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Mozioni Avs per revoca dei rigassificatori di Piombino e Ravenna

Alleanza Verdi Sinistra - Europa

 

(ANSA) - PIOMBINO (LIVORNO), 17 APR - Nella mozione di Alleanza Verdi Sinistra (Avs) alla Camera dei Deputati sulle iniziative in materia energetica c'è pure la revoca delle autorizzazioni per i rigassificatori di Piombino (Livorno) e Ravenna.

Lo riporta una nota di Avs ricordando che la Camera è impegnata da oggi pomeriggio nella discussione e nei prossimi giorni nella votazione di mozioni parlamentari concernenti iniziative volte a contrastare il fenomeno della siccità, e di mozioni parlamentari concernenti iniziative in materia energetica nel quadro del raggiungimento degli obiettivi di neutralità climatica. Il gruppo parlamentare dell'Alleanza Verdi Sinistra - primi firmatari Angelo Bonelli, la capogruppo Luana Zanella e Nicola Fratoianni - ha presentato e chiederà il voto su due distinte mozioni.

In una relativa all'energia si chiede l'impegno del governo "ad adottare iniziative volte a revocare, alla luce dei dati del bilancio energetico del gas del 2022, le autorizzazioni per i rigassificatori di Piombino e Ravenna e a confermare la chiusura delle centrali a carbone nei tempi previsti dalla Sen".

E si ricorda che "l'Italia nel 2022 ha consumato 68,5 miliardi di metri cubi di gas con una diminuzione di 7 miliardi di metri cubi rispetto al 2021, mentre la disponibilità di gas è stata di75,7 miliardi di metri cubi nel 2022, un dato invariato rispetto al 2021. Una quantità pari a 4,6 miliardi di metri cubi è stata esportata all'estero.

Questi dati dimostrano che l'attuale sistema di infrastruttura energetica in Italia per l'approvvigionamento di gas non solo ha garantito il fabbisogno industriale e civile ma ha visto aumentare le esportazioni rispetto al 2021 del +199 per cento".

"I dati citati - prosegue Avs - evidenziano come le autorizzazioni per i rigassificatori di Piombino e Ravenna non siano funzionali a garantire la sicurezza energetica, ma piuttosto a trasformare l'Italia in un hub del gas per venderlo in Europa. Ciò anche alla luce della volontà del Governo di voler realizzare nuovi rigassificatori, ritardando così la transizione energetica verso le fonti rinnovabili". (ANSA).2023-04-17 16:11RGUN-COM  

Dalle pagine del Corriere della Sera, il segretario generale della Cgil si domanda: "Cosa ci fa un dipendente di 40 euro al mese in più se per avere una visita medica in tempi accettabili ne deve pagare 250?"

 

"Sul carrello della spesa si stanno facendo profitti esagerati, perché negli ultimi mesi i costi di produzione sono molto scesi, pensiamo al prezzo del gas, mentre gli aumenti per le famiglie hanno continuato a correre". A denunciarlo è il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, in un'intervista al Corriere della Sera. Intanto, "i salari - evidenzia il leader sindacale - devono aumentare. Dall'inizio di quest'ondata d'inflazione si sente parlare solo del rischio che i rinnovi dei contratti inneschino una spirale prezzi-salari".

Quel che si è visto è diverso: "salari fermi e profitti delle imprese in crescita, che ora non ritirano gli aumenti anche se producono a costi molto minori di sei mesi fa. E investimenti delle imprese comunque deboli. A fronte di imprese che non moderano i rincari diventa indispensabile - rimarca - un contributo straordinario di solidarietà sui profitti".

Salari al palo

Landini ricorda come in Italia il salario in media è tassato al 40%, "mentre la rendita immobiliare al massimo al 21%. E persino la parte più ricca del lavoro autonomo al 15%. Questa come la vogliamo chiamare,

Rewind, il meglio e il peggio degli ultimi sette giorni. Uno sguardo parziale e di parte per riflettere insieme sul Paese nel quale abitiamo

Puntata n. 24 - Mercoledì 12 aprile due operai sono morti i provincia di Milano durante operazioni di potatura. Dopo essere precipitati da un'altezza di 15 metri, sono stati schiacciati dal carrello elevatore. Sul lavoro si continua a morire come 50 anni fa senza che la politica affronti seriamente questo tema

Fermiamo la strage 

In un golf club, Le Rovedine di Noverasco di Opera, provincia di Milano, due operai sono morti e un terzo è rimasto ferito in seguito a una caduta durante operazioni di potatura. Le vittime sono Angelo Zanin, titolare della Zanin Vivai, 69 anni, e Dario Beira, dipendente della stessa azienda, 51 anni. Il terzo lavoratore, trasportato in codice rosso all’ospedale Niguarda, è un 25enne. Secondo i Vigili del fuoco intervenuti sul posto, i tre sarebbero precipitati da un'altezza di circa 15 metri. Da una primissima ricostruzione del 118, successivamente i lavoratori sarebbero rimasti schiacciati dal cestello. Sul lavoro si continua a morire come 50 anni fa senza che la politica affronti seriamente questo tema.

