«Non dimentico la martoriata Ucraina», ma bisogna fermare la «guerra mondiale» in corso. Papa Francesco, nella consueta udienza generale del mercoledì – ieri svolta non al chiuso, in aula Paolo VI, ma in una piazza San Pietro particolarmente affollata – è tornato a parlare del conflitto in Ucraina, ribadendo la propria posizione, espressa anche nelle due precedenti udienze: condanna per l’aggressione della Russia a Kiev, senza però giustificare la guerra – la «terza guerra mondiale», l’aveva chiamata mercoledì scorso rivolgendosi ai fedeli polacchi, nell’anniversario dell’invasione di Hitler nel 1939 –, che anzi va fermata subito e in ogni modo.
L’intervento non era previsto nel testo ufficiale del discorso, e lo spunto è arrivato da alcune bandiere ucraine che sventolavano in piazza. «Di fronte a tutti gli scenari di guerra del nostro tempo, chiedo a ciascuno di essere costruttore di pace e di pregare perché nel mondo si diffondano pensieri e progetti di concordia e di riconciliazione», ha detto il pontefice a braccio. E ha aggiunto: «Oggi stiamo vivendo una guerra mondiale, fermiamoci per favore!». Concludendo poi con una preghiera per «le vittime di ogni guerra, in modo speciale la cara popolazione ucraina».
Martedì prossimo Bergoglio partirà per Nur-Sultan, capitale del Kazakhstan, dove si svolgerà il settimo congresso dei capi delle religioni tradizionali mondiali, che si concluderà, il 15 settembre, con la firma di una Dichiarazione comune presso il palazzo della pace e della riconciliazione.
Non ci sarà l’atteso incontro con il patriarca ortodosso russo Kirill, per la rinuncia di quest’ultimo. «Il colloquio non può svolgersi a margine del meeting, ma deve diventare un evento indipendente, preparato con la massima cura e con un comunicato congiunto concordato in anticipo», ha spiegato il “ministro degli esteri” del Patriarcato di Mosca, il metropolita Antonij di Volokolamsk. Sono troppe le divergenze sul conflitto, definito dal papa un’«aggressione» e invece ritenuto una sorta di «guerra santa» da Kirill, a sua volta etichettato da Francesco come il «chierichetto di Putin».
E non ci sarà nemmeno la tappa in Ucraina, auspicata a gran voce da Kiev e dallo stesso presidente Zelensky ma rinviata ad altra data dalla Santa sede, che evidentemente, saltato l’incontro con Kirill, non vuole rischiare che il pontefice venga «arruolato» da una delle due parti, indebolendo così la linea di ferma e assoluta condanna della guerra.
Intanto da alcune realtà cattoliche di base è stato lanciato un appello in vista delle prossime elezioni politiche: non dare il voto a chi ha sostenuto l’aumento delle spese militari fino al due per cento del Pil, come chiesto anche dalla Nato, che sta rifornendo di armi l’Ucraina.
«Questo vuol dire preparare la guerra, non la pace. Vuol dire sovvertire il progetto della Costituzione che ripudia la guerra, gettare al vento il sacrificio di chi è morto nella Resistenza», si legge nell’appello lanciato, fra gli altri, dalla Comunità di base delle Piagge di Firenze (animata da don Alessandro Santoro), da don Andrea Bigalli (parroco in provincia di Firenze e referente per la Toscana di Libera), da padre Bernardo Gianni (abate della comunità monastica di San Miniato) e da Sandra Gesualdi (vicepresidente della Fondazione don Milani), che chiedono «di non votare per nessuno che abbia votato per l’aumento delle spese militari» né per chi «non si impegni esplicitamente a invertire la rotta, riducendo quella spesa scellerata».