Intervista al leader di Leu. Il presidente del senato: montano fake news sulle mie parole, la Fornero va rifatta, quindi abolita. Minniti ha ridotto gli sbarchi, ma sul resto non va. Con i 5 stelle nessun governo: su certi valori siamo incompatibili. Subito dopo il voto convochiamo un’assemblea e nascerà il partito della sinistra. Continuerò a guidare questo percorso con quelli che ci hanno creduto
Presidente Piero Grasso, siamo alla fine dalla campagna elettorale. Il magistrato non è un mestiere facile. Il mestiere di leader politico?
Per me è tutto nuovo. Ma l’ho fatto con entusiasmo. E ho incontrato un’Italia delusa, frustrata, affaticata, ma anche un’Italia che ha voglia di riprendersi e riprendere la speranza. È stato bello e emozionante.
Una speranza che rischia di infrangersi nelle inevitabili pastoie del dopo-voto?
La legge elettorale ormai è giudicata disastrosa anche da chi l’ha ideata, e cioè Renzi, Berlusconi e Salvini. Va assolutamente cambiata. E noi pretenderemo di stare a quel tavolo. Sto parlando di un tavolo parlamentare, perché la legge elettorale la fa il parlamento.
Perché ci sia quel tavolo ci deve essere un governo. Potreste parteciparvi?
Un governo in un paese c’è sempre, che sia quello in proroga, che sia quello nuovo. Noi non parteciperemo a un governo di larghe intese, questa è la posizione di Liberi e Uguali da sempre. Il resto sono fake news, è stato creato un caso dalle mie parole.
Ma il dubbio di Vespa era legittimo: lei è il presidente del senato, è ancora la seconda carica dello stato. E se glielo chiedesse Mattarella?
Il punto non è questo. Il presidente della Repubblica segue la prassi e la Costituzione. Noi siamo la sinistra e non partecipiamo a un governo con la destra.
Il punto è forse anche che c’è il sospetto che in LeU qualcuno abbia la tentazione di votare le larghe intese. Lo esclude?
LeU resterà unito. E se anche ci sono posizioni diverse, come dice lei, saremo uniti. Plurali, ma uniti.
Qual è la sua opinione sui ministri immaginari di Di Maio?
È una forzatura istituzionale a fini di propaganda. Vogliono dare l’impressione di aver vinto prima del voto, e di essere già pronti a governare.
Voi invece avete scelto un profilo più serio e più realistico?
Abbiamo scelto la realtà della Costituzione. Quando saremo consultati esprimeremo le nostre opinioni. Vede, io non voglio commentare i nomi, ma gli esordi di alcuni non mi sembrano eccezionali. Ho sentito il designato all’istruzione che elogiava la buona scuola. Ci sono delle discrasie, dei lapsus, fra quello che i 5 stelle hanno detto prima e quello che dicono adesso.
Sono lapsus o cercano di rassicurare gli elettori?
Ma non si capisce più quale sia la loro linea. Siamo d’accordo su qualche punto, ma molti dei loro temi sono incompatibili con i nostri. Il fatto che non siano stati alla manifestazione antifascista va valutato. L’antifascismo è un valore fondativo della Costituzione.
Nonostante questo resta possibilista sull’appoggio a un governo M5S?
Ho appena detto il contrario. Ad oggi non ci sono le condizioni per appoggiarli.
Ci sono temi sensibili a sinistra. Gliene propongo alcuni. Che giudizio dà dell’operato del ministro Minniti?
Intanto saranno gli elettori a giudicarlo. Sul tema dell’immigrazione ha ridotto gli sbarchi, ma ha spostato il problema umanitario in Libia. Lì va tutelata la vita e la dignità delle persone che finiscono nei campi. E su questo non ci siamo.
Lei ha detto che la legge Fornero non è da cancellare ma da riordinare, facendo la gioia dei suoi sfidanti a sinistra. Cosa intendeva?
In questa campagna elettorale si gioca troppo sulle parole. C’è chi si studia quello che dico per trovarci quello che non c’è. Se cambio una legge vuol dire che la riscrivo, che la abolisco. La legge Fornero va rivista e riscritta. Basterebbe conoscere il programma per sapere come la penso.
Non si parla abbastanza di programmi?
A furia di spararle grosse i programmi seri come i nostri sono passati in secondo piano. Noi abbiamo fatto proposte precise, concrete e realizzabili.
Dica le due più urgenti al paese.
Gli investimenti pubblici per creare lavoro per i giovani, il diritto allo studio e alla salute per tutti i cittadini. Sono diritti universali che vanno tutelati molto di più.
Alla vostra sinistra Potere al popolo propone la legalizzazione delle droghe leggere, l’abolizione dell’ergastolo e del 41bis, il carcere duro per i mafiosi. Su questi temi lei ha il know how del magistrato. Come la pensa?
Sul 41bis non ho dubbi, è una misura che va mantenuta perché il suo scopo è evitare che i boss possano comandare dal carcere. Sull’ergastolo la cosa è più complessa: la buona condotta lo trasforma in una pena di reclusione, che quindi può avere una fine. Sulla legalizzazione delle droghe leggere so che gran parte dei nostri candidati è a favore, io personalmente ho qualche dubbio.
