La guerra in Ucraina sta imperversando sempre di più, diventando ancora più feroce. Ci stiamo abituando a questa maledetta situazione di morte che sta costringendo gli Ucraini ad una resistenza estrema nel sud del paese e a convivere con una situazione di pericolo e precarietà che sta destabilizzando la vita, dividendo le famiglie, facendo crescere i nostri figli in un mondo pieno di paure e morte. Putin ha compiuto un passo incredibilmente folle, che noi ritenevamo ormai relegato nella storia remota. I suoi piani si sono infranti sull’orgoglio del popolo ucraino ma anche sulla compattezza dell’Europa e della Nato che ha ritrovato un senso (un nemico) e rinnovati finanziamenti per esercitare quella pressione difensiva che Putin voleva allontanare dai confini.
Se qualche anno fa Emmanuel Macron constatava la «morte cerebrale» della Nato, ora, come effetto immediato dell’aggressione russa all’Ucraina, l’Alleanza atlantica riprende vita, accetta l’ingresso di nuovi soci un tempo neutrali e, soprattutto, ridefinisce i suoi modelli strategici aumentando il dislocamento di personale militare e di armi.

È proprio questo primato alla dimensione muscolare che non convince: se la risposta alla Russia è fortemente e comprensibilmente condizionata dalla sua brutale politica aggressiva, non si vede l’ombra della diplomazia, anzi. Si parla di aumento delle spese militari, grandi proclami per militari in stato di allerta, investimenti in tecnologie sempre più distruttive, alleanze basate su logistiche di efficientamento bellico. Non si intravede un piano per il cessate il fuoco e per avanzare un dialogo. Chi può farlo se non

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