Guido Viale, su "Il Manifesto" del 12 luglio 2015
Ue. Prendiamo atto che i confini non sono quelli dell’Eurozona né, per quanto allargati, quelli dell’Unione.
Quale ne sia l’esito, di certo, non risolutivo, ha fatto più danni a credibilità e affidabilità dell’euro come moneta globale il meschino tiramolla delle autorità europee contro il Governo greco di quanto abbia danneggiato quest’ultimo il pesantissimo compromesso a cui ha dovuto soggiacere. E poiché nell’accordo, se si farà, non c’è nulla che renda più sostenibile l’economia greca, la cacciata dall’euro è stata forse sventata, ma la partita relativa all’austerity è solo rimandata: si continuerà a giocare nelle condizioni e con gli schieramenti che si saranno formati in Europa nei prossimi mesi o tra pochissimi anni. Condizioni che non saranno facili per nessuno dei contendenti. “Se crolla l’euro crolla l’Unione Europea” è forse l’unica affermazione condivisibile di Angela Merkel: per questo, con quel tiramolla, le autorità dell’Unione hanno sicuramente compiuto un buon passo avanti nel rivelarsi becchini dell’Europa.
Il vero regista di questa strategia suicida è Mario Draghi, che come capo di GoldmanSachs Europa aveva aiutato il Governo greco a truccare il bilancio per entrare nell’euro e indebitarsi a man bassa; e che come capo della BCE gli ha poi presentato il conto per salvare le banche creditrici; e per poi mettere Tsipras con le spalle al muro con il blocco della liquidità (il vero bazooka di cui dispone).
Quel suo impegno a salvare la moneta unica “a qualsiasi costo” riguarda infatti l’euro virtuale presente nei libri contabili delle banche; non l’euro reale presente (anzi assente) nelle tasche dei cittadini per fare la spesa: e la Grecia è lì a dimostrarlo.
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