Da questa campagna che idea si è fatto delle divisioni della sinistra?
Ma noi di Liberi e Uguali ci siamo uniti, e presto passeremo da lista a partito. Un cantiere che apriremo subito dopo le elezioni. Siamo aperti a ricevere qualsiasi formazione che voglia aderire ai nostri valori, che poi sono quelli universali: l’idea di giustizia, di uguaglianza, di legalità, la questione morale che è quella che ha fatto staccare i cittadini dalla politica.
LeU è nata con il vento in poppa. Ora però la spinta sembra affievolita. Perché?
Guardi, io ho l’impressione opposta. Altro che affievolita. Sul territorio l’entusiasmo continua a crescere, ho girato per il paese e l’ho toccato con mano. Se si riferisce ai sondaggi, attenta che sbagliano, non le faccio l’elenco degli ultimi clamorosi errori dei sondaggisti. Siamo fiduciosi. Ci rivolgiamo ai delusi. Soprattutto quelli del Pd. Con loro possiamo costruire una casa nuova della sinistra.
Voi dite che LeU andrà avanti. Come?
Secondo le regole di ciascun partito. Ci sarà un momento assembleare subito dopo il voto.
Lei continuerà a esserne il leader?
Continuerò a guidare questo percorso, in cui credo fermamente, insieme alle persone che credono nel futuro di questo progetto.
M5S. Il capo presenta la sua squadra dei sui ministri: «Non è un governo tecnico»
«Questo non è un governo tecnico perché c’è un capo politico»: Luigi Di Maio saluta il pubblico del Salone delle Fontane all’Eur e presenta il suo governo virtuale. Cerca di smarcarsi da etichette poco popolari, ma ha bisogno di sottolineare che la sua squadra è composta da persone non riconducibili al Movimento 5 Stelle. L’evento ricorda un po’ quello di un mese fa al Tempio di Adriano, quando Di Maio snocciolò i candidati da lui scelti per i collegi uninominali, a rappresentare la nuova fase e l’apertura alla società civile. Quella cerimonia venne guastata in corso d’opera, quando si scoprì che il primo a salire sul palco, l’ammiraglio Rinaldo Veri, era reduce da una candidatura a sindaco nel suo paese con una lista collegata al Pd. Poi, a liste chiuse, spuntarono massoni e parlamentari uscenti che avevano tradito la promessa di restituire parte dello stipendio.
DI MAIO CERCA DI VOLTARE pagina presentandosi come uno che ha già vinto, capo di un governo bell’e pronto, che si è persino già riunito due giorni fa. È una convention di partito, ma il clima è ingessato come il suo cerimoniere perché siamo davanti anche alla riproduzione di una liturgia ufficiale. Avviene diciassette volte, una per ogni investitura: il capo chiama il ministro designato, lui sale sul palchetto, gli stringe la mano, parte lo stacchetto e si sorride verso i teleobiettivi. È come se ci si trovasse davanti a un’istituzione parallela che funziona spedita e che offre garanzie di rendersi operativa fin da martedì prossimo. Di Maio recita la parte del garante della stabilità: «Queste persone non sono del M5S – dice, leggermente più emozionato del solito – Le mettiamo a disposizione del paese». Oggi si replica in piazza del Popolo. Ci sarà Beppe Grillo, che in un videomessaggio non proprio gioioso parla di fine della verità, di analfabetismo dilagante e di «fine dell’era del Vaffa» in un’epoca in cui forse le provocazioni «non si capiscono».
ALLE ANTICIPAZIONI di questi giorni mancavano alcuni candidati ministri di peso. Il primo è quello dell’economia. Si chiama Andrea Roventini, insegna economia alla Scuola superiore Sant’Anna di Pisa. L’aspirante premier lo definisce «keynesiano espansivo», definizione che lo associa agli altri due aspiranti ministri del settore, Lorenzo Fioramonti allo sviluppo e Pasquale Tridico al lavoro. Roventini spiega che crescita e innovazione spettano all’intervento dello stato. Sull’Europa, non ci sono margini di ambiguità: «L’uscita dall’euro non è in discussione ma bisogna rivedere il Fiscal Compact. L’austerità è autodistruttiva». Padoan gli manda a dire: «La politica espansiva è già cominciata da tempo».
LA CASELLA DEGLI INTERNI viene affidata a Paola Giannetakis, esperta di sicurezza. Promette 10 mila nuove assunzioni per affrontare «le continue emergenze che provocano instabilità: una su tutte quella dei migranti».
AGLI ESTERI VA EMANUELA Del Re, che ha fatto ricerche coi contingenti italiani in Afghanistan e nei Balcani e che ha gestito progetti di cooperazione in Siria e Iraq. Alla difesa un’altra donna: si tratta di Elisabetta Trenta, che ha lavorato per il Centro militare di studi strategici del ministero. Un dettaglio salta agli occhi: le ultime tre provengono da Link Campus University, ateneo privato di cui è presidente il vecchio dc Enzo Scotti, ai tempi d’oro soprannominato Tarzan per la capacità di saltare da una corrente all’altra. L’istituto che presiede nasce come filiazione italiana dell’università di Malta ma nel 2004 Cepu ne acquisì le quote di maggioranza.
