La destra vince le elezioni regionali nel Lazio e in Lombardia con Rocca e Fontana nel vuoto della partecipazione. Record di astensione, va a votare poco più di un elettore su tre con punte di uno su quattro nelle periferie. Fratelli d’Italia padrone della coalizione. Centrosinistra sparito e abbandonato ma subito litigioso. Debacle per Calenda e Conte
REGIONALI. Record negativo per tutte le votazioni nel Lazio: astensione al 62,8%. Poco sopra la Lombardia. A Roma nei seggi di periferia punte di un solo votante su quattro ai seggi. E' il punto di non ritorno di una crisi di sistema
È finita molto peggio della già molto cupe previsioni. A votare è andata una piccola minoranza di chi avrebbe dovuto scegliere presidenti e consiglieri regionali. Nel Lazio il 37,2% degli aventi diritto, meno di 1,8 milioni su 4,8 milioni di elettori. È un record negativo non solo per il Lazio e per le regionali, ma per la storia elettorale di tutto il paese e di tutte le elezioni. A Roma l’affluenza è stata la più bassa: 33,1% e il tracollo c’è stato nei municipi di periferia, est e ovest (Torre Angela e Ostia) dove ha votato poco più di un elettore su quattro.
Appena un po’ più contenuto il disastro della Lombardia, dove l’affluenza regionale si è fermata al 41,67%, vale a dire che su 8 milioni di elettori potenziali alle urne sono andati in 3,3 milioni. A Milano l’affluenza è stata di pochissimo superiore a quella della regione ma in città, al contrario che nella Capitale, la partecipazione è crollata più nei quartieri centrali che in quelli periferici.
Non era un piccolo test per via delle dimensioni dei territori coinvolti: alle urne avrebbe dovuto recarsi circa un quarto di tutto l’elettorato nazionale. Ed è la prima volta che ovunque si sia votato, senza eccezioni – due regioni, diciassette provincie (dodici in Lombardia e cinque nel Lazio) – l’ampia maggioranza delle elettrici e degli elettori abbia deciso di non partecipare. È dunque un punto di non ritorno. Il fatto che a scegliere presidenti e consiglieri siano stati in cos
Leggi tutto: Mai così pochi elettori. Destra prima nel vuoto - di Andrea Fabozzi
Commenta (0 Commenti)Un paese due scuole. Al Sud Italia mancano tempo pieno, mense, palestre. Svimez quantifica la differenza con il Nord in un anno rubato per i bambini del Mezzogiorno, su cui lo Stato investe 300 euro in meno a testa: «L’autonomia costituzionalizza i divari»
DIRITTI DI CITTADINANZA NEGATI. I dati Svimez: senza mensa, tempo pieno o palestra, rubato un anno ai bambini del Mezzogiorno. Giannola: «Con l’autonomia differenziata le disparità educative rischiano di costituzionalizzarsi cioè di diventare costituzionalmente garantite, una garanzia in peggio»
Napoli, elementare De Amicis - Ansa
Un bambino di 10 anni del Centro Nord ha assicurato, in media, 1.226 ore di formazione dal sistema scolastico pubblico; un suo coetaneo del Sud dovrà invece arrangiarsi con 200 ore in meno, niente mensa e quindi niente dieta bilanciata e pure niente palestra. Su questo mattoncino si sviluppa il sistema di diseguaglianze che frena l’Italia nel complesso e nega diritti di cittadinanza almeno a un terzo degli abitanti. La fotografia di come funziona, male, il Paese l’ha fornita la Svimez con l’Altra Napoli onlus nell’incontro «Un paese due scuole».
Scuola, la legge di bilancio taglia posti di lavoro al Sud
NEL SUD circa 650mila alunni delle primarie statali (79%) non beneficiano della mensa. In Campania se ne contano 200mila (87%), in Sicilia 184mila (88%), in Puglia 100mila (65%), in Calabria 60mila (80%). Nel Centro Nord gli studenti senza mensa sono 700mila, il 46% del totale. Di più: solo il
Leggi tutto: Scuola di serie A e di serie B, divario enorme tra Nord e Sud - di Adriana Pollice
Commenta (0 Commenti)A un anno dall’invasione, senza spiragli di pace, Volodymyr Zelensky interviene al Parlamento e al Consiglio europei. È giornata nera, invece, per Meloni: esclusa dal vertice Macron-Sholz, niente bilaterale con il presidente ucraino, e a mani vuote anche sui migranti
BILATERALE A BRUXELLES. La premier all’attacco per il mancato invito all’Eliseo con Scholz. Il presidente francese la gela
Giorgia Meloni a Bruxelles in attesa dell’inizio del Consiglio europeo - Ap
Doppio sgarbo, umiliazione su umiliazione. Prima l’estromissione dalla cena dei grandi, quella di mercoledì sera all’Eliseo. Poi il bilaterale a Bruxelles saltato all’ultimo momento, sostituito da un incontro di gruppo di Zelensky con altri sei capi di governo, al termine del quale il presidente ucraino e la premier italiana si sono solo intrattenuti faccia a faccia per alcuni minuti. Per Meloni una giornata nerissima.