Approvato il Def, moderati i salari, ci resterà solo l’inflazione

Il governo punta sulla “moderazione salariale per prevenire una pericolosa spirale salari-prezzi”. Così i prezzi continueranno a salire - forse più lentamente rispetto ai ritmi dell’ultimo periodo -, in compenso, tranquilli, i salari resteranno al palo. E se si escludono i 3 miliardi di euro in deficit da investire sul taglio del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti a reddito medio-basso già da quest’anno - magro bottino - la spinta propulsiva dell’esecutivo si ferma qui. Scelte, quelle del governo, che rafforzano la decisione di Cgil Cisl e Uil di mobilitarsi. Appuntamento in piazza a Bologna il 6 maggio, a Milano il 13 maggio e a Napoli il 20 maggio.

Un mare di propaganda

Sbarchi triplicati da quando il governo ha assicurato di azzerare gli arrivi. E ora si gioca pure la carta dello stato di emergenza. Il sassolino del direttore di Collettiva Stefano Milani

In principio era il blocco navale. Urlato, ringhiato, sbraitato alle folle di mezza Italia. Una volta al governo neanche i pedalò sulla riviera romagnola avrebbero fatto sbarcare se sprovvisti di regolare documento. Poi un bel giorno al governo ci sono arrivati per davvero e le promesse sono diventate quelle tipiche da marinaio. Come può uno scoglio arginare il mare? Canticchia pensierosa dal 25 settembre la nostra premier. Non si capacita che da quando è al timone del Titanic gli arrivi sono più che triplicati. “Scarti residuali” approdano da ogni dove e l’emorragia non si arresta neanche intimando alle ong di scaricarli in Val d’Aosta. L’ultimo consiglio dei ministri ha perfino deliberato lo stato d’emergenza nazionale, come se da gestire fosse un terremoto o una pandemia invece che un’ordinaria umanità. Più onesto decretare lo stato confusionale in cui versa questo esecutivo.

Se la media del 9 vale 100 euro

Questa ci mancava, ci ha pensato l’istituto superiore Scalcerle di Padova, prevedendo una ricompensa di 100 euro agli alunni che raggiungeranno la media del 9. Una sintesi azzeccata del sistema teorizzato dal ministro Valditara, si scrive merito, si legge competizione. Si scrive scuola, si legge “gioco a premi”. E a chi resta indietro? Niente mancia. Così va la scuola pubblica nel primo anno dell’era Meloni.

La lotta paga 

E così al sindacato riesce l‘impossibile: rallentare i ritmi di Amazon. Dai 5 turni incompatibili con una normale organizzazione familiare a un nuovo sistema con tre fasce orarie che consentono di conciliare i tempi di vita e di lavoro, con buoni margini di flessibilità. La conquista è stata ottenuta dai lavoratori del sito di Amazon Torrazza, in provincia di Torino, e dalle categorie regionali Filt Cgil e Fit Cisl, dopo che gli addetti avevano denunciato la fatica a stare dietro agli impegni professionali e alla routine quotidiana. Per approfondire collettiva.it.

ASCOLTA TUTTE LE PUNTATE DI REWIND

 

Il Documento di economia e finanza è sordo alle richieste di Cgil, Cisl e Uil. Per Fracassi, vice segretaria della Cgil, “le ragioni della mobilitazione sono rafforzate”

 Foto: Alexas_Fotos (da www.everypixel.com)

Sordità, questa sembra la caratteristica del governo Meloni. Incapacità di ascoltare le istanze, le domande e le motivazioni che arrivano dal mondo del lavoro. Il Def appena varato dal consiglio dei Ministri è lì a testimoniarlo. Giusto una settimana fa Cgil, Cisl e Uil hanno reso noto un Documento unitario alla base della mobilitazione che, cominciata ad aprile con le assemblee in tutti i luoghi di lavoro, vedrà a maggio lavoratori e lavoratrici in piazza.