ALLA PUBBLICA ISTRUZIONE va Salvatore Giuliano, preside a Brindisi anche lui da tempo consulente del ministero. Il suo nome (assieme a quello di Giannetakis, scovata tra i firmatari di un appello per il sì alla riforma costituzionale di Renzi) finisce subito nel tritacarne mediatico: viene accusato di essere a favore della «buona scuola» tanto da aver contribuito a scrivere la riforma. Lui ha la faccia di uno che ha capito con qualche ora di ritardo di essersi tuffato nella fossa dei leoni: «Ho partecipato ad alcuni incontri ma la riforma non è legata ai suggerimenti che avevo dato. Sono amico di Renzi? Ci ho parlato per tre minuti».
ALLA CULTURA c’è Alberto Bonisoli, direttore della Nuova accademia di belle arti di Milano, «la più grande accademia privata italiana».
Per la salute ecco Armando Bartolazzi, oncologo al Sant’Andrea di Roma. Sull’obbligo vaccinale aveva detto in mattinata a La 7: «Alcuni vaccini possono essere discussi. Se c’è emergenza sanitaria poi è compito del ministero fare corretta informazione per convincere la gente a farli».
GLI ALTRI NOMI erano noti. Accanto ai due grillini della squadra (Riccardo Fraccaro, designato ai rapporti col parlamento e democrazia diretta, e Alfonso Bonafede, alla giustizia), c’è Giuseppe Conte. Il giurista è stato scelto per la pubblica amministrazione e «meritocrazia». «Il mio primo contatto con il M5S risale a quattro anni fa – racconta – Mi chiesero di entrare nell’organo di autogoverno della giustizia amministrativa. ‘Non vi ho votato e non sono un simpatizzante’, risposi. Posso garantirvi che in questi anni non mi hanno fatto neanche una telefonata».
Ma ecco che mentre la sapiente regia comunicativa grillina, gestita come al solito da Rocco Casalino, fa partire il sottopancia con la parola «ministro», Conte mette le mani avanti: «Sono consapevole che ci vogliono passaggi istituzionali».
La chiusura di Potere al popolo, oggi a Napoli gran finale. Verso un'organizzazione in ogni caso, quorum o non quorum: «Dopo il 4 andiamo avanti. E se entriamo in parlamento, andiamo avanti lo stesso»
«Volevano isolarci, volevano incastrarci nella logica degli opposti estremismi. Eh. E è semplice: non ce l’hanno fatta». Viola Carofalo – solo «Viola» per tutti – chiude la campagna di Potere al popolo di Roma. Oggi gran finale a Napoli, capitale morale della lista, piazza Dante. Dopo tanti chilometri ancora scherza: «Ho imparato cose nuove in questo mese: tipo che la priorità per una scuola è fare il presepe, o insegnare ai bimbi ad essere patriottici». È «il capo della forza politica» («capa», dice lei) e la forza è la folla davanti al palco: «compagni e compagne» di sempre, come il vignettista Vauro, il giornalista Lucio Manisco, Sandro Medici, oggi candidato alla regione Lazio, la sua capolista Lisa Canitano, Paolo Petrangeli. Ma anche giovanissimi che postano sui social il selfie con Citto Maselli, «il maestro». Francesca Fornario, autrice satirica e appassionatissima di «Pap» li chiama sul palco.
All’entrata c’è un compagno che volantina per la nazionalizzazione della Banca d’Italia, il palco è un tripudio di rosso, sono rosse anche le lampade a palla da vecchia disco anni 70. Per primi ci salgono quelli del «Brancoro», «branco di voci sciolte», cantano versioni sofisticate delle canzoni delle mondine e dei comunisti (l’Avanti popolo nella versione di Gualtiero Bertelli strappa la lacrima).
Ma il vintage finisce qua. Questa lista della sinistra radicale non assomiglia molto alle sue precedenti edizioni, eppure le sigle sono quelle note: Rifondazione comunista, Eurostop, Pci (ex Pcdi), Sinistra anticapitalista, Democrazia atea. Ma il lievito napoletano dei ragazzi dell’ex Opg-Je so’ pazzo ha fatto la differenza. In tutto. «Non c’è nulla di radicale in quello che diciamo», corregge Viola, «è la normalità. Però ci siamo abituati a tutto. E quindi dire che uno si deve poter curare gratuitamente sembra una proposta radicale».
«Abbiamo fatto la cosa giusta. Una cosa vera. Bella. E per questo sta diventando contagiosa. Il 4 marzo cerchiamo tutti insieme di fare una cosa impossibile. Non fermiamoci», dice Maurizio Acerbo (Prc). Il progetto, spiega Viola, è «dare una bandiera e un’organizzazione a chi lotta ogni giorno». Vasto programma. Ma in tanti prima hanno fallito. «E noi invece dopo il 4 andiamo avanti. E se entriamo in parlamento, andiamo avanti lo stesso»
Le candidate e i candidati che hanno sottoscritto il Patto per la Costituzione e la Democrazia I loro nomi e le loro motivazioni
Abbiamo chiesto la sottoscrizione del Patto a tutte/i i candidati nelle liste esplicitamente antifasciste che siamo riusciti a raggiungere: Liberi e Uguali, PD e alleati (Insieme, +Europa), Potere al Popolo, PRI, Movimento 5 Stelle.
