Le presidenziali americane con la sorpresa Trump, ma prima la Brexit, e poi la ripresa in quasi tutta Europa di posizioni razziste e xenofobe, i muri mentre aumentano le disuguaglianze tra e all’interno dei diversi Paesi, al Sud e al Nord del mondo. Altri frutti (assieme al terrorismo internazionale) di questa globalizzazione, si potrebbe dire.
Ma se le risposte che emergono vengono sostanzialmente dal campo liberista e delle destre (e magari trovano spazio anche tra le classi popolari), quali dovrebbero essere invece le risposte delle sinistre in questo nuovo secolo?
Questioni complesse. Con tutta l'umiltà che serve in questi casi, dovremmo cominciare a pensarci meglio, evitando anche noi di essere piccole élite che hanno sbagliato i sondaggi. Dopo gli interventi di Fabio Mongardi e Rita Menichelli. pubblichiamo quello di Luigi Albonetti, auspicando che il confronto continui, qualunque sia il risultato del referendum.
Costruire una sinistra unita partendo da obiettivi concreti di Luigi Albonetti
La globalizzazione e l’egemonia del mercato hanno comportato in tutto il mondo una difficoltà reale per la sinistra. In questo contesto essa non è stata in grado di fare unità per affermare i propri valori di riferimento: centralità della persona, solidarietà, eguaglianza, giustizia sociale, diritto al lavoro e sua dignità, in sintesi una società più giusta.
Invece di fare rete attorno a queste tematiche, i partiti e i movimenti progressisti si sono isolati entro i confini dei propri Paesi: in questo modo le grandi questioni internazionali sono state derubricate ad argomento di dibattito intellettuale e mai concretamente affrontate con azioni incisive. Ad esempio, non ha avuto alcun seguito l’importante momento di lotta esercitato a Genova nel 2001 nei confronti delle politiche del G8.
La scelta dei partiti socialdemocratici e di centro sinistra di aprire ad un «liberismo temperato» - tale spesso solo di facciata e i cui effetti sui diritti dei lavoratori e nella vita di ognuno di noi sono quelli che oggi constatiamo - ha di fatto offerto in tutta Europa alle destre populiste argomenti tradottisi nell’abbandono della partecipazione popolare alla politica e nel diffondersi di comportamenti individualistici ed egoistici.
Anche gli italiani non sono immuni da questa
tendenza: pur venendo da una forte tradizione solidaristica, la grande maggioranza di noi, sotto i colpi della crisi economica, sembra aver ceduto all’individualismo. Riposta chissà dove ogni visione di ampio respiro, di lungimiranza, di consapevolezza della cosa pubblica e del bene comune, non riusciamo più a metterci nei panni di chi - non per volontà propria - si trova in una condizione peggiore della nostra.
Gli argomenti prevalenti - alimentati ad arte dai media che da troppo tempo monopolizzano il dibattito nel Paese - sono l’immigrazione e la sicurezza, non le diseguaglianze, il lavoro che manca e la sua violata dignità.
La sinistra non può essere il «più uno» all’interno delle compatibilità del sistema, ma deve creare le condizioni per ritornare ad essere un riferimento per le persone che vivono una condizione di disagio socio economico. Quelle persone facili prede di chi fa annunci e promesse che mai si concretizzeranno.
Una sinistra senza la partecipazione delle persone non ha futuro, ma le divisioni e i distinguo non la rendono credibile a quella parte di popolazione che nelle politiche di sinistra potrebbe riconoscersi.
La campagna elettorale delle primarie democratiche negli Usa qualcosa ci dovrebbe insegnare: la partecipazione di Bernie Sanders ha evidenziato che anche nella patria del capitalismo, al di là del risultato, c’è spazio per la sinistra. Perché di sinistra c’è ancora e ovunque molto bisogno.
Anche in Italia lo spazio a sinistra del Pd esiste e si allarga man mano che le politiche neo-liberiste di questo governo irridono ogni dialettica democratica: sarebbe opportuno che le sinistre nostrane accantonassero le presunte differenze «ideologiche» e gli eventuali personalismi e - senza curarsi dell’aritmetica elettorale, come nel 2008 con la lista Arcobaleno - si mettessero assieme per definire delle priorità concrete sulle quali sviluppare iniziative politiche con basi solide e di ampio respiro.
Un esempio auspicabile sarebbe una forte campagna politica sul reddito minimo garantito, specialmente ora che il governo continua ad affrontare la migrazione come fosse una emergenza. Sarebbe il momento di vere politiche strutturali partendo dal lavoro, dagli investimenti pubblici per la bonifica e salvaguardia del territorio, dalla lotta alla povertà e alle diseguaglianze, da una vera lotta all’evasione fiscale. La scelta del reddito minimo garantito sarebbe un passo concreto nella direzione della lotta alla povertà e all’emarginazione.
Infatti, se ci confrontiamo con gli altri Paesi più industrializzati d’Europa - che hanno una presenza di immigrati superiore alla nostra - un reddito di cittadinanza non risolve, ma certamente attenua le problematiche di conflittualità, fenomeno col quale dovremo fare i conti nei prossimi anni se non decenni.
Essere di sinistra oggi
di Fabio Mongardi
Come si capisce di appartenere alla sinistra? Lo capisci, credo, quando hai fatto di tutto per staccartene e non ci sei riuscito. Quando capisci di essere legato inesorabilmente a quei principi di umanità, uguaglianza e giustizia che la caratterizzano. Questa grosso modo è stata anche la mia esperienza.