Cosa non c’è nel Def

Testi ufficiali ancora non ci sono, sembra ormai questa la moda diffusa dal governo. Si annuncia il varo di provvedimenti che poi si diffondono per titoli, ma non con norme scritte e per tabelle, ma tant’è. Da quel che si può capire dal comunicato diffuso dalla presidenza del Consiglio, gli spazi fiscali sono così limitati che si rischia di non avere nulla per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego e per l’adeguamento all’inflazione, nulla per la sanità, nulla per il welfare, nulla per le pensioni, nulla per il caro energia, nulla per salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, nulla per la legge delega fiscale.

Le richieste dei sindacati

Il documento di Cgil, Cisl e Uil invece sottopone all’esecutivo e alla politica una serie di priorità che per il mondo del lavoro sono imprescindibili. Per il mondo del lavoro e per la società tutta. Vediamole.

Riforma del fisco, con una forte riduzione del carico su lavoro e pensioni, maggiore tassazione degli extraprofitti e delle rendite finanziarie.
- Potenziamento occupazionale e incremento dei finanziamenti al sistema sociosanitario pubblico per garantire il diritto universale alla salute e al sistema di istruzione e formazione, maggiore sostegno alla non autosufficienza.
- Un mercato del lavoro inclusivo per dire no alla precarietà, orientato e garantito da investimenti, da un sistema di formazione permanente, da politiche attive, e da ammortizzatori sociali funzionali alla transizione.
Basta morti e infortuni sul lavoro, contrasto alle malattie professionali. Occorre ridare valore al lavoro, eliminare i subappalti a cascata e incontrollati, e portare avanti una lotta senza quartiere alle mafie e al caporalato.
- Riforma del sistema previdenziale.
Politiche industriali e d’investimento condivise con il mondo del lavoro per negoziare una transizione ambientale sostenibile, sociale e digitale, realizzando un nuovo modello di sviluppo con particolare attenzione al Mezzogiorno e puntando alla piena occupazione.

Cosa c’è nel Def

Il mantenimento del deficit al 4,5% del Pil consente al governo di disporre di circa 3 miliardi di euro che saranno destinati, così è scritto nel comunicato di Palazzo Chigi, al “taglio dei contributi sociali a carico dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi a valere sul periodo maggio-dicembre di quest’anno”. Buona notizia? Sufficiente a rispondere alla necessità di sostenere i redditi di lavoratori e pensionati? Assolutamente no. E, come detto, per di più è un provvedimento dalla durata limitata. Dopo dicembre che cosa succederà?

 Foto: Marco Merlini

Cgil: una politica "povera" e all'insegna dell'austerità

“Se c’è una cosa che dice il Def è che le risorse non sono sufficienti”: lo afferma Gianna Fracassi, vice segretaria generale della Cgil, che aggiunge: “È un Documento poverissimo anche e soprattutto in termini di mancanza di visione”. E infatti, sostiene la dirigente sindacale. “il Def cammina sulla strada dell’austerity in maniera addirittura più vigorosa rispetto agli anni passati. Si rischia di non avere risorse per la sanità, il welfare, la previdenza, il lavoro e il rinnovo dei contratti pubblici, e nemmeno quelle per gli investimenti a sostegno del Pnrr, a cominciare dalle assunzioni necessarie per aumentare la capacità amministrativa che chiede l’Europa”.

Ulteriori preoccupazioni

Occorre non dimenticare che un mese fa circa il governo ha licenziato la delega fiscale, certo molto contrastata dai sindacati. “Ma – si domanda Fracassi - se mettiamo insieme il tema Def con la riforma fiscale non si comprende con quali risorse si possano sostenere ad esempio le misure propagandate dal governo, come la flat tax, se non, come noi temiamo, con una forte riduzione della spesa corrente e di quella destinata allo Stato sociale. Tanto più in un contesto in cui il costo del debito va oltre i 100 miliardi annui”.

Infine, occorre ricordare che nelle prossime settimane si chiuderà la discussione sulla governance economica europea. “Le scelte che verranno definite faranno la differenza per permettere o non permettere ulteriori margini di spesa per investimenti”, commenta ancora Fracassi.

