - la solidarietà nei rapporti umani e sociali; sostenere il lavoro come fondamento della dignità delle persone; conquistare nuove libertà civili, individuali e collettive.

Tre sono gli obiettivi sui quali intendiamo incardinare il nostro progetto e che tutti gli aderenti all’Associazione Faenza Coraggiosa sono chiamati a realizzare, attraverso la partecipazione, la proposta, la critica, l’organizzazione, l’azione politica:

a) progettare una città più ecologica, ri-disegnata e ri-pensata alla luce dell’epocale emergenza climatica, ambientale e biologica che stiamo attraversando; per garantire un futuro ecologico e sostenibile alle nuove generazioni. Faenza Coraggiosa sosterrà una nuova idea d’economia e nuove azioni produttive, convinta che sia solo attraverso una vera transizione ecologica che si potranno creare posti di lavoro, ottenere maggiori risorse per le amministrazioni locali e regionali e, infine, creare solide fondamenta per il futuro della Terra, delle plurime vite che animano la sua ricchezza biologica;

b) rafforzare la città democratica, nella quale tutti potranno esigere e fruire degli stessi diritti; nella quale la parità di genere non sia solo uno slogan ma invece abituali pratiche quotidiane; nella quale lo sguardo in avanti delle nuove generazioni sia l’orizzonte dell’intera comunità;

c) difendere e diffondere la città solidale, dove la tensione comune sia quella che ci spinge a ridurre a zero le disuguaglianze; nella quale tutti concorrano al bene pubblico secondo le proprie capacità e possibilità; nella quale tutti possano vivere con dignità e orgoglio.

Nessuno deve perdersi; nessuno deve rimanere solo.

Nel creare questo soggetto politico, Faenza Coraggiosa non dimentica gli sforzi di chi l’ha preceduta e anche accompagnata, lo sforzo e la generosità dei singoli e delle realtà associative e politiche che ne hanno permesso la costituzione.

A loro il nostro grazie, a loro l’invito a continuare insieme il cammino. A livello regionale, il progetto regionale di Emilia Romagna Coraggiosa rimane un punto di riferimento.

Ma non è che un inizio. Faenza è terra di forte impegno sociale in tutti i campi.

Abbiamo bisogno delle competenze e delle capacità di tutti; vogliamo essere un luogo di sintesi efficace, un luogo che produce cambiamenti; intendiamo quindi continuare a confrontarci con le altre forze democratiche, i partiti, l’associazionismo, il volontariato; fuori e dentro le istituzioni.

Vogliamo prendere sotto braccio tutti i delusi che si sono voltati indietro, tutti coloro che non si sono mai rassegnati e, finalmente, chi guarda alla politica con occhi nuovi, pieni di speranza.

Smog, inquinamento, Pm10: foto generica (Ansa)

Nel 2020 sono 35 i capoluoghi di provincia fuorilegge per polveri sottili: Torino maglia nera con 98 giorni di sforamenti, seguita da Venezia (88) e Padova (84). Tra le città del centro sud il primato spetta ad Avellino (78) e Frosinone (77)

 

Preoccupa anche il confronto con i parametri OMS: 60 le città italiane che registrano  una media annuale di Pm10 superiore a quanto indicato dall’OMS

 

Per l'Emilia-Romagna, Modena è tra le 10 città più inquinate in Italia, sia per il numero di sforamenti di PM10 e sia per la media annuale di concentrazione delle polveri..

 

“L’Italia è indietro sulle azioni da mettere in campo per ridurre l’inquinamento atmosferico. Basta deroghe, servono misure più coraggiose e concrete a partire da mobilità sostenibile ed uso dello spazio pubblico per avere più clean city, città pulite e più vivibili.  Non si sprechino le risorse economiche in arrivo dall'Europa”

 