Abbiamo aspettato un giorno in più della data consigliata per darci una risposta.
Dalle risposte ricevute, possiamo dire di essere soddisfatti, almeno in parte.
Soddisfatti, perché di sottoscrizioni ne sono arrivate. In qualche caso, anche con motivazioni interessanti, che riportiamo.
Ne aspettavamo di più? Non lo neghiamo.
Il patto da noi proposto contiene principi fondamentali, un mettere in chiaro i valori fondativi della Costituzione.
Con chi ci ha risposto sottoscrivendo con noi questo importante comune impegno, resteremo in contatto, sempre nel segno della Costituzione da rispettare e da attuare.
Coordinamento per la Democrazia Costituzionale della provincia di Ravenna
26 febbraio 2018
I nomi e le motivazioni
Liberi e Uguali
Alessandra Govoni: “In risposta al vostro invito ad aderire al patto per la Costituzione, vi comunico che aderisco convintamente, con la certezza che nessuno dovrebbe essere candidato al parlamento senza avere aderito fino da bambino al progetto di vita sociale espresso nella nostra Carta Costituzionale. La Costituzione non ha bisogno di riforme, è Riforma, va attuata, contiene tutte le istruzioni per realizzare una società pienamente umanista. L'attuazione dell'articolo 3, dell'articolo 11, dell'articolo 32 per citarvi quelli più cari al mio cuore, se realizzata pienamente, ci farebbe vivere l'utopia.
Per cui, sì, aderisco ora e sempre, non solo per le elezioni ma per la mia vita a quella che considero la mia religione civile”.
Andrea Maestri (candidato in Umbria ma espressione del nostro territorio):“Aderisco con passione e convinzione. Grazie”
Arianna Marchi: sottoscrive il patto.
Ilaria Morigi: “Sottoscrivo l'appello e vi ringrazio per avermelo inviato”.
Giovanni Paglia: “Ho letto con molta attenzione il vostro appello fondato sulla richiesta di sottoscrizione di un Patto tra cittadine e cittadini e coloro che si candidano a rappresentarli/e.
Mi pare una richiesta sacrosanta, consapevole come sono - data anche questa mia esperienza in Parlamento dal 2013 ad oggi - che questo sia esattamente il punto: cioè lo scollamento tra la politica e le comunità.
Apprezzo in particolare la discriminante antifascista posta a fondamento della vostra richiesta di interlocuzione, specie di questi tempi.
Ciò che posso assicurare - se sarò rieletto tra le file di Liberi e Uguali - è il rinnovo del mio impegno non soltanto per la piena attuazione del dettato costituzionale, sugli articoli da voi richiamati in particolare ai quali aggiungo l'articolo 41; ma anche nella cura del rapporto con il mio territorio d'elezione, come ho già provato a fare in questi anni.
Il 4 dicembre 2016 è stata soltanto una tappa per l'affermazione di un'Italia giusta, adesso è il tempo di costruire una proposta fondata sui valori di eguaglianza e libertà”.
Eulalia Grillo: “La presente per segnalare la mia adesione al patto per la Costituzione e la democrazia da voi promosso.
La battaglia per il NO alla “riforma” della Costituzione è forse da considerarsi momento fondativo di Liberi e Uguali, la prima azione comune che ha visto i militanti dei nostri tre partiti lavorare per mesi fianco a fianco. Perciò il pieno e totale rispetto di quella Costituzione che abbiamo contribuito a salvare lo scorso 4 dicembre rappresenta la nostra stella polare. Rispetto per i suoi articoli, soprattutto per il 3, che pone le basi per un’uguaglianza sostanziale, e impegno per una sua piena attuazione.”
Ignazio Giovanni Belfiore: “Aderisco pienamente e convintamente al patto per la Costituzione e la democrazia. Mi impegno a difendere e a contrastare ogni proposta che miri surrettiziamente a modificare la forma democratica e repubblicana del nostro ordinamento parlamentare, limitare la sovranità popolare e il godimento dei diritti civili e politici.
Mi impegno a sostenere i principi fondamentali della nostra Costituzione in particolare l 'art. 1, l'art.3 dando piena attuazione al Titolo III agli art. 10 e 11, alla piena garanzia dei diritti di elettorato attivo e passivo.
Ho votato convintamente per il NO al referendum costituzionale del 4 dicembre e sono pronto a difendere in ogni luogo e ogni tempo la nostra Costituzione.”
Potere al Popolo
Cicognani Filippo candidato al collegio uninominale alla Camera
Limantri Giuseppe candidato al collegio plurinominale al Senato
Rossi Valentina candidata al collegio plurinominale alla Camera
Veridiani Raffaella candidata capolista al collegio plurinominale alla Camera
Viglianti Paolo candidato al collegio uninominale al Senato
con una nota collettiva dal titolo “Potere al Popolo aderisce al Patto per la Costituzione e la Democrazia: dov’era il NO faremo il SI’!”, che contiene i punti salienti del proprio programma elettorale coerenti con il dettato costituzionale.
PRI
Luisa Babini e Paolo Gambi: “ Abbiamo deciso di aderire al Patto per la Costituzione e per la Democrazia che ci avete cortesemente sottoposto, e, dunque, di sottoscriverlo”.
