La chiusura di Potere al popolo, oggi a Napoli gran finale. Verso un'organizzazione in ogni caso, quorum o non quorum: «Dopo il 4 andiamo avanti. E se entriamo in parlamento, andiamo avanti lo stesso»
«Volevano isolarci, volevano incastrarci nella logica degli opposti estremismi. Eh. E è semplice: non ce l’hanno fatta». Viola Carofalo – solo «Viola» per tutti – chiude la campagna di Potere al popolo di Roma. Oggi gran finale a Napoli, capitale morale della lista, piazza Dante. Dopo tanti chilometri ancora scherza: «Ho imparato cose nuove in questo mese: tipo che la priorità per una scuola è fare il presepe, o insegnare ai bimbi ad essere patriottici». È «il capo della forza politica» («capa», dice lei) e la forza è la folla davanti al palco: «compagni e compagne» di sempre, come il vignettista Vauro, il giornalista Lucio Manisco, Sandro Medici, oggi candidato alla regione Lazio, la sua capolista Lisa Canitano, Paolo Petrangeli. Ma anche giovanissimi che postano sui social il selfie con Citto Maselli, «il maestro». Francesca Fornario, autrice satirica e appassionatissima di «Pap» li chiama sul palco.
All’entrata c’è un compagno che volantina per la nazionalizzazione della Banca d’Italia, il palco è un tripudio di rosso, sono rosse anche le lampade a palla da vecchia disco anni 70. Per primi ci salgono quelli del «Brancoro», «branco di voci sciolte», cantano versioni sofisticate delle canzoni delle mondine e dei comunisti (l’Avanti popolo nella versione di Gualtiero Bertelli strappa la lacrima).
Ma il vintage finisce qua. Questa lista della sinistra radicale non assomiglia molto alle sue precedenti edizioni, eppure le sigle sono quelle note: Rifondazione comunista, Eurostop, Pci (ex Pcdi), Sinistra anticapitalista, Democrazia atea. Ma il lievito napoletano dei ragazzi dell’ex Opg-Je so’ pazzo ha fatto la differenza. In tutto. «Non c’è nulla di radicale in quello che diciamo», corregge Viola, «è la normalità. Però ci siamo abituati a tutto. E quindi dire che uno si deve poter curare gratuitamente sembra una proposta radicale».
«Abbiamo fatto la cosa giusta. Una cosa vera. Bella. E per questo sta diventando contagiosa. Il 4 marzo cerchiamo tutti insieme di fare una cosa impossibile. Non fermiamoci», dice Maurizio Acerbo (Prc). Il progetto, spiega Viola, è «dare una bandiera e un’organizzazione a chi lotta ogni giorno». Vasto programma. Ma in tanti prima hanno fallito. «E noi invece dopo il 4 andiamo avanti. E se entriamo in parlamento, andiamo avanti lo stesso»