 SCARICA QUI IL DOSSIER

Anche in tempo di pandemia in Italia l’emergenza smog non si arresta e si cronicizza sempre di più. È quanto emerge in sintesi dal report annuale Mal’aria di città 2021 di Legambiente nel quale l’associazione ambientalista traccia un doppio bilancio sulla qualità dell’aria nei capoluoghi di provincia nel 2020, stilando sia la classifica delle città fuorilegge per avere superato i limiti giornalieri previsti per le polveri sottili (Pm10) sia la graduatoria delle città che hanno superato il valore medio annuale per le polveri sottili (Pm10) suggerito dalle Linee guida dell’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS), che stabilisce in 20 microgrammi per metro cubo (µg/mc) la media annuale per il Pm10 da non superare contro quella di 40 µg/mc della legislazione europea. E il quadro complessivo che emerge è preoccupante: nel 2020 nella Penisola su 96 capoluoghi di provincia analizzati 35 hanno superato almeno con una centralina il limite previsto per le polveri sottili (Pm10), ossia la soglia dei 35 giorni nell’anno solare con una media giornaliera superiore ai 50 microgrammi/metro cubo. A Torino spetta la maglia nera con 98 giorni di sforamenti registrati nella centralina Grassi, seguita da Venezia (via Tagliamento) con 88, Padova (Arcella) 84, Rovigo (Largo Martiri) 83 e Treviso (via Lancieri) 80. Al sesto posto in classifica si trova MilanoQuesto indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.:993/fetch%3EUID%3E/INBOX%3E69519#m_-1515228397145677717__ftn1">[1] (Marche) 79, seguita da Avellino (scuola Alighieri) e Cremona (Via Fatebenefratelli) con 78 giorni di sforamento, Frosinone (scalo) 77, Modena (Giardini) e Vicenza (San Felice) che con 75 giorni di superamento dei limiti chiudono le 10 peggiori città.

Poco rassicurante anche il confronto con i parametri dettati dall’OMS, di gran lunga più stringenti rispetto a quelli della legislazione europea, e che hanno come target esclusivamente la salute delle persone. Nel 2020 sono 60 le città italiane (il 62% del campione analizzato) che hanno fatto registrare una media annuale superiore ai 20 microgrammi/metrocubo (µg/mc) di polveri sottili rispetto a quanto indicato dall’OMS. A guidare la classifica è sempre Torino con 35 microgrammi/mc come media annuale di tutte le centraline urbane del capoluogo, seguita da Milano, Padova e Rovigo (34µg/mc), Venezia e Treviso (33 µg/mc), Cremona, Lodi, Vicenza, Modena e Verona (32 µg/mc). Oltre alle città del nord però, a superare il limite suggerito dall’OMS sono anche città come Avellino (31µg/mc), Frosinone (30 µg/mc), Terni (29 µg/mc), Napoli (28 µg/mc), Roma (26 µg/mc), Genova e Ancona (24 µg/mc), Bari (23 µg/mc), Catania (23 µg/mc) solo per citarne alcune.

Per Legambiente i dati di Mal’aria ci ricordano che il 2020, oltre ad essere stato segnato dalla pandemia ancora in corso, è stato anche contrassegnato dall’emergenza smog e dalla mancanza di misure specifiche per uscire dalla morsa dell’inquinamento. Lo dimostra la mancanza di ambizione dei Piani nazionali e regionali e degli Accordi di programma che negli ultimi anni si sono succeduti ma che, nella realtà dei fatti, sono stati puntualmente elusi e aggirati localmente pur di non dover prendere decisioni impopolari insieme al ricorso sistematico della deroga (come nel caso del blocco degli Euro4 nelle città che sarebbe dovuto entrare in vigore dal primo ottobre 2020 e che è stato prima posticipato al gennaio 2021 e poi all’aprile successivo). E lo dimostrano anche le due procedure di infrazione comminate all’Italia per il mancato rispetto dei limiti normativi previsti della Direttiva europea per il Pm10 e gli ossidi di azoto, a cui si è aggiunta lo scorso novembre una nuova lettera di costituzione in mora da parte della Commissione europea in riferimento alle eccessive concentrazioni di particolato fine (Pm2,5) a cui ora l’Italia dovrà rispondere, essendo state giudicate “non sufficienti” le misure adottate dal nostro Paese per ridurre nel più breve tempo possibile tali criticità.

