Accedi Registrati

Login to your account

Username *
Password *
Remember Me

Create an account

Fields marked with an asterisk (*) are required.
Name *
Username *
Password *
Verify password *
Email *
Verify email *

A CARISSIMO AMICO. Il premier dal presidente Usa come alleato più affidabile, ma chiede di cercare ogni strada per il negoziato

Draghi a Biden: tentiamo la pace

 

Il presidente Biden «non vedeva l’ora» di incontrare Draghi e alle 20 in punto se lo è trovato di fronte nella sala ovale della Casa Bianca, scortato dall’ambasciatrice Zappia e dai consiglieri Mattiolo, il diplomatico, De Leverano, il militare, Giavazzi, l’economico. Ad accoglierli, con Biden, un team tutto femminile: la segretaria al Tesoro Yellen, la vicesegretaria di Stato Sherman, la consigliera per l’Europa Sloat. L’incontro durerà un’ora e mezzo precisa.

CI SONO «MOLTE COSE di cui parlare», esordisce il presidente e l’italiano va subito al punto: «In Italia e in Europa le persone vogliono la fine di questa macelleria, ci chiedono come arrivare alla pace». Dunque, «dobbiamo utilizzare ogni canale per un cessate il fuoco e per avviare negoziati credibili». Mario Draghi non permette equivoci:

sulle sanzioni e sulla fornitura di armi Italia e Usa sono unite. Putin ha fallito nel tentativo di dividere l’occidente. La guerra, al contrario, ha «reso ancora più forti i legami tra Italia e Usa» e «ha portato a un drastico cambiamento nella Ue: eravamo vicini, ora lo siamo ancora di più e sappiamo di poter contare sugli Stati uniti».

L’ospite largheggia in elogi. Si complimenta con il «grande amico e alleato»: «Era difficile credere che Nato e Ue potessero andare di pari passo, era più probabile che si dividessero. Invece lei è riuscito a farle marciare allo stesso passo». È qualcosa in più di una semplice lusinga: sfiora la nomina esplicita del premier italiano a uomo di fiducia di Washington da questa parte dell’Atlantico. Qualche rassicurazione la dispensa anche l’americano: «Una Ue forte è nell’interesse anche degli Usa».

ATTENTO ALLE SFUMATURE, forte di un rapporto personale di antica data, il premier italiano prova a tenere in equilibrio la posizione di partner più affidabile che ci sia in Europa per Washington e insieme di pungolo per spostare la Casa Bianca sulla linea della soluzione negoziata invece che su quella della guerra lunga e della ricerca di una vittoria da KO. Lo fa secondo il suo stile, consapevole dei margini di azione che gli consente la posizione dell’Italia in Europa, dunque con toni diversi da quelli di Macron, ma pur sempre inequivocabilmente. A Roma il Pd si spella le mani ancor prima che il colloquio sia terminato. «Il messaggio di Draghi è chiaro e forte. Ci rappresenta». A raffreddare gli ottimismi provvede la portavoce della Casa Bianca Psaki: «Siamo aperti a una soluzione diplomatica ma non vediamo nessun segnale in questo senso dalla Russia». Quasi un de profundis.

ANCHE I CONVENEVOLI e le reciproche svenevolezze veicolano messaggi e segnali. Ma la discussione seria, va da sé, inizia quando si chiudono le porte. Sul tavolo c’è l’energia, il problema dei problemi. È probabile che Biden insista per accelerare ulteriormente lo sforzo europeo per rendersi indipendente dal gas russo, sul modello di quel che sta facendo l’Italia, e che metta di nuovo sul tavolo l’embargo se non subito almeno in tempi brevi. È certo che il premier italiano aggiunga al carnet il tetto sul prezzo del gas russo – la sua crociata in Europa per cui chiede il sostegno di Biden – ma forse anche di quello americano. Gli Usa hanno già garantito che i rifornimenti di gas liquido saranno fluviali, anche se da noi il primo rigassificatore sarà pronto solo all’inizio del 2023 e il secondo non prima del 2024. Ma il prezzo è alto, il gas americano è più caro di quello russo e in una fase così delicata il problema è enorme.

C’È UNA VOCE IN PIÙ nell’agenda dei lavori, destinata a diventare sempre più urgente nelle prossime settimane e mesi: l’emergenza alimentare. Il prezzo della guerra e delle sanzioni in Africa è tragico, è la fame, senza contare che inevitabilmente la carestia innescherà una nuova ondata migratoria verso la Ue. Dunque bisogna mettere in campo un piano: «Dobbiamo lavorare insieme per abbassare il prezzo dell’energia per evitare il rischio di crisi alimentari tra i Paesi poveri».

Comunque vadano i colloqui di questi giorni negli Stati uniti, c’è una doppia ipoteca che Mario Draghi tira comprensibilmente a ignorare: l’unità dell’Unione, alla prova del petrolio, è meno blindata di quanto non appaia e a Roma la solidità della maggioranza vacilla. Draghi sarà al Senato il 19 maggio, ma solo per un question time, non per una vera informativa e senza alcuna possibilità di voto. È l’opposto di quel che chiede fragorosamente Giuseppe Conte e reclama anche FdI ma prima o poi il gioco a rimpiattino con il parlamento dovrà finire.