Le risorse si potrebbero trovare

Scarsità di risorse, dicevamo, anche se nel nostro Paese la quota di evasione ed elusione fiscale è talmente alta che con quella si potrebbero risolvere una serie di questioni rilevanti, se solo si volesse davvero affrontare la questione. A questo proposito, sottolinea Fracassi, “in tutto questo si continuano a licenziare norme molto gravi che favoriscono i non pagamenti delle tasse, basti pensare a ciò che è stato stabilito nel decreto Bollette sulla non punibilità di alcuni reati”.

La voce del lavoro

Gli appuntamenti sono già fissati, assemblee in tutti i luoghi di lavoro e tre manifestazioni interregionali, il 6 maggio a Bologna, il 13 maggio a Milano e il 20 Napoli. “Certo, aspettiamo i testi definitivi - conclude Fracassi -, ma quanto si apprende sul Def non fa che rafforzare le motivazioni che hanno portato Cgil, Cisl e Uil a decidere la mobilitazione”

L’iniziativa, che prevede l’assistenza economica nel pagamento delle bollette e la messa a punto di un percorso formativo sul risparmio energetico e la sostenibilità ambientale, sarà rivolta soprattutto alle persone in difficoltà residenti in due cohousing gestiti dalla Comunità di Sant’Egidio a Roma

Banco dell’energia Credits: Banco dell’Energia

Un aiuto concreto a oltre 80 famiglie residenti in 2 condomini di cohousing della Comunità di Sant’Egidio a Roma, che ospitano anziani in condizioni di vulnerabilità e altri soggetti fragili, attraverso il pagamento delle bollette e la formazione sul risparmio energetico: questo il progetto “Condomini solidali” promosso da Banco dell’energia – la fondazione nata per sostenere le famiglie che si trovano in una situazione di fragilità economica e sociale con un focus sui bisogni energetici – e la Comunità di Sant’Egidio – che, nella Capitale, ha risposto all’emergenza abitativa promuovendo una rete di condomini protetti e cohousingL’iniziativa, promossa dal Banco dell’Energia, è stata realizzata grazie al contributo di JTI Italia, fra i principali player del mercato italiano del tabacco, da sempre in prima linea sui temi della sostenibilità.

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Il progetto si inserisce in un ampio quadro di azioni contro la vulnerabilità, fenomeno che, come testimoniano i dati della Caritas diocesana, durante la pandemia nella sola città di Roma ha visto ben 7mila nuove famiglie chiedere sostegno per far fronte ai bisogni primari. Un’area, quella della Capitale, particolarmente a rischio, in un quadro regionale già preoccupante: secondo i dati Istat pubblicati nel 2018, infatti, il Lazio è sul podio delle regioni con le maggiori percentuali di appartamenti poco o per nulla riscaldati e, stando ai report dell’OIPE (Osservatorio Italiano sulla Povertà Energetica), l’indice della povertà energetica tra il 2020 ed il 2021 ha subito un incremento di quasi l’1% a livello regionale. Le cause principali: i rincari del gas naturale, che hanno determinato anche l’aumento dei prezzi all’ingrosso dell’elettricità; circostanze poi ulteriormente aggravate dal conflitto russo-ucraino.

Numeri preoccupanti che spingono ad agire per contrastare la vulnerabilità economica e sociale e garantendo l’accesso a un paniere minimo di beni e servizi energetici. È con questa consapevolezza che il Banco dell’energia, con l’aiuto di JTI Italia, sostiene la Comunità di Sant’Egidio nel far fronte alle spese energetiche di 2 condomini dedicati al cohousing di soggetti fragili, tra cui anziani, disabili e richiedenti asilo. Oltre a garantire una maggiore inclusione nell’accesso all’energia tramite azioni di accompagnamento e sostegno economico, l’obiettivo dell’iniziativa è quello di promuovere attività di formazione ed educazione per il risparmio energetico e la sostenibilità ambientale e, infine, di rendicontare e analizzare il tessuto sociale coinvolto con un’attenta attività di monitoraggio e con la stesura di un report che determini l’impatto del progetto.

 

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Marco Patuano, Presidente del Banco dell’energia, ha commentato così l’avvio della partnership: “Le attività sul territorio sono preziose perché ci permettono di avere contezza della portata reale della povertà energetica e ci consentono di agire in maniera puntuale nei contesti di forte disagio in base alle loro specificità. Con l’iniziativa “Condomini solidali” estendiamo ulteriormente il nostro raggio d’azione sul sostegno solidale a persone che versano in condizioni di fragilità economica e sociale”.