"Servono misure nazionali che impongano fortemente l'attuazione dei piani a livello delle regioni del bacino padano applicando disposizioni omogenee ed efficaci - commenta Legambiente Emilia-Romagna. Soltanto così sarà allora possibile una volta per tutte dire addio ad ulteriori proroghe del blocco dei mezzi più inquinanti, mettendo così finalmente freno a buona parte della principale causa di smog sul nostro territorio".

“L'inquinamento atmosferico – dichiara Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente - è un problema complesso che dipende da molteplici fattori come il traffico, il riscaldamento domestico, l'agricoltura e l'industria in primis. Proprio per tale complessità è una questione che non può essere affrontata in maniera estemporanea ed emergenziale, come fatto fino ad oggi dal nostro Paese che purtroppo è indietro sulle azioni da mettere in campo per ridurre l'inquinamento atmosferico, ma va presa di petto con una chiara visione di obiettivi da raggiungere, tempistiche ben definite e interventi necessari, in primis sul fronte della mobilità sostenibile. La pandemia in corso non ci deve far abbassare la guardia sul tema dell'inquinamento atmosferico. Anzi, è uno stimolo in più, a partire dalla discussione in corso sul Piano nazionale di ripresa e resilienza, perché non vengano sprecate le risorse economiche in arrivo dall'Europa. In particolare chiediamo che vengano destinate cifre adeguate per la mobilità urbana sostenibile, sicura e con una vision zero anche per riqualificare le strade urbane e le città. È urgente - conclude Zampetti - procedere con misure preventive e azioni efficaci, strutturate e durature città pulite e più vivibili dopo la pandemia. Una sfida europea, quella delle Clean Cities, a cui stiamo lavorando in rete con tante altre associazioni. ”

Proposte - In particolare per Legambiente è urgente intervenire in maniera rapida con misure efficaci affrontando il problema in modo strutturale e con una pianificazione adeguata e incrociando due temi cruciali: quello della mobilità sostenibile e dell’uso dello spazio pubblico e della strada prevedendo interventi ad hoc che, se integrati insieme ad altre misure riguardanti il settore del riscaldamento e dell’agricoltura, potranno portare benefici immediati e duraturi. Occorre prevedere, ad esempio, il potenziamento del trasporto pubblico locale e della mobilità condivisa, elettrica ed efficiente per garantire il diritto di muoversi senza inquinare, lo stop progressivo alla circolazione delle auto nei centri delle città, senza deroghe nè scappatoie, lo stop agli incentivi per la sostituzione dei mezzi più vecchi e inquinanti a favore di mezzi più nuovi ma ugualmente inquinanti. Perché stiamo parlando di incentivi che rischiano di far spendere molti soldi ai cittadini inutilmente, per comprare auto già obsolete o presto fuori legge. Occorre inoltre ripensare lo spazio pubblico con corsie preferenziali per tpl, centri urbani secondo la vision zero, con l’estensione delle aree pedonali nei centri urbani e nei quartieri, percorsi ciclopepdonali e zone 30.

Sul fronte del riscaldamento domestico, servono abitazioni ad emissioni zero grazie alla capillare diffusione del “Bonus 110%” che favorisca il progressivo abbandono delle caldaie a gasolio e carbone da subito, e a metano nei prossimi anni. Infine serve anche un cambiamento della filiera agro-zootecnica rafforzando ed estendendo temporalmente le misure invernali di limitazione o divieto di spandimento di liquami e digestati; istituendo l’obbligo di copertura delle relative vasche di stoccaggio; sostenendo, attraverso misure PSR, investimenti aziendali volti ad attuare operazioni di trattamento, sia delle emissioni di stalla sia dei liquami e letami, con processi che prevedano la produzione di biometano, la separazione solido-liquido, le macchine agricole per migliorare la modalità di applicazione al suolo di liquami e digestati.