5 Stelle
David Zanforlini: “Riscontro con piacere la Vostra richiesta, anche in considerazione del fatto che la mia passione per la nostra Carta Costituzionale è decisamente risalente: non solo alle scuole medie feci un lavoro sui primi 12 articoli della Costituzione (con il dotto aiuto di mio padre), ma successivamente all'Università la Tesi di Laurea era intitolata "la Libertà di non Associarsi" (ndr. art. 18 Cost.), tesi peraltro premiata dalla Presidenza del Consiglio della Regione Emilia Romagna. Credo che la Costituzione forse potrà essere innovata, ma solo con estrema prudenza e dopo avere letto i Lavori della Costituente ed avere studiato attentamente le valutazioni che in quella sede ogni parola, espressa poi sul testo della Carta Costituzionale, ha avuto dai nostri Costituenti. Perciò ben venga l'introduzione del Diritto dell'Ambiente, no assolutamente a stravolgimenti che possano allontanarci da quella Repubblica voluta fortemente dai nostri Costituenti e costata milioni di vittime in nome delle Libertà di cui oggi possiamo godere ogni giorno”.
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Martedì 27 Febbraio 2018
Giovanni Paglia, ravennate, 40 anni, sposato, 1 figlio, è deputato uscente di Sinistra Italiana. Ha percorso tutto il cursus honorum della sinistra radicale in movimento negli ultimi anni: da Rifondazione Comunista a Sinistra Ecologia Libertà a Sinistra Italiana. Ora è candidato alle elezioni politiche del 4 marzo con Liberi e Uguali nel Collegio della Romagna plurinominale per la Camera.
In Parlamento si è occupato di molte questioni economiche, facendo parte della Commissione Finanze della Camera e ha partecipato anche ai lavori della Commissione d'Inchiesta sulle Banche. In questi anni è stato anche parlamentare fra i più attenti alle questioni locali.
Paglia, perchè Liberi e Uguali? Perchè un cittadino dovrebbe votare per voi?
"In un paese che scivola sempre più a destra ci vuole un ancoraggio a sinistra. La sinistra serve più di prima. Ci sono i problemi concreti delle persone che hanno bisogno di risposte politiche di sinistra: sul lavoro, sull'ambiente, sui diritti, sulla scuola. Ci sono i valori di sinistra da difendere e portare avanti, come la giustizia sociale e la solidarietà. Ci sono gli elettori di sinistra da rimotivare e riportare a votare. Per fare tutto questo serve una forza di sinistra organizzata e bisogna portarla in Parlamento, con un peso importante."
Per farla contare, come si diceva una volta?
"Sì. Lo diciamo anche adesso. Liberi e Uguali è l'unica sinistra che può incidere e contare. Una sinistra che vuole essere di governo e di cambiamento. Una sinistra di questo tipo non c'era e non c'è. Perchè il PD non è più questa cosa qui. Per cui abbiamo deciso di costruire noi la sinistra che mancava."
A proposito di proposte per il cambiamento, cominciamo dal lavoro. Abbiamo tutte le leggi fatte negli ultimi 20 anni e c’è il Jobs Act del governo Renzi, compresa l’abolizione dell’articolo 18, poi c'è la messa all’angolo dei sindacati nella pratica quotidiana… con il risultato che ora i lavoratori spesso votano Lega o Cinque Stelle. In mezzo a queste contraddizioni di classe ci siete voi. Che cosa proponete per tornare in sintonia con chi lavora, con chi è precario, con chi è disoccupato?
"Io sono stato eletto con il progetto Italia Bene Comune, nel 2013. Avevamo fra gli obiettivi quello di combattere la precarietà e di creare lavoro buono. Poi è arrivato Renzi e ha fatto il Jobs Act. Molti di noi hanno preso ad un certo punto le distanze dal PD, chi prima, chi dopo. Per me il momento di rottura definitivo è stata proprio l'approvazione del Jobs Act. Quando Renzi ha collocato il PD da una parte mentre i lavoratori stavano dall'altra. Per me essere di sinistra significa stare con chi lavora o cerca lavoro. Significa riconoscere diritti, dignità e la giusta retribuzione a chi lavora. Il PD ha tolto l'articolo 18, esteso a tutti i livelli il precariato, mortificato il mondo del lavoro in tutti i modi."
Ma c'è più gente che lavora, dicono. E poi i lavoratori non votano in massa per voi. Perchè?
"C'è più occupazione solo sulla carta. Perchè è tutto lavoro precario quello creato. Recuperare il rapporto con il mondo del lavoro non è facile. La sinistra deve mettere al centro proprio il mondo del lavoro. Con le sue contraddizioni di oggi. Vogliamo essere vicini a chi lavora, onesti con chi lavora, credibili per la difesa degli interessi di chi lavora. Sarà un lavoro lungo e difficile."
Che cosa proponete concretamente?