Banco dell’energia è l’ente promotore dell’iniziativa e curerà il coordinamento dell’intero progetto, occupandosi inoltre di analizzare i dati raccolti in forma anonima e di elaborare un report che fornirà una panoramica del contesto in cui il progetto si è sviluppato. La Comunità di Sant’Egidio, invece, si occuperà materialmente del pagamento delle utenze e individuerà i beneficiari dell’iniziativa.

“Le iniziative della Comunità di Sant’Egidio sono da sempre rivolte al sostegno dei soggetti fragili e a rischio di emarginazione sociale. Per questo, è per noi motivo di grande soddisfazione poter mettere in campo un progetto come quello di “Condomini Solidali” – così ha commentato l’Amministratore della Comunità di Sant’EgidioStefano Carmenati – che permette, oltre che di sostenere concretamente le iniziative di Cohousing solidale, anche di garantire condizioni di vita dignitose ad alcune fasce di popolazione storicamente più vulnerabili e maggiormente esposte a situazioni di disagio sociale, come gli anziani, i disabili e i richiedenti asilo. Ci auguriamo che questo progetto possa essere sostenuto anche nei prossimi anni, e sia il primo di una lunga serie di interventi che vadano verso questa direzione”.

“Come JTI Italia siamo davvero orgogliosi di offrire il nostro contributo per una causa così importante – ha concluso Didier EllenaPresidente e Amministratore Delegato di JTI Italia – Siamo consapevoli di come gli ultimi anni siano stati complessi per le famiglie italiane; molte persone, a causa delle crescenti difficoltà economiche, hanno dovuto rinunciare persino ai propri bisogni primari, come alimentarsi in maniera corretta o riscaldare la propria abitazione. Per noi la sostenibilità sociale rappresenta uno dei pilastri fondamentali su cui basiamo ogni attività e, da sempre, cerchiamo di essere parte attiva nelle comunità in cui operiamo: per questo siamo fieri di essere al fianco di Banco dell’energia e Comunità di Sant’Egidio con progetti così importanti che possono davvero fare la differenza nelle vite di chi ne ha più bisogno”.

 

La situazione dei residenti nella città di Roma, infatti, si inserisce in un contesto di forte precarietà economica e sociale che investe l’intero Paese. L’8,5% dei nuclei familiari in Italia non può permettersi di sostenere i costi per il riscaldamento della propria casa, per oltre 2 milioni di famiglie in povertà energetica: questi i dati riportati dall’OIPE (Osservatorio Italiano sulla Povertà Energetica) che descrivono lo scenario seguito all’innalzamento dei costi dell’energia, aumentati rispettivamente del 35% e del 41% per elettricità e gas; cifre allarmanti se si considerano i 4 milioni di euro erogati dal governo per contrastare il fenomeno. Per la Fondazione Utilitatis, si tratta addirittura del 13% delle famiglie, pari a 3,5 milioni di persone. Senza contare i cittadini a rischio povertà ed esclusione sociale, che per il rapporto COOP 2022 sono ben 19,5 milioni.

In uno scenario preoccupante per molti, che guardano con timore al proprio futuro (il 74% dei rispondenti a una recente indagine di SWG si aspetta di incontrare difficoltà nel pagamento delle bollette nei prossimi mesi), il Banco dell’energia punta ad assumersi e a promuovere – anche grazie alla collaborazione di realtà come JTI Italia – un ruolo attivo di responsabilità sociale sui territori, quanto mai determinante per contrastare le condizioni di vulnerabilità che espongono al rischio povertà diverse migliaia di persone nella sola capitale.

Autonomia differenziata e dimensionamento rappresentano una minaccia per l'istruzione democratica. A farne le spese soprattutto il Sud e le aree più fragili

nuovo evento caricato da ffiorani il 27-08-2013 009 USCITA DI SCUOLA

FOTO DI © REMO CASILLI/AG.SINTESI

 

Una doppia tenaglia si stringe sulla scuola: dimensionamento e autonomia differenziata. Se il primo è legge – nel senso che la nuova norma che alza il numero minimo di studenti e studentesse necessario per tenere aperto un plesso scolastico è contenuta nella Finanziaria – la seconda è ancora allo stato di proposta (il ddl Calderoli), ma le pressioni per una sua approvazione aumentano nell'esecutivo.

Come è stato ampiamente analizzato l'autonomia differenziata porterebbe alla nascita di tanti sistemi scolastici diversi, minando l’universalità della scuola pubblica e trasformandola in un sistema disuguale, con scuole e studenti di serie A e di serie B e percorsi formativi diversi che penalizzerebbe soprattutto il Sud.