Tra le proposte emerse all'interno del dossier, per limitare l'inquinamento atmosferico, anche quella del road pricing già avanzata dall'associazione a livello regionale purchè il sovrapedaggio non sia uno strumento funzionale a realizzare altre opere stradali, ma piuttosto vincolato allo sviluppo di mobilità sostenibile. Da tempo inoltre, l’associazione chiede misure per limitare la velocità in autostrada nelle condizioni di emergenza smog.

Ogni anno nella Penisola, stando ai dati dell’EEA, sono oltre 50mila le morti premature dovute all’esposizione eccessiva ad inquinanti atmosferici come le polveri sottili (in particolare il Pm2,5), gli ossidi di azoto (in particolare l’NO2) e l’ozono troposferico (O3). Da un punto di vista economico,  parliamo di diverse decine di miliardi all’anno (stimate tra i 47 e i 142 miliardi di euro/anno) tra spese sanitarie e giornate di lavoro perse. Infatti, le morti premature sono solo la punta dell’iceberg del problema sanitario connesso con l’inquinamento atmosferico. “Nei prossimi mesi – spiega Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente - l’OMS pubblicherà le nuove linee guida che suggeriranno valori ancora più stringenti di quelli attuali, a seguito degli approfondimenti scientifici internazionali avvenuti negli ultimi anni. Inoltre la Commissione europea, che sta ragionando sulla revisione della direttiva sulla qualità dell’aria, è intenzionata a far convergere i limiti normativi con quelli dell’OMS. Su questo aspetto da anni chiediamo questo tipo di convergenza dei limiti di legge con le raccomandazioni dell’OMS che, è bene ricordarlo, si riferiscono alla sola tutela della salute delle persone”.

Focus Roma e Milano - Infine il report Mal’aria 2021 raccoglie anche il focus dal titolo “Roma e Milano Clean Cities” in cui si fa il punto sulle concentrazioni medio annue di biossido di azoto nelle due città capoluogo di provincia. Nonostante i mesi di lockdown e la diffusione dello smart working, a Roma e Milano è stato superato quello che sarà il nuovo valore medio annuale suggerito dall’OMS per il biossido di azoto (NO2), ossia 20 microgrammi per metro cubo (μg/mc). In particolare a Roma lo scorso anno il valore medio annuo di NO2 è stato di 34 μg/m3, mentre a Milano di 39 μg/m3.

Legambiente ricorda, inoltre, che le auto sono la fonte principale di inquinamento in città e che le emissioni fuorilegge delle auto diesel continuano a causare un aumento della mortalità, come è emerso anche da un recente studio presentato lo scorso settembre da un consorzio italiano che comprende consulenti (Arianet, modellistica), medici ed epidemiologi (ISDE Italia, Medici per l’Ambiente) e Legambiente, nonché la piattaforma MobileReporter. Lo studio in questione – che si inquadra nella più ampia iniziativa transfrontaliera sull’inquinamento del traffico urbano Clean Air For Health (https://cleanair4health.eu/) stima per la prima volta in assoluto la quota di inquinamento a Milano imputabile alle emissioni delle auto diesel che superano, nell’uso reale, i limiti fissati nelle prove di laboratorio alla commercializzazione. In particolare nel capoluogo lombardo sono proprio i veicoli diesel “Euro4” ed “Euro5” a provocare la maggior parte dell’inquinamento da NO2: circa il 30% nel corso del 2018. Per questo Legambiente chiede subito, come era stato previsto nell’accordo tra governo e regioni della pianura Padana, il blocco della circolazione dei diesel “Euro4” e della auto a benzina “Euro1” e al 2025 l’estensione del blocco totale annuale anche all’ “Euro5” diesel e così via.

Petizione e mobilitazione social – In occasione del dossier Mal’aria 2021, Legambiente lancia oggi anche una petizione on line - https://attivati.legambiente.it/malaria - in cui sintetizza le sue richieste per città più vivibili e pulite invitando i cittadini a firmarla. Alla raccolta firme, si affianca anche una mobilitazione social attraverso la quale l’associazione chiede oggi a tutte le persone di scattarsi un selfie in primo piano con una mascherina bianca, sulla quale scrivere il claim #noallosmog, davanti alla finestra aperta o in un luogo simbolo della vostra città (statua, piazza, ecc). E di pubblicare la foto sui propri profili e pagine social taggando @Legambiente e usando gli hashtags #malaria e #noallosmog.