Non è stato aggiunto alcun posto a tavola per la cena a tre dell’Eliseo di mercoledì sera, ospite Macron, illustri invitati Scholz e Zelenszy, Cenerentola di turno Giorgia l’Underdog: un’improvvisata che ha colto l’Italia di sorpresa e mandato fuori dai gangheri la premier. Tanto da farla contravvenire a un dogma della
Leggi tutto: Meloni resta nell’angolo. Scontro con Macron - di Andrea Colombo
Commenta (0 Commenti)Ormai 12mila le vittime del sisma in Anatolia, Erdogan si presenta sulle macerie, chiede unità ma blocca i social. Ha resistito a crisi, inflazione e corruzione, ma le case che crollano in un istante lo mettono davvero in difficoltà, cresce la rabbia dei turchi (e dei siriani)
Un appello di aiuto del Congresso Nazionale del Kurdistan
SIRIA/TERREMOTO. Intervista a padre Haroutioun. «Facciamo la nostra parte per aiutare chi ha perduto tutto ma non basta. Senza la fine delle sanzioni non sarà possibile fare di più per la popolazione»
La torre del castello di Aleppo - Haroutioun
Aleppo città martire, colpita da bombardamenti durante la guerra in Siria e ora devastata delle tre scosse di terremoto che hanno ucciso migliaia di persone e distrutto decine di migliaia di edifici nella Turchia meridionale e nel nord-ovest della Siria. La popolazione della seconda città siriana per importanza, nota per la sua bellezza e una lunga storia, lotta per sopravvivere e superare questa nuova dura prova. Accanto alle Ong e alle autorità locali, anche le Chiese cristiane partecipano all’assistenza degli abitanti gettati dal sisma nella disperazione. Ad Aleppo è presente anche il nunzio apostolico in Siria, il cardinale Mario Zenari. Ieri abbiamo raggiunto al telefono ad Aleppo padre Haroutioun, un francescano impegnato negli aiuti ai terremotati, per avere un quadro della situazione
Commenta (0 Commenti)Oltre 7.200 morti accertati, la vita di 23 milioni di persone sconvolta, città rase al suolo su entrambi i lati del confine che divide la Turchia dalla Siria. Il terremoto non fa distinzioni, la macchina degli aiuti sì: solo il mondo arabo si mobilita per i siriani
I soccorsi occidentali vanno in Turchia, pochissimi in Siria che è sotto le sanzioni europee e americane. In Occidente le ambasciate siriane sono chiuse e Biden non cita Damasco sul sisma
Operazioni di ricerca tra le macerie di un edificio crollato a seguito del sisma che ha colpito la Siria - Ap
In questa tragedia immane la geopolitica della solidarietà si è spaccata in due. Tutti i soccorsi occidentali che si stanno approntando vanno in Turchia, pochissimi, raggiungono la Siria. In Occidente le ambasciate siriane sono chiuse, nulle le relazioni diplomatiche mentre le sanzioni europee e americane sono pervasive, il presidente degli Stati uniti Joe Biden non cita nemmeno la Siria nel suo discorso sul terremoto: neppure questa tragedia smuove la livorosa politica occidentale. Solo minoranze, laiche, cristiane, musulmane, qui rivolgono un pensiero a quel Paese ed è Sant’Egidio, non la politica, a chiedere la sospensione dell’embargo a Damasco.
La Siria vive almeno tre contemporanee tragedie: la guerra civile, che continua – come permane la presenza militare straniera – quella del terremoto e l’abbandono occidentale, colmato solo parzialmente dagli aiuti di russi, iraniani, iracheni, che sostengono al potere Bashar Assad.
A TUTTO QUESTO si aggiunge la chiusura delle frontiere dal lato siriano controllato dalla Turchia, che ospita circa tre milioni di profughi siriani, e ha appena proclamato lo stato
Commenta (0 Commenti)Oltre 3mila le vittime del sisma che ieri ha devastato il confine tra Turchia e Siria, ma il numero dei morti è destinato a crescere. Colpita la zona dove da anni sopravvivono decine di migliaia di profughi siriani. Le responsabilità del governo sul dilagare dell’edilizia senza regole e sugli allarmi inascoltati
TERREMOTO. Speculazione edilizia e urbanizzazione sfrenata in un’area a fortissimo rischio sismico. Parla Huseyin Alan, presidente dell’ordine degli Ingegneri geologici turchi
La Turchia, nelle prime ore del 6 febbraio, è stata colpita da uno dei terremoti più grandi della sua storia, con una potenza pari a 7.7 della scala Richter. Sono state colpite dieci città e centinaia di villaggi nel sud est del Paese. Nelle ore successive un secondo terremoto ha colpito la stessa zona, stavolta secondo i sismografi la potenza era di 7.4.
L’epicentro del terremoto sarebbe la città di Maras, e i principali centri colpiti in modo pesante sono Antep, Urfa, Diyarbakir, Adana, Hatay, Kilis e Adiyaman. Si tratta di una zona popolata da circa tre milioni di persone e si trova al confine siriano e iracheno. Infatti anche dall’altra parte del confine, sul territorio siriano, ci sono numerose vittime: poche ore dopo i terremoti i morti erano già più di 1.500.
In un comunicato stampa, il Sindacato dei Lavoratori dell’Impiego Pubblico (Kesk), a proposito delle cause di questo bilancio tragico sottolinea come sia molto diffusa in tutto il Paese la cultura della speculazione edilizia insieme a una sfrenata urbanizzazione, frutto di un rapido abbandono delle
Leggi tutto: «L’allarme dei geologi non è stato ascoltato» - di Murat Cinar
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