"Bisogna fare leggi che favoriscano il lavoro a tempo indeterminato, piuttosto che il tempo determinato, il precariato, il lavoro a chiamata. Il lavoro a tempo determinato va regolato in modo chiaro, a precise condizioni. Vogliamo progressivamente cancellare tutte le forme di lavoro che umiliano e mettono sotto ricatto il lavoratore. Vogliamo rimettere al centro i diritti e ripristinare l'articolo 18: non si deve licenziare senza giusta causa. La Costituzione non può arrestarsi davanti ai cancelli della fabbrica, i diritti devono valere anche dentro. Basterà tutto questo? Non lo so, ma è una precondizione. Il mondo del lavoro ha bisogno di una sinistra che lo rappresenti. La sinistra ha bisogno del mondo del lavoro: le nostre radici devono essere piantate in quel mondo, da cui possiamo trarre la nostra linfa vitale."
Parliamo di diritti allora. In alcuni casi i diritti sono stati conquistati, come per le coppie di fatto e il bio-testamento. In alcuni casi i diritti sono stati congelati e ancora negati come nel caso dello ius soli - ius culturae. In altri casi i diritti sono stati tolti, come quelli dei lavoratori (l’articolo 18 e non solo) o dei risparmiatori, di fatto, legalmente truffati da diverse banche… Qual è il bilancio: in attivo o in perdita?
"Non voglio fare una somma algebrica. Dei diritti del mondo del lavoro tolti, ho già detto: sono fondamentali e vanno ripristinati. Questa è una ferita molto grave inferta al mondo del lavoro. Anzi, occorrerebbe intervenire anche per tutelare i lavoratori da nuove forme di controllo, come quelle emerse in questi giorni con la vicenda Amazon. Sui diritti civili bisogna ancora fare molto. Per esempio garantire l'adozione alle coppie di fatto, e poi bisogna completare il lavoro sul matrimonio, con il matrimonio uguale per tutti."
E sullo ius soli?
"È stata commessa una crudeltà: hanno illuso 800 mila ragazzi e poi li hanno lasciati soli. Il PD non ha voluto far approvare quella legge perchè in campagna elettorale era scomoda. Hanno rimandato alla prossima legislatura, quando tutto sarà più difficile, perchè ci sarà più destra in Parlamento. C'era la possibilità concreta di fare una legge giusta sulla cittadinanza ma non s'è fatta per paura. Ed è una cosa difficile da spiegare anche ai nostri figli. Perchè loro non sono cittadini come noi, quando studiano con noi, giocano con noi, parlano la nostra lingua?"
Paglia lei si è occupato parecchio di economia nella scorsa legislatura. Che cosa pensa della destra che propone la flat tax, livellando la tassazione verso il basso… sembra una cosa molto popolare, anche se pare favorisca soprattutto i ricchi. Voi cosa proponete sul piano fiscale per finanziare il welfare e gli investimenti?
"Noi oggi abbiamo un sistema fiscale con un livello di tassazione né troppo basso, né troppo alto: però è iniquo. Le tasse ci sono già, ma colpiscono soprattutto chi sta in basso, mentre lasciano indenni i grandi redditi. Praticamente le grandi aziende mondialiste non pagano le tasse o pagano pochissimo. Google e Apple pagano un'inezia. Amazon addirittura non paga nulla di tasse in Italia e in Europa. Invece lavoratori e ceto medio sono schiacciati e anche le imprese piccole e medie sono sotto una pressione insostenibile. Allora la prima cosa è far pagare le tasse alle grandi aziende su scala europea e su scala nazionale. Poi bisogna far pagare molto chi percepisce redditi molto alti."
Come?
"Per esempio rimodulando gli scaglioni dell'IRPEF. Abbassando le aliquote più basse e alzando quelle più alte. E poi bisogna colpire l'evasione fiscale. Con una politica rigorosa si possono recuperare 30 miliardi all'anno. Dicono che vorremmo introdurre la patrimoniale, ma in Italia le tasse sul patrimonio ci sono già. Ci sono quelle sulle forme di risparmio, ci sono quelle sull'IMU per la seconda casa. Noi vogliamo mettere insieme tutti i beni patrimoniali e tassare i grandi patrimoni, quelli sopra i 600 mila euro annui circa. Semplicemente i grandi patrimoni, non abbiamo alcuna intenzione di colpire i ceti medi. Siamo per una vera progressività del fisco. In questo modo possiamo recuperare due miliardi da redistribuire con il welfare. Questa è una politica seria sulle tasse, gli altri, tutti gli altri, dicono semplicemente che vogliono tagliare le tasse a tutti. Ma non è serio né giusto."
Un altro tema che ha tenuto banco in questa campagna elettorale è quello dell'immigrazione. Qual è la vostra posizione?
"Il ministro Minniti ha fatto una scelta degradante perchè, per impedire qualche sbarco in Italia, ha messo il destino di migliaia di esseri umani nelle mani delle bande libiche. Li ha venuti. Ha fatto la stessa cosa che fece Berlusconi, se non che Berlusconi fece almeno l'accordo con Gheddafi mentre Minniti l'ha fatto con dei capi banda. Ha chiesto loro di tenere i migranti là in Libia, nei campi di concentramento che paghiamo noi. E in quei campi c'è una nuova tratta degli schiavi. Dobbiamo chiamare le cose per nome. E assumerci le nostre responsabilità. Così come l'Europa deve assumersi le sue, perchè non ha fatto nulla. Un accordo simile per fermare i migranti fu fatto dall'Europa con La Turchia e noi gridammo allo scandalo. Ora l'abbiamo fatto noi con la Libia."