 

Pm10 ti tengo d’occhio 2020 – Emilia Romagna

La classifica dei capoluoghi di provincia che hanno superato con almeno una centralina urbana la soglia limite di polveri sottili alla data del 31 dicembre 2020; il D.lgs. 155/2010 prevede un numero massimo di 35 giorni/anno con concentrazioni superiori a 50μg/m3. [Tabella 1]

 

Città

Centralina (tipologia)

Giorni di superamento

Modena

Giardini (T.U)

75

Ferrara

Isonzo (T.U)

73

Reggio Emilia

Timavo (T.U)

61

Ravenna

Zalamella (T.U)

58

Rimini

Flaminia (T.U)

56

Parma

Cittadella (F.U)

54

Piacenza

Giordani Farnese (T.U)

53

Bologna

Porta San Felice (T.U)

42

Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.:993/fetch%3EUID%3E/INBOX%3E69519#m_-1515228397145677717__ftnref1">[1]Per Milano si è preso come dato della centralina peggiore quella relativa alla centralina “Marche” (con 79 giorni di superamento) e non il dato della centralina di “Senato” che aveva raggiunto il valore di 90 superamenti nel 2020. Il motivo del cambio della scelta è dovuto, come ben specificato sul sito di AMAT, alla presenza nei pressi della centralina Senato di un cantiere edile, e delle conseguenti polveri, durante tutto il 2020.

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Ecco quali sono gli impianti e gli usi scorretti in Emilia Romagna per la produzione e commercio di biocarburanti e olio di palma che fanno male al clima ed alle foreste

Legambiente  lancia la nuova campagna Buycott per ridurre l’uso dell’olio di palma destinato all’industria alimentare e soprattutto quello destinato alla produzione di energia che rappresenta il 70% dei consumi di questo prodotto. 

 “Fermare già dal 2023 ogni sussidio alle “finte rinnovabili” ottenute da oli vegetali e porre un freno all’impiego nell’industria alimentare”.

Legambiente ha presentato oggi, in diretta su Facebook (LINK) e YouTube (LINK),  le principali situazioni presenti in Emilia Romagna che  fanno un uso scorretto dell’olio di palma e oli vegetali e dei biocarburanti in generale.

Si tratta di attività che hanno una pressione enorme sulle foreste tropicali e – nel caso dei biocarburanti-  rappresentano una falsa soluzione alla lotta ai cambiamenti climatici.

“Un pieno di palle”, così Legambiente denuncia il danno del greenwashing sul clima e sulle foreste pluviali del pianeta provocato da chi propone certe tipologie di biocarburanti come ambientalmente sostenibili. Parliamo di oli vegetali come la palma e la soia, che provocano importanti cambio d’uso del suolo con un suo conseguente impoverimento e distruzione di ecosistemi.

“Un danno insidioso che si nasconde all’interno dei biodiesel spacciati come sostenibili come l’ENIDiesel+ , ma che è presente anche in molti dei prodotti alimentari che arrivano sulle nostre tavole, in particolare nei prodotti dolciari ricchi di olio di palma”- commenta Legambiente.

Occorre dunque che i cittadini ed i consumatori siano consapevoli degli impatti di tali e pratiche. Questo l’obiettivo della campagna “Buycott Palm Oil” lanciata la settimana scorsa da Legambiente a livello nazionale.

A livello locale quindi l’associazione ha realizzato un focus regionale, evidenziando alcune casistiche macroscopiche in atto nella nostra regione.

Legambiente era già intervenuta a fine 2020 rivolgendosi al parlamentare ravennate PD Alberto Pagani affinchè ritirasse l’emendamento che proponeva una proroga dello stop ai sussidi alle “finte rinnovabili” al 2030 invece che al 2023 come già era stato concordato in Senato, anticipando le indicazioni europee.