Bene, ora sono qui, sono tornato a casa. In questo momento di grave incertezza politica, per i pessimi segnali che ci arrivano dall'Europa e dal mondo, con la follia della Brexit e delle elezioni americane che stanno disegnando un pianeta che va in direzione opposta a quella che noi avevamo immaginato e per cui abbiamo lavorato, credo sia arrivato il momento di interrogarsi a fondo sul fallimento del nostro agire. Essere qui per me, adesso, a ribadire una appartenenza, non significa quindi esserci sposando acriticamente un modello di pensiero. Significa invece voler ripartire mettendo in discussione un certo modo di operare, quello per intenderci che ci ha reso ormai ininfluenti nel panorama politico nazionale ed europeo. Quello che dimostra, inesorabilmente, come spesso la sinistra continui ad interpretare male la realtà che ci circonda.
In genere sono due le cose che non sopporto in questo mondo: l'ipocrisia e la retorica. Diciamo che se l'ipocrisia è figlia di una certa destra, la retorica (scarsa fantasia che si traduce in conformismo e mancanza di concretezza) è sposa fedele della sinistra. Esagero? Proviamo allora a fare alcuni esempi. Leggo che a proposito dell'immigrazione la Caritas scrive nel suo ultimo rapporto (pubblicato senza commento su questo sito): nessuna invasione, sono appena l'8% della popolazione totale italiana… percezione sbagliata...
Premesso che aiutare chi si trova in difficoltà è un atto umanitario doveroso e sacrosanto, e che sappiamo benissimo come certe forze politiche abbiano sfruttato la cosiddetta “invasione”. Bene, premesso tutto questo però non ci possiamo fermare qui. Siamo arrivati a un punto in cui questo può bastare giustamente per la Caritas, ma non certo per una forza politica di sinistra, che ha la giusta ambizione di interpretare in modo totale la realtà e a cui è chiesto uno sforzo di elaborazione e fantasia ben maggiore.
Non saremo anche noi ancora fermi lì, alla famosa “percezione” sbagliata? Pensiamo veramente di spiegare e risolvere lo sconvolgimento epocale che sta scombussolando tutta l'Europa con qualche numero buttato là senza discernimento alcuno? Pensiamo sul serio di risolvere la importantissima e cruciale questione della identità culturale di un popolo o di un gruppo sociale con le solite vuote formulette tipo: “l'emigrazione è sempre una risorsa” o “ il multiculturalismo è sempre bello”?
Noi non possiamo rincorrere la destra, ma nemmeno lasciarle questi temi fondamentali. Fare un bagno di realtà non significa mica trasformarci tutti in seguaci di Donald Trump, significa solo che in questo benedetto mondo le situazioni sono in continuo mutamento e richiedono ovviamente sempre risposte diverse e adeguate. Non possiamo più lasciare a loro temi forti come quella dei confini o l'idea stessa di Patria, concetti a noi poco simpatici, perché completamente svuotati di significato positivo dal fascismo, è ovvio. Dobbiamo renderci conto però, che l'avvento della globalizzazione ha stravolto completamente i facili schemini che avevamo nella testa, che le identità culturali, le tradizioni locali, l'idea di un sentire comune, la laicità dello stato, sono veramente l'ultimo fortino da difendere contro la follia capitalista di un mondo che ci vorrebbe solo consumatori passivi.
Sono temi che sbandiera la destra o la Lega e per questo quindi dobbiamo negarli? Non si tratta solo di scelte elettorali, noi abbiamo l'obbligo di farci carico e dare risposte che non possono essere il solito: “non è quello il problema”.
L'aiuto, qualunque forma di aiuto che funzioni, può scaturire solo da una situazione sotto controllo da parte delle istituzioni, pensiamo che lo sia? Da una situazione economica-sociale stabile, da uno stato d'animo condiviso, senza rancori o recriminazioni, è così in Italia? Non si aiuta nessuno lasciando persone allo sbando che finiscono nel degrado delle baraccopoli o in mano al caporalato che le sfrutta. A confermare quello che dico ci sono, a livello locale, due fatti che recentemente hanno fatto discutere: i finti orfani albanesi denunciati dal Comune che si vede costretto a mantenere fino alla maggiore età e la mai del tutto risolta questione nomadi, che come l'olio, in seguito alle lamentele della popolazione faentina, torna purtroppo sempre a galla. Sono due temi che dimostrano inequivocabilmente come sia indispensabile smettere di fare le cose “all'italiana”, senza controlli e senza assunzione di responsabilità. Fare rispettare le regole della comunità, se è necessario anche con rigore, dovrebbe essere il mantra proprio della sinistra, perché il caos alla fine viene sempre pagato dalle fasce più deboli della popolazione. Pensiamo di essere in regola su questo? Io credo che troppo spesso ci facciamo abbindolare da certi pseudo intellettuali che con le Tod's nei piedi ci raccontano mondi che non esistono, che costruiscono meravigliosi castelli di sabbia destinati a crollare alla prima mareggiata.
C'è invece un innegabile forte disagio nei nostri Comuni, nell'assegnazione degli alloggi popolari o nell'ambito dei servizi sociali. Disagio che grava sempre sui cittadini più deboli. Nessuno vuol negare la giusta solidarietà, ma non la si può fare contro o togliendo i diritti agli altri italiani.
E' una situazione certamente complessa, forse al di sopra delle nostre possibilità e proprio per questo richiede una presa di coscienza e un ragionamento serio per trovare risposte diverse dalla logica becera del : “buttiamoli fuori tutti”.
Non c'è alternativa per noi: se si vuole incidere sulla realtà bisogna starci dentro allargando gli orizzonti del nostro pensiero, non rimanere chiusi dentro schemi mentali magari ricchi di fascino, ma superati dai tempi. Bisogna sapersi riposizionare mantenendo intatti i principi che ci muovono. E' il momento di ripartire perché, come dice Bernie Sanders, “è col buio che ci si mette in marcia”.