Ma voi cosa proponete?
"Proponiamo dei corridoi umanitari per impedire la tratta degli uomini. Per salvare migliaia di esseri umani da una prospettiva spaventosa."
Significa farli venire in Europa e in Italia?
"Significa salvare delle vite umane. Significa restare umani. Sui migranti s'è affermata la cultura della destra perchè la sinistra ha rinunciato a combattere la sua battaglia, a far valere i suoi valori. Abbiamo indietreggiato, ci siamo difesi, non abbiamo combattuto fino in fondo per ciò in cui abbiamo sempre creduto, l'uguaglianza, la solidarietà, la giustizia. Al punto che è passata l'idea della destra, che prima ci sono gli italiani e poi gli altri esseri umani. Altro che diritti universali. Prima gli italiani per l'assegnazione delle case. Per i posti negli asili. Per il diritto alla salute. Non ci si vergogna più di dire che agli altri non deve spettare nulla."
È la guerra fra poveri.
"Sì, perchè s'è imposta la cultura della destra che è cultura della paura, dell'esclusione, dei muri. Nella guerra fra poveri, tutti i poveri sono destinati a perdere. Anche gli italiani. I problemi di integrazione c'erano anche nell'Italia degli anni '50 quando al nord arrivavano i migranti dal sud e c'erano discriminazioni di ogni genere, ma allora c'era anche la volontà di integrare e c'era il lavoro come volano fondamentale dell'integrazione. Ora il lavoro non c'è più e l'immigrazione è sempre meno legata alle possibilità di lavoro."
Allora che si fa? La destra dice di riportarne indietro 600 mila...
"No, questo non è possibile. E lo sanno anche loro. Bisogna accogliere, assistere e integrare con politiche adeguate, ma su questo il governo ha fallito completamente. Come ha fallito l'Europa. Oggi vengono dati 38 euro al giorno per ogni richiedente asilo, ma al migrante toccano 2 euro e questa persona è costretta per mesi e anni a non fare nulla, a vivere di stenti, a chiedere l'elemosina in attesa di trovare una sistemazione degna di questo nome. Questa povertà fa paura, ancor più del colore della pelle. Gli italiani non hanno paura dei neri, ma dei poveri più poveri di loro: è la povertà che fa paura."
Prima accennava all'Europa che ha grandi responsabilità nella mancata politica dell'immigrazione.
"Io sono per l'Europa, ma non dico più Europa, dico invece che serve un'altra Europa. Bisogna riformare i trattati, rivedere le politiche liberiste e restrittive. Serve un'Europa che armonizzi il fisco, le tutele del lavoro e le protezioni sociali, che non faccia più dumping fiscale e dumping sociale. E serve un'Europa che si fa carico, che investe in programmi di integrazione, cooperazione e solidarietà."
Un'ultima annotazione su fascismo e antifascismo, un tema che ha caratterizzato questi ultimi giorni di campagna elettorale.
"Dico solo che non capisco come sia possibile che alle elezioni, sulla scheda elettorale, siano presenti liste di chiara e dichiarata ispirazione neofascista come Forza Nuova e Casa Pound. Si definiscono fascisti del terzo millennio. C'è una sola cosa da fare: queste organizzazioni vanno sciolte e va impedito loro di presentarsi alle elezioni. Non ho altro da aggiungere."
L'ultima domanda. Il voto utile qual è? È quello per far vincere qualcuno o per far vincere le proprie idee?
"Esiste il voto. Il voto utile è solo un espediente retorico. Quelli del PD hanno fatto una pessima legge elettorale e ora hanno paura di perdere, per cui tirano fuori la storia del voto utile. Ma gli unici in grado di combattere la destra sul piano politico e culturale siamo noi. Loro, quelli del PD, si stanno preparando invece a fare un governo di larghe intese con Berlusconi, un governo guidato da Gentiloni o da Tajani a seconda di chi avrà più peso."
E voi?
"Noi di sicuro non faremo mai un governo con le destre: dunque se uno vuole votare contro le destre deve votare per noi. Noi non lo deluderemo. Faremo ciò che abbiamo promesso. Lo faremo dall'opposizione se elezioni premieranno la destra, oppure dal governo se ci saranno le condizioni per governare su basi nuove. In ogni caso, ci vuole una sinistra più forte e per una sinistra più forte c'è un solo voto che conta: Liberi e Uguali."
A cura di P. G. C.
Chi sta con chi. Tra socialisti radicali e altermondisti moderati, Liberi e Uguali e Potere al Popolo si giocano i testimonial, in qualche caso scippandoli al Pd. Tranne Tsipras, che però appoggia entrambi.
CIERRE CAMPAÑA PODEMOS EN VALENCIA
Il blitz londinese di Grasso è un colpo basso per il Nazareno. Che infatti si guarda bene dal commentare. Il laburista antiBlair oggi in corsa per Downing Street è un meme vivente degli errori di Renzi su scala continentale. Dopo la vittoria dell’ultimo congresso del Labour il leader Pd non gli ha neanche inviato i complimenti della buona creanza. Fino a quel momento i renziani definivano il leader laburista «una catastrofe», uno che «gode a perdere».