Mezzogiorno penalizzato

Oggi in Italia la dispersione scolastica nazionale media è del 12,7%, in Sicilia raggiunge il 21,1% e in Puglia il 17,6%, mentre in Lombardia è all’11,3%, contro l’obiettivo europeo del 9% entro il 2030.

Secondo lo Svimez uno studente e una studentessa del Sud stanno in classe 100 ore in meno all’anno e i giovani tra i 15 e 24 anni fermi alla licenza media sono il 20 per cento, 5 punti sopra la media nazionale e 9 rispetto a quella europea. Inoltre, come risulta dall’ultimo rapporto pubblicato da Save The Children la Sicilia è al primo posto per dispersione scolastica a livello nazionale, con una media pari al 21,1% e con punte del 25%. 

Nel video che pubblichiamo subito sotto Graziamaria Pistorino, segretaria nazionale Flc Cgil ci spiega perché l’autonomia differenziata aumenterebbe ulteriormente le diseguaglianze tra i territori.

 

 GUARDA IL VIDEO DI GRAZIAMARIA PASTORINO

Il tema è stato al centro di molti interventi anche all'ultimo congresso della Flc Cgil che si è svolto a Perugia: due insegnanti, da Nord a Sud, mostrano in questo video perché l'autonomia differenziata aumenterebbe le diseguaglianze.

Proprio per scongiurare questa iniziativa il Coordinamento per la democrazia costituzionale – insieme a Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola Rua, Snals Confsal e Gilda Unams – ha avviato una raccolta di firme per una Proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare di modifica di parte degli articoli 116 e 117 della Costituzione – contenuti nel titolo V della Carta – che ripartiscono le diverse competenze tra Stato e Regioni tra esclusive e concorrenti.

I diritti dei lavoratori

Rispetto a questa operazione, spiega Pistorino, “la prima emergenza che ci si pone come sindacato è quella di difendere e rilanciare il diritto universale all'istruzione. Differenziare i programmi su base regionale, assumere localmente insegnanti e dirigenti, magari pagandoli diversamente, configurerebbe un diritto allo studio ancora più diseguale di quello attuale”.

Fuori dai tecnicismi la proposta del Coordinamento punta a introdurre strumenti normativi per un sistema di equilibri tra Stato e Regioni in cui la governance resti in mano allo Stato, che deve essere il garante dell’interesse generale. Un tema come quello dell'istruzione – il cui obiettivo primario deve essere quello di formare i cittadini e le cittadine di domani – non può essere lasciato nelle mani di 21 "staterelli" regionali.

Secondo la proposta, la potestà legislativa sarebbe esclusivamente statale (e non più concorrente con le Regioni) in materie strategiche per l'unità del paese, dall'istruzione, appunto, alla salute e al sistema sanitario nazionale, a porti, aeroporti, autostrade, ferrovie, reti di comunicazione. Si tratta, insomma, di una grande battaglia di civiltà democratica.

La scure del dimensionamento

Come si diceva, è molto pericoloso l'incrocio con il dimensionamento scolastico. L’articolo 99 della legge di bilancio prevede infatti una nuova ondata di accorpamenti tra istituti scolastici che, attacca la Flc Cgil, “potrà portare alla scomparsa, già nei prossimi due anni, di oltre 700 unità scolastiche”.

A questo “risultato” si arriva innalzando gli attuali parametri minimi per la costituzione delle autonomie scolastiche che passano da 600 a 900-1.000 alunni. In questo modo verranno, tra l'altro, ridotti i posti di organico di oltre 1.400 dirigenti scolastici e Dsga, un taglio che, proiettato al 2031-2032, significa il passaggio da 8.136 a 6.885 istituti.

Come ha commentato il segretario generale della Flc Cgil, Francesco Sinopoli, “si configura nei fatti come un vero e proprio taglio che ancora una volta andrà a colpire le Regioni e i territori più deboli. Invece di potenziarle e sostenerle le affossano, senza investimenti e con una riduzione delle risorse”.

Anche in questo caso la scure colpisce soprattutto al Sud, la Sicilia ad esempio perderà 109 di scuole ma anche il destino della Sardegna, soprattutto nelle sue aree interne, non è dei migliori. Per questo la Flc regionale ha chiamato a raccolta sardi illustri – da Paolo Fresu a Gianfranco Zola – per un appello che si speri non passi inosservato: "Non chiudete le nostre scuole". In Sardegna come nel resto del paese