Di seguito si elencano i Nemici delle Foreste che sono stati individuati in Emilia Romagna:

Novaol - Ravenna: la NOVAOL  srl, parte del gruppo Bunge distribuito in tutto il mondo, si presenta come uno dei più grandi operatori in Europa meridionale per quanto riguarda la produzione di biodiesel. Sul sito della società vengono riportati in modo fuorviante i benefici ambientali del biodiesel: “Il Biodiesel è un’energia rinnovabile, derivante dalle piante. Durante il ciclo di crescita della pianta l’anidride carbonica emessa dagli scarichi dei veicoli viene riutilizzata completamente: il ciclo del Biodiesel è chiuso grazie alle piante che lo originano e che si servono di CO2 per crescere”.

L’impianto a Porto Corsini tratta almeno 200 mila t/anno di oli alimentari con corrispondenti ingenti sussidi alle “finte rinnovabili”.

ENIDiesel+ nei veicoli HERA di Modena  e dell’Emilia Romagna: il biocarburante “ENIdiesel+” ha un contenuto di biodiesel 4 o 5 volte maggiore della media del gasolio normalmente commercializzato alla pompa (15% anziché 3-4%), biodiesel composto nella misura dell'80% da olio di palma e meno del 10% da oli usati di frittura. Siamo ricorsi all'Autorità garante (AGCM) che ha riconosciuto dopo un anno di lavoro che la pubblicità Eni è ingannevole, è greenwashing, condannata a 5 milioni di multa. Il biodiesel non è più pulito del diesel fossile e quindi le aziende di trasporto pubblico o di igiene urbana della città che usano “ENIdiesel+” nei loro motori, spesso in pieno centro, inquinano come tutti gli altri diesel. Sul territorio regionale l’azienda HERA vantava di alimentare i propri mezzi di raccolta  anche dopo il parere dell’AGCM. Legambiente ha già avviato contatti con l’azienda ed è in attesa di risposte sulle scelte della Multiutility.

Dister Energia  - Faenza (RA): la società è dotata di un impianto energetico alimentato a biomasse per la produzione di energia elettrica e termica. In particolare, all’interno dell’impianto, si segnala la presenza di 3 motori funzionanti ad olio vegetale di potenza nominale pari a 8,96 MW ciascuno.  Parte dell’alimentazione di tali motori è ad olio di palma. Infatti, come è riportato sul sito della società viene considerato come fonte rinnovabile l’olio di palma:  “l' olio di palma è un olio vegetale ricavato dalle palme da olio utilizzato in diversi settori, principalmente in quello alimentare, cosmetico ed energetico. L' olio di palma impiegato a fini energetici è certificato ai sensi del D.L.vo 03.03.2011 n. 28 in attuazione alla direttiva 2009/28/CE, per garantire il rispetto dei criteri di sostenibilità e delle informazioni sociali e ambientali fornite dagli operatori appartenenti alla filiera di produzione.”

Unigrà – Conselice (RA): è un’azienda che agisce in maniera multifunzionale sul mercato dell’agroindustria. Produce alimenti industriali, prevalentemente dolci, distribuiti a livello nazionale, lavora oli e grassi vegetali per produzioni finali di terze parti (Ferrero). Parte degli olii vegetali e dell’olio di palma (240 mila tonnellate anno nel 2018, secondo WWF International), serve la produzione di energia. La società aderisce alla rete RSPO, la certificazione di sostenibilità per l’olio di palma usato a fine alimentare. Mentre per la quota di olio usato per la produzione di biofuels e per l’alimentazione di centrali termoelettriche, quindi soggetti ad incentivi la certificazione di legge non assicura rispetto a piantagioni a sostituzione forestale. Solo per la centrale elettrica usata in autoproduzione, stiamo parlando di una potenza nominale pari a 58 kW ottenuta solo parzialmente da una quota di sottoprodotti agroindustriali di produzione propria e che nonostante questo, l’energia prodotta viene ad essere conteggiata come energia rinnovabile all’interno del piano energetico comunale di Conselice (RA).

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