Grasso a sua volta ha portato a casa una foto che parla a molti. Corbyn è un’icona per la sinistra radicale, ma è considerato un modello anche da Prodi. L’ex procuratore si è ispirato a lui dallo slogan «Per molti, non per pochi» che traduce For the many not the few, giù fino alle singole proposte, come l’abolizione delle tasse universitarie, battaglia che ha conquistato la gioventù britannica.
L’abbraccio con Corbyn racconta anche del voto del 2019 per il parlamento di Bruxelles. Dove tutte le famiglie progressiste potrebbero rimescolarsi.
E le sinistre europee guardano con preoccupazione alla divisione dei “compagni” italiani fra Liberi e uguale e Potere al Popolo. «Vedo con tristezza che la sinistra con cui potrei identificarmi non è in condizioni di combattere per vincere le elezioni», ha detto al Fatto Pablo Iglesias, leader spagnolo di Podemos. Iglesias si era felicitato con Nicola Fratoianni (Si) per la nascita di Leu, ma non può esplicitamente endorsarla, almeno finché a Bruxelles Mdp farà riferimento al Pse. Un tema che non tarderà ad agitare la Ditta per le europee, sempreché a quel traguardo arrivi unita.
L’allarme per le divisioni italiane, specchio di quelle di tutti, è tale che il partito della Sinistra europea, che raccoglie le sinistre d’alternativa che a Bruxelles siedono nel Gue (il gruppo delle sinistre europee), a gennaio ha inviato una nota riservata agli aderenti: «Sull’Italia non schieratevi» è la sostanza del messaggio. Se ne capisce il motivo: Rifondazione comunista, che aderisce a Se, corre con Potere al Popolo; invece Sinistra italiana, che è solo «membro osservatore», ha fondato Leu, i cui europarlamentari siedono nel gruppo dei Socialisti e democratici.
Non è l’unico problema: le sinistre radicali continentali sono attraversate da confronto sui destini dell’Unione. Europeisti da una parte. Euroscettici e sovranisti dall’altra: una parte, quest’ultima, assai più affollata di gruppi di destra.
Il conflitto è emerso clamorosamente a fine gennaio quando Jean-Luc Mélenchon, leader della francese France Insoumise ha chiesto l’espulsione da Se di Tsipras, presidente della Grecia e leader di Syriza, con l’accusa di essere «servile con i diktat liberisti della Commissione europea». Tsipras gli ha replicato duramente: «Noi non siamo di sinistra solo a parole». Poi la crisi è rientrata. Ma il tema si riproporrà appena scoccherà la corsa per le europee.
Per l’intanto l’effetto è che in Italia Leu e Pap si contendono le star internazionali come una vecchia edizione di Sanremo. Mdp, che sul fronte europeo ha partner socialdemocratici e socialisti cioè tifosi del Pd, ha però incassato per Leu la benedizione di Pepe Mujica, mitico ex presidente uruguajano con un passato da Tupamaro.
Con Pap si sono invece schierati la cilena Camilla Vallejos e il regista inglese Ken Loach. E Mélenchon, che lo scorso 16 febbraio è sbarcato a Napoli per studiare il modello mutualistico dell’ex Opg-Je so pazzo, il centro sociale da cui è nata la lista, ha incontrato il sindaco De Magistris: «Sono venuto a Napoli a imparare, qui fate la lotta per la rivoluzione in Europa». Sinistra italiana a sua volta ha incassato la presenza della leader della tedesca Linke Katja Kipping a un’iniziativa contro le “Groko”, le larghe intese, con Nicola Fratoianni: ma l’iniziativa era organizzata dall’Ars di Vincenzo Vita e Aldo Tortorella.
A sua volta l’eurodeputata Eleonora Forenza, del Prc (ma eletta con le insegne di l’Altra Europa) ha raccolto una decina di endorsement «in tutte le lingue» per Pap: fra cui la capogruppo di capogruppo del Gue a Bruxelles Gabi Zimmer (della tedesca Linke), un irlandese dello Sinn Féinn, un portoghese del Pcp, una spagnola di Izquierda unida, un greco del Lae e un comunista basco.
Non entra infine nella mischia italiana il presidente Tsipras che ha portato a casa il ciclopico traguardo di uscire dal Memorandum (a agosto), il pesante programma di tagli con cui ha portato il paese fuori dal baratro, tenendo «la società in piedi», come dice lui. Altrettanto fa Syriza.
«Auguriamo la vittoria a tutta la sinistra italiana», spiega Argiris Panagopoulos, responsabile di Syriza per l’Europa del sud, «Grecia e Italia hanno fra loro un legame di sangue costituito dai morti del Mediterraneo. Siamo impegnati insieme su questo fronte e quello che non possiamo permetterci è un governo della destra razzista. Insieme noi greci abbiamo sconfitto Scheuble e gli ultraliberisti. Insieme i socialisti e i comunisti governano in Portogallo. E nonostante le critiche contro di noi, abbiamo aiutato a vincere Mélenchon in Francia. Perché non possiamo permetterci divisioni. Dobbiamo lavorare tutti insieme contro il risorgere dei nazionalismi e dei sovranismi in Europa. Quelli di destra e di sinistra».